giovedì 26 marzo 2009

Le azioni, i mattoni ed il paradosso di Condorcet - 1

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Il marchese di Condorcet aveva scoperto che il risultato delle votazioni dipende anche dall'ordine in cui si votano i differenti candidati: quindi la scelta di un metodo elettorale è parte sostanziale e non accessoria nel determinare il risultato di una votazione.

La recente notizia che le transazioni immobiliari, l’anno scorso, sono calate del 18% rispetto all’anno precedente, offre a noi – novelli Condorcet - l’opportunità di riflettere su come la struttura dei mercati influisca sulla formazione dei prezzi. Ovvero su come il prezzo non esprime solo il valore di un bene ma deriva anche dalle regole del mercato in cui è trattato.

Esaminiamo gli immobili ed i valori mobiliari.

Tra i motivi per cui “il mattone” è un investimento ben reputato possiamo addurre oltre a fattori oggettivi, anche fattori soggettivi, come l’elevato comfort psicologico offerto. Infatti un immobile viene percepito come un bene dal prezzo stabile e con tendenza quasi esclusivamente rialzista.

Questa percezione deriva anche dal fatto che il mercato immobiliare non ha il medesimo livello di trasparenza di quello mobiliare, ovvero ha “regole” differenti.

Infatti il mercato immobiliare :
- non esiste nel senso stretto del termine, poiché non esistono luoghi deputati all’incontro formale tra domanda ed offerta. Già solo questo fatto impedisce una osservazione facile e costante delle dinamiche dell’investimento effettuato: spesso l’informazione di massa avviene tramite i giornalini ricevuti nella buca delle lettere.

- Ogni immobile non è mai esattamente uguale ad un altro. Quindi il proprietario che ha notizia di una transazione recente effettuata a prezzi inferiori rispetto a quello del proprio acquisto può restare convinto che il SUO immobile avrebbe spuntato un prezzo migliore.

- Il numero di acquirenti è decisamente limitato ed i tempi per operare sono “lunghi”: c’è quindi modo di ripensare, modificare i termini dell’operazione e far scemare la pressione emotiva.

- Il prezzo viene determinato con esattezza solo al momento della stipula: infatti alla controparte viene proposta una stima del valore, che solo se pagata diventa “prezzo”.

- I prezzi delle transazioni non sono pubblici e tempo addietro talvolta potevano essere anche non veritieri. Non si è perciò bersagliati quotidianamente da flussi di notizie relativi al proprio investimento e in ultima analisi da giudizi sulla propria sagacia.


Inoltre il famoso “conto della serva” “dimostra” che le case non tradiscono mai.

Chi non ha mai sentito la seguente frase? “Ho comperato casa nel 19XX a 100 ed oggi vale 500”. Il ragionamento implicito è che la differenza tra i due prezzi è il guadagno dell’investimento (non si discrimina mai sull’inflazione, sui costi di manutenzione, sulle tasse, sulla effettiva capacità di vendere al prezzo desiderato nei tempi voluti…).

Inoltre poiché non si è invogliati a vendere sotto il prezzo di acquisto, nei periodi di crisi, i prezzi anziché calare restano fermi e diminuiscono le transazioni, aiutando ad affermare che il mercato immobiliare “regge” meglio di quello borsistico.

Se poi un proprietario fosse costretto a vendere ad un prezzo inferiore a quello di acquisto tedierà - per i tre lustri successivi - parenti ed amici con la storia della sua sfortuna.

giovedì 19 marzo 2009

Holer Togni funds

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

I mercati finanziari sono nati per consentire agli imprenditori di ricevere i capitali necessari alle loro imprese. L’attività eccedente questa funzione può diventare pericolosa, come abbiamo visto. Gli hedge funds e la finanza derivata sono una espressione di questa ipertrofia.

Occorre però cautela nel dare giudizi.

Attribuire una etichetta ad un certo modo di operare non è cosa semplice: un tempo - ad esempio - si ritenevano poco morali il ribasso e la detenzione di titoli per un periodo di tempo “breve”. E alla schiera dei malvagi speculatori si contrapponeva la schiera virtuosa degli investitori, ovvero dei detentori di azioni per “lungo” tempo.

In base a questo criterio sembrerebbe che la moralità sia funzione del periodo di tempo di detenzione di un titolo; un concetto alquanto risibile.

Occorre inoltre notare che gli investitori, scegliendo una azione piuttosto che un’altra si comportano da speculatori: discriminano il titolo meno promettente perpetrando una ingiustizia nei confronti dell’imprenditore più “debole”.

Non solo, lo speculatore ha una grande utilità sociale, perché con la sua posizione complementare all’investitore permette l’uscita dal mercato di chi, per le più differenti ragioni, vuole liquidare la propria posizione.


Abbandonando il terreno incerto dei giudizi sulla moralità si può affermare che gli operatori del mercato cercano di trarre profitto impostando operazioni su presunte future discrepanze tra i flussi di domanda ed offerta.

Quello che distingue un fondo hedge da un operatore “normale” è la strategia implementata per sfruttare le previsioni.

Tipico dei fondi hedge è - ad esempio - indebitarsi pesantemente per lucrare su movimenti minimi.

Quando la modalità operativa è giudicata “eccessiva” da un Paese è necessario trasferirsi verso Paesi più accomodanti (in genere i Paesi meno ricchi hanno regole più elastiche).

La ragione per cui certe strategie sono considerate “eccessive” è rappresentabile con una immagine: è molto più sicuro per la collettività che evoluzioni automobilistiche alla Holer Togni - anche se condotte con grande maestria e senza danno, almeno nella massa dei casi - non vengano compiute.

La Polizia locale vigila sia sull’emissione delle patenti che sul traffico.

Esistono però alcuni piloti che, avendo targa e patente estera, possono eseguire ogni evoluzione sulle strade della finanza internazionale, senza possibilità di sanzione: infatti se in Europa le Società di Gestione sono sottoposte agli organi di vigilanza, anche qualora gli hedge fund siano domiciliati altrove, così non è negli Stati Uniti ed in altri Paesi.

Sebbene gli hedge fund non siano i responsabili del pandemonio scoppiato in questo periodo, è altamente plausibile pensare che abbiano amplificato i movimenti del mercato ed è quindi necessario creare regole finanziarie comuni che impediscano che la loro attività diventi esiziale per il sistema.

Se ciò non dovesse avvenire il messaggio offerto dalla Politica alla Finanza sarà chiaro: il sistema economico globale potrà continuare ad essere ostaggio di alcuni sagaci “cacciatori di inefficienze” che pur di lucrare sono disponibili a mettere a repentaglio la stabilità del sistema.

giovedì 12 marzo 2009

Anatomia delle truffe finanziarie - 2

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

La settimana passata abbiamo esaminato le due grandi tipologie di truffe; oggi resta da chiedersi perché i truffati spesso non riescono a recuperare il maltolto.

Diventa chiaro che, nel caso della “stangata” il malloppo esiste, ma sarà difficilissimo recuperarlo perché gli organizzatori avranno previsto un rifugio sicuro per il bottino e - a meno che non si riesca ad interessare qualche organizzazione potentissima - difficilmente le Magistrature avranno modo di demolire la rete di giurisdizioni e connivenze che i truffatori internazionali hanno approntato a propria difesa.

Nel caso della “difficoltà temporanea” invece il malloppo non esiste. E’ stato bruciato in gran parte nell’attività maldestra dell’imprenditore/truffatore. La provvista che il truffatore riservava per sé – quando recuperata - in genere non è mai abbastanza grande per risarcire in modo soddisfacente la massa dei creditori.


Ma perché le truffe vengono scoperte a grappolo?

Nei periodi di crisi, a causa della scarsa liquidità si inceppa il meccanismo dello schema, che è invariabilmente - o quasi - una “catena di S. Antonio”: coi soldi degli ultimi si pagano gli interessi ai primi. Quindi un osservatore cinico potrebbe teorizzare che si può investire in una siffatta truffa a condizione di:
- esserne consapevoli,
- essere tra i primi,
- avere cura di uscire alle prime avvisaglie di una crisi.


Ma quali sono gli ingredienti di una truffa?

La condizione primaria per allestirla è l’esistenza di una vittima che abbia coltivato un senso di rivalsa verso il mondo e che ritenga giusto che il destino gli offra “un risarcimento” per i torti subiti (veri o presunti che siano). L’abilità del truffatore sta nell’individuare la vittima e sviluppare in lui questo sentimento: le truffe via email sono una applicazione su scala industriale di questo principio, dove all’abilità viene sostituita la legge dei grandi numeri.

Successivamente occorrono:
- un “amico”, in genere di vecchia data, o se recentemente acquisito, deve mostrare (almeno apparentemente) un elevato livello di successo economico;
- la segnalazione “casuale” dell’esistenza di una occasione “riservata a persone di alto livello”, che è però disponibile per la vittima (per intercessione dell’”amico”);
- la presentazione alla vittima di un meccanismo blandamente illegale, sia per giustificarne la redditività straordinaria sia per rendere il truffato solidale col truffatore (minimalmente una evasione fiscale);
- la raccomandazione di mantenere il massimo riserbo, poiché l’inserimento di esterni è “contro il regolamento”;
- l’induzione della vittima ad una violazione di una regola vitale di prudenza, per esempio disinvestire dai prodotti/canali ufficiali per versare il proprio denaro al di fuori delle procedure normali.

Anche dopo aver indotto la vittima a separarsi dai propri soldi non è detto che la truffa sia riconosciuta: il narcisismo della vittima ha una parte molto significativa in questa dinamica.
Così, talvolta, neppure dopo aver subito il danno, la vittima potrebbe essere disponibile a riconoscere di essere stato truffato. Potrebbe essere incline a credere che se non fosse intervenuto qualche “incidente” tutto sarebbe andato come previsto; non solo, il senso di solidarietà verso il truffato potrebbe spingerlo sia a non agire legalmente contro di esso, sia addirittura a solidarizzare (chi ricorda il caso Mendella?).

venerdì 6 marzo 2009

Anatomia delle truffe finanziarie - 1

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Apprendo adesso che è stato arrestato un funzionario della Banca della Svizzera Italiana (che è proprietà di un grande gruppo assicurativo italiano). Mi pare un buon viatico per introdurre il tema.


E’ notizia recente che la Sec, l’equivalente americana della Consob ha scoperto nel 2008 e in questo scorcio del 2009 circa 30 frodi finanziarie per 60 miliardi di dollari: un record. Da anni non si vedeva una simile, discutibile, effervescenza.

Così oggi propongo la prima parte di questo studio, con l’augurio che non vi dobbiate mai trovare a dover approfondire un caso concreto.


Quali sono i denominatori comuni delle truffe?

Come mai l’epilogo anche se porta alla punizione del colpevole spesso non conduce ad un recupero soddisfacente del maltolto? Eppure se esiste un truffatore dovrebbe esistere anche un “malloppo” da recuperare.


Suddivido le truffe in due grandi categorie:

- “La stangata” ha luogo quando un gruppo organizza - esattamente come nel film omonimo - una macchinazione ai danni altrui. Ritengo questi casi relativamente rari in finanza, sebbene occorra puntualizzare che una certa parte non è osservabile, in quanto le vittime - se la truffa è ben ideata - non sono incentivate a rivolgersi alla Magistratura.
Immaginate - ad esempio - una truffa rivolta a drenare i proventi di attività economiche effettuate evadendo il fisco.

- “La difficoltà temporanea” si concretizza quando un imprenditore disinvolto ma che, almeno inizialmente, non ha l’animo truffaldino, entra in crisi. Anziché arrendersi all’evidenza cerca di cavalcare la tigre, mentendo e falsificando i bilanci, fino a quando il gioco non sarà più sostenibile o fino a quando avrà ripianato la situazione. Occorre notare che anche di questa tipologia osserviamo solo le crisi che esplodono, mentre non possiamo notare le situazioni che sono state critiche senza tuttavia estremizzarsi. Queste ultime in genere passano alla storia come disordini contabili più o meno grandi, ma sono poco evidenti: forse alcune vicende relative al passaggio di proprietà di una importante azienda di telecomunicazioni sono ascrivibili a questi ambiti .


Concludo ancora con una notazione legata alla cronaca, che ha recentemente legato gli hedge fund ad alcune truffe.

Chi apre un fondo hedge non è quasi mai un truffatore, tuttavia talvolta i truffatori si avvalgono dei fondi hedge - che in taluni casi sono poco regolamentati - per coprire i propri loschi traffici.