venerdì 23 febbraio 2018

Video - La scuola ci insegna ad investire male


La scuola, il trading ed il successo nella vita Chi di voi non ha mai sentito l'adagio "ultimo a scuola primo nella vita"? esiste una teoria che spieghi perchè certi "asini" abbiano successo? E' solo frutto un caso?  Ovviamente questa frase viene presa come provocazione. Tutti sanno che un allievo diligente preparandosi diventerà un professionista di successo e guadagnerà molto. Poi ogni tanto ci sono le eccezioni: gli "asini" di successo, che mettono in crisi il teorema Studio = successo, serenità, avvenire. La mia risposta è che il caso sia un fattore importantissimo ma che non possa spiegare tutto (vi invito caldamente a leggere post relativo). Vi sono cioè delle abilità naturali positive che non solo la scuola non sviluppa ma che inconsapevolmente danneggia. Tale affermazione - per essere spiegata - transita attraverso una osservazione derivante dal mio ambito professionale. Chi è un trader? E' quel soggetto che scommette e guadagna puntando sulla previsione corretta dell'andamento futuro di un titolo. Oggi questi operatori effettuano studi complessi che permettono loro di elaborare una metodologia profittevole. La cosa interessante e controintuitiva è che avere una teoria che permettere di fare moltissime previsioni corrette non è necessaria, e addirittura potrebbe essere dannosa. Perchè? Spesso gli aspiranti trader hanno sperimentato che bastano uno o due scommesse disgraziate per dilapidare il patrimonio accumulato con le operazioni positive. D'altra parte una strategia profittevole potrebbe essere implementata anche con 8 operazioni debolmente in perdita e 2 operazioni estremamente positive. Detta in questo modo sembra una banalità. Ma non la è per nulla. E non sto alludendo al fatto che è difficile - da un punto di vista pratico - realizzare algoritmi profittevoli (e credetemi, lo è). Lo scoglio maggiore è la difficoltà culturale di concepire correttamente l'attività di trader e sostenere psicologicamente il fatto di essere quasi perennemente in perdita. Mi spiego meglio. Immaginiamo che vostro figlio alla fine dell'anno scolastico venga da voi decisamente soddisfatto e vi dicesse. Papà guarda la mia pagella: Italiano 5 Scienze 5 Geografia 5 Ginnastica 5 Religione 5 Comportamento 5 Storia 10 Matematica 10 Immagino che la primissima reazione sarebbe quella di dare un ben assestato ceffone al pargolo. Eppure questo è uno dei possibili atteggiamenti del trader di successo. Deboli perdite per la maggior parte del tempo e due successi macroscopici. Cosa non funziona? Il nostro sistema scolastico ci impone fin dalla più tenera età di fronteggiare un elevato numero di prove o argomenti e dovremo saperne una quantità "sufficiente", altrimenti verremo bocciati. Analogamente per un compito in classe. Non è possibile superarlo se non si sanno 8 domande su dieci e invece si sanno benissimo due domande. La stratificazione nel profondo di questo concetto implica che il nostro sistema scolastico impedisce la formazione di trader. Immagino che qualcuno possa pensare "beh, poco male!" Mica tanto. Si genera una lacuna della percezione, una sorta di nevrosi collettiva. Si riducono le scelte degli allievi e quindi le possibilità di avere comportamenti adeguati. Attualmente solo i ribelli possono essere in grado di diventare così forti da abbandonare lo schema educativo che viene proposto a scuola. Ma solo alcuni avranno così tanta autostima per non autorappresentarsi come reietti e quindi non sentirsi "obbligati" a fallire. Essere ribelli è un buon viatico per il successo? Non credo, se non altro perché anche tra loro alcuni non sono abbastanza intelligenti, mentre altri ancora sono oggettivamente sfortunati. Sarebbe dunque importante che il sistema scolastico si renda conto che possono esistere differenti strategie vincenti per vivere la vita e che non tutte passano attraverso lo standard educativo attuale. Solo ridefinendolo si potrà dare a ciascun allievo l'opportunità di scegliere l'atteggiamento più adatto alla propria indole.

venerdì 16 febbraio 2018

Video - La differenza tra il prezzo ed il valore



Oggi introdurrò un argomento che è alla base di tutta la finanza. “c’è differenza c’è tra valore e prezzo?” Non è una questione teorica. E’ invece molto pratica. Conoscere la risposta vi permetterà ad es. di evitare i danni derivanti le bolle finanziarie. Ma non solo. Se porrete questa domanda al vostro consulente capirete se è la persona che fa per voi. Oggi voglio spiegarvi che differenza c’è tra valore e prezzo. Il prezzo e questo lo sapete è il numero che indica a quale livello monetario è stata conclusa una transazione. Per es. Ho comperato 1000 fiat a 10 euro. Ho comperato una casa a 100 mila euro. Ma anche un kilo di zucchine a 3 euro. Sempre - in ogni occasione - quando compero un oggetto è perché sono convinto che averlo mi renderà un po’ di più del prezzo che l’ho pagato. Se compero una cravatta diventa difficile monetizzare il piacere di averla, ma posso dire con certezza che avere la cravatta mi faceva più piacere di risparmiare i soldi spesi. Se parliamo di un investimento finanziario o di una casa, è possibile stimare il beneficio economico del suo possesso. Di una casa ad es. posso calcolare la somma degli affitti che riceverò da un inquilino. Di una obbligazione o azione posso stimare il valore attuale delle cedole che riceverò nel tempo. Ci sono metodi scientifici ma non necessariamente esatti o convergenti per stimare il valore di ogni investimento, basandosi ad es. sul flusso dei redditi futuri che questo darà. L’equazione da tenere a mente è questa. Quando comperiamo o vendiamo facciamo una stima e il prezzo di un bene è il valore monetario che approssima il valore attuale delle entrate che quel bene mi darà nel futuro. Abbiamo visto che chi compera un investimento lo fa perché vuole assicurarsi un flusso di cassa futuro. Ma allora chi vende è uno sciocco? Vuole separarsi da un flusso di cassa? Potrebbe volerlo fare perché ha bisogno dei soldi per cambiare la macchina, ma potrebbe anche stimare diversamente il valore del bene che vende. Chi vende potrebbe credere crede che il flusso di cassa futuro che potrà ottenere sia tale da non giustificare il possesso di quel bene . Possiamo allora concludere che il prezzo è la cifra sulla quale ci si mette d’accordo, ma il valore del bene è differente nella mente del compratore e del venditore. Ricapitolando I prezzi sono una traccia visibile del valore che noi diamo a quel bene. Questa stima varia di persona in persona perché si possono scegliere differenti parametri per fare il calcolo. Quindi con lo stesso metodo di calcolo ma con parametri leciti ma differenti è possibile giungere a conclusioni anche opposte sul valore di un bene e quindi decidere se comprarlo o venderlo. In condizione normale il prezzo ed il valore dovrebbero essere entità piuttosto vicine, ma ci sono momenti nei quali si allontanano: E’ il caso delle bolle finanziarie, che possono anche durare mesi o anni. Quindi la prima domanda che dovreste fare al vostro consulente è: come sai quando l’investimento che mi proponi vale il suo prezzo? Spero di esservi stato utile. Inviatemi i vostri commenti, critiche o domande. Vi risponderò. Sono presente sui principali social. Iscrivetevi su Youtube e Facebook o Twitter per non perdere le prossime puntate o i miei commenti flash sui mercati.

lunedì 12 febbraio 2018

Focus - Stiamo prendendo troppo rischio sui portafogli?


I bassi tassi di interesse spingono l'investitore ad accogliere troppi investimenti ad elevata volatilità. Questo ha conseguenze che bisogna gestire.

venerdì 9 febbraio 2018

Video - Aumentare i rendimenti e proteggere il capitale



Esiste un metodo per investire in Borsa e prevedere quale sarà il risultato? E’ possibile organizzare un investimento che permetta di proteggere il capitale se la Borsa dovesse scendere? Quanto segue è l’esposizione di uno studio disponibile sul sito di Cellino e Associati SIM, eseguito nell’ottobre 2014. Ancora oggi è validissimo, aggiornando i dati. i titoli italiani ALLORA rendevano a scadenza tra lo 0 ed il 3% I titoli esteri in euro ALLORA rendevano a scadenza tra 0 e 2% Già in quel tempo la riduzione dei rendimenti dei titoli obbligazionari rendeva insoddisfacente il solo investimento in titoli del reddito fisso di elevata qualità. Era quindi evidente che per ottenere rendimenti soddisfacenti occorresse aumentare la rischiosità del portafoglio. Questo è possibile farlo in molti modi, per esempio comperando dei certificates (e vi invito a vedere la mia puntata “attenzione al cedolone”) o comperando titoli in valuta estera o titoli obbligazionari di emittenti non primari. In questi casi però l’utente finale ha spesso il problema di capire quanto sia diventato rischioso il proprio portafoglio. In genere se ne accorge dopo a frittata fatta. Poiché il nostro lavoro non è solo portare risultati positivi ma far capire la finanza, abbiamo scelto la strada meno comoda e non commerciale: tutti sanno che le azioni sono pericolose, quindi per rendere più evidente al cliente la relazione tra rischio e rendimento di un portafoglio abbiamo pensato di fargli vedere quello che sarebbe potuto succedere al proprio investimento inserendo differenti percentuali di azioni. Stabilivamo con il cliente quanto tempo avremmo avuto a disposizione per l’investimento: 5 anni o 10. Poi gli mostravamo questa tabella, o una tabella simile. La tabella mostra nella prima colonna il portafoglio A, composto al 100% di obbligazioni. Ovviamente a scadenza - indipendentemente da quello che avrebbe fatto la Borsa – questo portafoglio avrebbe offerto un certo risultato fisso. Il portafoglio B e quelli successivi hanno invece da un minimo del 10% di azioni fino al 30% . Quindi il capitale finale sarebbe stato variabili in base all’andamento della Borsa. Partiamo da un caso avverso. Nell’ipotesi che il mercato azionario fosse andato molto male per 5 anni di seguito, ovvero tutti gli anni il mercato avesse fatto -10%..., il portafoglio B allora sarebbe finito più o meno in pari. Se invece il mercato avesse fatto +10% per 5 anni il portafoglio B avrebbe guadagnato all’incirca 11 su cento di investito, in 5 anni. Cioè un rendimento medio annuo del 2% lordo. E analogamente per i portafogli con maggiore incidenza azionaria avrebbero guadagnato o perso all’incirca le cifre riportate. In questo modo i clienti hanno avuto il modo di capire le alternative a disposizione e di scegliere consapevolmente. Naturalmente davamo anche la nostra previsione circa il rendimento medio che avrebbe dato un portafoglio azionario negli anni successivi. Occorre inoltre tenere conto che una perdita del -10% all’anno per 5 anni di seguito equivale ad una crisi dei mercati come quella del 2008. Come vedete con pochi semplici passi è possibile capire quello che si rischia e si vede che il rendimento ed il rischio sono legati. Quello che ho esposto è una parte del documento che è stato reso pubblico nell’ottobre 2014 è disponibile sul sito della SIM e potrò inviarvelo se me lo chiederete.

venerdì 2 febbraio 2018

Video - Quando il dollaro mangia i guadagni


Preferireste aver investito in questo ETF o in quest’altro? Grafico 1 o 2 Vi ricordate il video “e’ possibile guadagnare se i mercati scendono?”. Qualcuno potrebbe aver pensato che fosse troppo difficile, troppo tecnico e poco adatto ai propri scopi. Ed è vero in realtà è un argomento difficile. E’ un argomento tecnico ma vi ho appena mostrato il vantaggio che può produrre. Vogliamo approfondire? Benvenuti... Avete visto due grafici. Due risultati molto diversi. Eppure gli oggetti che vi ho mostrato investono entrambi nella stessa Borsa. Solo che uno dei due oggetti - quello che ha fatto la performance maggiore - è un investimento immunizzato dal cambio, mentre l’altro no. La Borsa Americana è salita. L’Etf che ha fatto peggio è stato danneggiato dall’andamento della componente valutaria, il dollaro in questo caso, che ha neutralizzato in parte i guadagni. Naturalmente un investitore americano non se ne sarebbe accorto. Ma uno europeo eccome!Questo è capitato l’anno scorso agli investitori europei che abbiano scelto di investire in America e in Giappone. Se la Borsa sale e la valuta scende è come se avessimo un carretto attaccato a due muli che tirano in direzioni opposte. Allora, non c’è il modo di muovere il carretto? Sì. Basta mettere sotto uno dei muli i pattini a rotelle. Se prevediamo che la Borsa andrà bene ma abbiamo incertezze sulla valuta, applicando una strategia short sulla valuta potremo isolare la componente valutaria. E potremo intascare la variazione percentuale positiva della Borsa senza avere l’erosione della valuta. Attenzione però. Diversificare è una delle prime regole dell’investire. Investire in una area geografica vuol dire accettare anche il rischio valutario connesso. Elidere artificialmente questo fattore aumenta la rischiosità della strategia che si propone. Infatti per guadagnare non devo fare una previsione corretta ma due. Insomma decidere se isolare o meno la componente valutaria è sempre una decisione complessa e rischiosa: è un’arma a doppio taglio e va usata con cautela. Qui vi mostro uno schema di come affrontare la situazione in base alle differenti previsioni della Borsa e della valuta. L’ultima domanda, quella molto pratica alla quale rispondere è: Come faccio a mettere i pattini sotto al mulo? Ci sono molti modi. Il più spiccio è trovare un ETF hedged cioè che neutralizzi la valuta di riferimento del mercato. MA soprattutto ricordatevi che quando vi offrono un prodotto hedged vi stanno offrendo due previsioni opposte. Borsa sale valuta scende.