mercoledì 27 gennaio 2010

La Grecia favorita dal gelo… sui tassi

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Uno degli effetti della crisi che stiamo vivendo è l’azzeramento dei rendimenti sui titoli a breve termine.

Per ottenere un saggio maggiore gli investitori devono spostarsi lungo della curva dei tassi, ma aumentando la durata degli investimenti si espongono alla volatilità del mercato. In alternativa possono incrementare il rischio emittente, esponendosi in questo caso all’evenienza di non ottenere i flussi di pagamento previsti.

Chi ha partecipato all’asta della recente emissione di Titoli di Stato greci, che sono quinquennali, ha fatto le due cose.

Il rendimento a scadenza dei titoli ellenici si è attestato a circa il 6%: un saggio comparabile a quello di un corporate bond di non elevata qualità o anche al profitto atteso (di lungo periodo) di un paniere azionario ben diversificato.

Immagino che molti privati avranno pensato: “Le azioni sono troppo pericolose, ho già dei corporate… la Grecia non uscirà mai dall’Euro né potranno permetterle un default…”.

Una affermazione di buon senso, in fondo, e che allo stato attuale potrebbe essere vera, anche se un tasso simile dovrebbe lasciare perplessi per i suoi sottintesi.

Chi in questo momento ha optato d’istinto per un portafoglio “corporate e Grecia, ma niente azioni” forse non ha preso in considerazione alcuni aspetti relativi al problema generale dell’investire:
1) Se si è alla ricerca di simili rendimenti non sarebbe opportuno valutare tutte le alternative, azioni comprese? In fondo sono una diversificazione.
2) Cosa vuol dire investimento “pericoloso”? Siamo sicuri di non confondere “sgradevole” con “pericoloso”?
3) E perché non valutare poi le obbligazioni convertibili?
4) Quanti sanno infine che il momento più rischioso per i default dei corporate è la seconda metà delle crisi economiche?

Quotidianamente abbiamo a che fare con oggetti pericolosi: elettricità, coltelli o automobili: non li evitiamo, cerchiamo di usarli con le dovute cautele, rispettando regole codici e divieti. Perché allora pensare agli investimenti in modo differentemente? Un atteggiamento naïf potrebbe essere pericoloso.

Suggerisco, in conclusione, un esercizio: create una immaginaria “frazione degli investimenti” ponendo al numeratore il rendimento atteso e al denominatore il rischio.

Se non riuscite a focalizzare il denominatore è meglio che chiediate aiuto ad un “ottico”, prima che le sue dimensioni non diventino fin troppo evidenti.

giovedì 21 gennaio 2010

Il rally di Natale e le sue conseguenze…

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Riprendo oggi l’argomento del 30 novembre, nel quale prevedevo una conclusione d’anno “non gagliarda” per lo SP500 e l’Eurostoxx 50.

I livelli segnati alla fine del 2009 erano all’incirca quelli visti al tempo l’articolo: gli indici sono cresciuti nel mese di dicembre rispettivamente dell’1.5% e di circa il 3%.

Occorre però rilevare che il rally ha, da ottobre a dicembre, generato incrementi del 9% e del 5% rispettivamente.

La prestazione dello SP500 (9%) è particolarmente significativa, poiché la media dei rally degli ultimi 20 anni si è attestata poco sopra al 2%.

I mercati cioè credono che gli Stati Uniti usciranno dalla crisi più velocemente dell’Europa, il cui indice ha fatto segnare invece un incremento pari alla media storica.

Questa è comunque una buona notizia, perché mostrerebbe che gli investitori non sono eccessivamente pessimisti per il Vecchio Continente, anche se restano irrisolti i nodi della disoccupazione e dei consumi.

Pertanto se, come i mercati scommettono, l’America uscirà dalla recessione più velocemente dell’Europa, il dollaro potrebbe anche aver smesso di indebolirsi.

Questa congiuntura potrebbe dunque essere favorevole per gli investitori che volessero puntare sulla Borsa USA.
Ma la promessa di Obama di tassare le banche che “hanno fatto ingenti profitti con i soldi del popolo americano” ed hanno continuato a pagare bonus “scandalosi” ai propri dirigenti non potrebbe fermare la Borsa statunitense?

L’eventuale caduta dei profitti delle banche non si dovrebbe ripercuotere violentemente sull’indice SP500, perché il peso del settore bancario non è eccessivo. Se poi il provvedimento colpisse principalmente le banche d’affari piuttosto che le banche commerciali, la stretta creditizia al settore industriale, che viene minacciata per cercare di evitare questa imposta, potrebbe essere un’arma spuntata, almeno in parte.

Certo, se l’esempio di Obama fosse seguito anche in Europa - dove il peso del settore bancario è maggiore – le ripercussioni sui listini potrebbero essere maggiori, e ancora una volta il sistema bancario italiano, che non è ricorso agli aiuti di Stato, potrebbe essere favorito.

Ma poiché allo stato attuale non si sente parlare di questo provvedimento è inutile proseguire a fare congetture.

giovedì 14 gennaio 2010

“Il pianeta proibito” e rendimenti negativi dei BOT trimestrali

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Se uno sconosciuto bussasse alla vostra porta e sorridendo vi dicesse: “Egregio signore mi presti 1000 euro che tra tre mesi gliene restiturò 995”, lo congedereste con un sorriso, o peggio…

Eppure molti, varcando la soglia di una Banca, e chiedendo un consiglio per investire, di fatto hanno ricevuto questa proposta; alcuni l’hanno accettata poco consapevolmente, altri invece l’hanno subita e giustificata pensando che fosse il “prezzo della tranquillità”.

La finanza è materia magmatica perché oltre alla difficoltà intrinseca subisce l'influenza di milioni di soggetti poco esperti ed emotivi, che tramite i mercati finanziari, hanno la possibilità di realizzare istantaneamente il proprio desiderio, qualunque esso sia, consapevole o inconscio.

Esattamente la stessa cosa avveniva tramite la macchina dei Krel, nel film di fantascienza che cito. E come i protagonisti del film anche noi ci troviamo a combattere una battaglia contro i mostri creati dal subconscio.

Adesso molti stanno combattendo la battaglia contro l’incubo che potremmo etichettare: “la caduta dei prezzi azionari è senza fine, pertanto l’unica fonte di salvezza è perdere poco, piuttosto che perdere molto”.

Abbiamo visto come questa visione mostruosa è diffusa anche tra i cosiddetti giornalisti economici (vd il mio post precedente su Turani).

Naturalmente le persone tecnicamente più smaliziate, piuttosto che comperare BOT si sono lanciate nell’acquisto di corporate bond, cioè di obbligazioni societarie, nel tentativo di lucrare qualcosa in più, in attesa del tracollo del mercato azionario.

Così non è irragionevole pensare che la bolla speculativa non sia annidata sui mercati azionari, ma piuttosto su quelli obbligazionari, dove c’è uno straordinario affollamento di persone “prudenti” che si strappano dalle mani titoli che probabilmente valgono di meno e di cui i BOT sono solo la punta dell’iceberg.


Se l’accesso ai mercati finanziari avesse molte più barriere, per esempio se si decidesse con l’aiuto di uno specialista solo uno volta all’anno cosa fare, la finanza verrebbe percepita diversamente e anche gli investitori ne guadagnerebbero, non solo materialmente.

venerdì 8 gennaio 2010

…che da Turani mi guardo io

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Portando mio figlio a scuola ho preso l’abitudine di ascoltare una trasmissione radiofonica satirica, in onda su Radio Rai, e durante le recenti feste, quando potevo, la seguivo anche da casa.

Il 31 dicembre ho ascoltato un intervento di Giuseppe Turani, presentato come “autorevolissimo” giornalista economico.

Dopo buona una partenza, nella quale ha descritto in modo condivisibile la congiuntura economica gli è stato domandato: “come investirebbe 50.000 euro in questo momento?”.

Ha esordito asserendo che questo momento è “molto pericoloso” ed ha proseguito citando certi suoi amici che lo stavano consigliando di attendere la caduta dei prezzi in Borsa, che sarebbe avvenuta in gennaio, per investire in azioni.

Alla domanda del conduttore “Ah, ma le borse vanno giù a gennaio?” La tragica risposta è stata:
(TESTUALE)
“Pare di si, perché le stanno tirando su molto, è probabile che le portino su ancora un po’ e poi le mollino, perché… c’è una ragione… I gestori dei patrimoni hanno presentato ai loro clienti dei conti, nel 2008, da licenziamento in tronco; e ci tengono quest’anno a fare una figura un po’ migliore e poter dire ai clienti: “vedi ad inizio anno avevamo 100 e adesso abbiamo 120, siamo stati bravi, nonostante la crisi.”. Poi fatto quello lì, siccome i prezzi sono un po’ artificiali, si lascia andare tutto (giù) e poi abbiamo 12 mesi per occuparci della faccenda…”.

Ha concluso consigliando di acquistare il reddito fisso, che: “almeno non si perde nulla. Non si guadagna, ma non si perde”.

Al termine di questo “autorevole” intervento mi è tornato in mente Montanelli, che asseriva come i giornalisti economici fossero tali perché pagati poco, intendendo maliziosamente che erano compensati il giusto.

Potrei anche essere d’accordo sul fatto che il mercato possa arretrare nel primo trimestre dell’anno e che sia saggio consigliare genericamente i Titoli di Stato (anche se in realtà lui ha parlato di reddito fisso, che è altro), in modo da non dare creare danni.

Non voglio neppure polemizzare sul fatto che sarebbe stato opportuno - prima di emettere un consiglio di investimento - accennare a questioni non secondarie come gli orizzonti temporali e la propensione al rischio.

Rilevo però che dare consigli di investimento in tali condizioni pone nelle migliori condizioni per essere equiparati ai cartomanti e ai maghi.

Non entro neppure nel merito della questione se i prezzi attuali siano o meno così “artificiali”, sebbene un giornalista economico dovrebbe fare grande attenzione, poiché non è proprio così evidente che i prezzi siano gonfiati.

Le questioni che mi scandalizzano sono molto più semplici e molto più pericolose, da un punto di vista del “retto ragionare”, poiché risiedono in presupposti non dichiarati.

La prima è così incredibilmente palese da non essere evidente: chi di noi accetterebbe un consiglio medico da un giornalista che si occupa di medicina? Lo pretenderebbe da un medico.

Eppure nel caso della finanza non accade.

La seconda è più sofisticata: Turani parte - senza dichiararlo - dal presupposto che i prezzi oggi siano stati manipolati al rialzo. Inoltre l’impianto del discorso lascia intravedere che esiste una “longa manus” tale per cui i gestori di patrimoni sono riusciti a fare bella figura grazie a questa manipolazione.

Ma se ribaltiamo il discorso e ci chiediamo: “Per quale ragione questi gestori - che in qualche modo influenzano le azioni della “longa manus” - l’anno scorso non sono riusciti ad evitare la catastrofe, nonostante fossero supportati da tutte le Banche centrali ed i Governi del mondo?”

Che risposta dobbiamo darci? Che la “longa manus” funziona ad intermittenza?

O forse che la teoria complottista sul movimento pilotato dei mercati è ciarpame intellettuale?

E che figura fa lo stesso Turani che ha dipinto i mercati finanziari come una sorta di enorme bisca, dove lui ha degli “informatori”?

O trova delle ragioni solide per quello che dice o tutto questo dà adito al fiero sospetto che in questi anni non abbia capito di cosa stesse scrivendo, quando si occupava di finanza.

Se questa è la qualità del pensiero di un “autorevole” giornalista economico, aveva ragione Montanelli.