venerdì 25 ottobre 2019

Comprare azioni vs affittare una casa – Parte 1


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Continuiamo oggi prendendo spunto da quanto visto nelle puntate precedenti.
L’assunto di base è che in un periodo come questo far rendere un patrimonio è difficile.

Siamo nella situazione che Keynes definì “eutanasia del rentier”: cioè oggi non si può più vivere con i soli interessi del proprio capitale.

Le obbligazioni sono andate a 0, quindi le soluzioni facili (o presunte tali), quelle che praticava l’investitore medio da solo, sono terminate: oggi, per generare reddito dal proprio capitale occorre faticare.

Quali sono dunque le alternative possibili per chi ha un capitale da mettere a frutto?

Gli immobili offrono un reddito, ma non piove dal cielo. Seguiamo l’iter di un soggetto che possieda mezzo milione di euro di obbligazioni in scadenza a breve e che stia cercando di capire cosa fare di questi soldi.

Se si decide per l’immobile occorre cercarlo, comprarlo, metterlo in ordine in modo da affittarlo, poi trovare un affittuario solido, che paghi, ed infine seguire sia la riscossione sia le manutenzioni e compilare la dichiarazione dei redditi.

E’ molto difficile che una persona abbia una conoscenza del mercato immobiliare così profonda da sapere in quale quale zona comperare, ma soprattutto, deve sapere cosa comperare: un negozio? Un ufficio? Una abitazione?

Non saprei darvi una indicazione di quale sia il migliore acquisto per mettere a frutto un capitale, ma sicuramente un esperto del settore lo sarà.

Quanto si impiega per comperare l’immobile giusto? Sinceramente credo che di questi tempi chi ha la liquidità sia favorito, ci sono più immobili in vendita che venditori, ma naturalmente il prezzo è una questione non banale: riuscire a spuntare un 5% di sconto non è poca cosa. Sono 25mila euro!
Nel frattempo le obbligazioni saranno scadute e il capitale sarà restato fermo.

Poi occorre pagare l’agente immobiliare e il notaio.

Apro una parentesi, sono almeno 25 anni che i miei clienti non pagano né commissioni di ingresso né di uscita ma ricordo che 30 anni fa - all’inizio della mia carriera - la metà delle situazioni di stallo erano causate proprio dalle commissioni. Invece non ho mai avuto notizia che la commissione dell’agente immobiliare o la parcella del notaio fossero una ragione sufficiente per non coperare un alloggio.

Ma torniamo al nostro acquisto immobiliare.
Avevamo dei soldi fermi e adesso li abbiamo spesi per comperare un immobile.

Ma uno solo…?
E il frazionamento del rischio? Dipende da luogo a luogo ma di certo le cifre per spalmare il rischio nell’investimento immobiliare sono molto elevate. Non è detto che mezzo milione offra sufficienti possibilità in merito.

E adesso? Occorre trovare una impresa che dia una rinfrescata alla casa o eventualmente la ristrutturi. E sapete per esperienza che non è sempre una passeggiata: ci sarà un architetto o un geometra che si occuperà della DIA e poi l’impresa dovrà fare il suo lavoro. E le tempistiche? Quanto tempo state impiegando?

Intanto non solo il capitale non rende, adesso state anche iniziando a pagare tasse, condominio e riscaldamento.

Nel frattempo l’agente immobiliare si è dato da fare ed arriva l’affittuario giusto. Firmate e da quel momento siete in discesa.

Non vi resta che l’inquilino paghi regolarmente e aspettare le eventuali spese straordinarie. Nel tempo, se le cose vanno per il verso giusto si dimenticano gli affanni patiti. Infatti il bello del mercato immobiliare è che non si ha notizia di quanto valga il proprio patrimonio, se non la si vuole cercare, ad esempio sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Circa il flusso di reddito che è plausibile ricavare vi invito a rivedere le mie puntate precedenti su Milano e Torino, così per farvi un’idea. Presto arriveranno anche le puntate di Cortina e Courmayeur.

L’assenza di informazioni e un po’ di fortuna permettono all’investitore immobiliare di vivere in pace per una decina di anni godendo dell’affitto e pagando periodicamente le spese straordinarie.

Questo fa sì che nella sua testa il rendimento di questo investimento sia valore dell’affitto / prezzo di acquisto. Cioè valutando 0 il costo - in tempo e denaro - di tutte le operazioni che ho descritto prima.

Ma non solo. Si sta dando per scontato che il valore dell’immobile resti  uguale.
Notate che la brutta notizia non è solo quando il valore dimercato scende - cosa di cui ci si potrebbe accorgere dopo anni, magari tardi quando il valore della zona è sceso in modo significativo - ma è un problema anche quando il valore dell’immobile sale. Infatti se il valore dell’immobile sale il redimento scende e occorrerebbe aumentare l’affitto. Cosa che non è sempre possibile fare facilmente.

Ma c’è ancora una cattiva notizia. La liquidabilità dell’investimento.
Se doveste avere bisogno di una parte del capitale ci sono due opzioni, la prima è chiedere un prestito garantito dall’immobile, la seconda è venderlo.

E’ preferibile la prima se l’importo che serve è una frazione relativamente piccola del valore del patrimonio. I costi per chiedere un prestito e gli eventuali interessi (ricordiamoci che oggi in Danimarca fanno mutui a tasso negativo o 0) sono inferiori a quelli di vendita. Inoltre vendere come abbiamo detto è una operazione non solo costosa ma anche lunga, anche se oggi iniziano a comparire operatori immobiliari che promettono di acquistare in 30 giorni. Ma solo nelle maggiori città e ovviamente con un sacrificio di prezzo adeguato.

Insomma se si deve vendere in fretta il rischio di ridurre la profittabilità dell’operazione è molto concreto.

Bene per oggi termino qui.

Vedremo la prossima volta le problematiche dell’investimento azionario.

venerdì 18 ottobre 2019

Le sorprese del mercato immobiliare a...Torino


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Nel precedente video vi avevo parlato della grande miniera di informazioni utili rappresentata dall’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Riassumo i punti essenziali: nel sito dell’Agenzia delle Entrate andando nell’Osservatorio dei Prezzi immobiliari c’è il modo di ottenere una indicazione del valore minimo e massimo - al metro quadro - per la vendita o l’affitto di un immobile, su tutto il territorio nazionale, con una suddivisione fine delle aree.


Facciamo un esempio: l’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate non dice semplicemente: “a Torino in centro le case valgono x al metro quadro”, ma dice: “Nel secondo semestre dell’anno scorso, in zona via Garibaldi un negozio / appartamento si comperava a tot al metro o lo si affittava a tot altro”.

Dicevo che la partizione delle zone è molto fine perché il database distingue - per esempio - tra piazza Castello, piazza Solferino e via Garibaldi, e chi conosce Torino, sa che sono molto vicine. Verrebbe quasi da dire che sono la stessa zona; e invece no. A Torino, per l’Osservatorio Immobiliare ci sono 339 zone omogenee.

Nel corso della precedente chiacchierata avevo poi introdotto un indicatore sintetico di mia invenzione che avevo chiamato “pseudorendimento”, e che si ottiene dal rapporto tra il valore di affitto e il prezzo di vendita. D’ora in avanti - per questa puntata - sappiate che anche se dirò rendimento in realtà intenderò pseudorendimento.

L’ho chiamato così perché la percentuale che si ottiene non è un vero rendimento. Un rendimento è dato dal guadagno - cioè ricavi meno spese - diviso il capitale investito. Ma qui non c’è modo di ottenenre una indicazione precisa delle spese ma solo dei ricavi. Se cercate nella puntata precedente potrete vedere più nel dettaglio quali voci di spesa mi erano venute in mente.

L’altra volta poi, sulla scorta dei dati di Milano avevo fatto alcune considerazioni sui pro e i  contro di comperare una casa in centro o in periferia, per metterla a reddito. 


venerdì 11 ottobre 2019

Quanto rende un appartamento oggi?



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L’Agenzia delle Entrate è sicuramente uno degli Enti meno simpatici agli italiani, tuttavia offre alcuni servizi estremamente utili, come l’accesso gratuito alle proprie visure catastali o come l’accesso ai dati dell’Osservatorio Immobiliare

L’Osservatorio prevede la divisione del territorio nazionale in zone omogenee e per ciascuna raccoglie i dati sulle compravendite e sugli affitti. Poi ogni sei mesi pubblica i valori registrati, discriminando gli immobili in base alla tipologia ed in base allo stato di conservazione.

Ho - per curiosità - immaginato alcuni casi ed ho fatto alcune ricerche. Nel corso della chiacchierata vi mostrerò gli screenshot delle risposte alle interrogazioni. Premetto che il sistema è complesso da usare, ma è una vera miniera.

Prendiamo due alloggi a Milano. Uno centrale ed uno periferico.

Ecco lo screenshot dell’interrogazione sull’appartamento centrale.




Nel secondo semestre dell’anno scorso a San Babila le abitazioni civili, in un normale stato di conservazione, sono state vendute tra 7400 e 8900 euro al metro quadro e si affittavano da 23,5 a 30,4 euro al metro al mese.

Prendendo valori medi possiamo quindi affermare che un appartamento di 100 metri nel secondo semestre del 2018 valeva circa 800 mila euro e rendeva circa 30 mila euro di affitto.





Tanto per darvi un’idea è un po’ come se io comprassi una specie di bond rende quella cifra. In questo caso lo pseudorendimento è 3,97%. Aspettate però a farvi brillare gli occhi occorre tenere conto di molte detrazioni che non ho contato.

A parte la detrazione più ovvia, cioè la fiscalità, occorre tenere presente che gli immobili richiedono manutenzione e che ci sono dei periodi nei quali possono restare sfitti.
Questo ultimo evento non solo comporta l’assenza del flusso di reddito, ma anche l’onere delle spese di condominio e riscaldamento, che comunque devono essere pagate, se non dall’inquilino, dal padrone. E capite subito come un appartamento sfitto per pochi mesi possa pesare sul rendimento del bene.

Ma non solo: ci sono le manutenzioni ordinarie e straodinarie e i rischi legati alla solvibilità dell’affittuario. Purtroppo la lista non è ancora completa: occorrerebbe conteggiare i costi legati al tempo per la gestione materiale dei rapporti con l’inquilino e il tempo speso in burocrazia. Queste cose o si fanno di persona, se le si sanno fare, o si delega un professionista. E sono altri costi.

Mi direte, ma allora a cosa serve calcolare lo pseudorendimento?

La questione è che aiuta a capire come tira il vento. Mi spiego, se devo valutare dove comperare una casa, posso ad esempio inserire tra i criteri decisionali dove lo pseudorendimento è più alto.

Infatti considerando che la massa delle voci in detrazione è percentualmente invariante (ad es. la fiscalità è sempre la stessa, i costi di burocrazia anche, la perizia con la quale si sceglie un inquilino pure…) anche se lo pseudorendimento non mi permette di capire bene quanto guadagnerò affittando un immobile, ma posso comunque fare dei ragionamenti comparativi.

Facciamo adesso una nuova ricerca e vediamo come va in estrema periferia di Milano.

Ecco lo screenshoot dell’interrogazione






Una abitazione alla Bovisa è stata venduta nel secondo semestre 2018 tra 1800 e 2500 euro al metro quadro e si affitta a tra 5,4 e 7,8 euro al metro quadro. Questo vuol dire che il solito appartamento di 100 metri costa circa 215 mila euro e si affitta a 8000 euro all’anno. Il suo pseudorendimento è 3,68%.



Ecco quindi che emerge il primo dato che mi ha sorpreso, anche se non ho ancora elaborato i dati per poter generalizzare.

Fino a poco fa se avessi dovuto scegliere se mettere a reddito un immobile, d’istinto avrei scelto di comperare a San Babila. Eppure adesso sarebbe ragionevole, avendo 800 mila euro da impiegare, domandarsi se non sarebbe meglio cercare 4 alloggi alla Bovisa.

Probabilmente comperando 4 alloggi si riducono i rischi, anche se si aumentano un po’ le spese notarili.

Sarebbe importante capire quali sono i tassi di insolvenza degli inquilini nelle due zone. Ci saranno differenze significative? Non so rispondere.

Se invece si dovesse puntare a comperare per poi rivendere probabilmente una zona più commerciale come il centro sarebbe preferibile, ma non ho dati sul tempo di liquidazione di un immobile. Occorre rilevare infine che naturalmente per fare trading immobiliare occorrono cifre non banali, altrimenti si concentra il rischio su una sola occasione e si rischia grosso. Quindi l’immobiliare non è proprio una passeggiata.

A questo punto mi direte: “Ecco perché io compero box auto”. Vero, i box sono di piccola pezzatura e quindi aiutano molto. Tuttavia vi invito a vedere il mio video sul perché la tecnologia 5G affonderà i box auto.

Bene per oggi mi fermo qui. Ma attenzione perché ritorneremo presto sull’argomento, con una serie di considerazioni su Torino.


Fatemi delle domande, seguitemi sui social e... a presto!

venerdì 4 ottobre 2019

Come valutare le azioni per investire?



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Oggi sono lieto di rispondere a Valerio Turchi, che ha visto il video “Come capire se una azione è cara” (lo trovate qui) e mi aveva chiesto quali fossero gli altri metodi di valutazione delle azioni.

Caro Valerio, ci sono manuali di centinaia di pagine relative ai metodi di valutazione di un valore mobiliare. Se sei uno studente di economia qualcuno lo affronterai: ad es. tra i più semplici, in apparenza, c’è il calcolo del valore attuale netto.

Sappi però che non esiste il parametro definitivo per emettere un giudizio che permetterà di fare l’acquisto vincente. E, detta tutta, quello che conta non è tanto il metodo applicato quanto i parametri che ci metti dentro: se tutti gli attori avessero le stesse attese sul futuro di un bene ci sarebbe una sostanziale convergenza sul suo valore, a prescindere dal metodo di stima usato. Certo, ci sarebbe un po’ di rumore di fondo dovuto al fatto che un  singolo occasionalmente potrebbe vendere per comprare una casa o un’auto oppure comperare perché ha ricevuto un eredità. Ma la cosa finirebbe lì.

Se ci pensi ha un senso: chiediamoci perchè le obbligazioni del debito dei grandi Stati industrializzati siano sostanzialmente considerate un investimento “tranquillo”. Perchè i parametri sui quali si basano le valutazioni e sui quali incombe l’incertezza sono pochi e cambiano lentamente. Per contro le obbligazioni dei Paesi Emergenti e le azioni sono suscettibili di una maggiore e più violenta fluttuazione dei loro parametri di valutazione.
Qui troverai un video in merito ai rischi che corre un investitore in obbligazioni

La complicazione dell’investire sta nel fatto che la finanza e l’economia sono scienze sociali e quindi i fenomeni sono influenzati dalle aspettative degli stessi attori: in altri settori ciò non accade. Non c’è un sasso che lanciato in aria si comporti diversamente in base a chi lo osserva; anche se questa situazione ha poi delle eccezioni quando si parla di fisica quantistica.

In sostanza se una ampia maggioranza di persone pensa, per qualsiasi ragione, fondata o meno, che una azione sia “buona” o “cattiva” quell’azione per un po’ di tempo si comporterà in accordo all’opinione prevalente, salendo o scendendo indipendentemente dalle sue reali qualità. E, se in quel periodo, si è presa una posizione ragionevole ma che ci sta dando torto – perché ad es. si è comperato e scende - e non si è molto confidenti sulla fondatezza delle proprie scelte, immancabilmente ci si lascia prendere dal panico (o dall’euforia), prendendo decisioni emotive e disastrose per il proprio portafoglio.

Quindi la conoscenza di parametri analitici è necessaria, ma è solo una parte del lavoro. Occorre infatti che un gestore o un investitore abbia maturato una grande fiducia in sé e nei propri metodi. La mera conoscenza tecnica non basta, anzi se disgiunta dall’esperienza potrebbe essere pericolosa. 

Nella pratica quotidiana i team di gestione utilizzano delle griglie di parametri. Si passano in rassegna tutte le azioni del cosidetto “universo investibile” e si calcola per ciascuna delle singole caratteristiche il valore.

Ad esempio il rapporto prezzo utile, il rapporto di Shiller di cui parlerò poi... e si stila così una classifica generale di “bellezza”, come a Miss Italia.

Ma quali sono questi parametri? Chiedeva Valerio.

Facciamo un esempio facile: il professor Shiller ha vinto un Nobel dimostrando che il valore del rapporto tra il prezzo odierno di una azione e la media dei suoi utili degli ultimi 10 anni è un buon predittore del rendimento a 10 anni dell’azione.

Una cosa facile in apparenza: faccio il calcolo per l’intero "universo investibile" e poi seleziono e compero le 10 azioni più promettenti. Una manna...

Insomma… Intanto occorre detenere il portafoglio per 10 anni. Infatti una delle condizioni di questa teoria è che l’orizzonte temporale per far sì che questa relazione funzioni a dovere è il lungo periodo. Sia chiaro, è possibile anche provare a fare lo stesso gioco per periodi inferiori, ma la significatività predittiva di questo indicatore cala drasticamente. 

La ragione può essere spiegata intuitivamente con l’esempio del lancio della moneta. Su 100 lanci sono ragionevolmente sicuro di ottenere 500 “testa” e altrettante “croce” o giù di lì, ma su 10 lanci posso ottenere un risultati molto differenti.

A questo punto, sbagliando, c’è chi dice che “investire è come giocare a testa o croce”. Con questo metodo, più l’orizzonte è di breve periodo è vero, ma nel lungo ovviamente no. E chi non coglie la differenza - prima di avventurarsi in un investimento azionario per copiare il suo amico che ha guadagnato - deve pensarci bene, e poi non farlo.

Ma torniamo a noi e alle azioni valutate con il metodo Shiller. Concretamente oggi la Borsa Americana è cara - in base a tale parametro – e da un bel po’ di anni. Sono sicuro che tra 10 anni le cose andranno a posto, ma nel frattempo però - a sottopesare il mercato americano - cioè a fare quell’azione ragionevolissima di ridurre le componenti “care” all’interno di un portafoglio ben diversificato a livello mondiale, si sarebbe ottenuta una sottoperformance rispetto a chi non lo ha fatto.

E questo ci riporta al problema della fermezza di cui dicevo prima. In questo frangente il singolo investitore potrebbe perdere la fiducia nel metodo che ha adottato e il professionista iniziererebbe a perdere clienti ai quali non ha spiegato bene questo meccanismo.

Forse adesso Valerio starà dicendo: "Giaume hai fatto un lungo discorso per evitare di rivelarmi i segreti di cucina". Non proprio, credimi, sto rivelando l’essenza dell’investire. E se vuoi possiamo sentirci in privato per qualche domanda aggiuntiva. Però sappi che le tecnicalità si imparano nel tempo, invece sapere quali sono i limiti dei metodi usati è una cosa che in genere non viene mai insegnata, la si impara sulle proprie ossa.

Quindi più ancora di un elenco di metodi per valutare le azioni, che sono reperibili in un manuale di finanza, impara a capire in profondità questi principi universali che sono applicabili anche senza avere una preparazione specifica:

  1. comperare e tenere almeno 10 anni magari, anche di più.
  2. Comperare ampie “fette” di mercato, magari tutto il mercato mondiale, non solo settori o mercati singoli.
  3. Non investire i soldi che si sa che potrebbero servire prima dei 10 anni.
  4. Se il metodo è sicuro (e questo lo è) non lasciarsi impressionare dai risultati che si vedono prima dei 10 anni, nel bene e nel male.

Poi ci sono anche altri accorgimenti un po’ più tecnici che sono importanti, ma meno di questi.

Una delle persone più curiose che ho incontrato nella mia carriera è stato un edicolante. A metà degli anni 90, quindi prima del grande boom del 2000 è venuto da me con una valigia piena zeppa di titoli azionari cartacei.
Aveva iniziato nel 1975 a comprare titoli in base al suo sentimento, tutte le volte che aveva 100 mila lire (50 euro) e non ha mai venduto.
Depurato il patrimonio dai titoli falliti, aveva una somma ragguardevole che gli ha permesso di sistemare sé stesso e le figlie. Non sapeva nulla di valutazioni, ma per ragioni casuali o forse per intuito, aveva capito il senso di quento ho scritto e l’aveva applicato. Non si è trattato di una esecuzione magistrale, perché aveva anche titoli della Venchi Unica e della Tripcovich, ma alla fine è arrivato alla meta.

Concludo affermando che l’esperienza è la differenza tra sapere e capire. Capire già questi 4 punti, ma capirli veramente, e capire perché sono consigli sani è già un grande risultato.

Un caro saluto