venerdì 27 dicembre 2019

Separatista o fascista? (parte 1)


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Matteo 25,33 “e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra.”.

Keynes diceva che investire non è come essere i giurati di un concorso di bellezza, dove si deve votare la più bella, ma piuttosto è come fare pronostici su un concorso di bellezza, dove occorre fare una previsione corretta su chi sarà la concorrente più gradita alla giuria.

L’economista implicitamente faceva riferimento al metodo di gestione attivo, ovvero ad una modalità di investimento che prevede la selezione delle azioni da comprare. Modalità che a quel tempo appariva scontata.

Il presupposto di questa filosofia è che le azioni sono prezzate, dalla comunità dei professionisti, sulla scorta di alcuni parametri chiave, e l’abilità del gestore sta nel prevedere quali saranno i parametri apprezzati dal mercato nel futuro.

Quindi, per fare una scelta di investimento oculata, non solo bisogna conoscere i parametri con i quali valutare le azioni ma anche capire quali siano quelli ai quali il mercato sta iniziando a guardare. Se ci si azzecca si può comprare a buon prezzo il parametro giusto.

Se il mercato fosse sempre perfettamente efficiente non ci sarebbe grande volatilità, perchè tutti gli operatori convergerebbero rapidamente verso una certa opinione comune. invece uno dei fattori che rende il mercato azionario turbolento è che nel breve periodo non è evidente quali saranno i parametri importanti. Per questo anche chi ha la “vista lunga” alla fine rischia comunque di passare dei brutti quarti d’ora.

Insomma, vi sembrerà sconcertante ma anche  i professionisti degli investimenti sono, in un certo senso, influenzati dalle mode.

Un caso eclatante di notorietà di un parametro è il caso dello spread Btp Bund.
La massa delle azioni italiane che compongono l’indice domestico sono azioni bancarie e assicurative, che sono molto sensibili proprio allo spread.

Dopo il 2008 e per anni, quei titoli hanno reso la correlazione tra l’andamento dell’indice della Borsa Italiana e dello spread molto elevata, ovvero in quel periodo lo spread è diventato il principale driver dell’andamento della Borsa italiana.

Averlo intuito per tempo ha fatto guadagnare (o non perdere) molto. Oggi - per la cronaca - c’è ancora una buona correlazione tra FTSEMIB e spread, anche se meno di un tempo; segno che l’attenzione degli investitori non è più tutta focalizzato su quel parametro.

Quindi - tornando a noi - chi fa gestione attiva deve avere le capacità tecniche necessarie per capire quali sono i parametri ai quali il mercato sta guardando.


Quali sono le ricadute pratiche per il cliente? Contrariamente a quanto spesso avviene, chi si affida ad una gestione attiva non deve immaginare che l’attività del gestore sia in prevalenza orientata ad evitare la volatilità di breve periodo che è un obiettivo  eccessivamente ambizioso e pericoloso per il rendimento del patrimonio, ma piuttosto determinare quali azioni siano le più confacenti e quale sia un livello di investimento adeguato per il medio periodo.

Qualcuno potrebbe dire: “Ma perchè non essere più aggressivi e decidere ad es. settimana per settimana se andare da 0 a 100% di investito? In fondo pago per questo.”

No caro amico, la gestione attiva non è questo. Fare previsioni puntuali con consistenza (ovvero azzeccandoci) è difficilissimo e sbagliare anche di poco è dannosissimo. Anche se è controintuitivo è molto più prudente essere sempre piuttosto investiti e prendersi i ribassi piuttosto che provare a fare gli indovini di breve periodo.

La cosa che importa è che la commissione che si paga valga il servizio ricevuto.

E di questo parleremo la volta prossima.

venerdì 20 dicembre 2019

Investire con il metodo “uno vale uno”


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Avete presente il famoso slogan politico?
Incredibilmente il suo adattamento in finanza ha dei seguaci.
Oggi vi spiego i pro ed i contro di investire con questo metodo.

Sapete cosa è un indice di Borsa? E’ ad es. il MIB o lo Standard and Poor 500. E’ cioè quel numero che quando sale vuol dire che la Borsa va bene e viceversa quando scende vuol dire che va male.

Vi siete mai chiesti come viene calcolato quel numero? Non è una domanda oziosa perché dalla risposta potremo poi dedurre una serie di suggerimenti per investire.

Un indice di Borsa può essere costruito in molti modi, ma nella maggioranza dei casi il procedimento è simile a quello che vi descrivo adesso.

Facciamo finta di costruire un indice di Borsa fatto su soli due titoli. Il titolo ENI ed il titolo Unicredit. La modalità classica di costruzione prevede che si stabilisca quanto capitalizzano ovvero quanto pesano: si fa cioè per ciascuno il prodotto tra il numero di azioni e il prezzo.

Facciamo quindi finta che in tutto il mercato ci siano in circolazione 1000 azioni Eni e 1000 azioni Unicredit e che oggi le azioni ENI valgano 10 e quelle Unicredit valgano 5.

Quindi la capitalizzazione (il peso) di ENI varrà il risultato della seguente moltiplicazione: 1000 azioni per 10 che è uguale 10 mila; mentre la capitalizzazione di Unicredit vale 1000 azioni per 5 euro cioè 5000.
La somma di 10mila e 5mila è 15000. Ci sarebbero altri calcoli ma possiamo accontentarci e dichiarare che il nostro indice che chiameremo EU vale 15mila punti.

Se domani ENI scende del 10% e Unicredit sale del 10% come si muoverà l’indice? Possiamo dire con sicurezza che scenderà un po’ perchè ENI pesa di più di Unicredit.

La conclusione dove voglio arrivare è che la massa degli indici moderni è creata tenendo conto del peso, cioè della capitalizzazione di ciascuna azione che la compone. Questo è un bene, poiché le azioni più “pesanti” in genere si muovono di meno e quindi gli indici tendono ad essere oggetti piuttosto tranquilli.

La conseguenza pratica di questo metodo di costruzione è che, quando si compera per es. un ETF che rappresenta un indice, noi compriamo sì tutte le azioni che stanno dentro quell’indice ma in quantità differenti, sulla base del peso che hanno in quell’indice.

Quindi comprando un ETF sul FTSEMIB compriamo più ENI che Recordati.

Ma possiamo anche invertire le regole. Potremmo dire: non mi interessa quanto pesano i titoli e faccio una media semplice dei prezzi, cioè una media non ponderata per la capitalizzazione.

In questo caso il nostro indice EU diventerebbe un indice equal weight sarebbe cioè calcolato facendo la media semplice di una azione ENI e di una Unicredit. L’indice varrebbe cioè 7.5 (10+5)/2. Notate che se domani Eni scendesse del 10% e Unicredit salisse del 10% questa volta l’indice resterebbe uguale.

Quindi se noi volessimo fare un indice equipesato dei titoli del FTSEMIB basterebbe prendere tutti i 40 titoli che lo compongono ed assegnare a ciascuno un peso uguale. Il 2,5%.


In pratica per l’investitore fai da te è una manna. Se avessi 100 mila euro da investire potrei comperare 2500 euro di ciascun titolo e sarei a posto, salvo ribilanciare periodicamente il portafoglio per mantenere i pesi al 2,5%.

Quali sono i pro ed i contro di questa strategia di investimento? Poiché si pesano i titoli tutti allo stesso modo si comperano gli stessi importi di Recordati e di Eni e quindi le oscillazioni del portafoglio saranno molto maggiori, sia nel bene sia nel male. Questo ovviamente è buono nelle fasi di mercato positivo e piuttosto doloroso nelle fasi di discesa.

Dal punto di vista dello Sharpe ratio la strategia equipeso non è particolarmente efficiente perché aumenta i rendimenti ma anche la volatilità. Tuttavia questo metodo ha dei vantaggi e quindi anche dei fans. Considerate che esistono sia in America sia in Europa molti ETF così fatti.

Concludo però con un invito alla prudenza. In genere la strategia equipeso è parte di strategie più complesse usate dai professionisti. Quindi massima prudenza nel caso voleste fare esperimenti da soli. E se proprio vi prudono le mani c’è già un indice equipesato: il Dow Jones 30.

domenica 15 dicembre 2019

Il concerto di Natale di Manager Italia


Ieri sera Manager Italia Piemonte e Valle d'Aosta ha chiamato i suoi associati al conservatorio di piazza Bodoni per ascoltare i giovani talenti dell'Accademia Suzuki e farsi gli auguri di Natale.

La manifestazione è stata, come da tradizione, sobria e molto "sabauda", ma  piacevole e istruttiva.

Qui avete i link ad alcune registrazioni artigianali.

Abbiamo ascoltato brani di Corelli, che non avevo riconosciuto ma che ho identificato grazie a Google, Bach, e anche un pezzo di Star Wars.

L'esecuzione è stata ottima e su Corelli mi sono commosso: da un punto di vista artistico ed emotivo sono stato felicissimo.

Ho trovato anche molto emozionate vedere quei giovani e quei bambini affrontare il palco, vincere le loro paure e portare a termine la missione.

Tuttavia lo scopo di questo post non è farvi ascoltare qualche stralcio di ottima musica, ma condividere alcune riflessioni.

La prima è che è raro vedere dei ragazzi appassionati. La passione li spinge a fare sacrifici e a studiare duramente materie che potrebbero evitare. Non solo; quella stessa passione impone loro di vincere la naturalissima paura di salire sul palco. Ma non basta ancora. Lavorando in una orchestra diventano consapevoli che dalla propria prestazione dipende anche il successo del gruppo. Imparano cioè il valore della squadra e dio sa quanto in Italia il concetto di squadra, di azione collettiva sia negletto.

Infine una ultima lezione: questa volta offerta dal Maestro Mosca che li dirigeva.


Quando hanno sbagliato un "attacco" il Maestro si è voltato verso la platea ed chiede scusa al pubblico, addossandosi la responsabilità.

Questo è un segno grandissimo di leadership, che contrasta con i vari penosi "A mia insaputa", "prendiamo i pop corn e ci godiamo lo spettacolo" ed altri deliri così frequenti là dove la leadership sarebbe indispensabile. 

Se tutti i cittadini avessero avuto nella propria vita una esperienza musicale, in un coro o in una orchestra, si renderebbero conto dell'assurdità di certe affermazioni oggi di gran moda.

Vi immaginate la reazione dei musicisti se un direttore di orchestra proclamasse "Prima i controfagotti!"? 

Qualcuno potrebbe poi obiettare che la musica - a causa del costo degli strumenti - è una materia da privilegiati e quindi si dovrebbe proibirla e dare a tutti il mangianastri di cittadinanza.

Apparirebbe tutta pochezza di un simile concetto e farebbe capire che il vero obiettivo non è la crescita ma l'abbrutimento.

E' vero che gli strumenti costano e per risolvere la questione si potrebbe quindi proporre di rendere obbligatorio lo studio del canto corale invece che di uno strumento.


Una provocazione per concludere.

E se a tutti i fruitori di reddito di cittadinanza fosse imposta - come condizione per la percezione - l'impegno misurabile in una attività di studio di musica o di canto?

Sarebbero messi in condizioni di riappropiarsi dei meccanismi cognitivi dell'apprendimento, preparandoli ad assorbire nuove nozioni. Acquisirebbero fiducia in loro stessi mentre progrediscono negli studi. Impiegherebbero il proprio tempo meglio che non davanti alla televisione e imparerebbero attraverso il sacrificio che non esiste gente stonata ma gente che non ha studiato. Imparerebbe a lavorare in squadra e ad apprezzare lo sforzo degli altri e l'importanza del proprio impegno. 

Ok sono pronto per Babbo Natale.
Ecco la colonna sonora degna di questo finale.

venerdì 13 dicembre 2019

Borsa: con la Pazienza si Vince


Che nel lungo periodo le borse possano dare grandi soddisfazioni è un fatto noto. Non è invece così noto perché sia necessario aspettare e perché sia pericoloso essere impazienti.

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venerdì 6 dicembre 2019

La parola al gestore: l'operatività nel mese di novembre 2019



In questa nuova rubrica il dottor Silvio Olivero ci esporrà - a nome del comitato di Gestione della SIM - quali sono state le condizioni dei mercati e l'operatività effettuata.

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venerdì 22 novembre 2019

Vivere di rendita - parte 1


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E' possibile vivere di rendita oggi? I tassi bassi indicano che non è certo facile.
Quali considerazioni ed accorgimenti sono necessari?

venerdì 15 novembre 2019

Economia giù e Mercati su?!



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Per quale ragione i mercati non si comportano in modo "logico"? Perché quando l'economia va male salgono? C'è un senso? E che ricadute ci sono per gli investitori?

venerdì 8 novembre 2019

Comprare una casa a Cortina o a Courmayeur?



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Concludiamo oggi il ciclo dedicato agli immobili.
L’assunto di base è che in un periodo come questo far rendere un patrimonio è difficile.


Siamo nella situazione che Keynes definì “eutanasia del rentier”: cioè oggi non si può più vivere con i soli interessi del proprio capitale.
E gli immobili non pare possano sfuggure a questa condizione.


Dopo aver visto nelle precedenti puntate quali flussi di reddito può procurare l’acquisto di una casa a Milano o Torino, rispondiamo adesso alla domanda: “Una casa in una zona turistica prestigiosa potrebbe essere un investimento da reddito più attraente di quello di una casa in città?”

Vi invito a rivedere i miei video che esplorano le opportunità del mercato immobiliare a Milano e Torino ma anche i pro ed i contro tra l’acquisto di una casa e l’acquisto di un portafoglio azionario ben diversificato.

Come già sapete sul sito dell’Agenzia delle Entrate - effettuando le apposite interrogazioni - compaiono i valori delle compravendite immobiliari effettuate nel secondo semestre del 2018.  Così ho interrogato il database per le due località menzionate.

Come sempre i dati rappresentano una descrizione sintetica della realtà e più il campione è piccolo - e ovviamente Cortina e Courmayeur sono piccoli  - e più sono possibili le eccezioni. Infatti i due paesi hanno meno di 40 “aree omogenee” contro le molte centinaia di Milano e Torino. Non solo, Cortina appare decisamente urbanisticamente più uniforme: ha solo 7 aree adibite ad abitazioni tra appartamenti e ville mentre Courmayeur ne ha 19.

Mentre a Cortina non ci sono abitazioni economiche a Courmayeur si trovano. Ma a Cortina non si trovano abitazioni in ottimo stato di conservazione mentre a Courmayeur si.

E per concludere a Courmayeur mancano moltissimi dati sugli affitti. Cosa che mi ha lasciato perplesso. Occorre però puntualizzare che la popolazione residente a Cortina è doppia rispetto a quella di Courmayeur. Da questi dati sembra quasi che mentre Cortina viva di affitti a terzi a Courmayeur ci sia una certa attività ma siano molto presenti  seconde case di alta qualità che non vengono affittate.

Per questa situazione di maggiore dispersione statistica dei dati piuttosto che offrire - come avevo fatto per le grandi città - una rappresentazione media, oggi farò un esempio di acquisto di casa di alta gamma.

Ecco la tabella di Cortina



per acquistarla si può arrivare a quasi 14 mila euro al metro e spendere 40 mila euro di affitto all’anno, anche se immagino che sia difficile che si possa tenerla affittata per 12 mesi. Ritengo quindi che lo pseudorendimento del 3% circa, sia non indicativo della realtà.

Per Courmayeur dove non ho dati per gli affitti di abitazioni di maggior prestigio, e quindi prendo come approssimazione lo pseudorendimento medio di altre fasce di appartamenti. E possiamo vedere che siamo sul 2,45%



Insomma sembra che mettere a reddito una abitazione in una di queste prestigiose località in realtà non sia in apparenza così conveniente, anche se occorre non nascondersi dietro un dito. Possiamo immaginare che ci sia anche del sommerso e che - poiché la zona che stiamo studiando è piccola - è possibile che questo sommerso pesi percentualmente in modo significativo.

Ma anche continuando provocatoriamente in questa direzione se volessimo raddoppiare gli pseudorendimenti che ho mostrato ci troveremmo sempre all’interno di una situazione ben nota. Se infatti ricordate i rendimenti delle abitazioni di molti quartieri di Milano e Torino sono in quel range.

Insomma comperare in montagna una casa per metterla a reddito non aiuta a migliorare la situazione del povero (si fa per dire) Paperone che cerca di mettere a frutto uno o due milioni di euro. Semmai la peggiora, perché per ciascuna incombenza manutentiva o burocratica occorre delegare qualcuno e pagarlo, o correre…

Cosa possiamo ancora dire? Anche qui, come altrove si evidenzia che gli immobili industriali e commerciali sono rendono maggiormente, ma abbiamo già detto che un immobile di quel tipo è più impegnativo di una casa.

Possiamo quindi concludere la nostra esplorazione affermando che che comperare una casa in montagna ha senso se la si vuole utilizzare, e solo residualmente può essere messa a reddito. Gli inconvenienti dovuti alla distanza dalla propria residenza ne complicano la gestione, e diventa difficile non avvalersi di servizi di professionisti e artigiani del luogo, con una conseguente diminuzione della rendita e minore controllo della qualità del servizio offerto.

venerdì 1 novembre 2019

Comprare azioni vs affittare una casa – Parte 2



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Anche se sono un consulente finanziario, non pensiate che adesso tessa le lodi dell’investimento azionario. 

Investire in azioni è materialmente facile, economicamente conveniente e pratico ma psicologicamente difficile, specie se non si è accompagnati da un esperto. Oggi vedremo più in dettaglio perché.

Ritorniamo alla persona che ha mezzo milione di euro in obbligazioni in scadenza e che ha il problema di trovare una alternativa che renda.
Le obbligazioni buone sono a rendimento 0 o sotto; le altre sono tremendamente rischiose o denominate in valuta straniera e quindi offrono una serie di problemi non banali, come il tasso di cambio che oscilla e la stabilità del creditore.

Scegliere simili valori obbligazionari è - entro certi limiti - assimilabile a scegliere azioni e quindi per brevità tratterò l’argomento parlando genericamente di azioni, ma occorrerebbe in realtà essere più precisi e dire “investimento in valori mobiliari”.

Torniamo al nostro investitore. Al momento esatto della scadenza delle obbligazioni, senza perdere un minuto ha modo di comperare nella stessa banca delle obbligazioni un investimento azionario.
Ai tempi dei nostri nonni si comperavano le azioni delle Generali, perché “erano buone”, oggi è decisamente più prudente effettuare una ampia diversificazione.
Inoltre, facilmente, il vostro “amico in banca” vi offrirà una serie di fondi comuni o peggio dei certificati. Non ascoltatelo.

Tendenzialmente gli strumenti più adatti e convenienti (per il cliente) per approcciare il mercato finanziario se una persona ha un capitale di almeno un paio di centinaia di migliaia di euro sono o gli investimenti diretti o gli ETF, o un mix delle due cose. Se non sapete cosa sono gli ETF posso dirvi che sono dei fondi comuni scambiati in Borsa e che trattano azioni, obbligazioni e oro petrolio... valute.
Cercate le mie puntate su questo argomento o googlate.

Teoricamente potreste comperare un solo ETF azionario su un indice mondiale, e con una commissione della banca inferiore allo 0,5% del capitale (cioè una frazione della parcella del notaio e della commissione dell’agente immobiliare) avrete messo immediatamente all’opera il vostro capitale, senza tempi morti, interventi di imprese di ristrutturazione, inizio lavori, architetti e ricerca dell’inquilino giusto.

Ci sono spese si condominio? Certo. L’ETF non ha commissioni di ingresso ma ha commissioni di gestione. Ma ve la cavate con poco. Alcuni decimi di punto percentuale all’anno. E poi, ma solo se lo volete, c’è il costo della consulenza cioè della persona che vi indica come provare a migliorare il vostro investimento. Ma è una scelta facoltativa, come dare in gestione ad una agenzia il vostro immobile.

A questo punto mi direte ma dove è il frutto? Dove è l’affitto? Nelle cedole che periodicamente, una o due volte all’anno, stacca l’ETF. Ovviamente dovete scegliere un ETF a stacco dei dividendi, non ad accumulazione.

Ovviamente con un paniere personalizzato le scelte possono essere fatte in modo molto più dettagliato. Ma per il fai da te basta informarsi un po’ e si riesce già abbastanza bene. Infatti la scelta è solo una parte del trucco.

Qualcuno potrebbe dire: “Ma allora perché non comperare da soli le azioni?
Perchè un ETF può incorporare molte centinaia o migliaia di azioni e tutto con una sola operazione. Un privato finisce con il comprarne solo una decina, e se tra queste c’è una nuova Enron o Parmalat si prende una sberla incredibile.

Quindi il fai da te, ammesso che siate intenzionati a farlo, fatelo sugli ETF.

Ma poi scusate, se non avete idea di quale casa comperare perché immaginarsi che sappiate quali azioni o ETF comperare? Solo perché sono facili da acquistare? Attenzione!

Inoltre non avrete problemi di insolvenza. Se una azione un anno non pagherà la cedola le altre lo pagheranno. E poi ci sono ETF che selezionano apposta titoli che notoriamente offrono cedole elevate.
Quindi anche sotto questo aspetto siete abbastanza coperti. Inoltre se doveste vendere per fronteggiare un imprevisto, riuscireste a farlo per l’importo esatto dell’imprevisto, praticamente senza costi ed in tempo reale.

Inoltre non serve neanche compilare la dichiarazione dei redditi. La banca farà tutto in automatico.

E i rendimenti? Il vostro professionista di riferimento vi saprà dare una risposta precisa, ma direi che sono decisamente meglio di quelli immobiliari.

A questo punto salterà su qualcuno e dirà con un sorrisetto: ”eh ma le azioni perdono...”.
Risposta secca. Invece le case no?

Risposta articolata. Se si comperano 1000 azioni differenti di tutto il mondo e si tiene l’investimento come se si facesse per una casa; otto, dieci anni o più è statisticamente poco probabile che il capitale non sia salvaguardato. Ad esempio ho ereditato una casa nel 2000 e ce l’ho ancora. Se avessi ricevuto un paniere di azioni ben diversificato dal 2000 ad oggi avrei un capitale raddoppiato. Quindi direi che la competizione c’è di sicuro. 

Mi chiederete: “Ma allora se c’è tutta questa convenienza perché non ci sono così tanti investitori soddisfatti in azioni, in giro?”.

Ottima la domanda. Tragica la risposta. L’uomo non ha imparato ad avere paura delle cose pericolose, ma ha paura delle cose che fanno paura.

I soldi sono l’essenza del desiderio più nascosto che ciascuno di noi ha in fondo alla propria anima. E i soldi, non sono mai solo soldi, ma sono pezzi di noi stessi.

Per questo perdere soldi reca un dolore doppio rispetto al guadagnarne. E quando i soldi sono immobilizzati in una casa tutto va meglio. Ci si mette un anno per venderla perché occorre trovare un acquirente e occorre andare dall’agente immobiliare e dal notaio per farlo. Quindi se abbiamo preso uno spavento passa molto tempo prima di agire e quindi si possono prendere decisioni più ponderate.

Quando invece parliamo di azioni o più in generale di investimenti finanzari diventiamo matti. Un giorno presi dall’euforia vogliamo prender profitto perché temiamo che domani il mercato possa scendere e ci daremmo del cretino se non ne approfittassimo subito. Il giorno dopo vogliamo vendere tutto per timore di perdere il capitale.

Il capitale si perde quando l’azienda fallisce non quando il suo valore diminuisce. L’idea di perdere tutto, se l’investimento è fatto con un po’ di criterio, è solo un fantasma che agita le nostre notti. Il rischio diperdere soldi con un orizzonte temporale di 10 anni è plausibile solo nel caso in cui l’economia di tutto il mondo andasse male per 10 anni e non ci fossero possibilità di ripresa.

Una sola scelta di investimento è per sua natura un investimento più rischioso. Hai un solo colpo e deve andare bene. Chiedetelo a chi ha comperato una casa in una zona sismica o una multiproprità in Egitto. O una sola azione.

Per dirla tutta: una parte del mio lavoro è costruire un portafoglio che abbia le caratteristiche adeguate alla personalità del mio cliente, per ridurre l’impatto emotivo. Il resto del tempo sono pagato per tenere fermo chi vuole migliorare la situazione o per prendermi i rimbrotti perché “era evidente che il mercato sarebbe sceso”.

Se entrambi resistiamo alla fine i risultati si vedono.

venerdì 25 ottobre 2019

Comprare azioni vs affittare una casa – Parte 1


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Continuiamo oggi prendendo spunto da quanto visto nelle puntate precedenti.
L’assunto di base è che in un periodo come questo far rendere un patrimonio è difficile.

Siamo nella situazione che Keynes definì “eutanasia del rentier”: cioè oggi non si può più vivere con i soli interessi del proprio capitale.

Le obbligazioni sono andate a 0, quindi le soluzioni facili (o presunte tali), quelle che praticava l’investitore medio da solo, sono terminate: oggi, per generare reddito dal proprio capitale occorre faticare.

Quali sono dunque le alternative possibili per chi ha un capitale da mettere a frutto?

Gli immobili offrono un reddito, ma non piove dal cielo. Seguiamo l’iter di un soggetto che possieda mezzo milione di euro di obbligazioni in scadenza a breve e che stia cercando di capire cosa fare di questi soldi.

Se si decide per l’immobile occorre cercarlo, comprarlo, metterlo in ordine in modo da affittarlo, poi trovare un affittuario solido, che paghi, ed infine seguire sia la riscossione sia le manutenzioni e compilare la dichiarazione dei redditi.

E’ molto difficile che una persona abbia una conoscenza del mercato immobiliare così profonda da sapere in quale quale zona comperare, ma soprattutto, deve sapere cosa comperare: un negozio? Un ufficio? Una abitazione?

Non saprei darvi una indicazione di quale sia il migliore acquisto per mettere a frutto un capitale, ma sicuramente un esperto del settore lo sarà.

Quanto si impiega per comperare l’immobile giusto? Sinceramente credo che di questi tempi chi ha la liquidità sia favorito, ci sono più immobili in vendita che venditori, ma naturalmente il prezzo è una questione non banale: riuscire a spuntare un 5% di sconto non è poca cosa. Sono 25mila euro!
Nel frattempo le obbligazioni saranno scadute e il capitale sarà restato fermo.

Poi occorre pagare l’agente immobiliare e il notaio.

Apro una parentesi, sono almeno 25 anni che i miei clienti non pagano né commissioni di ingresso né di uscita ma ricordo che 30 anni fa - all’inizio della mia carriera - la metà delle situazioni di stallo erano causate proprio dalle commissioni. Invece non ho mai avuto notizia che la commissione dell’agente immobiliare o la parcella del notaio fossero una ragione sufficiente per non coperare un alloggio.

Ma torniamo al nostro acquisto immobiliare.
Avevamo dei soldi fermi e adesso li abbiamo spesi per comperare un immobile.

Ma uno solo…?
E il frazionamento del rischio? Dipende da luogo a luogo ma di certo le cifre per spalmare il rischio nell’investimento immobiliare sono molto elevate. Non è detto che mezzo milione offra sufficienti possibilità in merito.

E adesso? Occorre trovare una impresa che dia una rinfrescata alla casa o eventualmente la ristrutturi. E sapete per esperienza che non è sempre una passeggiata: ci sarà un architetto o un geometra che si occuperà della DIA e poi l’impresa dovrà fare il suo lavoro. E le tempistiche? Quanto tempo state impiegando?

Intanto non solo il capitale non rende, adesso state anche iniziando a pagare tasse, condominio e riscaldamento.

Nel frattempo l’agente immobiliare si è dato da fare ed arriva l’affittuario giusto. Firmate e da quel momento siete in discesa.

Non vi resta che l’inquilino paghi regolarmente e aspettare le eventuali spese straordinarie. Nel tempo, se le cose vanno per il verso giusto si dimenticano gli affanni patiti. Infatti il bello del mercato immobiliare è che non si ha notizia di quanto valga il proprio patrimonio, se non la si vuole cercare, ad esempio sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Circa il flusso di reddito che è plausibile ricavare vi invito a rivedere le mie puntate precedenti su Milano e Torino, così per farvi un’idea. Presto arriveranno anche le puntate di Cortina e Courmayeur.

L’assenza di informazioni e un po’ di fortuna permettono all’investitore immobiliare di vivere in pace per una decina di anni godendo dell’affitto e pagando periodicamente le spese straordinarie.

Questo fa sì che nella sua testa il rendimento di questo investimento sia valore dell’affitto / prezzo di acquisto. Cioè valutando 0 il costo - in tempo e denaro - di tutte le operazioni che ho descritto prima.

Ma non solo. Si sta dando per scontato che il valore dell’immobile resti  uguale.
Notate che la brutta notizia non è solo quando il valore dimercato scende - cosa di cui ci si potrebbe accorgere dopo anni, magari tardi quando il valore della zona è sceso in modo significativo - ma è un problema anche quando il valore dell’immobile sale. Infatti se il valore dell’immobile sale il redimento scende e occorrerebbe aumentare l’affitto. Cosa che non è sempre possibile fare facilmente.

Ma c’è ancora una cattiva notizia. La liquidabilità dell’investimento.
Se doveste avere bisogno di una parte del capitale ci sono due opzioni, la prima è chiedere un prestito garantito dall’immobile, la seconda è venderlo.

E’ preferibile la prima se l’importo che serve è una frazione relativamente piccola del valore del patrimonio. I costi per chiedere un prestito e gli eventuali interessi (ricordiamoci che oggi in Danimarca fanno mutui a tasso negativo o 0) sono inferiori a quelli di vendita. Inoltre vendere come abbiamo detto è una operazione non solo costosa ma anche lunga, anche se oggi iniziano a comparire operatori immobiliari che promettono di acquistare in 30 giorni. Ma solo nelle maggiori città e ovviamente con un sacrificio di prezzo adeguato.

Insomma se si deve vendere in fretta il rischio di ridurre la profittabilità dell’operazione è molto concreto.

Bene per oggi termino qui.

Vedremo la prossima volta le problematiche dell’investimento azionario.

venerdì 18 ottobre 2019

Le sorprese del mercato immobiliare a...Torino


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Nel precedente video vi avevo parlato della grande miniera di informazioni utili rappresentata dall’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.
Riassumo i punti essenziali: nel sito dell’Agenzia delle Entrate andando nell’Osservatorio dei Prezzi immobiliari c’è il modo di ottenere una indicazione del valore minimo e massimo - al metro quadro - per la vendita o l’affitto di un immobile, su tutto il territorio nazionale, con una suddivisione fine delle aree.


Facciamo un esempio: l’Osservatorio Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate non dice semplicemente: “a Torino in centro le case valgono x al metro quadro”, ma dice: “Nel secondo semestre dell’anno scorso, in zona via Garibaldi un negozio / appartamento si comperava a tot al metro o lo si affittava a tot altro”.

Dicevo che la partizione delle zone è molto fine perché il database distingue - per esempio - tra piazza Castello, piazza Solferino e via Garibaldi, e chi conosce Torino, sa che sono molto vicine. Verrebbe quasi da dire che sono la stessa zona; e invece no. A Torino, per l’Osservatorio Immobiliare ci sono 339 zone omogenee.

Nel corso della precedente chiacchierata avevo poi introdotto un indicatore sintetico di mia invenzione che avevo chiamato “pseudorendimento”, e che si ottiene dal rapporto tra il valore di affitto e il prezzo di vendita. D’ora in avanti - per questa puntata - sappiate che anche se dirò rendimento in realtà intenderò pseudorendimento.

L’ho chiamato così perché la percentuale che si ottiene non è un vero rendimento. Un rendimento è dato dal guadagno - cioè ricavi meno spese - diviso il capitale investito. Ma qui non c’è modo di ottenenre una indicazione precisa delle spese ma solo dei ricavi. Se cercate nella puntata precedente potrete vedere più nel dettaglio quali voci di spesa mi erano venute in mente.

L’altra volta poi, sulla scorta dei dati di Milano avevo fatto alcune considerazioni sui pro e i  contro di comperare una casa in centro o in periferia, per metterla a reddito. 


venerdì 11 ottobre 2019

Quanto rende un appartamento oggi?



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L’Agenzia delle Entrate è sicuramente uno degli Enti meno simpatici agli italiani, tuttavia offre alcuni servizi estremamente utili, come l’accesso gratuito alle proprie visure catastali o come l’accesso ai dati dell’Osservatorio Immobiliare

L’Osservatorio prevede la divisione del territorio nazionale in zone omogenee e per ciascuna raccoglie i dati sulle compravendite e sugli affitti. Poi ogni sei mesi pubblica i valori registrati, discriminando gli immobili in base alla tipologia ed in base allo stato di conservazione.

Ho - per curiosità - immaginato alcuni casi ed ho fatto alcune ricerche. Nel corso della chiacchierata vi mostrerò gli screenshot delle risposte alle interrogazioni. Premetto che il sistema è complesso da usare, ma è una vera miniera.

Prendiamo due alloggi a Milano. Uno centrale ed uno periferico.

Ecco lo screenshot dell’interrogazione sull’appartamento centrale.




Nel secondo semestre dell’anno scorso a San Babila le abitazioni civili, in un normale stato di conservazione, sono state vendute tra 7400 e 8900 euro al metro quadro e si affittavano da 23,5 a 30,4 euro al metro al mese.

Prendendo valori medi possiamo quindi affermare che un appartamento di 100 metri nel secondo semestre del 2018 valeva circa 800 mila euro e rendeva circa 30 mila euro di affitto.





Tanto per darvi un’idea è un po’ come se io comprassi una specie di bond rende quella cifra. In questo caso lo pseudorendimento è 3,97%. Aspettate però a farvi brillare gli occhi occorre tenere conto di molte detrazioni che non ho contato.

A parte la detrazione più ovvia, cioè la fiscalità, occorre tenere presente che gli immobili richiedono manutenzione e che ci sono dei periodi nei quali possono restare sfitti.
Questo ultimo evento non solo comporta l’assenza del flusso di reddito, ma anche l’onere delle spese di condominio e riscaldamento, che comunque devono essere pagate, se non dall’inquilino, dal padrone. E capite subito come un appartamento sfitto per pochi mesi possa pesare sul rendimento del bene.

Ma non solo: ci sono le manutenzioni ordinarie e straodinarie e i rischi legati alla solvibilità dell’affittuario. Purtroppo la lista non è ancora completa: occorrerebbe conteggiare i costi legati al tempo per la gestione materiale dei rapporti con l’inquilino e il tempo speso in burocrazia. Queste cose o si fanno di persona, se le si sanno fare, o si delega un professionista. E sono altri costi.

Mi direte, ma allora a cosa serve calcolare lo pseudorendimento?

La questione è che aiuta a capire come tira il vento. Mi spiego, se devo valutare dove comperare una casa, posso ad esempio inserire tra i criteri decisionali dove lo pseudorendimento è più alto.

Infatti considerando che la massa delle voci in detrazione è percentualmente invariante (ad es. la fiscalità è sempre la stessa, i costi di burocrazia anche, la perizia con la quale si sceglie un inquilino pure…) anche se lo pseudorendimento non mi permette di capire bene quanto guadagnerò affittando un immobile, ma posso comunque fare dei ragionamenti comparativi.

Facciamo adesso una nuova ricerca e vediamo come va in estrema periferia di Milano.

Ecco lo screenshoot dell’interrogazione






Una abitazione alla Bovisa è stata venduta nel secondo semestre 2018 tra 1800 e 2500 euro al metro quadro e si affitta a tra 5,4 e 7,8 euro al metro quadro. Questo vuol dire che il solito appartamento di 100 metri costa circa 215 mila euro e si affitta a 8000 euro all’anno. Il suo pseudorendimento è 3,68%.



Ecco quindi che emerge il primo dato che mi ha sorpreso, anche se non ho ancora elaborato i dati per poter generalizzare.

Fino a poco fa se avessi dovuto scegliere se mettere a reddito un immobile, d’istinto avrei scelto di comperare a San Babila. Eppure adesso sarebbe ragionevole, avendo 800 mila euro da impiegare, domandarsi se non sarebbe meglio cercare 4 alloggi alla Bovisa.

Probabilmente comperando 4 alloggi si riducono i rischi, anche se si aumentano un po’ le spese notarili.

Sarebbe importante capire quali sono i tassi di insolvenza degli inquilini nelle due zone. Ci saranno differenze significative? Non so rispondere.

Se invece si dovesse puntare a comperare per poi rivendere probabilmente una zona più commerciale come il centro sarebbe preferibile, ma non ho dati sul tempo di liquidazione di un immobile. Occorre rilevare infine che naturalmente per fare trading immobiliare occorrono cifre non banali, altrimenti si concentra il rischio su una sola occasione e si rischia grosso. Quindi l’immobiliare non è proprio una passeggiata.

A questo punto mi direte: “Ecco perché io compero box auto”. Vero, i box sono di piccola pezzatura e quindi aiutano molto. Tuttavia vi invito a vedere il mio video sul perché la tecnologia 5G affonderà i box auto.

Bene per oggi mi fermo qui. Ma attenzione perché ritorneremo presto sull’argomento, con una serie di considerazioni su Torino.


Fatemi delle domande, seguitemi sui social e... a presto!

venerdì 4 ottobre 2019

Come valutare le azioni per investire?



Ascolta il podcast qui 

Oggi sono lieto di rispondere a Valerio Turchi, che ha visto il video “Come capire se una azione è cara” (lo trovate qui) e mi aveva chiesto quali fossero gli altri metodi di valutazione delle azioni.

Caro Valerio, ci sono manuali di centinaia di pagine relative ai metodi di valutazione di un valore mobiliare. Se sei uno studente di economia qualcuno lo affronterai: ad es. tra i più semplici, in apparenza, c’è il calcolo del valore attuale netto.

Sappi però che non esiste il parametro definitivo per emettere un giudizio che permetterà di fare l’acquisto vincente. E, detta tutta, quello che conta non è tanto il metodo applicato quanto i parametri che ci metti dentro: se tutti gli attori avessero le stesse attese sul futuro di un bene ci sarebbe una sostanziale convergenza sul suo valore, a prescindere dal metodo di stima usato. Certo, ci sarebbe un po’ di rumore di fondo dovuto al fatto che un  singolo occasionalmente potrebbe vendere per comprare una casa o un’auto oppure comperare perché ha ricevuto un eredità. Ma la cosa finirebbe lì.

Se ci pensi ha un senso: chiediamoci perchè le obbligazioni del debito dei grandi Stati industrializzati siano sostanzialmente considerate un investimento “tranquillo”. Perchè i parametri sui quali si basano le valutazioni e sui quali incombe l’incertezza sono pochi e cambiano lentamente. Per contro le obbligazioni dei Paesi Emergenti e le azioni sono suscettibili di una maggiore e più violenta fluttuazione dei loro parametri di valutazione.
Qui troverai un video in merito ai rischi che corre un investitore in obbligazioni

La complicazione dell’investire sta nel fatto che la finanza e l’economia sono scienze sociali e quindi i fenomeni sono influenzati dalle aspettative degli stessi attori: in altri settori ciò non accade. Non c’è un sasso che lanciato in aria si comporti diversamente in base a chi lo osserva; anche se questa situazione ha poi delle eccezioni quando si parla di fisica quantistica.

In sostanza se una ampia maggioranza di persone pensa, per qualsiasi ragione, fondata o meno, che una azione sia “buona” o “cattiva” quell’azione per un po’ di tempo si comporterà in accordo all’opinione prevalente, salendo o scendendo indipendentemente dalle sue reali qualità. E, se in quel periodo, si è presa una posizione ragionevole ma che ci sta dando torto – perché ad es. si è comperato e scende - e non si è molto confidenti sulla fondatezza delle proprie scelte, immancabilmente ci si lascia prendere dal panico (o dall’euforia), prendendo decisioni emotive e disastrose per il proprio portafoglio.

Quindi la conoscenza di parametri analitici è necessaria, ma è solo una parte del lavoro. Occorre infatti che un gestore o un investitore abbia maturato una grande fiducia in sé e nei propri metodi. La mera conoscenza tecnica non basta, anzi se disgiunta dall’esperienza potrebbe essere pericolosa. 

Nella pratica quotidiana i team di gestione utilizzano delle griglie di parametri. Si passano in rassegna tutte le azioni del cosidetto “universo investibile” e si calcola per ciascuna delle singole caratteristiche il valore.

Ad esempio il rapporto prezzo utile, il rapporto di Shiller di cui parlerò poi... e si stila così una classifica generale di “bellezza”, come a Miss Italia.

Ma quali sono questi parametri? Chiedeva Valerio.

Facciamo un esempio facile: il professor Shiller ha vinto un Nobel dimostrando che il valore del rapporto tra il prezzo odierno di una azione e la media dei suoi utili degli ultimi 10 anni è un buon predittore del rendimento a 10 anni dell’azione.

Una cosa facile in apparenza: faccio il calcolo per l’intero "universo investibile" e poi seleziono e compero le 10 azioni più promettenti. Una manna...

Insomma… Intanto occorre detenere il portafoglio per 10 anni. Infatti una delle condizioni di questa teoria è che l’orizzonte temporale per far sì che questa relazione funzioni a dovere è il lungo periodo. Sia chiaro, è possibile anche provare a fare lo stesso gioco per periodi inferiori, ma la significatività predittiva di questo indicatore cala drasticamente. 

La ragione può essere spiegata intuitivamente con l’esempio del lancio della moneta. Su 100 lanci sono ragionevolmente sicuro di ottenere 500 “testa” e altrettante “croce” o giù di lì, ma su 10 lanci posso ottenere un risultati molto differenti.

A questo punto, sbagliando, c’è chi dice che “investire è come giocare a testa o croce”. Con questo metodo, più l’orizzonte è di breve periodo è vero, ma nel lungo ovviamente no. E chi non coglie la differenza - prima di avventurarsi in un investimento azionario per copiare il suo amico che ha guadagnato - deve pensarci bene, e poi non farlo.

Ma torniamo a noi e alle azioni valutate con il metodo Shiller. Concretamente oggi la Borsa Americana è cara - in base a tale parametro – e da un bel po’ di anni. Sono sicuro che tra 10 anni le cose andranno a posto, ma nel frattempo però - a sottopesare il mercato americano - cioè a fare quell’azione ragionevolissima di ridurre le componenti “care” all’interno di un portafoglio ben diversificato a livello mondiale, si sarebbe ottenuta una sottoperformance rispetto a chi non lo ha fatto.

E questo ci riporta al problema della fermezza di cui dicevo prima. In questo frangente il singolo investitore potrebbe perdere la fiducia nel metodo che ha adottato e il professionista iniziererebbe a perdere clienti ai quali non ha spiegato bene questo meccanismo.

Forse adesso Valerio starà dicendo: "Giaume hai fatto un lungo discorso per evitare di rivelarmi i segreti di cucina". Non proprio, credimi, sto rivelando l’essenza dell’investire. E se vuoi possiamo sentirci in privato per qualche domanda aggiuntiva. Però sappi che le tecnicalità si imparano nel tempo, invece sapere quali sono i limiti dei metodi usati è una cosa che in genere non viene mai insegnata, la si impara sulle proprie ossa.

Quindi più ancora di un elenco di metodi per valutare le azioni, che sono reperibili in un manuale di finanza, impara a capire in profondità questi principi universali che sono applicabili anche senza avere una preparazione specifica:

  1. comperare e tenere almeno 10 anni magari, anche di più.
  2. Comperare ampie “fette” di mercato, magari tutto il mercato mondiale, non solo settori o mercati singoli.
  3. Non investire i soldi che si sa che potrebbero servire prima dei 10 anni.
  4. Se il metodo è sicuro (e questo lo è) non lasciarsi impressionare dai risultati che si vedono prima dei 10 anni, nel bene e nel male.

Poi ci sono anche altri accorgimenti un po’ più tecnici che sono importanti, ma meno di questi.

Una delle persone più curiose che ho incontrato nella mia carriera è stato un edicolante. A metà degli anni 90, quindi prima del grande boom del 2000 è venuto da me con una valigia piena zeppa di titoli azionari cartacei.
Aveva iniziato nel 1975 a comprare titoli in base al suo sentimento, tutte le volte che aveva 100 mila lire (50 euro) e non ha mai venduto.
Depurato il patrimonio dai titoli falliti, aveva una somma ragguardevole che gli ha permesso di sistemare sé stesso e le figlie. Non sapeva nulla di valutazioni, ma per ragioni casuali o forse per intuito, aveva capito il senso di quento ho scritto e l’aveva applicato. Non si è trattato di una esecuzione magistrale, perché aveva anche titoli della Venchi Unica e della Tripcovich, ma alla fine è arrivato alla meta.

Concludo affermando che l’esperienza è la differenza tra sapere e capire. Capire già questi 4 punti, ma capirli veramente, e capire perché sono consigli sani è già un grande risultato.

Un caro saluto

venerdì 20 settembre 2019

Gli immobili sono l’investimento del futuro?





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Gli italiani sono amanti delle case e hanno avuto ben ragione per almeno 50 anni.


Solo nei recenti decenni le condizioni che hanno portato a questo successo sono cambiate, ma non tutti se ne sono resi conto. Proviamo a fare il punto.


L’Italia ha avuto una gran fame di case: prima per la ricostruzione dopo la guerra, poi per il movimento verso le grandi città, con particolare riferimento a quelle industriali; infine per dare un tetto ai figli e alle nuove famiglie che si formavano.


Vista questa propensione i politici si sono ben guardati dal tassare significativamente gli immobili, contribuendo alla loro popolarità. Ma non solo, l’Italia ha convissuto per lustri con una inflazione altissima e gli immobili, ma anche gli investimenti in Borsa, hanno difeso brillantemente il capitale investito. Per questo e per altri motivi le case hanno conquistato il cuore degli italiani


Oggi però le condizioni sono cambiate.


La crescita economica dei paesi occidentali è calata; la crescita demografica anche. L’inflazione latita in tutto l’occidente. La demografia in declino indica che non c’è più fame di case e i nostri eredi dovranno fronteggiare l’”imbuto immobiliare”, (vi invito a vedere la mia puntata in merito) cioè il fatto che avranno molte più case di quelle che potranno servire loro.

Le dismissioni inizieranno come sempre dagli asset meno pregiati, le case di campagna dei nonni, le case al paese di origine, le seconde case poco sfruttate...
Esattamente come nelle crisi di Borsa: i titoli “buoni” sono venduti per ultimi.

Questo vuol dire che sul mercato ci saranno in vendita molte case e per molti anni, anche in funzione delle vicende personali quali divorzi e perdita del lavoro.

In più le esigenze di bilancio pubblico impongono un inasprimento della fiscalità anche sugli immobili.

In questo scenario le sole case che probabilmente sono una opzione, di se non di investimento, almeno di minore danno, sono le prime case. Infatti sono fiscalmente un po’ più al riparo per motivi politici e permettono di evitare un esborso per l’affitto. Si potrebbe genericamente affermare che la somma dei vantaggi psicologici derivanti dalla nostra cultura assommati a quelli finanziari è probabilmente positiva in questo caso.


Nel futuro è possibile immaginare una maggiore instabilità economica che colpirà i nostri figli ed è probabile che vivranno quindi anche una maggiore incertezza in termini di flussi di reddito. Poiché le case sono, per definizione investimenti che richiedono flussi di reddito sia per le manutenzioni sia per pagare le tasse, il loro possesso potrebbe diventare un problematico: una fonte di preoccupazione piuttosto che di sicurezza.


Infine occorre considerare l’illiquidità dell’investimento: un immobile ha tempi di realizzo decisamente lunghi e se si ha fretta di vendere il sacrificio di prezzo che si deve sopportare potrebbe non essere banale.


Quindi prima di comprare un immobile o di donarlo ad un erede forse sarebbe opportuno valutare se non dismetterlo e regalargli un fondo pensione, che probabilmente potrebbe essere più vicino alle sue esigenze future.


venerdì 13 settembre 2019

La liquidità degli investimenti, il pericolo sconosciuto


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Chi ha seguito la crisi del 2008 forse ricorda che la flessione del mercato azionario è stata una conseguenza della crisi di liquidità del mercato interbancario.


Fino a poco prima dell’estate 2008 le banche dell’oriente prestavano i soldi a quelle dell’occidente e viceversa, quando chiudevano per la notte.


Questo accordo permetteva di avere sempre molta liquidità. Ma con la crisi dei mutui subprime, in estrema sintesi, per paura dell’insolvenza delle controparti, le banche non si prestavano più il denaro tra di loro.


Quindi, per fronteggiare quella che fino al giorno precedente era stata la banale necessità di reperire fondi overnight, gli istituti hanno dovuto iniziare a vendere gli asset ancora vendibili sul solo mercato ancora funzionate, quello delle azioni, facendolo crollare.


Per i non addetti ai lavori la liquidità di un investimento è un fattore marginale. Si accetta comunemente che una casa possa essere venduta in un anno, ma non si accetta o capisce che un asset finanziario possa essere venduto in settimane o mesi. Eppure proprio come per gli altri beni, anche in finanza ci sono oggetti più o meno liquidi.

Recordati  ad es. è stata venduta dalla famiglia ad un prezzo significativamente minore di quello di mercato proprio per trattare l’acquisto del pacchetto di maggioranza.

La liquidità è un fenomeno paragonabile a quello torrentizio: ci sono momenti di grande abbondanza di controparti e altri nei quali scarseggiano. Questo è un fenomeno riscontrabile anche dalle persone meno addentro ai meccanismi finanziari, perché ad esempio, in agosto, anche sul mercato delle blu chips azionarie la liquidità diminuisce e quindi bastano relativamente pochi capitali per determinare significativi aumenti o riduzioni di prezzo.


Anche per le obbligazioni il discorso non cambia. I titoli di stato italiani e statunitensi sono certamente tra i più liquidi al mondo, mentre altri titoli potrebbero essere più problematici. E questo ha molto a che fare con gli investimenti delle persone comuni: se si compera un fondo che investe in titoli poco liquidi ed è quotato giornalmente, il gestore ha un problema non banale. 


Se compera titoli meno liquidi, anche se più redditizi, deve sperare che non ci siano riscatti significativi sul suo fondo, altrimenti sarà costretto a vendere anche i titoli illiquidi.

Ma se la liquidità è modesta e poiché è obbligato a vendere, dovrà sacrificare il prezzo. Ma poiché la normativa dei fondi comuni impone di valorizzare le quote non al valore intrinseco (come fanno i fondi assicurativi) ma al valore di mercato, la sua stessa azione potrebbe indurre ad una diminuzione artificiosa del valore della quota, che potrebbe indurre altri investitori ad uscire, creando così un effetto domino.


Le cause che possono portare ad una crisi di liquidità di un fondo sono molteplici e non sempre sono rappresentate chiaramente al sottoscrittore al momento dell’acquisto, anche perché non è detto che il proponente ne sia al corrente: capire il livello di liquidità di un fondo è un lavoro difficile, anche a causa del fatto che - come dicevo all’inizio - la liquidità è spesso variabile: quando va bene tutti sono disponibili a comperare. Quando le cose vanno male la domanda evapora e il panico è un pessimo consigliere.