giovedì 17 dicembre 2009

Le terme di Pré Saint Didier

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Concludo l'anno con un suggerimento per chi avesse voglia di farsi un regalo differente o se
volesse sorprendere un'amica/o.

Non lontano dalla frazione dove risiedo quando sono in vacanza, ci sono gli splendidi impianti termali della Valdigne, aperti in anni recenti, dopo un periodo molto lungo di abbandono.

L'esperienza è da suggerire perchè i trattamenti sono di alto livello e l'organizzazione è molto buona e alla fine della giornata si esce curati e rilassati.

Inoltre c'è la possibilità di fare un bagno all'aperto tra la neve, guardando il Monte Bianco.

Ecco il link al sito http://termedipre.it/


Infine segnalo - per chi, durante la settimana bianca, non volesse andare a sciare - che può optare per la vicina piscina comunale; si possono portare anche i bambini (c'è uno scivolo discreto per essere al chiuso, e la piscinetta per i bebè). Inoltre si può fare la sauna.
E il M. Bianco è sempre ben in vista.

Felice Natale e all'anno prossimo.

mercoledì 9 dicembre 2009

I nuovi Romeo e Giulietta

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Nulla di nuovo sotto il sole. Anche se l’Occidente dovesse declinare il capitalismo proseguirà la sua corsa, adattandosi ancora una volta alle mutate esigenze storiche ed ambientali.
Il decennio che si chiude tra meno di un mese è stato denso di avvenimenti che a noi paiono importantissimi, perché ci toccano da vicino. Credo tuttavia che tra cinque o dieci secoli - nell'ottimistica speranza che in quel periodo vi sia ancora vita sulla Terra e che qualcuno sia ancora interessato alla Storia - i nostri tempi verranno liquidati con una sola frase: "un turbolento periodo di transizione verso un sistema meno iniquo e più rispettoso dell'ambiente".

Chi poi interpreta i fatti contemporanei come avvisaglie della crisi definitiva del capitalismo e ne auspica la nemesi, affinché dalle sue ceneri possa sorgere un sistema molto migliore, non tiene conto di svariati fattori. Infatti se da un lato l'avvento di una nuova era piacerebbe anche a me, dall'altro non credo di vedere sistemi concorrenti molto migliori e occorre ricordare che il capitalismo è eccezionalmente versatile e “rivoluzionario”.

Un solo dato per rappresentarne la vitalità: l'indice SP500 della Borsa USA contiene le 500 maggiori aziende nordamericane. Solo 50 sono presenti al suo interno fin dal 1950 mentre le altre vi sono entrate successivamente. Ciò vuol dire che 60 anni fa il 90% delle aziende che oggi rappresentano il nerbo dell'economia americana non esisteva.

Possiamo poi osservare una sorta di “deriva storica non maligna verso ovest” del capitalismo: il sistema, adattandosi ai tempi e alle scoperte ha spostato il proprio baricentro dall'Olanda, all'Inghilterra, all'America, senza tuttavia annichilire e gettare nella disperazione le precedenti capitali.

Dunque non credo che stiamo assistendo a mutamenti essenziali; semplicemente siamo testimoni di un nuovo salto evolutivo del nostro sistema.

I segni dello shift ad ovest e dei tentativi di trovare un nuovo equilibrio sono così tanti che non perdo neppure un istante ad enumerarli. Oggi voglio solo indicarne uno che non mi pare sia ancora stato particolarmente evidenziato.

Ogni giorno miriadi di menti brillantissime esaminano l'economia reale per fare previsioni sulla Borsa. Paradossalmente questo fa sì che le Borse siano lo strumento più affidabile per prevedere l'andamento dell'economia reale (http://www.cellinoassociatisim.it/studi/cellinosim_studio_0608.pdf).

Se osserviamo gli Indici delle Borse occidentali e li confrontiamo con quelli degli altri Paesi rileviamo che - generalmente - in Occidente i massimi degli ultimi dieci anni sono stati segnati all'inizio del decennio che stiamo chiudendo, mentre altrove sta avvenendo l'inverso.

Questo fenomeno non è mai avvenuto prima d'ora.

Il segnale della perdita di forza delle economie occidentali è in sé spiacevole per noi, ma non è foriero di drammi, poiché queste transizioni sono in genere lenta e abbastanza morbide, ma il dado è tratto, non godremo mai più dell’abbondanza del passato.

Così se ai tempi della mia gioventù andare a studiare e lavorare in America era il segno distintivo per un certo tipo di classe sociale rampante, oggi andare studiare in oriente per poi stabilirvisi sarà il nuovo segno.

Che c'azzeccano, direbbe un noto politico, Romeo e Giulietta?

Penso molto. Il movimento del baricentro economico porterà anche uno spostamento culturale e sociale. Sheakspeare verrà ridimensionato, ma non solo. Già da tempo dico a mio figlio "Andrai all'Università di Shangai e ti sposerai Mei Mei".

lunedì 30 novembre 2009

Il rally di Natale non sempre vale…

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
In questo periodo molti si chiedono se il famoso “rally di Natale” porterà buoni frutti.
Per cercare di rispondere mi sono posto la domanda:

“qual'è stata la performance dal 1/10 al 31/12 di ogni anno, negli ultimi due decenni, degli indici Eurostoxx 50 e S&P500?"

I dati sono riportati nella tabella n. 1.




In 22 anni gli indici hanno registrato 15 rialzi e 7 ribassi: ovvero un anno su tre il rally non è avvenuto.
Da un punto di vista qualitativo non è poca cosa.

Vediamo inoltre che il rialzo medio è positivo per entrambi gli indici, ma con valori molto differenti, così come sensibilmente differenti sono le deviazioni standard, cioè la dispersione attorno al risultato medio.


Ho poi immaginato una strategia di investimento molto semplice: comperare l’indice azionario il primo giorno lavorativo di ottobre (in chiusura) e rivenderlo il 31 dicembre o l’ultimo giorno utile del trimestre.

Nella tabella 2 si vede l’andamento del montante di un capitale iniziale pari a 100, investito secondo la strategia delineata. Faccio notare che i due montanti non sono comparabili: uno è in euro l’altro in dollari.


Osservando la morfologia della tabella 1 possiamo azzardare l’ipotesi che le annate negative o poco positive si presentano in anni di crisi economica: questo non mi pare un buon viatico per una conclusione gagliarda dell’anno in corso.
Infine desumiamo dai due valori finali (235.48 e 146.30) come questa strategia di investimento sia meno fruttuosa se applicata all’indice americano.
Peraltro questo fenomeno era già stato sottolineato nel post (http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/06/trilussa-e-sell-in-may-and-go-away.html).

Concludo con un monito per coloro i quali avessero la tentazione di implementare la strategia descritta sopra.
La tabella 3 mostra i rendimenti medi annui, in valuta locale, delle strategie di cui sopra: non sorprendentemente notiamo che si avvicinano alle medie calcolate in tabella 1.
La voce “indice” mostra invece il valore del montante ottenibile comperando l'indice Eurostoxx 50 il 1/10/1987 lasciando il capitale sempre investito: si ottiene un rendimento superiore, senza neppure contare il flusso dei dividendi.

Per lo S&P500 il montante ottenibile è ancora maggiore.

giovedì 26 novembre 2009

Tutte le donne del mondo


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…sono donnacce.

Variante: “…eccetto mia madre e mia sorella”.

Questo è il becero luogo comune che ogni tanto sentivo ripetere durante l’adolescenza da qualche presunto esperto di arti amatorie.

Si tratta di una ipergeneralizzazione, una distorsione cognitiva piuttosto frequente.

Ognuno di noi possiede una mappa mentale del mondo: ha imparato a disegnarla fin da piccolo, apprendendo il metodo dai genitori e dagli educatori.

In base alla propria mappa - che per noi rappresenta (erroneamente) la “realtà” - si interagisce col resto del mondo.

L’ipergeneralizzazione è una distorsione percettiva che semplifica eccessivamente la rappresentazione del territorio che ci circonda.

Sebbene la sintesi implichi necessariamente una certa perdita di dettaglio, l’ipergeneralizzazione è una scorciatoia che porta fuori strada: per evitare di pensare in modo complesso si finisce col credere a cose non vere (p.es. “tutti gli italiani sono tutti chiassosi”; “gli inglesi sono tutti lord”).

Tuttavia questa distorsione è popolare perché è comoda e rassicurante; evita fatiche mentali e domande che potrebbero generare ansia.

Cosa ha a che fare l’ipergeneralizzazione con la finanza? Molto, temo.

Da un recente sondaggio sul rapporto tra le banche ed i risparmiatori emerge che la disistima verso le gli istituti di credito è ai massimi storici. E fin qui nulla di strano visti i tempi. La cosa curiosa evidenziata dal sondaggio è che l’unica banca che si salva dall’asprezza del giudizio generale è la propria.

Così ancora oggi, nonostante l’evidente incapacità delle banche di fare l’interesse dell’investitore, la massa dei risparmi viene affidata alle cure di una banca.

Il motivo di questo “strabismo della coscienza” (http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/09/lo-strabismo-della-coscienza.html) è dovuto al fatto che quando si investe il proprio denaro la carica emotiva in gioco è elevata e assolvere la propria banca abbatte drasticamente le proprie ansie e fatiche, salvo talvolta doversi ricredere.

Anche se potrà sembrare strano, la dinamica psicologica delle vendite di prodotti finanziari per gli investitori privati non è diversa dalla vendita di altri beni di massa: le gratificazioni psicologiche giocano un ruolo maggiore del risultato “oggettivo”.

Le emozioni rendono la nostra vita meravigliosa, ma non rendono.

mercoledì 18 novembre 2009

Derivati: si profila la seconda ondata?

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(ANSA) - MILANO, 12 NOV - ... chiesto il rinvio a giudizio per truffa aggravata di 13 persone e di quattro banche del capoluogo lombardo.... gli imputati avrebbero fatto guadagnare illecitamente alle banche 100 milioni ai danni del Comune.
La cattiva notizia è che oltre alle persone fisiche siano state imputate anche le banche: l’accusa sostiene quindi che non sia stato un gruppo di funzionari a travisare la mission loro affidata, ma suppone che gli istituti di credito abbiano attivamente concepito e implementato un disegno criminoso.

La buona notizia è che la Giustizia si muove.

La pessima notizia è che metà dei Comuni italiani ha effettuato operazioni simili a quelle del Comune di Milano.

Stiamo assistendo allo scoppio della bolla relativa alla finanza derivata venduta alle amministrazioni locali?

L’abuso di finanza derivata negli investimenti privati è un ingrediente della crisi recente: adesso molti sanno che si tratta di meccanismi complessi e pericolosi, che devono essere usati con mille cautele.

Invece non molti sanno che negli anni passati gli incaricati delle maggiori banche hanno visitato praticamente tutti gli assessorati al bilancio di tutti i comuni italiani degni di nota e hanno proposto agli amministratori locali contratti dove – grazie all’ingegneria finanziaria - si anticipavano flussi di cassa a beneficio del bilancio corrente.

Ovviamente poter disporre di un pingue aumento delle entrate ha fatto brillare gli occhi a molti sindaci ed assessori, che probabilmente hanno capito solo quello che interessava loro senza approfondire gli svantaggi.

Ma poiché come diceva Lavoisier (peraltro erroneamente, come ha dimostrato la fisica einsteiniana) “nulla si crea e nulla si distrugge…” ad ogni flusso di cassa positivo corrisponde un flusso di cassa negativo. Però il flusso di cassa negativo generalmente era spostato oltre la fine del mandato degli amministratori in carica.

Una persona maliziosa potrebbe pensare che certi amministratori abbiano acconsentito ad effettuare quelle operazioni poiché nella legislatura successiva si immaginavano a Montecitorio e non più al Comune.

Ritorno così su un argomento che avevo trattato il 26 settembre del 2008 (
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2008/09/il-valore-della-consapevolezza.html).


La conclusione?

Nel processo milanese e in quelli che seguiranno prevedibilmente l’accusa sosterrà che i venditori conoscevano bene la merce che proponevano e grazie alla sua complessità hanno indotto volontariamente in errore gli amministratori locali. Questi invece non avevano capito di cosa si trattasse, e non potevano comprenderlo con l’ordinaria diligenza, perché sono strumenti eccezionalmente complessi.

La difesa sosterrà invece che il “derivato” comperato dal Comune è stato creato su richiesta degli amministratori, e che questi erano ben consapevoli che per avere un surplus di cassa avrebbero creato un debito futuro devastante. Pertanto non si tratta di truffa.

Il quadro che ne esce è comunque desolante per il cittadino: da un lato amministratori superficiali o accecati dall’ambizione personale; dall’altro banche che, se dichiarate colpevoli, saranno truffatrici conclamate, o se dichiarate innocenti, saranno solo complici.

mercoledì 11 novembre 2009

Lo scudo fiscale ed il valore della credibilità

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Mi pare che la prima emergenza nazionale italiana non sia il debito pubblico ma la credibilità istituzionale.

I contenuti dello scudo fiscale americano stridono se confrontati con quelli italiani: negli Usa si prevede un vero e proprio pentimento dell’interessato, la confessione dei meccanismi tramite i quali ha costituito i flussi di denaro, l’impossibilità di restare anonimi al fisco, il pagamento di tutte le tasse dovute e l’assenza di copertura degli eventuali reati commessi nella formazione del patrimonio.

Mi pare evidente che tale provvedimento si basi sulla credibilità della minaccia di essere scoperti e sanzionati.

In Italia si preferisce la morbidezza, il patriottismo: si dice che lo “scudo fiscale” serve per far rimpatriare i capitali per rilanciare lo sviluppo economico e si giustificano così un’aliquota del 5%, l’anonimato, il condono sostanziale dei reati.

Paradossalmente ho visto un gran dibattito sulla convenienza dell’adesione e sentito persone che non aderiscono, “per adesso”.

Come dar torto agli scettici visto che l’ultimo condono (nel senso che avrebbe dovuto essere l’ultimo) è avvenuto solo sei anni fa? E che non è stato neppure incassato tutto il gettito previsto, ma solo i quattro quinti? Non solo, oggi è possibile in certi casi regolarizzare il patrimonio mantenendolo all’estero, e quindi si smentisce che serva al rilancio dell’economia nazionale.

Mi pare che nell’immaginario collettivo la credibilità del nostro Stato sia modesta. Anche azioni scomposte quella contro le filiali italiane di banche svizzere non portano a nulla. Ad esempio è noto ai tecnici che la mole di dati prelevati è tale per cui - anche grazie alle procedure introdotte da questo Governo – usare quei dati comporterebbe la paralisi dell’Amministrazione Tributaria per moltissimi mesi.

Fino a quando lo Stato non sarà credibile, ed occorreranno anni di duro lavoro, assisteremo al paradosso che gli aderenti all’”ultimo” degli scudi lo faranno per ragioni soggettive e non oggettive.

Lo scetticismo dei cittadini italiani è contemporaneamente una condanna ed una salvezza. Se non si può credere allo Stato occorre fare da sé per sopravvivere, come facciamo da tempo immemore, ma così non si fa sistema e non si decolla come paese, e si “giustificano” gli evasori.


In coda segnalo che pare esserci un legame negli Stati Uniti tra la riforma della sanità e lo scudo fiscale.

Ho sentito dire da un autorevole economista che lo scudo non serve solo per fare cassa, ma anche per cercare i punti deboli dei lobbisti contrari alla riforma sanitaria ed “ammorbidirli”.

Un esempio di come fare politica a favore del proprio partito e contemporaneamente fare del bene al proprio Paese.

mercoledì 4 novembre 2009

Il vaccino io ce l’ho e tu no

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A chi ha fatto bene l’influenza suina?

Alla fine di aprile l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha portato da 3 a 4 il livello di allarme sull’influenza H1N1.

La domanda oggi è: “chi ha investito sulla paura dell’influenza ha fatto bene?”

Ovvero: da fine aprile ad oggi sarebbe stato meglio a comperare un ETF sull’indice generale o un ETF sui titoli farmaceutici europei?

La mia risposta “a sentimento” era negativa, per gli stessi motivi toccati nel post del 4 giugno scorso.
Tuttavia per verificare ho approntato alcuni dati.

Iniziamo col paragonare i valori dell’ETF dello Stoxx 600 e quelli dell’ETF sottosettoriale “cura della salute” da maggio a ottobre. 


Verifichiamo nuovamente (empiricamente) che scegliere un investimento sulla scorta di una moda non ha portato vantaggi.

Ma cosa succede se invece esaminiamo l’andamento delle due industrie (Novartis e Glaxo) che hanno prodotto il vaccino e le confrontiamo con i competitori che non li hanno prodotti?

Ecco lo scontro tra gli svizzeri Novartis e Roche



Confrontiamo adesso i competitori inglesi e francesi


In entrambi i casi vediamo che i produttori dei vaccini sono stati premiati: hanno performato meglio dei concorrenti e meglio dell’investimento nella (replica dell’) indice generale.

In attesa di verificare se le maggiori performances di Glaxo e Novartis sono dovute ad un incremento degli utili derivanti dai vaccini per l’influenza suina o sono solo un movimento speculativo, possiamo riconfermare alcune ovvietà spesso disattese:
1) è più prudente non seguire le mode, che sono spesso solo pretesti commerciali;
2) se non si hanno idee chiare è meglio puntare sulla media;
3) è meglio avere le idee chiare, ma queste spesso si chiariscono solo ex post.

mercoledì 28 ottobre 2009

Spezzatino bancario

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Prendo spunto dalla dichiarazione del governatore della Banca di Inghilterra del 21 ottobre scorso.

Questi - per evitare nuovi crac - auspicava, più che una nuova regolamentazione dei mercati, una divisione dei ruoli delle banche, separando le attività più rischiose da quelle più stabili. Ad esempio scindere le attività di deposito da quelle di investimento.

Presento orgoglioso il mio intervento fatto il 12 ottobre al Business Club di Manageritalia, a Torino il cui titolo era:

Possono i risparmiatori evitare il prossimo disastro?
Una proposta semplice di autotutela.

Dopo aver esaminato la genesi della recente crisi esaminavo il “peccato originale” del risparmio notando che:

1) il risparmio è creato dalle famiglie e assorbito dalle imprese; in origine veniva raccolto dal sistema creditizio con strumenti semplici e trasparenti come i conti di deposito.

2) Grazie a tale attività il sistema bancario ha assunto il ruolo di “cassaforte delle famiglie” guadagnandone la fiducia.

3) Nel corso degli anni per raccogliere il risparmio sono stati presentati e consigliati alle famiglie strumenti finanziari via via sempre più complessi e meno trasparenti. Questo ha significato per le famiglie una crescente difficoltà di comprensione delle proposte mentre ha comportato guadagni sempre maggiori per i proponenti.

4) Le banche si sono trasformate da semplici raccoglitori di denaro in gestori e consulenti dei risparmiatori. Facendo emergere un inevitabile e colossale conflitto di interessi perché la consulenza è stata svolta consigliando prodotti sul cui collocamento gravava un interesse specifico e diretto: la banca da depositaria si è trasformata in gestore di patrimoni e in consulente interessato.

5) Le famiglie non hanno percepito questo mutamento epocale e hanno continuato a nutrire fiducia in quella che era ancora percepita come “la cassaforte”.

6) Oggi sebbene il sistema bancario abbia dimostrato di non disporre dell’indipendenza per fare consulenza nell’interesse del cliente, continua a drenare la massa dei risparmi.


Concludevo con un consiglio semplice e facilmente eseguibile

Dividere i ruoli per ridurre i conflitti di interesse

- La Banca deve offrire i servizi che sa fare meglio e cioè la custode dei patrimoni e la finanziatrice di imprese.
- La consulenza indipendente aiuterà i risparmiatori nei propri investimenti.

Ovviamente se le banche in un futuro dimostrassero di saper fare consulenza indipendente - per esempio scindendosi e accogliendo così il suggerimento del Governatore della Banca d’Inghilterra - saranno accolte con calore nel novero dei concorrenti leali: inizierà una bella sfida professionale a vantaggio del cliente.

giovedì 22 ottobre 2009

Il dollaro e le vecchie abitudini


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Uno degli ambiti della psicologia è l’intervento per la ristrutturazione dei comportamenti inadeguati.

Una abitudine inizialmente funzionale infatti, se riprodotta in un contesto differente, può diventare dannosa.

Mi pare che in finanza si possano trovare esempi interessanti, come la percezione che il dollaro sia una valuta forte.

Per fare una valutazione di ampio respiro prendiamo in esame il periodo dal 1970 ad oggi, e per comparare i dati correggiamo il cross lira dollaro con il cambio lira euro (1936.27).

(I dati sono tratti dal sito di Bankitalia per i valori lira/dollaro dal 1970 al 1999 e per i valori euro/ dollaro dal 1999 al 2008; gli altri sono mie elaborazioni)

Il cross euro/dollaro è espresso “Certo per Incerto”, ovvero se il cross vale “1.45” occorrono 1.45 dollari per comperare un euro.

Possiamo notare che dal 1970 al 1985 il dollaro si è apprezzato: nel 1970 ne occorrevano 3 per comperare un euro, ma nel 1985 ne bastava 1.

Ecco dunque il periodo in cui probabilmente si è formata la percezione che il dollaro fosse una valuta forte.

Dopo il 1985 però la situazione è mutata: il rapporto di cambio contro l’euro ha iniziato ad oscillare tra 0,8 e 1,8 e chi avesse comperato dollari proprio in quell’anno avrebbe aspettato fino al 2000 per rivedere i suoi prezzi di carico.

Un tempo abbastanza lungo per perdere clienti, avvilire patrimoni e sprecare una carriera.

I risultati migliori - in questa seconda fase - li avrebbe ottenuti un investitore che fino ad allora sarebbe stato perdente, poiché convinto della stazionarietà di lungo periodo del rapporto euro dollaro.
Per 15 anni hanno avuto ragione e fatto carriera una certa classe di investitori e consulenti, mentre i loro figli per avere successo hanno dovuto agire in modo profondamente differente.




giovedì 15 ottobre 2009

Fumetti ed ecologia

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Recentemente ho avuto modo di ascoltare un autorevole appassionato di fumetti, possessore di oltre 300 mila fascicoli di ogni sorta.

Mi ha fatto fare un salto nel passato quando mi ha ricordato il pregiudizio che serpeggiava su quelle letture e sull’effetto nefasto che si temeva potessero avere sulla gioventù.

Ha poi segnalato il cospicuo interesse economico intorno a quel collezionismo e rivelato che uno dei maggiori problemi dei fumetti è il decadimento fisico della carta: a parità di altri requisiti un volume ben conservato vale molto di più di un identico fascicolo conservato mediocremente.

Per questa ragione nel Regno Unito c’è una società specializzata nell’assegnare un rating sullo stato di conservazione dei singoli fascicoli, in modo da garantirne la qualità e facilitare la formazione dei prezzi.

Abbastanza inaspettatamente poi ha rivelato che, una volta attributo il rating all’albo, la società lo sigilla in una custodia di plexiglass, rendendone quindi “certo” lo stato di conservazione, ma impedendone di fatto la fruizione.

Per ottenere “certezza” si sacrifica la destinazione originaria, e l’acquirente, come nel caso del collezionismo di vini pregiati, può fruire del bene solo possedendolo, senza poterlo usare.

Il fumetto sotto plexiglass non vale più per la sua funzione ma per quello che rappresenta: diventa un simbolo.

Anche il denaro può diventare un simbolo, e grazie alla estrema flessibilità del mercato finanziario moderno riesce a condensare le paure e le ambizioni più profonde che albergano nei nostri animi.

La finanza è quindi pericolosa e potente: infatti consente di dare forza reale ai desideri, anche inconsci, e grazie alla complessità della società attuale riversa potentemente i propri effetti sul mondo reale.

Per questa ragione gli standard usuali (di cautela piuttosto che di moralità) di non sono sufficienti in questo settore.

Immaginiamo ad esempio che una grande casa automobilistica decida usare un nuovo componente elettronico sulle sue vetture. Non ne conosce bene il funzionamento perché è prodotto esternamente ma i test dimostrano che è “idoneo” e che fa risparmiare sui costi di produzione. Viene montato ma in seguito si guasta su TUTTE le auto.

Ci sono incidenti, molti morti, molte cause milionarie perse, un grande danno di immagine. Forse il fallimento dell’industria e un processo ai responsabili. Sebbene l’epilogo sia drammatico per molte persone il mondo non verrebbe messo in pericolo: è “solo” una storia di “ordinaria” speculazione andata male per faciloneria o per cupidigia.

Se al posto della casa automobilistica c’è una banca e al posto del componente elettronico un titolo tossico, vediamo subito che gli effetti sono ben differenti.

La pervasività della finanza è tale per cui una decisione presa con la “normale leggerezza” potrebbe destabilizzare o far collassare un intero sistema.
Come la nostra coscienza oggi non accetta più una produzione industriale troppo inquinante è tempo di orientarsi anche verso un’ecologia della finanza.

giovedì 8 ottobre 2009

Il piacere, dal tabacco al trading

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Quotidianamente lottologi e sensitivi vendono le proprie previsioni ad un pubblico entusiasta. Non solo, assistiamo quotidianamente alla diffusione di idee che, per quanto improbabili, troveranno comunque adepti.

Come ben sanno gli “operatori dell’occulto” il successo non deriva dai risultati oggettivi ma dall’impressione, ovvero dalla gratificazione delle esigenze più profonde dei “clienti”.

Il trionfo di tutta questa irrazionalità è possibile grazie alla mente, che vive - in un certo senso - in modo autonomo rispetto al corpo e che ricerca anch’essa autonomamente il proprio piacere.

Se per il corpo è abbastanza semplice capire come ottenere piacere, cioè conseguendo gli obiettivi dei primi gradini della scala di Maslow, per la mente la questione si fa più complessa e si può arrivare al paradosso di alcune patologie, dove un danno fisico costituisce “piacere” per la mente.

Questo ha molto a che fare con gli investimenti, poiché a volte il piacere della mente impone un male economico.

Un’inchiesta della SEC (la Consob americana) ha evidenziato che nel 1999, anno di ascesa imperiosa dei mercati, il 90% dei conti di trading on line era in perdita.

Ma come è possibile farsi del male con in un mercato ascendente? E perché una persona così sofisticata da usare un trading on line nel 1999 dovrebbe arrivare a farsi del male?

Immaginiamo un mercato direzionale e due investitori. Il primo, individuato un trend opera una sola volta e tiene la posizione fino al raggiungimento dell’obiettivo; l’altro opera un certo numero di volte. Anche ammettendo che il costo della transazione sia quasi nullo difficilmente il secondo otterrà un risultato migliore del primo: per farlo dovrebbe riuscire ad avvantaggiarsi di ogni frazionale movimento del mercato, ed è improbabile. Così molto facilmente questi perderà il contatto col mercato, e quindi denaro. Se poi sbaglia qualche operazione il danno si aggrava.

Circa il secondo punto, ho già affermato che l’impressione di guadagnare conta molto di più del guadagnare effettivamente: poiché ricercare il piacere è più importante della “verità” se le cose andranno “bene” l’investitore non sentirà la necessità di esperire una indagine per migliorare la propria prestazione e se le cose dovessero andare male sarà più facile trovare capri espiatori che fare un serio esame di coscienza.

Pertanto difficilmente un trader vorrà accorgersi dei propri errori e continuerà a giocare fino al momento in cui un rovescio non lo farà diventare un “investitore di lungo periodo”.

In questo senso è profondamente valida l’espressione “giocare in Borsa”.

Intere industrie prosperano assecondando la volontà di ricerca del piacere: dal tabacco ai liquori al trading. Senza contare le attività illegali.

mercoledì 30 settembre 2009

L’amigdala e la Borsa

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L’amigdala è la porzione del cervello che presiede ai comportamenti da tenere in caso di pericolo. E’ di così antica formazione che si assomiglia in quasi tutte le specie animali e nei rettili è una parte rilevante dell’intero cervello.

Poiché fronteggiare rapidamente una belva o un nemico era vitale, nel tempo, la natura ha selezionato gli individui con una amigdala più reattiva. Infatti le persone con temperamento più risoluto di fronte ad una minaccia hanno una maggior probabilità di sopravvivenza, in un mondo semplice.

Le decisioni prese con tale area sono veloci, ma approssimative.

Per ovviare a questo inconveniente l’uomo ha poi imparato a prendere decisioni con la corteccia cerebrale, i cui processi sono più lenti ma anche più accurati.

Oggi le minacce immediate e dirette alla nostra esistenza sono decisamente meno frequenti di un tempo, ma l’amigdala non lo sa e continua, talvolta, ad essere la protagonista silenziosa delle nostre reazioni. Può sembrare curioso, ma ancora oggi il cervello tende a trattare allo stesso modo la presenza di una tigre o un insulto ricevuto mentre guidiamo.


Cosa c’entra l’amigdala con gli investimenti?

Il mercato borsistico moderno mette nelle migliori condizioni chi desidera operare, anche impulsivamente. Così in Borsa talvolta l’investitore decide con l’amigdala anziché con la corteccia.

Al contrario nel mercato immobiliare - che per natura pone rilevanti vincoli all’implementazione rapida di una decisione – è possibile una rielaborazione della decisione.

Possiamo - alla luce di quanto esposto - interpretare anche in chiave fisiologica alcuni fenomeni borsistici.

Osservando il grafico di un titolo si nota come le discese siano molto veloci, in accordo con una azione che parrebbe imposta dall’amigdala, mentre le ascese in genere sono più lente e faticose, come i processi effettuati con la corteccia cerebrale.

Si potrebbe dire quindi che le discese sono decise dall’amigdala e le risalite della corteccia.

Qualcuno potrebbe far notare però che ci sono almeno due tipi di salita molto veloce:
- la vertiginosa ascesa finale dei prezzi al termine di una fase di crescita molto intensa;
- la repentina risalita che avviene dopo un declino maggiore (il famoso rimbalzo tecnico).

E’ vero ma sebbene non mi dilungherò su di essi posso affermare che mi paiono fenomeni compatibili con quanto sostengo in linea generale.


Cosa presiede declino di un titolo? Essenzialmente la paura di perdere denaro. E analogamente il motore di un rialzo così estremo da essere totalmente irrealistico è la paura di non guadagnare abbastanza.

Generalizzando, quando il mercato si muove con grande forza lo stress può subentrare alla rilassatezza e alla corteccia si sostituisce l’amigdala, che ci fa decidere rapidamente di sottrarci al pericolo percepito.

Moderare i violenti stimoli dell’amigdala è molto difficile e il compito di un buon consulente è quello di domare i propri istinti ed aiutare i clienti a gestire i loro.

giovedì 24 settembre 2009

Attenti al reddito fisso!

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Gli estimatori dei titoli a reddito fisso potrebbero dover cambiare strategia nel prossimo futuro.

Il calo dei tassi effettuato per sostenere l’economia mondiale ha portato i BOT ad avere un rendimento prossimo allo 0 o leggermente inferiore, se si considerano i costi e la tenuta del deposito.

Se da un lato gli acquirenti dei titoli a brevissimo termine sono stati penalizzati, ai detentori di obbligazioni a più lunga scadenza è andata bene: il calo dei tassi ha aumentato il corso (prezzo) dei bond in loro possesso.

Ma perché un titolo a reddito fisso sale di prezzo quando i tassi scendono?

Immaginiamo di comperare oggi un BOT a 97 e che, scadendo tra un anno, sarà rimborsato a 100. Rende il 3%.
Immaginiamo adesso che il giorno dopo lo Stato emetta un altro BOT, che renderà dopo un anno il 4%.

Se volessi rivendere il BOT n. 1 per comprare il secondo - che rende di più - non troverei (in condizioni normali) persone disponibili ad acquistarlo a 97: vorrebbero comperarlo a 96 per poter guadagnare il 4% che è il nuovo rendimento disponibile.

Questo spiega anche come mai un titolo più è lontano dalla scadenza e più risente di una variazione sui tassi di interesse: infatti più è lontana la scadenza e maggiore sarà lo “sconto” richiesto dagli acquirenti al possessore.

Ma torniamo a noi.

Adesso i tassi sono a zero, ma prima o poi risaliranno.

Una ascesa dei tassi comporterà un aumento del rendimento offerto dai BOT in collocamento e una diminuzione del valore dei titoli a più lunga scadenza già detenuti in portafoglio.

Il cliente che non ha risparmio gestito (fondi comuni o gestioni patrimoniali) non se ne accorgerà facilmente, perché non troverà evidenze della perdita di valore del proprio patrimonio.

Diversamente chi possiede quote di fondi comuni che ritiene tranquilli solo perché investono in BTP potrebbe avere la sorpresa, tra qualche tempo, di vedere calare il proprio patrimonio, poiché la perdita di valore in conto capitale potrebbe non essere compensata dal flusso cedolare.

La finanza è periodica, e il titolo di un libro molto noto suggeriva di essere “investitori per tutte le stagioni”.
Sta finendo il tempo di guadagnare comperando e tenendo titoli con vita residua elevata.

lunedì 21 settembre 2009

Il dolore e la giustizia

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Intendo unirmi al cordoglio della Nazione per i tragici fatti afgani.

Come figlio di un militare credo di poter capire lo strazio dei familiari delle vittime.

Mi auguro che presto si possa solo più morire serenamente, dopo una vita lunga e operosa.

Ma per ottenere questo risultato occorre che tutti gli uomini di buona volontà facciano appello alla propria ragione, affinchè il "lato buono" che alberga in ogni cuore, anche in quello degli attentatori suicidi, non venga oscurato dal delirio dell'"evidenza della ragione".

Cioè dall'evidenza fallace che ci fa diventare giudici assoluti e senza appello, quella che consente in nome della "libertà" di rapinare, a beneficio di pochi, le risorse del mondo che sono destinate a tutti, non ultimi i nostri discendenti.

Quell'evidenza della ragione che ci fa odiare l'"altro" al punto di farsi saltare in aria o anche solo di predicare l'affondamento di barconi al largo delle coste nazionali.

giovedì 17 settembre 2009

La ragione, il sentimento e l’assicurazione dell’auto

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Umberto Eco asseriva - in un saggio sulla natura della comicità - che il carattere della tragedia è universale: la perdita delle persone amate o della ricchezza sono universalmente riconosciute come accadimenti tragici. Faceva anche notare, per contro, che l’umorismo non era universale ma legato alla cultura “locale”.

Analogamente tutti noi sappiamo indicare facilmente qual è il peggiore investimento: quello dove si perdono soldi. Tuttavia diventa molto più complesso indicare il miglior investimento, poiché dipende dall’atteggiamento del singolo: per taluni è meglio guadagnare “poco” senza oscillazioni in conto capitale; per altri le oscillazioni sono sopportabili a fronte di un guadagno maggiore, ma il concetto di “oscillazione sopportabile” varia.

Possiamo spalmare idealmente l’universo dei clienti lungo un continuum i cui estremi sono il “cliente emotivo” (che rifugge le oscillazioni, anche se esiste un “cliente emotivo paradossale” che le ricerca apposta) e quello “razionale” (che è disponibile sopportare il disagio dell’oscillazione in vista del conseguimento di un obiettivo).

Esaminiamo il cliente “emotivo” ideale.

E’ il cliente che trasmette il messaggio: “Faccia lei”. Anche se non dovesse essere soddisfatto del rapporto tenderà a manifestarlo in modo molto cauto e solo in casi estremi lo troncherà. Nel “faccia lei” c’è il desiderio fanciullesco di sentirsi accuditi come quando eravamo piccoli, dove la mamma non ci dava tutto quello che volevamo, ma ci faceva felici principalmente perché ci ascoltava.

Il consulente capace, di fronte ad una persona che esprime questo desiderio inconscio, deve far diventare il rapporto una specie di corteggiamento, dove a poco a poco cerca di capire cosa si nasconde dietro a quelle timide parole, per poterle soddisfare.


Il cliente “razionale”

E’ molto più aperto. Con lui si può e si deve parlare chiaro. L’obiettivo è stipulare un contratto-programma dove si offre un certo piano, con certi rischi e rendimenti “prestabiliti”.

Questi tuttavia è il cliente meno fedele, poiché è pronto a cambiare, se trova un contratto più attraente.

Occorre notare che - anche se scomodo per il venditore - questo cliente fa bene al mercato perché spinge alla concorrenza.

Credo inoltre che i “clienti razionali” non siano quelli che vogliono ottenere sempre il massimo risultato possibile: proprio perché razionali vogliono “semplicemente” vedere il valore della consulenza. Cosa che si può fare realisticamente dimostrando – ad esempio - come varia nel tempo il proprio atteggiamento verso il rischio: si diventa aggressivi sui massimi e pavidi sui minimi. Se lo si capisce e, se si sanno identificare i massimi ed i minimi, si potranno modificare col raziocinio le decisioni dettate dal cuore e guadagnarsi la stima e la fedeltà del cliente.

Però i clienti redditizi e più numerosi sono quelli emotivi. Così non è un caso che i programmi di vendita o di fidelizzazione siano incentrati sullo sviluppo delle emozioni.

Vediamo in questi giorni che nel settore delle assicurazioni R.C. auto l’AXA tenta di attaccare le posizioni consolidate della concorrenza con una doppia proposta che ha aspetti razionali ed emotivi. Probabilmente hanno capito che la mera convenienza economica non basta a far muovere il cliente verso le assicurazioni on line e così nella pubblicità promettono un rapporto costante con un solo consulente telefonico che diventa “personale”.

Emozione e risparmio per l’automobilista. Vinceranno la sfida? Credo di si.

giovedì 10 settembre 2009

I mulini bianchi, il Montenegro e la consulenza finanziaria

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Per molti anni la pubblicità del Montenegro, quella col veterinario, si è imposta nell’immaginario collettivo. Era l’esaltazione del godimento di quei valori semplici che rendevano la vita migliore.

Oggi la Barilla, con il Mulino Bianco, sta ripercorrendo la medesima strada.

Il tocco magico di queste pubblicità è l’evocazione dei lati positivi di un periodo forse mitico. Nulla di male, in fondo, se tali suggestioni vengono utilizzate per vendere prodotti di tenue valore: la regressione verso l’irrazionale dura alcuni istanti, quelli relativi all’acquisto e forse anche durante la fruizione del bene.

Se poi ci si desta e si riflette un istante sul perché nei tempi andati le gioie semplici erano le più grandi, ci si ricorda che, in realtà, quando i mulini erano bianchi i cavoli erano amari: le cure mediche seppure primitive restavano comunque elitarie e i biscotti anche se non proprio perfettamente conservati erano più buoni perché la fame era endemica.

Cosa ha a che fare tutto ciò con la consulenza finanziaria?

Sfortunatamente molto: in ognuno di noi vive un bimbo sempre pronto a farsi illudere: il cliente dei prodotti di investimento non è diverso da quello dei biscotti, spesso spera di trovare il mulino bianco. La cosa curiosa (ma non troppo) è che anche per i consulenti capita la stessa cosa, sperano di trovare il prodotto magico per fare felici tutti i clienti senza sforzo.

Immaginiamo l’incontro tra un consulente/venditore ed un cliente: vediamo quali sono i possibili giochi delle parti che si potrebbero instaurare.

Immaginiamo per semplicità che siano possibili solo due comportamenti per entrambi i giocatori: alta propensione all’illusione e viceversa.

Il mix di ruoli ci porterà a 4 possibili storie:

Consulente e Cliente altamente illudibili (Mulino Bianco);
Consulente non illudibile e Cliente illudibile (Scendi dal Pero!);
Consulente e Cliente non illudibili (La cordata);
Consulente illudibile e Cliente non illudibile (Il Dittatore) ;

come illustrato nel seguente schema

Il segno + indica l’alta tendenza all’illusione.

Andiamo in senso orario.


Il Mulino Bianco
Un cliente che indugi nell’illusione dell’onnipotenza del consulente e un consulente che - in ottima fede - pensi di avere superpoteri hanno la possibilità di vivere momenti magici, ma inevitabilmente i loro sogni si infrangeranno, prima o poi, con la realtà di qualche grosso rovescio.
Viene da sé che dopo una grande delusione il cliente ripartirà alla ricerca del prossimo principe azzurro, e siamo sicuri che lo troverà.
La durata di questo sodalizio in genere è molto variabile, dipende dalla casualità degli eventi.

Scendi dal pero!
Dall’incontro tra un cliente propenso all’illusione e un consulente poco propenso si possono ricavare due possibili esiti. Se il consulente dovesse essere perbene ma rude si potrebbe avere una dinamica del tipo “Sveglia, non sei nel mondo dei sogni”. Un così brusco tentativo di risveglio del cliente potrebbe addirittura indurlo a chiudere il rapporto. Se invece la coppia sopravvive alla scossa, il cliente lungi dall’aver aperto gli occhi, si potrebbe illudere che quello è proprio il consulente per lui: è così onestamente ruvido!
Se invece il consulente è disonesto potrà far firmare al povero cliente ogni sorta di contratto capestro senza che questo se ne avveda.
In genere sono legami duraturi.

La cordata
Se si incontrano due individui che tendenzialmente hanno poca propensione ad illudersi si potrà ottenere una buona coppia, realistica negli obiettivi e stabile nella consapevolezza di avere a che fare con una coperta corta. Questa relazione consentirà la massimizzazione della soddisfazione reciproca. In genere sono unioni lunghe.

Il dittatore
Se un cliente poco impressionabile diventa cliente di un consulente convinto di avere superpoteri (evento raro, credo) quest’ultimo diventa un dittatore che, per il tempo - in genere non lungo - nel quale saranno in relazione, cioè fino a quando la sorte lo consentirà, il cliente potrà essere indotto a fare cose assolutamente irragionevoli.


In conclusione, il pericolo maggiore per un cliente deriva dall’essere propenso all’illusione che possa esistere un consulente/venditore con i superpoteri. Interessante notare come paradossalmente questa figura sia inconsapevolmente la più ambita dalla massa delle persone.

mercoledì 2 settembre 2009

Lo strabismo della coscienza

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Questa estate si è caratterizzata anche per il valore fiabesco raggiunto dal jackpot del Superenalotto.

Auguro al vincitore un nuovo colpo di fortuna, che possa farlo sopravivere al primo, la vincita, perché temo che una valanga di denaro non guadagnato possa fare molti danni.

E’ interessante sapere che in una lotteria “equa” (dove vi siano 10 biglietti disponibili e la vincita sia unica e di 10 euro), il biglietto dovrebbe costare 1 euro.

Mi sono preso la briga di calcolare il “prezzo equo” del biglietto del Superenalotto col valore del jackpot pari a 140 milioni: 22 centesimi, contro un prezzo effettivamente praticato di 50.

Ci si può rendere conto così di quanto sia iniquo (ma redditizio per la Sisal e per lo Stato) questo gioco.

I moralisti che gridano periodicamente allo scandalo, quando il jackpot sale oltre un certo livello, se avessero una certa consistenza intellettuale, dovrebbero farlo perennemente.

Gli appassionati della finanza sanno che ci sono scommesse più eque: le opzioni.

L’opzione è una “scommessa” dove si paga oggi un premio per avere la facoltà (ma non l’obbligo) tra un certo tempo di dichiararsi acquirenti (o venditori) di un certo titolo.

Per esempio un mese fa si pagava 14 euro la facoltà di dichiararsi compratori a metà dicembre di 1000 Unicredito a 2,9 euro. Allora l’azione valeva circa 2.

Oggi con Unicredito che vale 2.4 questo diritto vale 50 euro circa.

Se sui mercati finanziari, contrariamente a quanto succede sempre col Superenalotto, qualcuno si fosse azzardato a vendere al pubblico un contratto ad un prezzo da 2 a 50 volte superiore a quello reale i giornali avrebbero scritto per giorni e giorni.

mercoledì 22 luglio 2009

Il vero cigno nero sono stati i mutui subprime o la Leheman?

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Concludo i miei post pre-vacanzieri con una provocazione che derivo da un concetto caro a Nassim Taleb.

Questi ha introdotto il termine “cigno nero” per indicare un evento traumatico che cambia la storia di una persona o di una società (intesa anche come popolo).

La domanda che pongo oggi è: la crisi che stiamo vivendo è stata causata dai mutui subprime?

So che legare una causa con un evento è una “stilizzazione concettuale” forte, ma prendetela solo come provocazione estiva.


Possiamo vedere dalla tabella che l’indice Comit dal 1973 ad oggi ha vissuto fasi di rialzo e di ribasso decisamente pronunciate e che questo recente declino è il più pronunciato: per certi versi è comparabile agli shock che la nostra Borsa subiva quando - nelle migliori giornate di 20 anni fa - il controvalore degli scambi era di 100 miliardi di lire.



Sotto questo punto di vista fa riflettere molto il ritorno ad una escursione così ampia, facendo intuire che siamo in presenza di qualcosa di “altro” rispetto ad una crisi “normale”. E' interessante notare pure come l'indice Comit in questo decennio non abbia fatto nuovi massimi.



Se osserviamo la figura a lato, che rappresenta gli ultimi tre anni di Comit vediamo che nella prima parte della crisi (in giallo) l’indice ha declinato del 40% in un anno e mezzo e che dopo il crack Leheman il tono ed il ritmo del declino sono cambiati (in rosso): in sei mesi è sceso del 50%.

Non stupitevi del fatto che 40% + 50% faccia un declino totale del 70% e non del 90%; rivedete il post del 2 luglio.





Quindi la mia provocazione è: “ha fatto più danno l’ingordigia dei banchieri - che hanno abusato dei derivati - o l’incauta mossa del presidente americano uscente - che per affrancare il suo partito dalla fama di essere il partito dei banchieri, ha fatto fallire una banca e gettato nel panico il sistema finanziario mondiale?”

Auguro a tutti buone ferie e vi aspetto a settembre.

martedì 7 luglio 2009

Lo scudo fiscale ed il Cicap

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Con la scusa dello scudo fiscale smontiamo una trappola piuttosto comune in Italia.


Molti di voi non sapranno cosa è il Cicap: è il Comitato Italiano di Controllo sulle Affermazioni sul Paranormale. Sono quelle persone che hanno offerto un milione di dollari a chi riuscirà a creare un fenomeno paranormale in condizioni controllate. Hanno un sito molto istruttivo, ne consiglio la visita.

Cosa c’entra il CICAP con gli investimenti?

Se lo scudo fiscale verrà fatto, chi ha soldi all’estero avrà l’occasione per riportarli a casa senza paure di traversie giudiziarie o fiscali.

Il prezzo della tranquillità oscillerà in base a come saranno investiti i cespiti rientrati: se saranno sottoscritti Titoli di Stato “dedicati” - presumibilmente decennali e con un tasso inferiore rispetto a quello di mercato - si pagherà meno; altrimenti si suppone che l’aliquota del condono arriverà all’8% del capitale.

Poiché si tratta di un flusso di denaro molto cospicuo ci sarà concorrenza per captarlo, ma poiché lo Stato oltre ad essere giocatore è anche arbitro, probabilmente le banche saranno invogliate ad usare “effetti speciali” per competere.

Proviamo allora a ipotizzare l’offerta dello Stato e poi quella della (immaginaria) Banca Copperfield:

Lo Stato come arbitro potrebbe imporre il pagamento di una aliquota dell’8% per liberare da problemi giudiziari e fiscali i capitali emersi.

Lo Stato come “banchiere”
potrebbe offrire l’esenzione dall’aliquota se si investe in speciali Titoli di Stato “dedicati” con un rendimento del 2%, che però dovranno essere detenuti per 10 anni. Se saranno venduti prima del tempo dovrà essere pagata una percentuale che sarà tanto più vicina all’8% quanto minore sarà stato il tempo di detenzione dell’investimento.

La Banca Copperfield cercherà allora di offrire qualcosa di simile: sottoscrivendo il MAGIC Bond settennale non si pagherà la penale dell’8%; non ci sarà neppure una penale in caso di uscita prima della scadenza (anche se sarà consigliata la detenzione fino al termine del periodo) e sarà offerto un tasso di interesse non troppo distante dai Titoli di Stato “dedicati”. Inoltre alla fine del periodo, oltre al capitale, se le Borse saliranno, verrà erogato un Mega Bonus; ma grazie all’assenza di vincoli alla vendita del bond se le Borse dovessero salire prima dei 7 anni sarà possibile monetizzare nel momento più conveniente. Gli esperti della banca faranno poi notare che il rialzo è quasi sicuro, visto il lasso temporale abbracciato e la situazione attuale.




Schematizzando le offerte:




















Come fa la Banca Copperfield a presentare un’offerta così competitiva?


Il MAGIC Bond è un pacchetto preconfezionato a due componenti:

1) una obbligazione formalmente identica ad un BOT, ma emessa da un ente privato, con un tasso in linea con quelli attuali (il 3.5% netto).
2) una opzione esotica, cioè una scommessa, per es. sulle Borse (lo strumento che creerà il Mega Bonus).


Spacchettiamo il pacchetto “regalo”

In sette anni al 3.5% 79 euro diventano 100. Quindi ogni 100 euro raccolti 79 vengono investiti nell’obbligazione, con soddisfazione dei banchieri e delle aziende, felici di poter raccogliere denaro per ricapitalizzarsi.

Basta già questa osservazione per iniziare a meditare: si presta tutto il proprio denaro ad una sola istituzione per 7 anni (i titoli Leheman e Islanda erano già stati usati come “base” per alcuni Magic Bond emessi tempo addietro)!

Restano 21 euro. 8 sono spesi versandoli allo Stato per il condono; 4 servono per remunerare la rete di vendita, pagare cioè i collocatori; 7 (poco meno) sono accantonati per il pagamento degli interessi annuali e circa 2 serviranno per comperare una opzione esotica, ovvero quella che permetterà l’incasso del Mega Bonus finale.

Interessante notare che il Mega Bonus è generato con uno strumento poco costoso.

Ma perché una opzione esotica costa così poco? Perché le probabilità di guadagnare sono basse.


Come funziona una opzione esotica?
(Questo è un approfondimento, chi vuole può saltare questa sezione ed andare direttamente al paragrafo successivo)

Prego i lettori più tecnici di stendere un velo pietoso sui passaggi che seguiranno.

Ammettiamo che il grafico che segue rappresenti l’andamento dell’Indice di Borsa “X”
per i prossimi 7 anni.








Chi non ne vorrebbe approfittare?

Tuttavia ci sono modi differenti di farlo; investendo oggi il proprio patrimonio e attendendo 7 anni, o comprando una “scommessa” con scadenza nel 2016 e comperando BOT per il resto della cifra.

Ma ci sono molti tipi di scommesse:



a) le più economiche ripagano secondo vari algoritmi (per es. in base alla media dei dati annuali) e sono dette opzioni asiatiche;



b) altre più costose, offrono il differenziale “secco” tra il dato iniziale e quello finale e sono le opzioni classiche.







Immaginiamo di comperare una opzione di tipo “a” che permette l’incasso a scadenza di un flusso dato dalla differenza tra la base e la media dei valori annui. Cosa succede nell’ipotesi che abbiamo appena visto?






























In questo caso il flusso sarà pari 113.375 – 100 = 13.375


Immaginando di comperare una opzione “b” incasseremo invece la differenza tra il primo e l’ultimo dato 130 –100= 30.


E se invece la Borsa salisse così?




































































Interessante notare che con l’opzione classica si otterrebbe comunque un rendimento del 30% perché si parte da 100 e si arriva comunque a 130, ma con l’opzione “a” si avrebbe un rendimento del 9.125% perché la media è diversa rispetto al caso precedente.



Ma quanto costa una opzione esotica? Il meccanismo per prezzarle non è alla portata di tutti.

Per avere un’idea del fiorente business collegato a questi strumenti, vi invito a recuperare la famosa puntata sull’argomento fatta da Milena Gabanelli di Report, la trasmissione di Rai 3. O se preferite cercate sul sito della Consob il “Quaderno di finanza” n.35 che compie 10 anni in questo periodo (ovviamente è datato e alcune cose sono un po’ migliorate ma serve per dare una idea di massima del fenomeno).









Torniamo all’esame del MAGIC Bond

Relativamente alla vendibilità del MAGIC Bond occorre notare che ovviamente si può vendere in ogni momento a prezzo di mercato.

Ma qual è il prezzo di mercato? E’ il prezzo del bond più quello dell’opzione (79+2).
Cioè comperando ieri a 100 oggi si venderebbe a 81. Considerando che 8 sono versati per il condono, 7 sono restituiti tramite gli interessi, il costo del pacchetto per il cliente è di circa 4.

Che consulenza ha ottenuto l’investitore pagando 4? Si è vincolato a
- un solo debitore (attenzione ai casi del passato!),
- una sola ipotesi di mercato (il mercato azionario deve per forza salire),
- un flusso di ritorno modesto anche in caso favorevole,
- una scadenza (lunga),




Non male!



Ovviamente il MAGIC Bond che ho presentato è solo una delle infinite possibilità di confezione di questi strumenti.


Perché il MAGIC Bond è però competitivo?

In uno scenario complesso è difficile discriminare le singole componenti dell’offerta e quindi la probabilità di cadere in una trappola percettiva è elevata.

La visibilità dell’offerta dal MAGIC Bond è buona poiché viene:
- occultata la perdita certa del pagamento del condono;
- ridotto il periodo di intangibilità del capitale;
- annullato o molto ridotto l’impatto favorevole del flusso cedolare del Titolo di Stato;
- enfatizzata la liquidabilità (fittizia) dell’investimento in ogni momento;
- esaltata la probabilità di guadagnare con il rialzo dei mercati azionari, (che è un evento probabile, salvo poi scoprire che si guadagnerà limitatamente, anche nel caso più favorevole).


Considerazioni conclusive


1) Non c’è modo di combattere ad armi pari contro un concorrente che è anche arbitro.
Quello che si può e si deve fare è offrire al cliente una visione chiara della situazione.
Facendo diversamente, offrendo cioè un MAGIC Bond si ammetterà implicitamente che si ha un rispetto limitato della propria clientela e dei suoi soldi.

2) Non c’è bisogno di aspettare lo “scudo fiscale” per sentirsi proporre simili prodotti. Sono offerti quotidianamente da quasi 15 anni. Con la differenza che gli 8 euro che oggi incassa lo Stato sono stati incassati dalle banche, come dice la Consob.

3) Anche per un piccolo - medio risparmiatore è possibile riprodurre una strategia del tipo MAGIC Bond in modo molto più flessibile ed efficiente.

Ma perché un prodotto simile è così popolare? Le ragioni sono molte. Ma non ne parleremo oggi.




Ci risentiamo nella terza decade di luglio.

giovedì 2 luglio 2009

I cognomi e gli stili di investimento

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM



Se la Borsa perde il 50% e poi guadagna il 100% avrà fatto 0.
Questa piccola curiosità - osservabile tramite la tabella 1 - è facilmente comprensibile poiché i rendimenti sono applicati alla base di partenza.





Al 30/6/2009 à 1000*(1-50%)=500
Al 31/12/2009 à 500*(1+100%)= 1000


Ma un anno che chiude in pari è buono o cattivo per un investitore?

Immaginiamo dunque che la Borsa sia partita da quota 1000 il 1 gennaio e al 30 giugno sia a quota 500 per poi ritornare a quota 1000 il 31 dicembre.

Immaginiamo anche di osservare il comportamento di tre investitori: il signor Spavento, il signor Costante ed il signor Leone.

Il 30 giugno - dopo avere mostrato una certa insoddisfazione ai rispettivi consulenti - i tre investitori decidono, in accordo col proprio cognome, rispettivamente di: dimezzare l'esposizione azionaria, lasciarla inalterata, raddoppiarla.

Alla fine dell'anno si saranno ottenuti 3 risultati molto differenti, come da tabella 2.






A questo punto potrei sentirmi dire: “Complimenti bella scoperta! L'acqua calda era già stata inventata.”.

Verissimo. Però continuiamo ad usarla con soddisfazione.

Ecco allora alcuni spunti di riflessione derivanti dal modesto esercizio intellettuale effettuato.

1) A fronte di una situazione ambientale UNICA i rendimenti dei tre patrimoni sono stati molto differenti, e questo non è banale, specie se sostituiamo ai tre investitori tre gestori di fortune.

2) Non è detto che il comportamento ritenuto “prudente” sia il più benefico.

3) Attenzione a quando si preleva o si investe, poiché a parità di condizioni il rendimento del proprio investimento ne è influenzato.

4) Non è banale notare che nei piccoli fondi comuni di investimento potrebbe capitare che un forte flusso di disinvestimenti sui minimi possa influire sul risultato della gestione indipendentemente dalla bravura del gestore (o viceversa). Qui però mi fermo perché si apre un fronte relativo alla misurazione della performance che non intendo affrontare oggi.

5) Se non si ha un minimo di “attrezzatura” potrebbe non essere semplice capire quanto il risultato di un fondo dipende dalle sue vicende commerciali.

6) E’ possibile fare migliori risultati comperando un fondo peggiore e gestendolo sagacemente rispetto all’acquisto di un fondo eccellente gestito meno bene.

7) Un consiglio dato al momento giusto potrebbe valere molto.


Concludo segnalando che tra gli abbonati al telefono ci sono 16 Spavento, 268 Costante e ben 9608 Leone. Possiamo quindi essere ottimisti sull'esito finale degli investimenti per la media degli italiani.

martedì 30 giugno 2009

Madoff, i derivati e lo scudo fiscale

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Un breve post, anche autocelebrativo.

Sono lieto della velocità della macchina processuale americana, che ha impiegato 6 mesi per castigare un truffatore, mentre in Italia sarebbero occorsi 20 anni.

Constato che si sta mettendo mano a livello internazionale alla regolamentazione dei derivati, e avevo scritto poco prima dell'insediamento di Obama che avrebbe dovuto occuparsene.

Noto che ho sbagliato sulla tempistica dello scudo fiscale, ma che sta arrivando.

venerdì 26 giugno 2009

Nuovi tarli per il cassettista

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
In gennaio evidenziavo come investire in un indice borsistico sia più saggio che investire su una singola azione.

Oggi mettiamo sotto esame un altro assunto fondamentale della filosofia del cassettista.

“Compra e tieni” offre di sicuro il miglior risultato? E’ saggio “farsi un giardinetto” e aspettare?

Sappiamo che diversificare è comunque meglio che concentrare gli investimenti. Ma attendere è sempre la miglior strategia?

Esaminiamo la tabella che segue:
- nelle prime due colonne c’è il valore di un investimento iniziale (dividendi esclusi) di 100 (lire o euro) in un indice azionario area euro e in un indice azionario italiano.
- Nelle due colonne successive si trova il rendimento ottenuto anno per anno.
- Le ultime due colonne mostrano il rendimento che si sarebbe ottenuto comperando in un certo anno e aspettando 5 anni prima di realizzare.






Vedere rendimenti negativi a livello annuale non stupisce.

Stupisce di più vedere che 5 anni di attesa non garantiscono la sicurezza di un rendimento positivo, ma posso assicurare i miei lettori che neppure 10 anni di attesa danno la certezza di un rendimento sopra lo zero.

Trovo poi stupefacente vedere che il montante (il valore finale) dell’investimento nell’indice italiano è pari alla metà di quello europeo. Ovvero un capitale di 100 investito in azioni europee nel 1987 avrebbe reso quasi il 5% medio annuo contro l’1% abbondante dell’investimento italiano.


Ordinando i rendimenti della tabella precedente in modo decrescente si possono fare altre osservazioni.





E’ interessante notare che:

Su base annuale l’indice italiano ha massimi e minimi maggiori rispetto al suo collega europeo, ma nel periodo quinquennale avviene l’inverso. Quindi la Borsa Italiana pare più “movimentata” nel breve periodo, o se vogliamo più umorale.

Esaminando la numerosità dei rendimenti annuali positivi vediamo che l’indice italiano ha presentato un risultato pari al 59% dei casi, mentre quello europeo nel 68%. Quindi operando nella Borsa italiana occorre essere più accorti nel timing.

Le azioni europee su 18 rendimenti quinquennali (nel senso che ci sono 18 periodi di 5 anni nella serie storica esaminata) offrono 13 rendimenti positivi ed uno “quasi” positivo (72% - 78% a seconda dei casi); mentre le azioni italiane offrono 11 rendimenti positivi (61%) su 18. E questo dato sembrerebbe confermare la conclusione sul timing espressa nel paragrafo precedente.

Concludo affermando che, pur avendo un valore scientifico relativo, queste osservazioni indicano che la Borsa domestica, non sembrerebbe essere il paradiso dei cassettisti, quanto piuttosto quello degli speculatori

mercoledì 17 giugno 2009

I prezzi di borsa e la Verità

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Riprendo oggi un tema caro a K. Popper e chiedo: “la verità è evidente?”

La questione è tutt’altro che banale per le sue implicazioni.

Da un punto di vista “filosofico” affermare che la verità è evidente implica che vi sono persone che negano l’evidenza.

Sorge allora la questione: come comportarsi con costoro?

Poiché la loro malafede è evidente, di volta in volta sarà facile definirli
- “strumenti del demonio” e quindi metterli al rogo;
- “rivoluzionari” e quindi schiacciarli con le truppe fedeli,
- “controrivoluzionari” e quindi ghigliottinarli,
- “esponenti di una scienza ebrea” e quindi ostracizzarli,
- “nemici del Popolo” e quindi inviarli nei gulag.

Tuttavia restare senza troppi punti di riferimento è faticoso ed innaturale poiché occorre ogni volta ragionare come se si fosse davanti ad un fenomeno nuovo. La fisiologia del cervello in questo senso ci aiuta a vivere meglio, filtrando il “nuovo” dal “vecchio” e consentendoci quindi di non guidare sempre come neopatentati.

Ma a volte il cervello gioca brutti tiri...

Per rientrare nell’ambito della finanza, possiamo constatare che in Borsa tutti accettano pacificamente che la Verità non sia evidente, anche se poi - abbastanza curiosamente - quasi nessuno si comporta coerentemente con questo assunto in altri campi della propria esistenza.

Ma anche questo è normale: il cervello si “abitua” anche ad essere incoerente.

Un esempio: assumiamo che potrebbe essere ragionevole vendere azioni Fiat, dopo l’operazione Chrysler, perchè il titolo potrebbe aver raggiunto una valutazione tale da non poter più crescere sostanzialmente in un arco di tempo “adeguato”.

Tuttavia qualcuno comprerà le azioni che vendo.

Possiamo ipotizzare che le notizie in possesso del compratore e del venditore siano le medesime e che gli orizzonti temporali non siano così diversi da ribaltare totalmente i comportamenti di investimento.

Quindi, a fronte di dati uguali, si raggiungono conclusioni opposte. E poiché i prezzi si formano continuamente ad ogni compratore si oppone un venditore e viceversa.

Solo a movimento avvenuto diventa “evidente” che le cose sarebbero andate così.

Concludo con una provocazione.

E’ preferibile un consulente dubbioso od uno SICURO?
E’ preferibile un leader dubbioso o uno sicuro?
Ma se è dubbioso che leader è?
Paghereste un consulente dubbioso?

giovedì 11 giugno 2009

Trilussa e “Sell in may and go away”

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Un vecchio proverbio di Wall Street suggerisce di vendere in maggio (per ripresentarsi compratori in autunno).

Il buon senso suggerisce di non badare ai proverbi, poiché le ricorrenze suggerite non sono garantite; d’altra parte chiunque frequenti i mercati finanziari ha notato che i mesi estivi sono più deboli dei mesi invernali.

Mi sono incuriosito ed ho compilato la seguente tabella con i dati calcolati dalle serie storiche degli indici Comit e SP500, dal 1973 ad oggi.






Alla voce “Media” vedete il rendimento ottenuto comperando l’indice di borsa sopra indicato il primo giorno del mese e rivendendolo nell’ultimo giorno.

La voce “Dev. St.” (deviazione standard) indica quanto la media sia stabile, ovvero (in un certo senso) quanto spesso si incorre in eccezioni alla “regola” del rendimento medio indicato.

Più è alta la deviazione standard e più in rendimento indicato è instabile, cioè i valori “reali” si discostano dal valore medio; per es. rammento che quest’anno il mese di gennaio non è stato per nulla buono, contrariamente alla tradizione.

All’interno delle colonne, per facilitarne l’individuazione, ho segnato in arancione i valori massimi ed in azzurro i valori minimi.

Vediamo così che (mediamente) sul mercato italiano come su quello statunitense il mese più redditizio è gennaio; settembre invece è il mese meno propizio per i compratori.

Osservando la Dev. St. vediamo che ottobre è il mese più incerto poiché in entrambi i mercati la deviazione standard raggiunge i massimi (se dovessimo giocare una schedina una tripla ci starebbe tutta).


Che conclusioni si possono trarre dalla tabella?

Anzitutto ricordiamo l’ammonimento di Trilussa il quale diceva che “la statistica è quella cosa per cui se io ho un pollo e tu no, abbiamo mezzo pollo a testa”.

Balza all’occhio che il proverbio dice il vero se lo vogliamo prendere come indicazione di massima sulla debolezza stagionale, ma mi guarderei bene dal prendere provvedimenti operativi sulla scorta di queste osservazioni, poiché la possibilità di incappare in “circostanze eccezionali” è decisamente alta.


Concludo con la versione originale della poesia del vate romano



LA STATISTICA

Sai ched'è la statistica? E' 'na cosa
che serve pé fa' un conto in generale
de la gente che nasce, che sta male,
che more, che va in carcere e che sposa.
Ma pe' me la statistica curiosa
è dove c'entra la percentuale,
pe' via che, lì, la media è sempre eguale
puro co' la persona bisognosa.
Me spiego: da li conti che se fanno
seconno le statistiche d'adesso
risurta che te tocca un pollo all'anno:
e, se nun entra ne le spese tue,
t'entra ne la statistica lo stesso
perché c'è un antro che ne magna due.

Trilussa

giovedì 4 giugno 2009

Le emozioni nell’acquisto di prodotti di investimento

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM


Riprendo un concetto espresso dal politologo Sartori che oltre 25 anni fa si scagliava contro il novitismo nell’editoria. In quel tempo l’illustre accademico censurava la pratica di pubblicare libri nuovi anziché ristampare i vecchi, sebbene ritenuti migliori.

Dopo 25 anni posso affermare che la situazione non mi pare migliorata ma addirittura che la tendenza si sia estesa anche ad altri settori dell’industria.

La necessità commerciale di creare pretesti per consentire alla forza vendita di fare pressioni con nuove “ragioni” sul parco clienti, unito alla necessità di cercare sempre nuovi compratori, induce le società a creare novità, senza troppo ragionare se il benessere di lungo periodo delle aziende e quello dei clienti sia poi così slegato.

Considerando inoltre che ogni essere umano, nel momento dell’emozione, difficilmente resiste alle tentazioni e che, mediamente, il privato pianifica poco le strategie di investimento, si creano prodotti “emotivi” adatti ad essere acquistati d’impulso, quasi come fossero prodotti da banco.

Un esempio eclatante è stato il boom di prodotti a capitale garantito offerti sui minimi borsistici del 2003.

Mi sono chiesto:
“A che punto sarebbe oggi un investimento effettuato un anno fa su un prodotto “emotivo”?”

Sia chiaro che l’esperimento che propongo in seguito non ha un criterio di scientificità ed i titoli scelti sono assolutamente casuali, così come è casuale la sollecitazione all’acquisto di un certo prodotto che potreste ricevere da un promotore o un bancario.

Eventualmente nel tempo potremo seguire i titoli che propongo oggi e vedere come si comporteranno.

Ho immaginato di investire 6000 euro un anno fa circa in 6 ETF; 5 molto “emozionanti”, con idee “forti e strategiche” ed uno decisamente “noioso”.

Ecco i puledri sui quali ho puntato

Etf S&p Timber&forestry Ish. L’indice, calcolato da S&P, seleziona tra tutte le azioni quotate nel mondo le 25 più liquide e capitalizzate la cui attività è legata alla proprietà, gestione o partecipazione alla catena produttiva di foreste e legname (come la produzione di carta).

Etf Alter Energy Lyxor. E' un indice … composto dalle 20 più grandi società (per capitalizzazione del flottante) selezionate tra quelle comprese nell’indice Dow Jones World Index con l’aggiunta di quelle quotate presso la Bombay Stock Exchange e i cui ricavi derivino prevalentemente dal settore delle energie alternative…

Etf Crb Lyxor. Indice composto da future su 19 materie prime

Etf World Water Lyxor. E' un indice azionario che intende rappresentare il settore idrico a livello globale. E’ composto dalle 20 più grandi società (per capitalizzazione del flottante) selezionate tra quelle comprese nell’indice Dow Jones World Index e i cui ricavi derivino prevalentemente dalle attività legate alla gestione dell’acqua.

Etf Pvx Privex Lyxor. Indice composto da 25 azioni o fondi quotati tra i più liquidi del settore del private equity.

Ed ecco il cavallo da tiro:
Etf Msci World Lyxor. Indice con oltre 1500 azioni ad alta capitalizzazione negoziate in 23 paesi.


Questi sono i risultati della gara, compresi i traguardi intermedi:




In questo ultimo anno pare quindi che puntare sulle “idee strategiche del futuro” abbia reso un po’ meno che praticare una vecchia strategia di diversificazione globale.

Ma ovviamente i sostenitori degli investimenti strategici potranno sempre rifarsi l’anno prossimo, o quello dopo ancora, in attesa di nuovi e ancor più strategici investimenti.

Ovviamente non sottintendo che non esista una ricetta efficiente per selezionare gli investimenti: dico solo che un conto sono le ragioni commerciali ed un conto è essere perseveranti con le proprie idee forti, a costo di essere noiosi e di dover sopportare di non avere ragione per lunghi periodi.

giovedì 28 maggio 2009

Chiavi e serrature

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Avere una mappa - quando si viaggia in un territorio sconosciuto - è di importanza vitale. Se poi si tratta di un viaggio nell'animo umano la mappa è ancora più utile, poiché (come ricorda il proverbio russo "gli uomini non sono montagne") la vita è fatta di relazioni.

Già dall'antichità i filosofi greci avevano cercato di individuare quali motivi spingono gli uomini ad agire. In seguito, nel secolo scorso, il lavoro è stato ripreso e strutturato dai teorici dell'educazione e dagli psicologi.

La frontiera di questa attività di ricerca è rappresentata dai risultati delle ricerche di S. Reiss dell'Università dell'Ohio.

Dopo un lungo lavoro di statistica psicologica ha individuato una serie di "motivazioni base" che - secondo la sua teoria - sono la mappa dell'animo umano: è possibile cioè spiegare i comportamenti individuali sulla scorta dei 16 fattori motivazionali da lui individuati.

Ovviamente non considero questa teoria un Santo Graal e quindi non mi attendo che magicamente spieghi tutto, ma mi è parso ragionevole esplorarla.

Secondo Reiss ognuno di noi ha quattro o cinque caratteristiche molto marcate in senso positivo o negativo che costituiscono l'ossatura della nostra personalità e che determinano la (in)compatibilità tra individui.

Ognuno di noi, con il proprio profilo è contemporaneamente sia una chiave che una serratura. E quindi, nell’universo delle relazioni, se si incontrano persone con strutture di personalità poco compatibili facilmente assisteremo a rapporti conflittuali.

Un esempio potrebbe essere rappresentato dal conflitto generato in una situazione non strutturata (ovvero dove non c'è una indicazione a priori su chi debba essere il capo) in cui si incontrano due persone con elevata propensione al potere. Il rischio di assistere ad una lotta non è piccolo.

Uno scettico potrebbe dire: “Molto bello per gli specialisti, ammesso che funzioni, ma cosa ha a che fare tutto questo nella vita di ogni giorno?”.

Direi moltissimo.

A livello personale, nell'ambito "ricerca della felicità" è opportuno che ciascuno di noi impari a conoscersi meglio per procacciarsi quei ruoli, siano essi posti di lavoro o compagni, compatibili con il nostro modo di essere.

Mi sono per esempio spiegato perché mia moglie ed io entriamo in contrasto su questioni triviali come l'ordine della camera di nostro figlio (desiderio di ordine); e perché alla fine della discussione sull’argomento precedente lei in genere si accoda al mio parere (desiderio di potere; desiderio di tranquillità, e non – come lei asserisce - la sua santità).

Non solo, quando abbiamo a che fare con una persona poco conosciuta, saper guardare nelle giuste direzioni per capire i suoi comportamenti potrebbe essere una risorsa notevolissima.

Con questo metodo si potrebbe rivedere il giudizio su un comportamento “inspiegabile” o ipotizzare un certo comportamento futuro.

A livello aziendale potrebbe essere molto interessante approfondire questa analisi: temo che ci si preoccupi troppo di di trovare un candidato adeguato alle necessità da un punto di vista tecnico, ma che non si considerino abbastanza le caratteristiche motivazionali dei candidati.

Si ha cioè una selezione casuale dal punto di vista motivazionale, col rischio di acquisire persone che, pur tecnicamente competenti, possono essere motivazionalmente inadatte e quindi soggette a pesanti impasses emotive. E' evidente che è molto antieconomico per una organizzazione avere un operatore frustrato piuttosto che uno soddisfatto.

Ringrazio infine il dottor Domenico Mustone, psicologo, che mi ispirato e consentito di saccheggiare il suo sito. Chi fosse interessato ad approfondire può googlare "Reiss Steven, Mustone".

giovedì 21 maggio 2009

La fine del capitalismo? (Parte seconda)

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Dopo aver esplorato le cause filosofiche della crisi economica provo a delineare uno scenario futuro.

Premetto che farò riferimento alle nozioni di “destra” e “sinistra”, che intendo almeno in senso bobbiano del termine e che nulla hanno a che vedere con le attuali situazioni della politica italiana, che vede piuttosto posizioni di destra e sinistra all’interno di entrambi gli schieramenti. Ovvero che nessuno si sogni di dire che J.F. Kennedy era un comunista perché era di sinistra.


Ma tornando agli scenari…

In quello ottimistico, di “sinistra”, la Politica prende la direzione dell’Economia e la porta verso sentieri che prevedono uno sviluppo più rispettoso per l’ambiente e le risorse disponibili; dove i paesi occidentali, in partnership col resto del mondo, non useranno il proprio predominio tecnologico, politico e militare come una clava per resistere allo scivolamento verso oriente del baricentro economico e politico. Ovvero non si comporteranno come i Bush hanno cercato di fare.

Ma ciò non basterà, dall’altra parte i paesi emergenti non dovranno cadere in derive massimaliste come l’integralismo islamico o il nazionalismo russo.

A queste condizioni nei prossimi secoli l’Occidente non diventerà marginale, a differenza di quanto è capitato all’Olanda prima e successivamente all’Inghilterra, dopo la scoperta dell’America.

Il prezzo da pagare per evitare il nostro viale del tramonto è la condivisione delle risorse con il resto del mondo; una apertura al nuovo (pur mantenendo la nostra identità) e l’accettazione di una diminuzione del tenore di vita, richiesto dalla condivisione tra tutti di energia e materie prime.

Ma viste le recenti difficoltà nel trovare un accordo per il commercio mondiale (WTO, Dhoa Round…) non mi sento per nulla confortato nel credere che questo scenario sia probabile.

Uno scenario pessimistico, ma non estremo, di “destra” vedrebbe invece l’inerzia dell’Occidente teso a non voler affrontare la questione. L’allocazione delle risorse mondiali avverrebbe tramite meccanismi di mercato (l’aumento dei prezzi) e confronti regionali a livello politico, economico e talvolta militare.

Il vantaggio, per la classe dirigente occidentale, nell’adottare una tattica attendista, deriverebbe dal fatto che è più facile spiegare agli elettori che i consumi vanno ridotti perché i prezzi salgono per colpa degli “stranieri”, senza vagheggiare un poco comprensibile disegno politico di equità mondiale.

Inoltre, una totale erosione delle posizioni di vantaggio acquisite dall’Occidente avverrà in molto tempo e quindi molte classi politiche si avvicenderanno senza la necessità di affrontare IL PROBLEMA e quindi presentarsi con un programma elettorale che imponga tagli allo stile di vita degli elettori.

Infine uno scenario pessimistico estremo.

Si potrebbe immaginare di uno stato di tensione tra blocchi di Stati che si aggregheranno in base alle contingenze del momento, senza sfociare mai in una guerra totale. Si arriverà cioè ad un uso sconsiderato ed irrazionale delle risorse disponibili fino alla loro consunzione.

In questo caso faremo la fine degli abitanti dell’Isola di Pasqua, che si estinsero, vittime dell’incapacità di modificare i propri atteggiamenti.