domenica 28 agosto 2016

I simboli e la psiche: da Andreotti alle Banche, passando per Marchionne

Buona domenica!

Questo agosto insolito mi permette di rinverdire il blog come non facevo da anni.

Questa mattina, mentre, per mia somma fortuna, mi inerpicavo verso la frazione superiore, ho avuto modo di fare un un piccolo ragionamento che mi pare degno di essere condiviso.

Voi sapete che l'uomo è un animale simbolico. E' per questa ragione che si accumula più denaro di quello che è ragionevolmente necessario per vivere, o per converso, che si ricompensino gli atti di eroismo o di eccellenza con medaglie.

Ebbene, ho finalmente capito perché lo slogan "l'Europa delle Banche" sia così diffuso e presumibilmente sarà longevo.

Vi ricordate quando negli anni 70 nei cortei si ripeteva "Andreotti non ci fotti"? O quando si scandivano invettive contro Agnelli?

Oltre ad essere persone erano anche simboli. Di un mondo che non piaceva e che andava in qualche modo eliminato.

Poi c'è stata la globalizzazione. In quegli anni molto spesso ho sentito ripetere che le masse stavano sopportando in silenzio cose che negli anni 60 o 70 avrebbero portato a rivoluzioni e scontri di piazza.

Oggi credo di aver scoperto una ragione non secondaria dell'innalzamento del livello di sopportazione: la mancanza di un simbolo, di un catalizzatore della rabbia.

"globalizzione" è un concetto astratto. Lo pronunci e non ti viene in mente qualcosa che possa essere facilmente rappresentato.

E quindi le masse combattevano contro un fantasma.

Poi, per una serie di eventi che sarebbe troppo lungo riportare, ecco che arriva l'intuizione giusta. Le banche sono "elette" a catalizzatore. Sono un simbolo perfetto. Facile da visualizzare, e fa riferimento a dinamiche assolutamente oscure ai più. Sono l'equivalente della "fisica quantistica" utilizzata dai santoni new age per dare spiegazioni ai discepoli.

Ecco quindi che questo oggetto del pubblico ludibrio è probabilmente destinato a restare un must per i prossimi 10 o 20 anni.

Ma poichè l'uomo è come sappiamo un animale simbolico, ecco che, quando Marchionne dice una ovvietà totale: "i mercati sono senza morale", si scatenano le reazioni più diverse. Tra queste la più pericolosa è "da che pulpito...".

Questa considerazione fa riferimento a "la gerarchia delle fonti" che viene utilizzata da tempo immemore come mezzo (sbagliato) per definire se una affermazione sia vera o falsa. In sostanza si inferisce (sbagliando) che un mentitore cronico non possa fare affermazioni vere (o viceversa).

Ovviamente questo modo di pensare porta a notevoli distorsioni coognitive.

Basta pensare a qualche slogan come "il Duce ha sempre ragione"; ai titoli di alcuni giornali di partito come la Pravda [Verità] (a questo proposito mi sovviene una famosa battuta che circolava in Unione Sovietica: "nella Pravda non trovi Isvestia e nell'Isvestia non trovi Pravda). Ma se si vuole essere più critici si potrebbe fare un pensierino anche sull'ex cathedra.

Così oggi i rivoluzionari de noantri dotati del loro pesante arsenale concettuale pensano a prendersela con le banche e a pontificare su Marchionne. Dando così il loro pregevole contributo alla stabilità di un sistema che invece andrebbe riformato seriamente.

giovedì 25 agosto 2016

Il terremoto, tra politica e investimenti

Buongiorno a tutti.

Sono stato emotivamente colpito dal terremoto: provo ad immaginarmi come starei io, senza familiari, casa e lavoro, persi nel giro di un minuto.
Ho una morsa allo stomaco ed un senso di nausea.

Oltre quindi ad un pensiero riverente a tutte le persone coinvolte e un modesto supporto a chi ha perso molto in termini materiali, approfitto del blog per fare qualche riflessione con voi.

Queste considerazioni hanno un effetto catartico perché al caldo ed al comodo del mio studio mi permettono di elaborare e di aggredire le mie emozioni negative.



Una considerazione è relativa al malessere psicologico dei traumatizzati. Perché sia gli scampati sia coloro i quali hanno semplicemente assistito all'evento stanno male?

Per una questione di empatia ovviamente, ma anche perché un terremoto materializza uno dei peggiori incubi umani: toglie ogni possibilità di prevedere il futuro, che è uno dei cardini della nostra attività psichica.

Infatti sono stati versati fiumi di inchiostro per spiegare perché ai bambini piace vedere molte volte lo stesso film o perché gli oracoli, i cartomanti, i metereologi e gli economisti sono così importanti per noi.

In estrema sintesi le catastrofi ci pongono di fronte allo "sconosciuto sconosciuto": ne ho parlato molto diffusamente anche in post recenti, non ci tornerò sopra.



Un'altra considerazione è relativa al comportamento umano.

E' noto che un avvenimento la cui probabilità viene percepita come molto modesta viene classificata ingiustamente come impossibile - e ci si comporta di conseguenza, ignorandola - anche se il suo verificarsi è catastrofico.

Spesso poi, quando la catastrofe si verifica, ci si sente colpiti ingiustamente (questo atteggiamento si vede benissimo anche nel settore degli investimenti, per es. con i tango Bond).


Questa dinamica psicologica innesca il famoso meccanismo "emergenziale" in base al quale, in virtù dell'eccezionalità degli eventi, diventano indispensabili interventi drastici, che spesso non hanno un reale impatto sul problema, ma ci fanno sentire meglio.

Ecco quindi che già oggi la gente invoca l'espropriazione del monte premi del Super Enalotto o il dirottamento del ciarlatanesco "bonus" per i diciottenni.

Ovviamente il tribuno della plebe di turno troverà il modo di soddisfare la pancia dell'elettorato. In fondo i pogrom sono nati proprio con questa funzione.

La ggente si sente molto più rassicurata da un intervento visibile rispetto ad uno efficace. E questo ha profonde conseguenze sia in politica che negli investimenti.


Una considerazione finale.

a) chi governa dovrebbe avere una capacità di visione del futuro e quindi di pianificazione maggiori della popolazione che guida.

b) L'Italia è un paese ad alto rischio, sismico, idrogeologico...

c) Quindi al di là della pianificazione del meccanismo soccorso (e la Protezione
Civile italiana lavora molto bene) un evento catastrofico è una certezza almeno per il Governo.

Non sa né quando né dove, ma sa che accadrà.

Non ho mai sentito un politico parlare di pianificazione economica  dei disastri, di un piano precostituito di provvedimenti da applicare a favore delle aree e popolazioni colpite, di fondi accantonati ad hoc.

Notate che non sto parlando di creare depositi di prefabbricati, sto parlando di creare protocolli standard per la gestione politico economica non estemporanea del post crisi.

Invece grazie al "meccanismo emergenziale" abbiamo assistito ieri ad un presidente del Consiglio che faceva il mobiliere e consegnava di persona le case agli aquilani, e oggi temo che vedremo qualcosa di simile.

Grazie appunto alla necessità di privilegiare la visibilità e quindi i voti. Una ruspa in azione porta più voti di una buona politica.


Per questo Warren Buffet è un asso degli investimenti e pochi lo conoscono. Non privilegia le emozioni.

Questo, incredibilmente, ha molto a che fare anche con i vostri investimenti.

Mai fatta la domanda chiave: "Se le cose andassero male come pensi di cavartela?"

domenica 21 agosto 2016

Olimpiadi ed econometria "Passion lives here"

Vi ricordate lo slogan di Torino 2006?

Ebbene mi è tornato in mente grazie all'econometria.

Secondo wikipedia "L'econometria è l'uso di metodi matematici e statistici per produrre modelli atti a verificare la validità di ipotesi di politica economica"

La cosa interessante è che 

1) se si è abbastanza curiosi,
2) si conosce un minimo la materia,
3) non si ha di meglio da fare

è possibile farsi delle domande e darsi delle risposte, non solo in politica economica ma anche nei campi più disparati.

Per esempio: in relazione alle Olimpiadi riflettevo sui fattori che avrebbero potuto generare medaglie olimpiche.

In realtà la questione non è per nulla nuova. Fior di dottori si sono interrogati prima di me in questo senso. Basta googlare olimpics + econometrics per vederlo.

Mi pareva logico che i fattori primari generativi di medaglie fossero 

1) la popolazione di una nazione (assumo cioè che ci sia un "campione" ogni x mila abitanti e quindi che le Nazioni più popolose siano avvantaggiate per un mero fatto di numeri);
2) la quantità di investimenti in sport (ovvero che se si investe in sport si possono sviluppare campioni).

Così per gioco a ferragosto (quindi il medagliere era a metà) ho preso le medaglie vinte fino a quel momento, il reddito pro capite (come proxy degli investimenti in sport) e la popolazione di ogni nazione.

Con quei dati ho fatto una regressione (una operazione che crea una relazione lineare tra l'imput e l'output. Per esempio: 1 medaglia = 3 x di popolazione +2 y di investimento).



Quello che è venuto fuori è stato per me sorprendente.

Non è per nulla facile spiegare il fattore generativo delle medaglie.

Mi spiego: per le medaglie d'oro la relazione funziona alla grande: i due elementi che ho usato spiegano il 70% della relazione (per i tecnici R^2=0.7). Ovvero è possibile spiegare il 70% della quantità di medaglie vinte affermando che è una questione di popolazione e investimenti.

Ma se mettiamo dentro anche le medaglie d'argento e di bronzo la significatività dei due fattori cala al 30%.

Io trovo questo fatto straodinariamente eccitante.

Questo vuol dire che anche se sei "povero" se hai passione e dedizione sul podio ci arrivi. Non arriverai primo forse. Ma ci arrivi.

Per i dettagli tecnici chi lo desidera può contattarmi in privato.







 

mercoledì 10 agosto 2016

Una provocazione estiva - BNI, Lions e Rotary sono ancora attuali?

Buongiorno a tutti.

Il titolo è volutamente provocatorio. Scelto per scatenare opinioni e reazioni.

Ovviamente chi appartiene ai secondi due si straccerà le vesti ad essere associato a BNI. Mi dirà che la mission primaria delle due storiche associazioni è differente da quella di BNI.

La mia replica è che sarà certamente vero, ma non ci si deve nascondere dietro ad un dito e si deve ammettere che la frequentazione di circoli è uno strumento di marketing personale e quindi di incremento del proprio business.

Non solo: dopo aver sentito le linee guida per l'ammissione ad uno dei due circoli benefici (per es. avere un solo membro per ciascuna categoria professionale) la mia opinione non è di certo cambiata.

E questa opportunità di marketing personale non vale solo per i professionisti.
Vale anche per i quadri ed i dirigenti che possono comunque sfruttare a proprio vantaggio di carriera le relazioni intessute in quei luoghi.

Fatta questa premessa torniamo alla domanda iniziale.
Un format "chiuso" è oggi di attualità o appartiene al passato delle relazioni?

Ovvero in un mondo globalizzato, in una società liquida, ha senso immaginare di fare una sorta di recinto privilegiato e di attingere da lì per soddisfare i propri bisogni?

La domanda è ampia e la risposta potrebbe coinvolgere anche ambiti inaspettati quali per esempio la funzione del sindacato (quando la metà dei figli degli iscritti è disoccupata) o quale possa essere una politica migratoria adeguata ai nostri tempi...

Ma per tornare a noi: in un tempo in cui persino Microsoft si sta aprendo lentamente all'open source ha senso creare degli "stagni"?
Non sarebbe meglio se una organizzazione fosse un pontile sul mare aperto?
Ma così facendo la i vertici non rischiano la loro posizione?
E se dunque il pontile fosse meglio dello stagno dunque non ci sarebbe un conflitto di interesse tra gli utenti e i vertici?
Siamo dunque di fronte ad una nuova casta costituitasi in buona fede e a propria insaputa?


Cosa ne pensate?
Quali sono le vostre esperienze in merito?





giovedì 4 agosto 2016

L'investitore di Pavlov

Oggi tornerò a fare qualche riflessione sulla psicologia degli investimenti.
Sono argomenti che ho affrontato in prevalenza nei miei post del 2009 e 2010 e che vi consiglio vivamente di (ri)leggere, se avete un momento di tempo in questa pausa estiva.

E' importante la psicologia quando si parla di investimenti? A mio parere sì, e molto.

Oggi un po' provocatoriamente vi "dimostrerò" per quale ragione un investitore poco consapevole si affanni ad investire in prodotti che difficilmente ex post gli daranno soddisfazione.

Lo fanno per evitare di affontare ex ante l'ansia ed il dolore.


Due degli assunti più noti della psicologia applicata alla finanza affermano che
- mediamente il dolore generato da una perdita è doppio del piacere generato da un guadagno.
- si preferisce un evento favorevole certo di minore entità ad uno incerto di maggiore entità, ma non viceversa (ovvero si preferisce una perdita probabile di 20 piuttosto che una perdita certa di 10).

In base al primo assunto pertanto è possibile guadagnare ed essere scontenti o, più realisticamente poco soddisfatti, senza tuttavia averne ben chiaro il motivo.

Sia chiaro che la descrizione che segue estremizza le dinamiche reali, per renderle palesi.

Osservate la tabella ed il relativo grafico 





















Osserviamo nella tabella precedente una funzione crescente che genera ondate successive di piacere e dolore.

E adesso vediamone il grafico.





















Ciascuno di noi ex ante firmerebbe subito una dichiarazione che vuole proprio un investimento così.

Ma questo solo perchè vediamo ex ante sia l'inizio che la fine del grafico e quindi inconsapevolmente siamo rassicurati dall'evidente happy end.

Ma "nel mentre", siamo bombardati dalla Brexit, dal Monte Paschi e dal terrorismo: subiamo quella che i militari chiamano Fog of War . Siamo quindi - a causa del contesto - giustamente ansiosi. Per questa ragione il nostro cervello vorrebbe quietare. Almeno per i nostri investimenti che rappresentano i nostri sogni e le nostre sicurezze.

Questo desiderio ci rende quindi disponibili a credere che siano possibili cose che in fondo sappiamo non essere tali. 

Tutti noi sappiamo che i tassi sono a 0.
Però siamo pronti a credere  che sia un buon affare comperare obbligazioni che rendono un po' più di 0 a causa della dubbia solvibilità del creditore (in questi anni i bond bancari ne sono stato un esempio eclatante); ma anche si ripone fiducia (eccessiva?) negli algoritmi simili a quelli degli hedge fund che dovrebbero smorzare magicamente le oscillazioni del nostro capitale.


Infine in base al secondo principio enunciato all'inizio del post - poichè investire in beni che variano vistosamente i prezzi è sempre inevitabilmente una esperienza dolorosa - l'investitore medio non supportato tende ancora oggi a evitarlo preferendo (implicitamente) casomai subire una perdita maggiore.

Rifuggire investimenti che oscillano e cercare investimenti che mascherano le oscillazioni non ha solo il vantaggo iniziale di non doversi caricare di una responsabilità e del peso della gestione dei prorpi investimenti: ne ha anche uno finale. Se le cose dovessero andare male la colpa sarà limitata al rimprovero di essersi affidati ad un mascalzone, ma non ci chiameremo troppo in causa sulle scelte fatte.

In queste condizioni l'industria del maquillage o se preferite del tranquillante finanziario ovviamente prospera.