giovedì 12 marzo 2009

Anatomia delle truffe finanziarie - 2

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

La settimana passata abbiamo esaminato le due grandi tipologie di truffe; oggi resta da chiedersi perché i truffati spesso non riescono a recuperare il maltolto.

Diventa chiaro che, nel caso della “stangata” il malloppo esiste, ma sarà difficilissimo recuperarlo perché gli organizzatori avranno previsto un rifugio sicuro per il bottino e - a meno che non si riesca ad interessare qualche organizzazione potentissima - difficilmente le Magistrature avranno modo di demolire la rete di giurisdizioni e connivenze che i truffatori internazionali hanno approntato a propria difesa.

Nel caso della “difficoltà temporanea” invece il malloppo non esiste. E’ stato bruciato in gran parte nell’attività maldestra dell’imprenditore/truffatore. La provvista che il truffatore riservava per sé – quando recuperata - in genere non è mai abbastanza grande per risarcire in modo soddisfacente la massa dei creditori.


Ma perché le truffe vengono scoperte a grappolo?

Nei periodi di crisi, a causa della scarsa liquidità si inceppa il meccanismo dello schema, che è invariabilmente - o quasi - una “catena di S. Antonio”: coi soldi degli ultimi si pagano gli interessi ai primi. Quindi un osservatore cinico potrebbe teorizzare che si può investire in una siffatta truffa a condizione di:
- esserne consapevoli,
- essere tra i primi,
- avere cura di uscire alle prime avvisaglie di una crisi.


Ma quali sono gli ingredienti di una truffa?

La condizione primaria per allestirla è l’esistenza di una vittima che abbia coltivato un senso di rivalsa verso il mondo e che ritenga giusto che il destino gli offra “un risarcimento” per i torti subiti (veri o presunti che siano). L’abilità del truffatore sta nell’individuare la vittima e sviluppare in lui questo sentimento: le truffe via email sono una applicazione su scala industriale di questo principio, dove all’abilità viene sostituita la legge dei grandi numeri.

Successivamente occorrono:
- un “amico”, in genere di vecchia data, o se recentemente acquisito, deve mostrare (almeno apparentemente) un elevato livello di successo economico;
- la segnalazione “casuale” dell’esistenza di una occasione “riservata a persone di alto livello”, che è però disponibile per la vittima (per intercessione dell’”amico”);
- la presentazione alla vittima di un meccanismo blandamente illegale, sia per giustificarne la redditività straordinaria sia per rendere il truffato solidale col truffatore (minimalmente una evasione fiscale);
- la raccomandazione di mantenere il massimo riserbo, poiché l’inserimento di esterni è “contro il regolamento”;
- l’induzione della vittima ad una violazione di una regola vitale di prudenza, per esempio disinvestire dai prodotti/canali ufficiali per versare il proprio denaro al di fuori delle procedure normali.

Anche dopo aver indotto la vittima a separarsi dai propri soldi non è detto che la truffa sia riconosciuta: il narcisismo della vittima ha una parte molto significativa in questa dinamica.
Così, talvolta, neppure dopo aver subito il danno, la vittima potrebbe essere disponibile a riconoscere di essere stato truffato. Potrebbe essere incline a credere che se non fosse intervenuto qualche “incidente” tutto sarebbe andato come previsto; non solo, il senso di solidarietà verso il truffato potrebbe spingerlo sia a non agire legalmente contro di esso, sia addirittura a solidarizzare (chi ricorda il caso Mendella?).

1 commento:

Guido Giaume ha detto...

Ho dovuto eliminare un commento che faceva riferimento ad una possibile truffa finanziaria perchè faceva nomi e cognomi. Sarà anche stata vera ma non intendo prendermi una denuncia per diffamazione. Se dovete fare commenti specie se anonimi devono essere legali.