venerdì 17 febbraio 2012

La democrazia attenuata 2/5

La democrazia liberale e la fuga in avanti dei libertarismi

Il pensiero liberale e le forme di governo che ne discendono sono estremamente robuste perché hanno trovato il giusto equilibrio tra la limitazione dell'individuo - che semplicemente non deve attentare in modo immediato e diretto alla vita e agli interessi dei propri simili - e la possibilità di comportarsi in modo istintuale, ovvero di lasciare che il proprio bias si esprima.

Ritengo che il pensiero liberale sia l'evoluzione darwiniana di un sistema dove - per ragioni che sarebbe troppo lungo esaminare - la produzione materiale è cresciuta moltissimo, rendendo inutile la forte rigidità sociale che è invece necessaria in altri contesti per assicurare la continuazione del sistema attraverso la salvaguardia del gruppo dirigente. La rigidità sociale diventa cioè un esoscheletro che, dato l'ambiente meno difficile, può essere abbandonato.

In sostanza limitando poco quelli che Keynes definiva gli “
animal spirits” i cittadini sono più liberi di agire, creando una maggior crescita economica che non poteva essere garantita dai sistemi più rigidi. In questo caso non mi riferisco solo alle economie pianificate, ma anche ai sistemi basati sul diritto consuetudinario o sulle caste.

La crescita economica così ottenuta consente ad una ampia parte dell'umanità, seppure in misure molto differenti, di conoscere agi impensabili fino a ieri. Tuttavia occorre rimarcare che nelle popolazioni più favorite non si presenta in modo naturale un dibattito sull'equità della distribuzione globale delle risorse e tanto meno si teorizza un sacrificio volontario a favore di un riequlibrio dei consumi.

Il liberalismo è nato in un periodo nel quale l'uomo si poteva immaginare come infinitamente piccolo nei confronti del creato e pertanto infinitamente libero. In seguito il progredire della consapevolezza del proprio impatto sull'ambiente ha necessariamente ridefinito il rapporto tra la specie e l'ecosistema che lo ospita; tuttavia in ambito politico ed economico non sono ancora copiosi i frutti di questa nuova consapevolezza.

Si potrebbe azzardare quindi che il liberalismo sia il frutto di una trappola cognitiva dell'uomo occidentale, reso cieco dalla scienza. O se si preferisce si potrebbe affermare che l'abbondanza di cui godiamo sia il ritorno sull'investimento generato dal ritrarsi della nostra consapevolezza di essere parte dell'Universo.

Queste considerazioni sono quelle più contingenti per noi, oggi, ma molte altre sono state esplicitate da almeno un secolo e mezzo, portando alla conclusione che era doveroso creare un sistema che non richiedesse pesantissimi tributi ai governati, in particolar modo agli “ultimi”.

Pertanto individui più sensibili della media hanno iniziato a disegnare progetti di sviluppo alternativi, tesi a “correggere” le conseguenze degli ultimi 500 anni di Storia.

Poiché come ho già detto l'istinto creativo risiede nel Bambino spessissimo questi disegni sono ingegnosi voli pindarici poggianti su fondamenta poco stabili.

Mi permetto di essere così pesantemente critico perché in tali teorizzazioni non si tiene conto della duplicità dell'animo umano e si tende a imporre modelli che, seppur animati dalle migliori intenzioni, non hanno possibilità concrete di realizzarsi, imponendo ancora una volta un copione solo perché è “razionale” e “giusto”.

Si voleva allora esportare “la giustizia” esattamente come oggi si vuole esportare la democrazia manu militari, quando invece è indispensabile una maturazione individuale e collettiva che naturalmente non può essere effettuata per via traumatica.

Tuttavia poiché il Bambino non ammette facilmente la propria sconfitta ecco che talune ideologie impiegano o giustificano il ricorso alla violenza pur di imporre il proprio progetto. Così anche un modello nato con velleità “biofile” può degenerare e ricorrere a metodi distruttivi.1

Non solo, occorre rimarcare che ogni progetto sociale deve essere interpretato da un gran numero di persone; naturalmente chi possiede un bias distruttivo e si ritrova ad avere una giustificazione morale per assecondare il proprio istinto, fino ad allora represso, diventerà particolarmente zelante e devoto alla “causa”.

In questo modo è possibile comprendere per quale ragione in caso di conflitti si trovino a frotte gli aguzzini e i torturatori.

1ricordo che una delle battaglie combattute da K. Popper è contro la tesi “dell'evidenza della verità”: se la verità fosse evidente negarla equivarrebbe a dichiarare di avere un vantaggio nel farlo (o se si preferisce la si negherebbe perché “posseduti dal demonio” o perché “ebreo” o “nemico del popolo”). Viene da sé che per contrastare tali categorie la soluzione necessaria per ristabilire la verità transiterebbe attraverso le “maniere forti”;

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