lunedì 23 dicembre 2013

Il senso del Natale e gli investimenti

Buongiorno!
Seguo la tradizione dei miei post natalizi.
Stralunati, affabulatori, senza un filo logico e tuttavia araldi idee degne di essere in qualche modo rielaborate, tra una fetta di panettone ed un bicchiere di moscato.


Oggi scriverò un post ai limiti del politicamente corretto: legherò infatti due argomenti  antipodali, che - inaspettatamente - hanno fastidiosi punti in comune.

Eviterò di approfondire gli aspetti più strettamente religiosi del Natale: faccio solo notare come la natura tendenzialmente materialista dell'uomo faccia sì che la massa senta l'attuale ricorrenza come più importante della Pasqua, quando invece è vero il contrario, come ha - ad esempio - sottolineato S. Paolo (1 Corinzi 15: 12-17).


Mi stavo dunque chiedendo, in questi giorni, quale fosse il significato del Natale non solo per i cristiani, ma in generale per la civiltà occidentale e per me in particolare.

Preavviso inoltre che le conclusioni cui giungerò sono veramente deludenti rispetto alle premesse.


Una riflessione banalmente laica sul senso del Natale potrebbe indurre a pensieri su tutte le cose che diamo per scontate e che invece tali non sono.

Il fatto di aver caldo in inverno; di non patire la fame; di disporre di cure mediche o non essere in pericolo fisicamente è per noi scontato, ma non lo era né per Gesù e neppure lo è ancora adesso per molti.

Vi tranquillizzo immediatamente.
Non intendo fare un post alla Frank Capra , non intendo stuccarvi.

Permettetemi però di fare un riferimento personale per potermi connettere al tema degli investimenti.

Quello del 1972 fu un pessimo Natale: mia nonna sarebbe morta da lì a sei mesi; era un periodo di ristrettezze economiche dovute alla crisi degli anni 70 e mi pare di ricordare anche qualche conflitto familiare.

Ripensando a quei giorni mi sono stupito, poichè la sofferenza che provavo nel ricordarli non era correlata alla situazione sommariamente descritta. Se mi soffermo su questo periodo ad esempio provo una sensazione di disagio maggiore rispetto ad allora.

Voglio però subito tranquillizzarvi: il fatto che provi oggi disagio, mentre sono davanti ad un PC -  quindi con la luce elettrica disponibile - al caldo, dentro una casa comoda vuol dire che non ho praticamente preoccupazioni, se non quella di lamentarmi.

Per giustificare questa distonia tra la situazione di allora e quella odierna mi piacerebbe fare una serie di considerazioni relative al funzionamento della memoria (che è selettiva in senso positivo) e alla percezione del momento attuale (che tende ad essere sovrappesato), ma allungherei molto questo post, mentre invece il mio obiettivo è di essere sintetico a discapito della logica e della completezza. 


Tornando a noi: la differenza sostanziale tra i due Natali mi pare sia data in ultima analisi dalla speranza.

Allora - tra le altre cose - avevo speranza che quella fosse una situazione transitoria, oggi questa aspettativa è molto affievolita.

La speranza è dunque fondamentale per interpretare gli avvenimenti della vita.

Ma, mentre è legittimo avere una speranza fondata su basi ragionevoli il più delle volte mi pare che questa sia inquinata dal narcisismo del quale siamo permeati e che tende a renderci poco consapevoli della situazione che stiamo vivendo realmente.

Capita così, ad esempio, che per giustificarci ai nostri occhi, prima ancora che davanti al mondo, ci arroghiamo lo status di vittime di complotti orditi alle nostre spalle.

Chi non ricorda la miriade di politici che dopo decenni di cattivi provvedimenti tuona contro la speculazione che si accanisce contro il Paese piuttosto che recriminare sulla modestia del proprio operato?

Mi pare dunque palese che il narcisismo abbia molto a che fare con la nostra visione della vita e di conseguenza anche con gli investimenti.

Ecco dunque che emerge il legame tra il Natale e la finanza: la nostra percezione deformata della realtà.

Vi propongo adesso alcuni spunti di riflessione.

Il peccato originale: non potrebbe essere in fondo un peccato di narcisismo? Sarebbe interessantissimo esplorare le interpretazioni psicoanalitiche della Bibbia, ma ci porterebbe ancora una volta troppo lontano dall'obbiettivo della brevità.

A ben vedere anche la teoria geocentrica dell'universo è una interpretazione narcisistica di alcune, parziali, osservazioni astronomiche.

...ma anche il presupposto dell'ebraismo, ovvero l'essere la tribù eletta di Dio mi pare un po' narcisistica. Non è forse un caso che la Shoa abbia messo in discussione tale visione.

...ma anche comperare un biglietto della lotteria in fondo è una manifestazione narcisistica: si coltiva il sogno irragionevole di essere privilegiati dalla sorte, contro ogni aspettativa razionale.

Utilizzando questa chiave di lettura le bolle finanziarie non sono altro che momenti nei quali il narcisismo ha preso il sopravvento sulla ragione.

Ma, a questo punto, un osservatore lucido e spietato sarebbe legittimato a porre la questione se anche le religioni non siano una sorta di bolla generata dal narcisismo.

Naturalmente la questione è indecidibile, poiché a differenza degli investimenti finanziari, dove a fine giornata si possono fare conteggi privi di ambiguità, in questo caso non è possibile. Occorre tuttavia ricordare che più di un aspirante trader preferisce trasformarsi in un cassettista piuttosto che "incassare" una perdita. E quindi, mutatis mutandis, per taluni i segni "evidenti" dell'esistenza (inesistenza) di Dio non sono ritenuti validi da altri.

Ecco dunque una delle ragioni per le quali lavorare nel campo della finanza è difficile: il proprio narcisismo viene messo a dura prova tutti i giorni lavorativi.

Ma non solo: il narcisismo del cliente si oppone alle scelte ragionevoli, per cui sia che si faccia bene sia che si faccia male si sbaglia. Infatti quando le cose sono andate bene era evidente che le cose sarebbero andate bene e quindi si è azzardato troppo poco. Quando le cose vanno male è vero il contrario.

E quindi, per questo attimo di pausa dalla quotidianità, benedico il Natale.

lunedì 16 dicembre 2013

Paola Casale la bufala di Natale

Salve,
Il mio nome è Paola,

Vorrei suggerire uno scambio di link gratuito con epsilon-intervallo-grande.blogspot.com o con qualunque altro sito di cui lei sia in possesso.
Le farà piacere sapere che sto lavorando su un ventaglio di progetti di qualità per lo scambio di link gratuiti e che sono sicuro che questo scambio possa essere fruttuoso e produttivo per entrambi.

La prego di farmi sapere se è interessato ad avere più dettagli, o se ha qualche opinione da riferirmi in materia.

Attendo una sua mail!

Paola Casale
http://www.trafficopertutti.com/
http://it.linkedin.com/pub/paola-casale/7b/3bb/995


Questa è la mail che ho ricevuto.
Stavo per cascarci perchè il lavoro di selezione dele vittime è fatto bene.
Mi hanno mandato una mail all'indirizzo professionale, che non è disponibile facilmente: quindi sono stato selezionato attentamente. quando ho fatto due verifiche al volo googlando.

Con il latte di Paola ci si possono fare mozzarelle, quindi non cascateci!!

martedì 10 dicembre 2013

La febbre del dollaro

Una mezza riflessione buttata lì.

Perchè il dollaro perde valore con il tapering alle porte? Non fa più paura?

Ma se fino a ieri, (per esempio in maggio - giugno) il solo annuncio ha fatto prendere uno scossone ai mercati...

OK i dati americani sono buoni, ma possibile che compensino l'ansia di una riduzione degli acquisti? Fino a ieri - a fronte di dati buoni - le Borse perdevano perchè temevano il tapering... e oggi il contrario?

Ipotesi A. L'evento è stato già prezzato.

Ipotesi B. (dietrologica e complottista)

E se invece il tapering venisse rimandato per "sollecitare" la Germania a diventare un po' più morbida in termini di consumo interno?

I tedeschi sono grandi esportatori e così facendo massacrano il sud Europa e non aiutano di certo la ripresa mondiale.

Gli americani che tengono famiglia ed hanno un paio di gemelli ai quali badare ;-) hanno bisogno che ci siano anche altre aree del globo che inizino a tirare la carretta mondiale.

Un dollaro debole annulla il vantaggio competitivo dei tedeschi. E sommato ai sagrin del sud europa e alle scadenze elettorali di maggio potrebbe essere una motivazioni in più.

venerdì 6 dicembre 2013

Chi si è accorto che un bond della banca Carige ha fatto default?

"Carige lo scorso 2 dicembre ha annunciato che, non avendo ricevuto l'ok di Bankitalia, non avrebbe rimborsato il sottostante ('principal') da 9,5 milioni del bond subordinato ibrido da 102 milioni di euro alla scadenza del 5 dicembre".

OVVERO alcune obbligazioni sono molto più pericolose delle altre

http://it.reuters.com/article/itEuroRpt/idITL5N0JL2XL20131206

Morire di austerità - Il crollo del gettito IVA

E' di oggi la notizia 

Crolla gettito Iva 10 mesi, -3,4 mld

Su questo argomento ho già detto.

E se l'ho capito io vuol dire che è alla portata di tutti quello che è veramente da fare.

giovedì 5 dicembre 2013

Il diavolo in cattedra - I quadri come investimento? Meglio i diamanti!

Buongiorno.

Mi affaccio oggi su un argomento che avevo in archivio da tempo immemore ma, poichè esce di molto dal seminato finanziario, avevo sempre evitato di affrontare.

Tuttavia, sulla scia del post sui diamanti ho oggi l'ambizione di scalfire l'argomento dell'arte come investimento.


Chi ha letto l'articolo precedente sa che le mie perplessità sui diamanti erano basate sulle osservazioni della struttura del mercato.


Una struttura opaca che pare si ripeta anche nel settore dell'arte.

Le informazioni che ho raccolto per questo post e per formare la mia opinione mi paiono plausibili, tuttavia invito ciascun lettore ad esprimere la propria opinione e ad integrare le mie informazioni.



Una fonte che mi pare esemplare per chiarezza è questa. Vi invito a spendere alcuni minuti e leggere il post con attenzione.


In sostanza l'autrice del blog sostiene che il prezzo di un'opera è determinato dalla dimensione fisica del quadro moltiplicato per un certo coefficiente attribuito all'artista.

Il punto quindi sta nel capire come si determina il coefficiente.

Pare che questo sia determinato in base a [cito testualmente]:


- l’importanza della galleria che lo rappresenta [l'artista];
- l’importanza del critico che scrive per lui;
- l’importanza e il numero di esposizioni personali e collettive;
- l’esposizione delle sue opere in grandi kermesse, mostre e istituzioni pubbliche;
- la pubblicazione delle opere in cataloghi e libri d’arte;
- la presenza dell’opera in collezioni pubbliche e private importanti;
- la vincita da parte dell’artista di premi importanti.

Prosegue la citazione testuale

...il sistema che dà valore agli artisti è un sistema di relazioni che si concatenano tra loro. Il critico sarà importante qualora collaborerà con gallerie di rilievo e per artisti affermati. Il gallerista sarà influente qualora gli artisti proposti avranno avuto un riconoscimento pubblico da parte di istituzioni e musei, oltre ad essere entrati nelle collezioni private. Il collezionista avrà influenza nel successo di un artista, qualora la sua collezione sarà ricca e rappresentativa di un determinato periodo o movimento artistico e qualora le sue opere saranno rese pubbliche tramite, almeno, prestiti per esposizioni.

L'autrice conclude poi con una serie di considerazioni relative alla gestione dei nuovi artisti e dice che è importante che nei periodi di crisi economica i giovani non vengano lanciati sul mercato, per evitare che si crei l'invenduto.

Questo - non soprendentemente - vuol dire che il prezzo è la risultante non solo del ciclo economico, ma anche, e forse soprattutto, è la risultante di una serie di condizioni poco oggettive quali cointeressenze professionali, capacità di gestione dei flussi di  domanda ed offerta, asimmetria informativa.

Il consiglio finale dell'autrice è che per fare un buon investimento occorre cercare un autore "liquido", cioè molto trattato.

Adesso saprete come argomentare (ammesso che il vostro interlocutore riesca a capire di cosa state parlando) quando uno dei tanti Tancredi di Marzio attaccherà con la tiritera dei "mercati finanziari pilotati" concludendo  trionfalmente che è meglio investire un bene rifugio perché tiene il prezzo.

Certo che tiene il prezzo. Non lo fa!

A questo punto immagino possa scattare la rivalsa emotiva dell'investitore in arte: "Ma il io mio quadro me lo godo!"

Due sole frasi per la replica.

a) Mi ricorda l'atteggiamento di chi parte per fare trading e poi diventa cassettista perchè non ha il coraggio di vendere in perdita.

b) E' noto che "chi si accontenta..."

lunedì 25 novembre 2013

La battuta del giorno 25/11

Apro una nuova rubrichetta con ambizioni quotidiane.

Una battuta di commento sull'attualità, che fino a ieri postavo su FB, dove continuerò peraltro...

Siete tutti invitati a partecipare.


La solidarietà della casta. 

Il ventre molle dell'Italia ha salvato l'isola di Budelli.

sabato 23 novembre 2013

Il diavolo in cattedra - Trasparente come un diamante?

Premessa e scuse

Chiedo subito perdono all'amico che ha stimolato la discussione iniziale sui diamanti. In genere, specie se ho un contrasto, non ritorno sul terreno dello scontro perché è indelicato, ma l'impennata di accessi al blog mi impone una prosecuzione del tema.

Gli prometto che mi farò perdonare in qualche modo. Per adesso almeno si goda questa canzone e le curve mozzafiato della cantante.

Per tacitare la coscienza vi suggerisco di sostituire la voce "diamanti" con "opere d'arte": delle quali parlerò malissimo (anche peggio dei diamanti) in un prossimo futuro.

Calandomi infine nella parte del lettore smaliziato osservo che - se l'argomento è così "caldo" - un trombone come me può continuare pure a fare teoria, intanto la gente attirata dalle gemme fa fluire i soldi nel settore e quindi, monopolio o no, per ora c'è una speranza di guadagno.



Utile come un termometro senza scala

Abbiamo visto la volta precedente che:
- la numerosità / comportamento  dei compratori e venditori genera una struttura di mercato. Questa può dare maggiore forza contrattuale ad una delle parti. 
- il prezzo è una stima di quanto è utile un bene.

E' importante capire bene anche questo secondo punto. Se ho molta sete sono disponibile a comperare una bottiglietta di acqua anche a caro prezzo, come ben sanno i gestori dei bar delle stazioni; se non ho sete o ne ho poca invece non mi priverò del valore che mi viene richiesto. Infine se sto per morire di sete sarò lieto di pagare anche molto di più del prezzo di vendita. L'utilità varia in base alle condizioni soggettive.

Il prezzo se "correttamente formato" è quindi una stima attendibile del valore che mediamente viene attribuito ad un bene. E comperare al prezzo "giusto" è quindi metà dell'opera di investimento.

Possiamo adesso intuire che, se un mercato è molto "affollato" di domanda ed offerta (tecnicamente un mercato affollato si definisce si dice "liquido") il prezzo è un metro fedele di quanto sia mediamente utile il bene scambiato.

Ma se il mercato non è liquido?


Iniziano i problemi, perchè anche se non c'è un monopolista
(od un monopsonista) non è detto che il prezzo al quale viene effettuato lo scambio rifletta un valore mediamente condivisibile: l'eccezione potrebbe prevalere sulla regola.

I pochi prezzi di scambio potrebbero cioè essere frutto di condizioni eccezionali.

Non avete mai avuto un parente o conoscente che ha dovuto vendere un appartamento di corsa e si è lamentato per anni ed anni che lo hanno preso per il collo?


Se siamo la parte debole quali sono i fattori critici da valutare quando consideriamo l'acquisto di un qualunque bene "da investimento"?


L'uniformità del bene offerto. Ciascuna azione delle Generali è identica ad un'altra ed è indifferente possedere questa o quella. La controparte "forte" non può accampare una (pretesa o reale) difformità dallo standard per spuntare un prezzo migliore. Meno vero è per le case, meno ancora per oggetti più rari come gemme, gioielli, quadri, orologi, vino.

La struttura di mercato. Se i compratori o i venditori si comportano come se fossero uno solo, il mercato genera prezzi svantaggiosi per la controparte.

Naturalmente il "cartello" deve funzionare bene, non come l'OPEC, dove gli accordi sono spesso messi in discussione a seconda delle necessità di bilancio dei singoli Paesi membri.

La suddivisione in uno o più mercati. Se c'è un mercato (inter)nazionale unico c'è maggiore liquidità, se ci sono 10 mercati differenti la liquidità è decisamente minore.
Varrebbe la pena anche di considerare quali sono i limiti del mercato. Mi spiego con un esempio: se devo vendere una pietra preziosa che prezzo mi fanno a Milano? E ad Amsterdam? E sono disponibile a volare fin laggiù?


La presenza di molte domande / offerte per ciascun livello di prezzo. Questo permette la determinazione precisa del prezzo. Un conto è avere un metro millimetrato ed un conto è avere un metro con i decimetri.

La pubblicità dei prezzi. E' palese che se non si sa a quali prezzi sono stati scambiati i beni simili la transazione per la parte debole diventa un po' più difficile.


Quali sono gli interessi della "parte forte"?

Naturalmente sono quelli opposti.

Non ci deve essere un mercato, i concorrenti se presenti devono essere deboli, la domanda e l'offerta devono essere frazionate e le informazioni sui prezzi devono circolare il meno possibile, non ci deve essere liquidità, non ci deve essere una autorità di mercato.


A questo punto mi pare di sentire una voce che mi dice: "Eppure caro il mio saputello il mercato tira".

Ammesso che sia vero, qual'è il grandissimo vantaggio di un bene di investimento che possiede le caratteristiche di non uniformità e di opacità di mercato?

Quella più ambita dall'uomo.

Poiché "occhio non vede, cuore non duole" non sapere che si sta perdendo è la migliore lusinga. Per contro avere tutti i giorni il Grillo parlante che ti accusa di non essere stato oculato nell'allocazione dei risparmi è devastante.

E' nota altresì la fine del Grillo.


Allora non si deve proprio investire in diamanti?

Se si è consapevoli che ci si infila in una situazione dove non c'è un mercato (non esiste un luogo deputato agli scambi) dove i beni sono tutti differenti, dove i prezzi non sono noti, e dove la struttura di mercato è monopolistica certo che si può farlo.

Se fossi un venditore di diamanti direi che comperando un diamante oggi in qualche modo è come diventare soci con il monopolista: questi non ha interesse a far scendere i prezzi.


E' quasi vero. L'obiettivo del monopolista non è la stabilità o la crescita dei prezzi ma la massimizzazione del profitto, che può avvenire anche con un ribasso dei prezzi a determinate condizioni.

Quindi le domande da fare al venditore di diamanti  sono:

- Quali sono i motivi per i quali ritieni che nei prossimi anni il monopolista non avrà interesse a far scendere il prezzo?
- Quali fattori esterni potrebbero portare il monopolista a cambiare politica?

- Sei ingrado di avvertirmi in tempo e di liquidare il mio portafoglio in tal caso? E visto che il mercato è illiquido spiegami come farai.

Per concludere un trailer sulle prossime puntate.

- Peggio dei diamanti? I quadri!



- Chiedete al vostro agente immobiliare di cambiare metodo di vendita del vostro alloggio.





PS qualcuno potrebbe pensare che mi sono maliziosamente dimenticato dei vantaggi della decorrelazione e della "tenuta" dei prezzi nei momenti di crisi.

Ecco qui le risposte, molto brutali.


Decorrelazione. Calcolata sulla serie storica lunga quanto? E con quali prezzi, visto che il listino è "a muzzo"?

"Tenuta" dei prezzi. Se il mercato è illiquido nei momenti di crisi si contraggono gli scambi e si attendono tempi migliori: non si segnano prezzi, e chi è preso per il collo si sente vittima di una epocale sfortuna.



venerdì 22 novembre 2013

Una boutade

La gestione e la consulenza sono ben altre cose.
Quindi prendetela come una battuta da bar.

Secondo me Falk Renewables (FKR) sono un titolo che prossimamente darà soddisfazioni.

Pertanto visto che non sempre ci acchiappo metto una canzone adeguata...



martedì 19 novembre 2013

Il diavolo in cattedra - Il mercato, questo sconosciuto


Inauguro oggi una serie di argomenti decisamente difficili ed astratti, ma indispensabili per capire meglio il mondo degli investimenti.

Il titolo che scelgo è mutuato dalla serie del "diavolo nei dettagli", ma poichè si tratta di uno spin off che riguarda aspetti teorici ho deciso di non etichettarlo esattamente allo stesso modo.

D'ora in avanti quindi ci saranno due tipi di "diavoli": il "diavolo in cattedra" che riguarderà i miei maldestri condensati di argomenti teorici, tipici di un manuale di economia, e il "diavolo nei dettagli" che riguarderà singoli prodotti di investimento.


Un cordiale saluto ai miei lettori

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Tutti gli aspiranti speculatori sanno che per moltiplicare i propri soldi
devono comperare a prezzi bassi e vendere a prezzi alti. Così l'attenzione della massa si concentra esclusivamente sui "numeri".

S
ono poche le persone consapevoli che il prezzo dipende anche da come è organizzato il mercato.

Anni fa mi ero già interrogato in modo assai superficiale sulla natura del prezzo di un bene di investimento. Oggi grazie allo stimolo di un amico, apro una serie di considerazioni un po' più strutturate.


Le domande odierne sono: "A cosa servono i prezzi? Come si formano? I prezzi sono tutti uguali?"

Come aveva già capito, in un altro settore, il marchese di Condorcet la "questione del metodo" non è banale.

Senza la consapevolezza del meccanismo di formazione dei prezzi investire diventa come giocare ad uno sport senza conoscere tutte le regole del gioco.  

Facciamo oggi un breve excursus generico e in seguito proveremo a calarlo nella realtà della speculazione, sia finanziaria sia reale.



Sappiamo fin dalla scuola che il prezzo si forma mediante l'incrocio della domanda e dell'offerta.


La domanda

Per
approfondire l'indagine occorre introdurre anche il concetto di valore.

Possiamo dire che il valore (per il compratore) è la somma delle utilità egli che attribuisce ad un determinato bene. E' la misura di quanto denaro potrà al massimo cedere per godere del possesso di quel bene.


Detto altrimenti: ciascuno di noi sarà disponibile ad acquistare un bene fino al raggiungimento del valore che gli attribuisce, ovvero fino a quando il cd. surplus del consumatore (la differenza tra prezzo e valore) non si azzera.

Poichè la funzione di utilità è soggettiva - è cioè una funzione molto personale che varia nel tempo, ad esempio in base alla previsione della durata della propria vita, alla ricchezza attuale e/o a quella che si prevede di avere in futuro - il valore di un bene è soggettivo.

E facile intuire che la somma di tutte le funzioni soggettive di utilità  genererà la curva di domanda del bene in questione. E la curva di domanda non è altro che l'indicazione di quanto un bene sia richiesto dai clienti ad un certo livello di prezzo.

A questo punto dovrebbe iniziare a diventare evidente l'importanza di domandarsi se il bene nel quale stiamo investendo abbia un mercato. Ecco che la parola assume almeno due significati, quello di luogo di scambio e quello di strumento per misurare quale sia la curva di domanda, che a sua volta è la misura di quanto mediamente sia utile per la massa dei clienti / investitori / consumatori avere o non avere un certo oggetto.

Non solo, diventa evidente che se esistono più mercati o questi mercati non sono trasparenti la formulazione di un prezzo diventa molto più soggettiva e si rischia quindi di allontanarsi da un prezzo che sia generalmente riconosciuto come equo.

Si è cioè a rischio "fregature".




L' offerta

La questione per i produttori è: quale sarà il livello di produzione che mi permette di massimizzare i profitti?

Una parte della risposta risiede evidentemente nei costi di produzione: non posso vendere in perdita.

L'altro punto chiave per rispondere alla domanda è: qual'è la struttura del mercato?

Ma cos'é la struttura del mercato? E perchè è importante?

La struttura indica come è fatto materialmente il mercato: a seconda della quantità (o del comportamento) degli attori (compratori o venditori) il potere contrattuale si distribuisce diversamente tra domanda ed offerta.

Viene da sé che il potere contrattuale determina chi farà la parte del leone nello scambio.


Tutti hanno sentito parlare del mercato perfettamente concorrenziale: un numero elevato di compratori e produttori, senza alcuna barriera all'ingresso ed una elevata elasticità della domanda.

Qualsiasi studente di economia è in grado di dimostrare che il "vantaggio" per l'acquirente è il massimo possibile, perché il prezzo è pari al costo marginale del bene. Detto altrimenti, qualsiasi produttore che provasse ad alzare il prezzo per fare un po' di profitto si troverebbe subito fuori mercato.

Molti avranno anche sentito parlare del monopolio, ovvero quella condizione nel quale un solo venditore la fa da padrone e organizza la produzione per massimizzare i propri profitti.

Questo vuol dire che, in caso di monopolio, o di oligopolio dove i venditori magari sono organizzati in un cartello, la quantità di bene immessa sul mercato sarà quella che permetterà la massimizzazione del profitto per i produttori, a danno dei consumatori.

Non è un caso che da oltre 100 anni esistano organismi antitrust.





Per concludere una domanda provocatoria:

se foste produttori preferireste agire in regime di monopolio o in un mercato concorrenziale?

E se foste compratori?


Nelle prossime volte caleremo il ragionamento nella pratica quotidiana.

venerdì 15 novembre 2013

Il costo della magia


Un articolo sul Madoff dei Parioli mi fa ritornare in mente una vecchissima considerazione maturata osservando, nella mia ventennale esperienza, le dinamiche che portano alla scelta di un promotore.

Non ho fatto ricerche sistematiche ma ho l'impressione che il comportamento che descrivo sia generalizzabile ben oltre i limiti della promozione finanzaria.



Per quale ragione le banche cercano di diffondersi in modo capillare in un territorio? Perchè le reti di promotori perseguono spesso intense politiche di reclutamento?


Perchè un potenziale cliente è diffidente verso una proposta di un soggetto terzo appena conosciuto? E perchè invece sopporta abbastanza agevolmente gli insuccessi dei propri consulenti in carica?



 

Ecco la mia risposta

E' comunemente accettato dagli psicologi che la mente tenda al piacere.
Si osservano differenze di comportamento perchè il piacere che ciascuno ricerca è differente.
 

Questa osservazione spiega quindi l'esistenza di tendenze contrapposte quali sadismo e masochismo, ad esempio.
Inoltre il cervello umano fin dagli albori è strutturato in modo tale che ciascuno di noi possieda una sorta di filtro che consente di creare legami tra avvenimenti.

Più si riesce a creare legami efficienti e maggiori sono le probabilità di sopravvivere. Per cui al limite è meglio avere anche legami inutili piuttosto che pochi legami.
 

Certamente avete visto con quale interesse i bambini vedono più volte il medesimo spettacolo. E' un modo per creare i meccanismi che portano alla capacità di prevedere eventi futuri. 

Tuttavia spesso questi legami non sono perfettamente razionali: sono infatti il frutto di una osservazione non sistematica ed emotiva. Ha cioè perfettamente senso che una esperienza paurosa si imprima molto di più di una esperienza piacevole. Inoltre le nostre osservazioni sono limitate al nostro io, o come dice un vecchio adagio "le esperienze degli altri non servono a nulla.".

Così sono nati i proverbi come "rosso di sera...". Ma anche la magia, come tentativo di dominare il mondo fisico e quindi ridurre le ansie sulla propria sorte. 

In quel mondo "magico" gli untori erano la causa evidente della peste; gli ebrei dei guai della Germania; ed oggi gli stranieri sono pericolosi...

Inoltre il mondo di una volta era decisamente più semplice, gestibile.

Oggi invece abbiamo a che fare quotidianamente con fenomeni altamente astratti, che tuttavia hanno ricadute molto concrete.
 

Ricordate la diatriba sullo spread? E' una invenzione o veramente un oggetto che è la differenza tra il rendimento a scadenza di due entità che non ho mai visto, come il BTP ed il BUND ha effetti concreti su di ME, che non ho mai messo piede in Germania?

E' evidente quindi che chiunque cavalchi tesi semplicistiche troverà sempre persone disponibili ad ascoltarlo, almeno fino all'hard landing.
 




Ma ritorniamo a noi.

La finanza è un settore straordinariamente astratto dove anche persone colte ed intelligenti hanno talvolta grandi difficoltà di comprensione: non solo, la casualità può contare moltissimo, più della professionalità, nei risultati di breve o medio periodo. 

La finanza quindi ci riporta allo stato primitivo, in un mondo che non siamo in grado di decodificare, in balia della casualità e poichè il denaro è un oggetto simbolico le questioni di denaro sono per noi fondamentali.

Quindi l'uomo - non solo quello moderno - che deve prendere decisioni spesso si trova in una condizione dove:
- deve scegliere in assenza o carenza grave di dati;
- non ha una chiara consapevolezza dei propri processi mentali e dell'influsso che hanno sulle proprie scelte;
- teme di dover riconoscere in seguito di aver sbagliato decisione;
- è generalmente dominato dalla pigrizia, intesa come istinto di economia energetica: se può cerca di non riconsiderare le decisioni già prese, anche per evitare il penultimo punto.

Per queste ragioni sebbene invariabilmente il potenziale cliente dichiari che il suo interesse è costituto dalla performance del prodotto la realtà è ben differente.

Quindi il processo di selezione della soluzione considerata più adatta è probabilmente casuale in senso gaussiano e non focalizzato sul merito in sè del prodotto.


In queste condizioni è dunque secondario per le grandi case di investimento (e le industrie in genere) avere prodotti eccellenti e/o venditori eccellenti. Il costo per procurarseli non è pagante. Meglio avere una ampia massa di promotori e di prodotti e segmentare il mercato in modo da essere competitivi segmento per segmento.


E se per il cliente sarebbe vantaggioso disporre di soluzioni semplici non lo è per il proponente: spesso gli strumenti semplici, se sono veramente tali, rendono poco.

Per risolvere il problema si può quindi chiedere al cliente un compenso per l'opera di intermediazione, ma di nuovo è difficile che il cliente paghi, o comunque gli si offre un potere negoziale, quello di trattare una riduzione della commissione.
 

L'altro modo di risolvere il problema è offrire prodotti finto-semplici. Ovvero cose molto complesse che sono confezionate in modo pseudo-comprensibile anche per la casalinga di Voghera.

Così nascono i prodotti strutturati, i titoli tossici, e molto altro... Tutti prodotti che funzionano bene fino all'hard landing.
In accordo con quanto sopra indicato, dopo l'hard landing il cliente potrà:
- sentirsi personalmente tradito: "Sembrava tanto una brava persona", dimostrando di non distinguere tra la proposta ed il proponente.
-
solidarizzare con il venditore della cattiva soluzione, se il cliente ha particolare paura di riconoscere di aver avuto torto. Ricorderete che per anni i fans più accaniti di Mendella non erano pochi.


lunedì 11 novembre 2013

Il diavolo nei dettagli - Un diamante è per sempre


Se domani il vostro private banker dovesse proporvi di investire in diamanti probabilmente vi sentireste lusingati e valutereste seriamente la proposta.


Tuttavia prima di accettare, affascinati dalla suggestione di varcare in questo modo la soglia di un club elitario, fate come la pietra che vi vogliono offrire: riflettete.

Fatte salve le ragioni emotive, gli obiettivi offerti con quella soluzione possono essere raggiunti diversamente e meglio?

Razionalmente le motivazioni che possono essere addotte per perorare la causa dell'acquisto di un diamante sono molteplici:

  • La decorrelazione con altri asset;
  • il mantenimento del valore reale;
  • la crescita del valore nel tempo;
  • l'elevato valore specifico, ovvero la trasportabilità e la possibilità di custodire ingenti valori in poco spazio.

E' possibile tuttavia che durante la proposta non vi menzioneranno altri aspetti, non esattamente secondari.



Esaminiamo ciascun argomento

  • Elevato valore specifico 
Eliminiamo subito il presunto vantaggio dell'elevato valore specifico: a meno che non siate mafiosi o fuggiaschi è una caratteristica poco influente, ampiamente bilanciata dal fatto che i diamanti bruciano. Quindi è meglio custodirli in un luogo appositamente ideato, piuttosto che in un caveau domestico o peggio improvvisato.


  • Decorrelazione con altri asset.
Occorre tenere presente che
- le serie storiche sui prezzi dei non sono lunghissime;

- non esiste un mercato ufficiale dei diamanti
e quindi non esiste un prezzo ufficiale.

La questione della lunghezza della serie storica sembrerebbe di poco conto, da topi di biblioteca, ma non è così.

Una serie storica relativamente giovane potrebbe essere influenzata da fenomeni non permanenti e quindi la pretesa decorrelazione da altri asset potrebbe essere il frutto di una causa fortuita e non permanente.
In sostanza, se si cerca decorrelazione è possibile trovarla con modalità meno esotiche e più liquide.

L'assenza di un mercato ufficiale è un problema non banale perché non c'è una Autorità che vigili sulla formazione dei prezzi, e almeno teoricamente, è possibile che avvenga una manipolazione del mercato.

E se taluni (a mio avviso erroneamente) affermano che sia possibile pilotare per lunghi periodi mercati molto più ampi e liquidi figuriamoci un mercato minore...

Un mercato informale ha almeno anche un altro svantaggio: è illiquido. Ovvero non ci sono flussi abbondanti di domanda ed offerta. A questo punto ai più dovrebbe essere chiaro che il mercato dei diamanti è un po' come il mercato delle case. Tutte le case sono differenti, e quindi se si vuole raggiungere un accordo occorre trovare l'occasione giusta, ovvero attendere o fare un sacrificio di prezzo.

Il meccanismo che descrive un mercato poco liquido è qui (consiglio vivamente di leggerlo).
Non solo. E' anche possibile incappare in una commissione di disinvestimento, oltre a non avere la garanzia del riacquisto da parte del venditore.



  • Il mantenimento del valore reale e la crescita di valore nel tempo
Un bene preserva dall'inflazione ed il suo valore cresce nel tempo se la sua domanda e l'offerta sono strutturate opportunamente.

Il mercato mondiale dei diamanti è in mano ad un cartello veramente ristretto di player che con ogni probabilità operano in modo da mantenere sempre "la barra a dritta". Ma se il mercato è in mano ad un gruppo ristretto non è da escludere che a determinate condizioni non sia conveniente per costoro fare anche l'opposto, specie in assenza di vigilanza.

I diamanti poi creano, come altri beni, un onere per la loro custodia e non producono interessi, cedole o dividendi. Ma se persino l'oro può essere "gestito" in modo che renda un "interesse" (vendendo opzioni), questo non avviene per i diamanti. 


Quindi in questo senso sono paragonabili alle azioni delle dot com, le azioni della bolla internet, dove l'assenza di profitti aziendali era la regola, e quindi la sola motivazione per l'acquisto era l'aspettativa di poter rivendere a prezzi maggiori.


Infine - in accordo con un articolo pubblicato da Reuter il 4/11/2013 - l'AD della IDB, una delle società che commercializza diamanti, la richiesta proveniente dal mondo affluent (la categoria di investitori che precede i private) è 5 volte maggiore rispetto a quella dei private.

Non solo,
sempre in accordo con quell'articolo una fonte bancaria che non è stata resa nota dal giornalista dichiara:
"la clientela tradizionalmente definita private, in assenza della certezza del valore rispetto ad altri beni rifugio come l'oro, al diamante preferisce beni alternativi più godibili come case all'estero, opere d'arte o gioielli."



 
Concludendo.

Sembra che i diamanti siano un business per le banche affamate di commissioni, per i collocatori e siano destinati a chi si vuole atteggiare a cliente importante. Ma parrebbe che chi ha i soldi "
veri" oggi punti altrove.

Naturalmente c'è un rovescio della medaglia: se un domani la moda si diffondesse non è da escludere che oggi si possano fare buoni acquisti.

Ciò premesso io non comprerei e mi sentei vagamente insultato se mi proponessero di comprarne.











giovedì 24 ottobre 2013

Lo vedo ma non ci credo, un Cantor piccolo piccolo

La prima parte del titolo del post è rubata a Cantor, un tale che un giorno scoperse che esistono infiniti infiniti.

Molto più modestamente in questi giorni sto vedendo una moltitudine di segnali che mi fanno pensare che le quotazioni azionarie, specie quelle dei "titolini" stanno per crescere significativamente.

Poichè la finanza anticipa l'economia reale di 6 - 9 mesi questo mi lascia ben sperare. Infatti i titolini sono le aziende italiane piccole e medie che (anche) esportano.
Ma se lavorano vuol dire che la ripresa non è troppo lontana. E forse con un po' di fortuna riusciamo ad agganciarla questa ripresa.

I cultori di Analisi Tecnica mi possono contattare in privato e potremo discutere nel dettaglio dei segnali.

mercoledì 16 ottobre 2013

Job matching


Oggi deviazione rispetto ai soliti temi.

Da un anno circa ricopro la carica di rappresentate dei professional piemontesi in seno a ManagerItalia, l'associazione (sindacale) di categoria che rappresenta i dirigenti, ma anche i quadri ed i professional.

Questo incarico mi permette di seguire - oltre ai mercati finanziari - anche un mercato emergente: quello della domanda ed offerta di lavoro tra i professionisti e le imprese.

In questo senso ho in mente una serie di iniziative che verranno pubblicizzate attraverso il gruppo Linkedin che ho creato, "Professional Piemonte".

Vi invito ad aderire, poichè la regola sarà che le prossime iniziative verranno pubblicizzate solo in quella sede



Segnalo oggi una iniziativa della ASSOPRIM, la consociata di Confcommercio che rappresenta le aziende di Servizi Professionali per le Imprese.


Job matching a Milano.
 

Un'occasione di incontro tra domanda, offerta e orientamento di competenze con particolare attenzione alle nuove professioni digitali.
La partecipazione all'evento è gratuita per tutti: aziende, candidati, studenti, professionisti e istituti scolastici possono assistere gratuitamente a tutte le attività della giornata.



Una considerazione finale.

Assoprim è la "controparte" dei professional.
Non sarebbe il caso fare massa anche noi, ed essere coperti da una organizzazione che possa in qualche modo avere un peso contrattuale maggiore?

Se siete dell'idea associatevi contattatemi per associarvi a ManagerItalia.

giovedì 10 ottobre 2013

All'investitore non fare misurare quanto il tuo servizio vale


Una osservazione ed una domanda.


L'osservazione.

Vi sono parole molto capienti in termini di significato.


Cosa è il "rischio" per l'investitore? Credo che ci siano infiniti modi per definirlo.
Per non parlare poi della sua percezione...

Ma anche "rendimento" è un termine assai insidioso.

Sembra facile definirlo: "E' quello che ho alla fine, meno quello che avevo all'inizio, diviso il numero di anni".

Ma ci sono almeno tre metodi di calcolo legittimi, che possono dare risultati anche molto differenti.
Il Money Weighted, il Time Weighted ed il Tasso Interno di Rendimento.

Lascio al lettore volenteroso capire le sfumature che stanno dietro ad ogni metodo di calcolo.


Voglio invece puntare la vostra attenzione su un fatto che considero curioso.

E quindi pongo la domanda.

Perchè molte prestigiose istituzioni che offrono servizi di investimento non offrono uno strumento per dare una visione chiara di come è andato l'anno? 


Perchè invece vediamo una gran massa di proclami sull'ampiezza della scelta offerta?

"Da noi di Spazial Invest avrai a disposizione un miliardo di fondi differenti, di tutte le case della galassia e noi selezioniamo per te solo i fondi a 5 stelle secondo la classifica della società indipendente Blackstar"

Non c'è dubbio che avere molta scelta è meglio che non averla. Ma è così automatico che avere tanta scelta si riverberi nel successo?

E se tutto funziona così bene perchè non dare al cliente la percezione esatta di come vanno le cose?

Mutatis mutandis ve la vedete l'Audi o la BMW che si pubblicizzano dicendo: "Abbiamo scelto per voi il migliore acciao disponibile tra mille e mille fonderie?"

E che impressione vi farebbe un venditore al quale chedete quale sia la velocità di punta di un certo modello che risponde: "Più o meno 170 km/h".

Allora per quale ragione spessissimo non riuscite ad ottenere una risposta chiara alla domanda: "quest'anno quanto ha reso il mio patrimonio?"

Al lettore malizioso la risposta, invero non ardua.



lunedì 30 settembre 2013

La relazione tra lo spread e la Borsa - parte seconda

Post rapidissimo ed affannato, con dati presi al volo, e quindi impreciso.

Vi ricordate del mio post di agosto?

Adesso vi faccio vedere a cosa serve.

Un dato che ho omesso per non appresantire troppo l'esposizione è il valore del beta della regressione.

Il beta risponde ad una domanda molto importante.

Se lo spread scende o sale dell'1% quanto va su o giù l'indice di Borsa?

Il beta del 2012 è -9,647 ovvero ogni 100 punti di spread la borsa perde (guadagna)  circa il 9.5%.

Verifica empirica


Data Spread Indice Variazione % Indice Variazione spread  Teorico
26-set 251 17870
27-set 265 17654 -1,2% -0,14% -1,35%
30-set 283 17317 -1,9% -0,18% -1,74%

I dati del 30 settembre sono delle 10 del mattino circa.


lunedì 23 settembre 2013

Matricole e Meteore


Questa settimana per alleggerire un poco il clima di preoccupazione che ho forse creato con gli ultimi post riferirò di un ragionamento fatto con mio figlio, relativamente alle vicende umane.


Ricordate il programmino televisivo che presenta i video delle stelle dei media quando erano agli albori? E che propone anche chi è passato rapidamente sugli schermi senza poi lasciare traccia?

Qui trovate Sandy Marton ed Eros Ramazzotti agli esordi.

Ma chi era Sandy Marton? ahhhh era lui... L'equivalente umano di Filo Sganga.


La questione posta da mio figlio era: "come è possibile che certi cantanti facciano una canzone o due e poi scompaiano, mentre certi altri facciano carriere di moltissimi anni?".

Il quesito è interessante e trovare un abbozzo di spiegazione generale applicabile anche in altri campi della vita potrebbe essere utile. 

Mi sono interrogato spesso su queste questioni e, chi mi segue sa che, specie all'inizio del blog, i miei post erano relativi alla mia visione del mondo.

Chi avesse voglia di rileggerli può farlo, ad esempio, qui e qui.

Chi mi segue sa anche che spesso amo stilizzare la realtà con piani cartesiani. Così nell'illustrare la risposta che ho dato a mio figlio non mancherò di usarli.

Immaginiamo due assi: quello orizzontale della "competenza" e quello verticale della "fortuna".

Il nostro modello del mondo diventerà


A questo punto anche per il lettore diventa abbastanza facile rispondere alla domanda di mio figlio.

Due etichette delle quattro categorie sono state scelte prendendo a prestito un famoso aforisma di Einstein "Preoccupati di diventare un uomo di valore piuttosto che un uomo di successo"; un'altra, la più ovvia, è mia e l'ultima è mutuata da Verga.

Mentre ci vuole poco tempo per individuare un vinto è molto difficile discriminare l'appartenenza alle altre categorie, poiché vi sono spesso condizioni straordinarie, oggettive o soggettive, che impediscono di capire quale sia la situazione reale.

Così a volte ci si "innamora" di un leader sbagliato ed in virtù di una serie di coincidenze lo si crede un predestinato, un uomo protetto dall'Alto, quando invece è solo mediamente abile o mediamente intrigante MA particolarmente fortunato.

Pensiamo per esempio a Hitler e alla quantità straodinaria quantità di attentati ai quali è sfuggito "miracolosamente".

Nassim Taleb in "Giocati dal caso" ha analizzato le questioni relative a queste errate percezioni, sia nel campo degli investimenti che nelle vicende politiche.


Nel mio piccolo ho scritto anche io qualcosa, in Darvinismo all'Italiana e su come provare a discriminare la bravura dalla casualità qui.

























 

venerdì 20 settembre 2013

Com'è dura la duration


"Io ce l'ho profumato" diceva una vecchia pubblicità di una famosa mentina.


E il tuo portafoglio obbligazionario ce l'ha lunga o corta?

La duration, cosa avevi capito? 

Ma cos'è la duration?
E' l'inverso dell'elasticità della domanda (rispetto al prezzo) di un titolo (obbligazionario). 

Ma giova all'investitore sapere qual'è la duration del proprio portafoglio? 

Eh si, diversamente rischia di avere qualche brutta sorpresa.


Ma allora cos'è la duration?

E' un numero che dice
- quanti anni servono per riavere indietro i soldi investiti;
- quanto è sensibile il titolo (o il portafoglio) alle variazioni del tasso di riferimento.

Facciamo un esempio:
se compero un BOT ad un anno, pago oggi 98 e so che tra un anno riavrò 100.

La duration è 1.

Se compero un BTP che scade tra 10 anni la duration sarà 10? 

No, perché nel frattempo incasso le cedole e quindi avrò indietro il mio capitale prima della scadenza del titolo.

Un BTP a 30 anni potrebbe avere una duration intorno a 15.

Interessante direte, ma cosa me ne faccio di questo numero?


Meglio tenerlo in mente perchè indica quanto è ballerino il proprio portafoglio.


Ma come funziona?
Se avete tutti BOT a 3 mesi e domani i tassi salgono potrete dire "pazienza tra 3 mesi investirò a tassi maggiori, il danno è minimo". E se doveste vendere prima della scadenza, sul mercato troverete qualcuno che non vi chiede un grosso sconto per comperarli.

Ma perchè l'acquirente vi dovrebbe chiedere uno sconto per comperare i vostri BOT? Perchè l'alternativa, per chi ha il denaro in mano, è comperare i nuovi BOT che rendono di più. Quindi se voi gli fate uno sconto per lui è indifferente comperare i vostri vecchi BOT o i nuovi BOT.


Il discorso ovviamente non cambia con un titolo più lungo. Cambia invece lo sconto che dovrete fare. 

Avete un titolo comperato a 100 con duration 10 e i tassi salgono di un punto? Lo sconto che dovete fare è 10. Il mercato lo prezzerà 90. 

Direte. Ah, ma tanto lo tengo fino a scadenza e così non mi prendo la perdita.

Non vedete la perdita, ma se aveste i soldi liquidi potreste comperare un titolo che rende di più.

Ma si sa. occhio non vede cuore non duole.


Con questo post completo il quadro iniziato la settimana scorsa. 


L'altra volta abbiamo visto che i titoli obbligazionari di emittenti bancari in prospettiva potrebbero riservare qualche sorpresa. 


Adesso si scopre che anche avere un titolo lungo potrebbe serbare qualche sorpresa se i tassi salgono.

Insomma come perdere denaro anche con le obbligazioni chesecondo la vulgata sono investimenti  tranquilli




giovedì 12 settembre 2013

Il diavolo nei dettagli - Il gran ballo delle obbligazioni bancarie


Oggi, contrariamente alla tradizione della rubrica, ci occuperemo di una intera Asset Class e non di un singolo titolo.


Mi pare infatti che alcuni nodi si stiano approssimando al pettine, anche se non sono ancora conclamati.


Nell'immaginario dell'investitore medio le obbligazioni sono "sicure" e quando si comperano non si tende a sottilizzare.

Naturalmente le vicende Cirio, Argentina, ed i "titoli tossici" hanno contribuito a rendere questa certezza un po' meno forte, ma in fondo ci si fida ancora della propria banca e dell'obbligazione che ci viene proposta dall'"amico".
 

Specie se poi la banca è quella locale e non un Leviatano internazionale.

Così il "consulente", al momento del rinnovo del titolo scaduto, la butta lì: "Perchè non prende anche un po' delle nostre obbligazioni? Rendono come i titoli di Stato." (ovviamente se rendono di più batterà la grancassa e, se rendono di meno, sarà "per diversificare").

Naturalmente pochi al momento dell'acquisto baderanno a cosa firmano. E meno ancora sono in grado comunque di capire cosa stanno comperando.

Possiamo dire - certi di essere capiti da tutti - che comperare una obbligazione bancaria vuol dire dare i soldi alla banca perchè li usi per il suo business.


Qui inizia il difficile, però.

Infatti ci sono una infinità di "cassetti" dove la banca può mettere i soldi che gli prestate.
Alcuni sono più sicuri altri lo sono meno.


Pertanto alcuni bond assomigliano alle azioni (e per questo sono remunerati maggiormente).

Quindi se le banche sono in difficoltà alcune obbligazioni sono molto più pericolose di altre.


Ma tanto le banche sono stabili e sicure... o no?


Ecco la sintesi di un rapporto di Royal Bank of Scotland di alcuni giorni fa.





Il quadro generale

Secondo RBS da maggio 2012 le banche dell’Eurozona hanno già ridotto asset per  2900 miliardi di euro, in gran parte attraverso svalutazioni e perdite sui crediti.
 
Queste sono misure ancora insufficienti in quanto a fronte di attivi per 32.000 miliardi, più di tre volte il Pil europeo, il sistema dovrà tagliare altri 3200 miliardi di asset.
 
Lo scenario evidenziato si basa sui livelli più alti di patrimonio e di leva finanziaria richiesti dalle nuove regole di Basilea 3, che entreranno in vigore l’anno prossimo.
 
Agli istituti medio-piccoli, tocca dare una “sforbiciata” attorno ai 2,6 miliardi.
Tra gli istituti di credito che avranno necessità di un appoggio esterno per l’impossibilità di farcela con propri mezzi o tramite aumenti di capitale, troviamo banche di media dimensione italiane e spagnole.
 
Le grandi banche dovranno tagliare asset per 661 miliardi, tutto sommato una cifra “possibile”.


Banche Grandi
Sono in in vista gli stress test sui 130 istituti bancari più importanti dell’Eurozona, passaggio obbligato per il loro passaggio sotto la vigilanza bancaria unica europea.
Tra i grandi che non se la passano bene, a livello europeo si notano: 

Banca
Ipotesi di ricapitalizzazione  (mld euro)
Deutsche Bank
18
Credit Agricole
17
Barclays
12
Société Générale
6
Commerzbank
2


Banche piccole e medie
Dovranno diminuire il credito per rinforzare il capitale. Questa tipologia di istituto avrà grosse difficoltà a tagliare i crediti alle imprese, specialmente alle pmi.

Risulta quindi possibile un aumento di salvataggi pubblici. A farne le spese non saranno solo i contribuenti ma anche soci e risparmiatori in possesso di obbligazioni subordinate.




La domanda quindi è: "ma cosa sono le obbligazioni subordinate?" La risposta (molto semplicistica) è qui (non cliccate se avete già cliccato il link precedente).

Specifico, per amore di precisione, che la stabilità dell'Unicredito al momento è fuori discussione, a differenza di altre banche sulle cui difficoltà i giornali iniziano a raccontare. 

Chiedetevi adesso: 
I miei titoli sicuri sono veramente sicuri? 
Ma dove diavolo ho messo le carte relative ai bond che ho comperato?
Sono in grado di capire da solo quali sono i titoli sicuri?

Naturalmente per gli obbligazionisti c'è anche un altro pericolo in agguato, ma ne parleremo la prossima volta.