venerdì 26 settembre 2008

Il valore della consapevolezza


L’attuale situazione dei mercati finanziari mi ha indotto a sbozzare tre concetti, assolutamente non originali e (forse) poco considerati, almeno fino a quando non ci si trova nel mezzo di una crisi.

1) E’ indispensabile conoscere approfonditamente ciò che si vende.
Mi chiedo quanti operatori avessero capito i meccanismi dei prodotti di finanza derivata che offrivano. Erano consapevoli che in certi casi il rischio di fallimento dell’emittente degli strumenti era a carico del cliente finale?
I responsabili conoscevano le reali probabilità di guadagno per l’acquirente del prodotto? Avevano idea delle commissioni implicite fatti pagare ai clienti?
Chi proponeva alle aziende operazioni con strumenti derivati era veramente consapevole dei meccanismi sottostanti e delle loro conseguenze?

Non credo che a livello periferico ci fosse piena consapevolezza di ciò che si stava vendendo, ma credo che neppure ci sia stata volontà di fare chiarezza, sia perché si trattava di prodotti difficili da capire e da vendere, sia perché i vertici aziendali premevano fortemente per collocarli.

Emerge, a latere, un aspetto meno evidente sulla responsabilità della crisi: i dirigenti delle risorse umane che rimuovevano chi, avendo capito, si rifiutava di collaborare al raggiungimento del budget fissato.


2) L’acquirente ha il diritto/dovere di capire cosa sta comperando.
Come in ogni altro ambito della vita il cliente deve sentirsi responsabile delle proprie scelte e, se non capisce cosa sta comperando, almeno dovrebbe cercare di indagare sull’interlocutore per derivare la bontà dell’offerta.

Come può un cliente inesperto discriminare tra proposte di soggetti differenti?
L’argomento è complesso: suggerirei in questo momento di enucleare alcuni semplici indicatori di rischiosità.

a) Poiché non sempre le energie bastano per sostenere sia lo sforzo di vendita sia quello dell’approfondimento si può derivare che un addetto alle vendite con molti clienti potrebbe avere maggiori difficoltà a mantenersi aggiornato e quindi potrebbe offrire un servizio meno adeguato e approfondito rispetto a colleghi meno oberati.
Sarebbe interessante allora informarsi su quanti clienti sono seguiti dal proprio interlocutore.

b) Un venditore pagato in base alla soddisfazione del cliente è più motivato di un collega retribuito “a fisso”: è difficile chiedere ad una persona come si guadagna il pane, ma non sarebbe male averne il coraggio.

c) Addetti e clienti informati sono più difficilmente manipolabili, quindi diventa interessante indagare sull’impegno a far capire al cliente cosa sta comperando. La società offerente è impegnata a formare gli addetti, i clienti ed il pubblico?

d) Anche la pubblicità può diventare un indizio: se il tono della comunicazione è un invito a entrare - tramite un semplice acquisto - in una élite di fortunati, tenderei ad essere molto cauto nell’accettare l’offerta.


3) L’etica è più importante del profitto.
Come mostra la teoria dei giochi il comportamento etico è costoso e intrinsecamente debole, poiché per avere successo deve essere praticato da tutti; inoltre c’è un vantaggio personale di breve periodo, pagato dalla comunità, nel non praticarlo.

Non bastano precetti negativi per creare un comportamento etico: occorre la consapevolezza di essere al servizio della collettività. La ricerca del profitto deve essere temperata dalla sensibilità verso l’interesse generale.

Poiché la finanza è intimamente connessa con l’economia reale le pratiche antietiche potrebbero essere assimilabili all’inquinamento ambientale, ma sfortunatamente non sono così facilmente rilevabili e contrastabili.

Chi “esegue gli ordini” senza capire bene la portata delle proprie azioni e invoca, in seguito al disastro, la propria inconsapevolezza può forse essere giudicato benevolmente come persona, ma la richiesta di clemenza diviene il suo epitaffio professionale.

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venerdì 19 settembre 2008

I futures sono nati nel Giappone del 17° secolo


(Chi non sa cosa sono i futures non si preoccupi, lo intuirà strada facendo)

I giapponesi crearono con tutta probabilità la prima Borsa, quella del riso.

Dopo un secolo di guerre feudali il signore di Tokio - Tokugawa Ieyasu – prevalse nella battaglia di Sekigahara diventando così Shogun di tutto il Giappone.
Dopo la sua vittoria obbligò i feudatari a vivere con le loro famiglie a Tokio, (interessante notare che accadde qualcosa del genere anche in Francia, nello stesso periodo) e quando questi ritornavano presso le proprie terre, lasciavano le famiglie in ostaggio.

Non avendo altre possibilità di competere, i feudatari sottomessi a Ieyasu, iniziarono farlo conducendo una vita sfarzosa, grazie ai proventi ottenuti dalla vendita del riso. Quando la produzione dell'anno in corso era stata completamente venduta si passava all’annata successiva (futura, appunto). I magazzini rilasciavano apposite ricevute per questo riso “futuro”, detto allora "riso vuoto".

Come è noto (anche ad esempio ai cultori della vita e delle opere di S. Francesco Saverio), sempre in quel periodo Ieyasu stesso iniziò una durissima politica di isolazionismo e di antioccidentalismo che caratterizzò il Giappone fino alla seconda metà del secolo scorso, quando due cannoniere americane ormeggiate nella baia di Tokio “convinsero” i giapponesi ad aprirsi al mondo.

Commerciare sul “riso vuoto” generò molta speculazione e con essa nacque l' analisi tecnica. Il trader più famoso di quei tempi Homma comprese che c'era una relazione emotiva che legava domanda ed offerta. In altre parole comprese che c'era differenza tra il valore ed il prezzo. Questa differenza è valida ancora oggi.

E' incerto se Homma inventò le celeberrime candele giapponesi (un metodo di analisi oramai molto noto anche in occidente), ma comprese che l' aspetto psicologico del mercato era un fattore critico per operare con successo.

Concludo specificando che un contratto futuro è un contratto a termine standardizzato. Cioè un accordo col quale due controparti si impegnano a scambiarsi ad una certa scadenza standard, quantità e qualità standardizzate di uno specifico bene.
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PS dopo il gentile intervento di Andrea specifico che parlando della "prima borsa" mi riferivo alla creazione di una Borsa per i contratti futuri. Chi fosse interessato alla datazione della nascita della Borsa in Europa può leggere l'ottimo commento di Andrea.

lunedì 15 settembre 2008

Ecce Banca

Prendo spunto dalla crisi odierna per dare un flash su come funzionano l’industria del risparmio gestito e i mercati.

Quando comperiamo un fondo comune di investimento affidiamo i nostri risparmi a due categorie di tecnici specifici
- i gestori (dei fondi), che sono coloro i quali materialmente hanno la responsabilità di comperare e vendere valori mobiliari, per far fruttare il denaro dei clienti;
- gli analisti, che supportano i gestori emettendo un giudizio motivato sugli obiettivi di prezzo di un titolo.

Il lavoro del gestore consiste nel
- selezionare i titoli che sovraperformeranno il mercato;
- decidere quanto e quando il fondo debba essere esposto (investito) su un certo mercato.

Occorre quindi che il gestore segua l’andamento del mercato nel tentativo di anticiparlo per guadagnare terreno rispetto al mercato stesso. Il timore del gestore è di accorgersi in ritardo dei movimenti del mercato. Si può affermare senza eccessiva approssimazione che i gestori (ma anche i privati) nel tentativo di fare meglio del mercato ne anticipano e amplificano i movimenti, salvo rivedere più o meno profondamente la propria posizione in base alle indicazioni fornite in seguito dagli analisti. Queste ultime sono poi in continua revisione a causa del fluire quotidiano dei dati economici.

Oggi le Borse europee viaggiano sul – 4%: sia gli investitori privati che i gestori hanno paura di avere i titoli in mano. La mia interpretazione è che si pensi che il fallimento della banca Lehman - che ha oltre 600 miliardi di dollari di debiti - creerà un effetto a catena e altre banche entreranno in una crisi irreversibile. Quindi - in seguito - si potranno acquistare a prezzi migliori i titoli oggi venduti e magari scampare a qualche altro fallimento.

E’ possibile che nei prossimi giorni ci siano prezzi migliori ma mi chiedo se lo scenario apocalittico paventato da taluni sia il più plausibile.

È plausibile che dopo una serie di salvataggi sia stata lasciata esplodere una bomba che possa realmente innescare un effetto a catena sull’economia del mondo? A 60 giorni scarsi dalle elezioni presidenziali americane?
Il governo americano ha abbastanza risorse per intervenire poiché il costo del salvataggio delle società Fannie e Freddie non è arrivato ad un punto percentuale del PIL americano (dati Abaxbank) e pare che queste crisi, storicamente, siano costate anche il triplo o il quadruplo.
Volendo essere cinici non potrebbe darsi invece che sia una mossa elettorale, per dimostrare che il governo americano non è Pantalone? Dopo i salvataggi recenti non potrebbe esserci la necessità di appendere una testa illustre sulla picca del rigore?
Se così fosse, poiché quando una bomba scoppia le schegge sono inevitabili, non sarà stata fatta saltare la bomba più grossa.

Era un anno che si vociferava che una grande banca mondiale fosse virtualmente fallita a causa della crisi dei mutui. Eccola. Ma allora ci stiamo avviando verso la fine della crisi: magari ci saranno fallimenti di banche regionali americane, ma se le banche europee - che erano state le prime ad avviare l’operazione di bonifica hanno detto tutta la verità sulle operazioni che le coinvolgevano sui mutui subprime potremmo essere al giro di boa.



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mercoledì 10 settembre 2008

La donna che tu mi hai messo accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato


Psicologia e investimenti finanziari.

Operare in campo finanziario offre almeno due grandi atout: la possibilità di arricchimento e l’emozione. Non solo, il primo intento offusca - ad una osservazione superficiale - il secondo. Parafrasando Alberoni si potrebbe affermare che “il gioco finanziario è la versione etica del gioco d’azzardo” (prego notare che ho usato la parola “gioco” e non “investimento”).

Sono stati studiati casi estremi di trader compulsivi e si è visto che la loro patologia è simile a quella dei giocatori d’azzardo, ma anche per i trader non compulsivi ritengo che lo stimolo emotivo sia comunque importante. Un indizio della non erroneità di questo ragionamento sta nel dato dell’aumento dei partecipanti al trading on line: la numerosità di conti attivi cresce nelle fasi di Borsa euforica. Interessante notare – sempre da una indagine SEC (la Consob americana) del 2000 - che oltre il 90% dei conti on line era in perdita anche nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della bolla del 2001, cioè nel momento di maggior favore.

Se la psicologia è quell’insieme di strumenti che consente di armonizzare la mente con il corpo, psicologia e finanza devono andare a braccetto, poiché la finanza aiuta ad allargare il divario tra psiche e soma. Un investimento anche solo temporaneamente “sbagliato” mette a dura prova l’ego, che maltrattato si attiva per avvertire che sarebbe meglio se si smettesse di fare quello che sta facendo. Nello specifico è un errore frequente prendere una posizione eccessiva ed abbandonarla in seguito perché durante le avversità non si riesce più a sostenere lo stress. Per contro non è un caso che i grandi trader o investitori professionali siano definiti “guru”, appellativo riservato in origine ai maestri spirituali: entrambe le categorie hanno l’invidiabile qualità essere equilibrati e di riuscire a restare sereni sulle proprie posizioni anche nelle avversità.

La mente dell’homo sapiens non è ancora rodata per tutti gli scopi dell’uomo moderno: oltre a rendere grandi servizi a volte può creare problemi che potremmo non essere disponibili a riconoscere come nostri. Se già Adamo applicava la tecnica del “quando le cose vanno male è colpa degli altri” - e nel paradiso terrestre era dura, perché c’erano solo Dio, Eva e il serpente - è comprensibile che per l’investitore oggi sia più facile iniziare ad inveire contro un cattivo consigliere o contro “un destino cinico e baro” pur di non farsi un esame di coscienza.

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martedì 9 settembre 2008

Non intendo creare l’ennesimo blog di commenti e previsioni sui mercati. Non voglio affascinare nessuno mostrando la mia bravura.
Non ospiterò previsioni puntuali o commenti di stretta attualità sull’andamento dei mercati. Se domani questi saliranno o scenderanno non mi interesserà, salvo che non avvenga per causa di importanti shock esogeni.

Mi piacerebbe soffermarmi, una volta alla settimana, su argomenti di carattere generale, percorrere strade laterali, trovare nuovi spunti su vecchi argomenti. Ed i commenti, le critiche - anche affilate - mi faranno un gran comodo.

Insomma non un blog per celebrare (presunte) glorie ma, per condividere pensieri, opportunità o problemi.


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