venerdì 24 dicembre 2010

Il polimatrimonio

Discussione visionaria sull'evoluzione della famiglia occidentale nei prossimi 100 anni.
Da affrontare solo dopo una abbondante libagione festiva.


Da un po' di tempo riflettevo

1) sulla progressiva attenuazione del diritto di proprietà: nel tempo si è passati dal concetto che ogni bene è di proprietà del re a quello che la proprietà è diritto di ogni cittadino.

Poi si è giunti all'ammissione di limitazioni rispetto al concetto assoluto, per es. concependo l'esproprio per pubblica utilità o creando le leggi sulla tutela dell'ambiente.

Oggi poi siamo nell'"era dell'accesso" (che è il titolo di un libro di Rifkin): non è importante essere proprietari ma godere dei vantaggi che offre un bene, come avviene per es. con il leasing.


2) Sulla crisi del matrimonio, oberato dalle aspettative del delirio del "tutto, subito, ed ai massimi livelli" che pervade la civiltà occidentale.

Un tempo, e in altri luoghi ancora oggi, questo era prevalentemente un contratto sociale, un perno di giunzione tra due persone e due gruppi familiari.

Anche nel matrimonio dopo un periodo di reciproca esplorazione, subentra l'impatto con la realtà - che è in genere meno attraente delle fantasie - e scoppiano le crisi. Ma se un tempo la stabilità sociale era aiutata dalla minore ricchezza, oggi nell'abbondanza, i vincoli sono minori.

Infine non pare essere la risposta giusta verso una maggiore felicità neppure la consuetudine nord europea e americana di contrarre molti matrimoni (in serie), poiché non fa altro che perpetrare nevroticamente il meccanismo precedente delle aspettative deluse.


3) Sulle prospettive di vita per i nostri figli, che dovranno dividere le risorse della Terra con il resto del mondo e vivere in una regione fortemente (e malamente) antropizzata, nonché politicamente meno influente.

Mentre noi viviamo ancora nel periodo nel quale l'Occidente fa la parte del leone, i nostri figli hanno prospettive di minore abbondanza.


4) Sulla curiosa dicotomia tra la gestione dei rapporti umani e gli investimenti: in finanza si raccomanda l'investimento in beni non correlati per ottimizzare il rendimento del capitale. Tuttavia una "diversificazione" in campo sentimentale è percepita come decisamente inaccettabile.



Dopo aver considerato questi punti, in un momento di obnubilazione ho immaginato lo sviluppo futuro dell'istituzione familiare.


A fronte di una crisi dell'Occidente è ipotizzabile un ritorno alla struttura del clan, che è storicamente collaudata per fronteggiare un periodo di difficoltà. Tuttavia mi pare evidente che tale soluzione abbia dimostrato di non assicurare la felicità dei singoli, poiché rinnova il "difetto" di essere costituita da coppie.

L'eliminazione di tale "difetto" dovrebbe avvenire con l'introduzione di una nuova e migliore ecologia dei rapporti umani. Poiché credo tuttavia che questa evenienza sia ancora molto prematura, immagino che la linea di minor resistenza potrebbe portare alla creazione di una nuova entità sociale, tesa a bypassare tale impegnativa necessità.


Propongo dunque tra le possibili evoluzioni della struttura familiare il "polimatrimonio": ovvero una comunità di 3-6 persone che convivono con pari diritti e dignità.

Mi pare che i vantaggi materiali di una simile struttura siano: maggior stabilità del reddito familiare dovuta alla pluralità di soggetti che possono lavorare; maggiore sicurezza sociale, specie in uno scenario nel quale le prestazioni assistenziali diminuiranno; economie di scala per l'accudimento dei figli e la gestione della quotidianità.

Mi rendo anche conto che sia almeno curioso teorizzare la perdita del "diritto di esclusiva" sul partner, e non è poca cosa abbandonare questo abitus, oggi.

Comprendo le perplessità che possano sorgere e non intendo affrontarle in questa sede.
In fondo la mia è una boutade, non se ne adontino i conservatori.

Concludo ricordando che l'evoluzione non dorme mai e che, quando la prima enciclica sociale della Chiesa, la Rerum Novarum, è stata resa pubblica, lo scandalo è stato enorme e il documento è stato bruciato sul sagrato di alcune chiese. Tuttavia per noi, dopo 120 anni, dice cose "scontate".


Felici festività.

sabato 18 dicembre 2010

Dalla conclusione(?) della vicenda Parmalat una previsione inquietante per gli italiani - 2

Le mie osservazioni a conclusione del post.

1) Probabilmente abbiamo assistito ad entrambe le tipologie di truffa che indico all'inizio: la Parmalat ha interpretato la fattispecie "difficoltà temporanea" e alcune banche per cavarsi d'impiccio probabilmente hanno montato "la stangata". La delusione della parte civile del processo è relativa al fatto che il Tribunale non ha fatto chiarezza su questa seconda parte, che resta pertanto solo una mia ipotesi.

2) Il sistema Italia non è in grado di difendere il risparmio. Chi si è fidato - sia gli impiegati di banca che hanno venduto in buona fede i titoli, sia i risparmiatori che hanno comperato autonomamente obbligazioni - erano da soli a scegliere, ed hanno scelto male.

3) Il conflitto di interesse tra banche e risparmiatori allo stato attuale è ancora elevatissimo e, se in genere si risolve con una tosatura periodica, in certe situazioni può portare alla rovina. Ciò nonostante la massa risparmiatori percepisce poco o nessun rischio.

4) Abbiamo visto in anticipo (ma non lo sapevamo) la crisi che stiamo vivendo anche oggi: quella del "troppo grande per fallire". Parmalat era troppo grande, dal punto di vista delle banche, che hanno cavalcato la tigre piuttosto che accettare la perdita come elemento naturale del business. E questo la dice lunga sulla salute della competizione economica e dell'efficienza dei mercati in Italia.

5) Madoff è stato condannato a 150 anni, Tanzi a 18. Curioso lo stupore di quest'ultimo a fronte della sua condanna: si attendeva meno. Per certi versi con il suo stupore non ha confessato di essere uno al quale avevano promesso qualcosa?

6) Mi pare infine che la soluzione principe della politica, dell'industria, delle banche italiane sia la soluzione dei problemi "scaricando a massa" ovvero frazionando il danno sui cittadini.

E su quest'ultima considerazione, ovvero sull'abitudine di "scaricare a massa" concludo con un inquietante presagio. Tremonti insiste sul fatto che l'Italia è solida poiché ha una enorme massa di patrimonio privato che bilancia il più grande debito pubblico del mondo. A me pare un pensiero foriero della volontà di utilizzare il patrimonio privato per ridurre il debito pubblico, ovvero l'introduzione di una tassa patrimoniale.

lunedì 13 dicembre 2010

Dalla conclusione(?) della vicenda Parmalat una previsione inquietante per gli italiani - 1

Consiglio anzitutto la rilettura del post
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/03/anatomia-delle-truffe-finanziarie-1.html
dove avevo delineato in astratto le possibili fattispecie di una truffa finanziaria.


Sulla notizia che l'ex cavalier Tanzi è stato condannato a 18 anni per il fallimento della nota azienda alimentare, voglio proporvi la mia personalissima visione dei fatti per trarre poi alcune considerazioni ed una previsione.

Immagino che le prime difficoltà aziendali vennero superate con un incremento progressivo degli affidamenti bancari: chi fa l'imprenditore a certi livelli ha contiguità con la politica e quindi non è difficile immaginare che gli istituti di credito si siano prestati ad allargare i cordoni della borsa, un po' per ossequio alle pressioni ricevute e un po' per evitare di gestire una grana come una crisi di tali dimensioni.

Quando i problemi sono diventati insostenibili - ma evidenti solo agli addetti - la ricerca di tempo supplementare per cercare di sbrogliare la matassa è diventata la priorità comune sia per il management sia per le banche affidatarie: la falsificazione dei documenti contabili è stata la soluzione.

Interessante notare che negli ultimi anni l'equilibrio formale del bilancio Parmalat si reggeva sostanzialmente su una voce sola: uno smisurato attivo di conto corrente presso una banca americana. In quel tempo invariabilmente, a fronte delle richieste degli analisti finanziari, che spesso chiedevano al management la ragione di una tale liquidità, la risposta era evasiva.

E' molto importante rilevare inoltre che la società di revisione (ovvero l'organo esterno deputato al controllo della correttezza del bilancio) non ha MAI verificato DIRETTAMENTE presso la banca in questione l'esistenza di tale liquidità.

L'exit strategy per le banche era impegnativa: sostituire il proprio flusso finanziario con quello altrui. Tuttavia nessuna banca avrebbe accettato di entrare pesantemente tra i nuovi finanziatori di tale realtà.

Per ridurre gli affidamenti occorreva dunque "accompagnare" l'azienda sul mercato obbligazionario, e permetterle di approvvigionarsi della liquidità necessaria alla sopravvivenza. La cosa naturalmente non sfuggiva agli analisti finanziari che ripetutamente chiedevano per quale ragione l'azienda effettuasse emissioni obbligazionarie nonostante la forte liquidità già presente.

Interessante notare che il sistema bancario ha curato l'emissione dei prestiti ed il loro collocamento lucrando le relative commissioni. Non solo, molte emissioni obbligazionarie non erano di diritto italiano: i titoli non sono stati cioè emessi con le regole vigenti in Italia ed è almeno dubbio che potessero essere offerti al pubblico italiano. Tuttavia la Consob non è stata in grado di bloccare questo pericolo per i risparmiatori.


Infine la corda si è rotta e... l'epilogo è noto.


Alla prossima volta per le mie osservazioni

martedì 7 dicembre 2010

Dal "troppo grande per fallire" al "troppo piccolo per fare il prepotente"

In queste ore mi è venuto un pensiero che butto lì, magari per elaborarlo insieme.

Oggi i titoli sicuri per definizione sono i Titoli di Stato, (lo so che qualcuno sorriderà, ed ha ragione) ma al momento neppure la disastratissima Grecia prende in considerazione la possibilità di fare un haircut ovvero di decurtare il valore nominale del debito per alleggerirsi del proprio fardello.

Mi si dirà che questo non è il momento adatto per una tale operazione: la Repubblica Ellenica non ha un avanzo di bilancio primario e quindi una ristrutturazione non è compatibile con la necessità di dover finanziare il disavanzo corrente. DOPO nessuno comprerebbe più i titoli di nuova emissione.

Al momento quindi il detentore di Titoli di Stato di un paese OCSE pare non abbia nulla da temere, almeno dal punto di vista del capitale.

Ma questa situazione è stabile? Ho l'impressione che non lo sia.

Come ho già accennato sembra che gli USA vogliano risolvere la questione del proprio debito tramite la debolezza del dollaro e l'inflazione. Ma questo in Europa non pare essere possibile, per la contrarietà della Germania.

Quindi o avremo una crescita economica strepitosa, che ci permetta di pagare i debiti o la possibilità che, presto o tardi, vi saranno uno o più haircut europei mi pare possibile.

In un tale frangente per i debitori avere a che fare con una entità come lo Stato potrebbe essere molto poco vantaggioso.

Potrebbe invece essere più redditizio rapportarsi con realtà che hanno un potere minore: le grandi aziende.

Non ho fatto studi ad hoc, ma ho la netta impressione che le aziende argentine abbiano rinegoziato il proprio debito a condizioni peggiori rispetto a quelle imposte dalla Repubblica Argentina ai propri creditori: erano troppo piccole per fare prepotenze.

Credo che un investitore in obbligazioni debba tenere presente questo ragionamento.

venerdì 26 novembre 2010

Tu non vuò fà l'americano

La canzoncina di Carosone è stata riproposta (e massacrata) recentemente in versione tecno, diventando il tormentone dell'estate.

Il tormentone dell'inverno invece potrebbe diventare la Merkel che non vuole fare l'americana.

A grandi linee la situazione dei paesi industrializzati potrebbe essere definita in questo modo: tassi di crescita modesti e debito pubblico elevato.

In una situazione come questa ci sono due modi per uscirne. O aumentare il tasso di crescita dell'economia e pagare i debiti pregressi o ridurne il valore in qualche modo.

Un modo per ridurre il valore del debito è svalutare la propria moneta (sul fronte esterno) e creare inflazione (su quello interno).

Pare proprio che gli americani comperando i loro titoli di Stato (la famosa manovra di quantitative easing) vogliano andare in questa direzione.

Invece i tedeschi che hanno una paura atavica dell'inflazione (poichè nel primo dopoguerra, il fenomeno in Germania aveva assunto dimensioni spaventose) spingono l'Europa a scegliere la seconda via, quella del rigore, delle tasse e della vita parca.

Solo che una moneta forte inserita in un contesto economico inadeguato può condurre ad alti tassi di disoccupazione. Un prezzo politico eccessivo per molti stati.

Al momento gli unici che trovano questa situazione una manna sono i tedeschi: l'euro debole crea ancor maggiore competitività ai loro prodotti.

Il mio post http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2010/05/le-coppie-di-verdone-e-leuro.html
aveva già affrontato l'argomento, in modo più macchiettistico

martedì 16 novembre 2010

La Merkel, il GR3, e le favole

Il fascino dell'affabulazione colpisce tanto Tremonti quanto i giornalisti.

Ascoltavo alle 13.45 il GR3, che normalmente mi pare equilibrato e sobrio.

Oggi una giornalista ha riportato che i corsi dei bond irlandesi portoghesi e spagnoli erano in ribasso. La causa del ribasso era l'esposizione del pensiero di ieri della Merkel sulla linea da tenere in caso di difficoltà economiche dei paesi dell'Unione.

Si prevede cioè che, in caso di gravi difficoltà, le garanzie europee funzionino, ma che è necessario che i possessori dei titoli partecipino in qualche modo alla perdita di valore dell'investimento.

Cosa che in sé mi pare ragionevole e che gli obbligazionisti di Argentina e Parmalat ben sanno.

Peccato che poi abbia continuato dicendo che il ribasso dei corsi (cioè l'aumento dei rendimenti) era la risposta dei mercati. E concludeva testualmente: "il ricatto è chiaro: o ci garantite o facciamo saltare tutto"

Non ho tempo e forze per fare ironia su questo scivolone.

Le teorie organiche dei mercati sono un fantastico mezzo di affabulazione.

Il mercato sale? "e' drogato" Scende? "lo hanno fatto scendere"

MA chi?
Gli speculatori di Bersani, Berlusconi, e Tremonti. Ovvio no?

E farsi venire un leggerissimo dubbio che, se un bene fino a ieri garantiva il rimborso a 100, e adesso non lo garantisce più, non potrebbe essere trattato a sconto per incorporare questa nuova alea?

giovedì 11 novembre 2010

E' tutta una Pompei

Non mi riferisco però ai mercati finanziari che stanno scendendo.

Certo questa situazione è un importante banco di prova per l'Europa che dovrà mostrare una sua coesione, altrimenti varrà per tutto il continente quello che Metternich aveva detto dell'Italia.

Non mi riferisco neppure al fatto che comunque vada non torneremo più all'eldorado degli spread ridicoli tra il Bund e il BTP: oramai è chiaro che, nonostante la valuta sia unica, il merito di credito (l'affidabilità del creditore) resta nazionale e quindi i BOT greci in euro hanno una certa affidbilità, i nostri un'altra e quelli tedeschi un'altra ancora. Quindi in questi anni ci siamo giocati (male) l'occasione che avevamo per ristrutturare la nostra economia, mentre pagavamo meno interessi.

Oggi sono sconsolato per una questione decisamente molto più minuscola.

Dovete sapere che per legge chi offre un cosulenza finanziaria ha l'obbligo di "profilare" il cliente.
Ovvero di sondare con una certa accuratezza la sua propensione al rischio, orizzonte temporale ed entità del patrimonio, prima di emettere un giudizio su un titolo adatto per quella persona.

Se affermo alla radio "Mi piace la Borsa italiana" non è certamente consulenza. Se invece sempre alla radio mi telefona in diretta un ascoltatore e mi dice "Senta, ho un portafoglio 2000 Fiat. Che faccio? Tengo o vendo?" Non posso dirgli nulla senza prima averlo "profilato".

In questi giorni ho ascoltato alle 10 e 10 su Radio Rai una trasmissione sui mercati finanziari, dove molto spesso avviene questa violazione della normativa.

Sono in dubbio se gli intervistati siano consapevoli o non lo siano.

In ogni caso non è molto consolante. O non sai la normativa che ti riguarda o te ne freghi pur di avere un momento di esposizione mediatica. Molto poco professionale in entrambi i casi.

E la Consob che fa?

Chi?

Quella senza presidente da 133 giorni?

Non è un problema, se andiamo a scavare vedremo che queste cose lo facevano anche 6 mesi fa.

lunedì 25 ottobre 2010

Conviene aderire all'IPO di Enel Green Power?

Cellino e associati SIM
Mi limiterò ad alcune considerazioni “da bar”.

Da un punto di vista del gestore professionista la questione è “semplice” (per modo di dire!).


Come indicato nel post http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2010/03/cosa-e-un-prezzo.html questi deve ipotizzare i redditi generati dall’investimento e, sulla scorta di una tabella che associa i rendimenti attesi alla probabilità che questi si verifichino, deve decidere quale peso assegnare al titolo, all’interno del portafoglio che gestisce.

Questa procedura può essere replicata da un privato? Direi di no. Infatti se i team di gestione sono in genere abbastanza attrezzati per cercare di ridurre il gap informativo tra il venditore ed il compratore i privati non lo sono per definizione.

Ad un investitore prudente dovrebbe bastare questa considerazione per capire quale sia il rischio potenziale di ogni IPO e quanto sia in realtà difficile per i “pesci piccoli” orientarsi sul mercato azionario.

Ma anche ammettendo di avere un vago sentimento che l’acquisto non sarà una porcheria totale sarebbe comunque prudente aderire?

Nel post
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/01/il-tarlo-del-cassettista.html dicevo che la scelta di una pluralità di titoli offre maggiori garanzie rispetto ad un solo titolo.

Quindi se proprio si dovesse aderire all’IPO sarebbe opportuno farlo in quantità molto modeste. Ma questo si scontra con la dimensione del lotto minimo che si aggira sui 4000 euro. A meno quindi di non avere un discreto patrimonio c’è un’altra ottima ragione per astenersi.

La cosa curiosa è che ritengo che il collocamento andrà molto bene, e che l’investimento, conti alla mano, tra 12 mesi potrebbe farmi fare la figura dello sciocco, ovvero essere positivo.

Il titolo ha un appeal emotivo poiché tratta di argomenti di moda
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/06/le-emozioni-nellacquisto-di-prodotti-di.html ; questo di certo ha una influenza sul prezzo al quale la gente vorrà scambiarlo.

Non solo, se le Borse miglioreranno, anche Enel Green Power salirà. Difficilmente tra un anno, a fronte ad una plusvalenza, qualcuno sottilizzerà, comparando la performance di EGP a quella del mercato e pesando il rischio corso con quello che si sarebbe potuto correre con un investimento alternativo più diversificato.

Quindi facilmente tra un anno tutti saranno contenti. O al peggio lo saranno i collocatori.

Concludo con una provocazione. Poiché EGP viene venduta per fare cassa e favorire la posizione di Enel perché non comperarne un po’ sperando che EGP venga piazzata bene?


lunedì 18 ottobre 2010

Le valute in ordine sparso

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
La buona notizia è che il sistema mondiale non rischia più il collasso.

La cattiva notizia è che proprio per questa ragione ogni Paese sta sgomitando per avvantaggiarsi rispetto agli altri.

Questo è il succo di quello che i giornali chiamano "guerra delle valute", ovvero il verificarsi di violente oscillazioni del tasso di cambio tra le principali monete.

Ma perchè ci sono le oscillazioni? Cosa sta succedendo?

Proviamo a creare un modello descrittivo semplice.

Ammettiamo che esistano solo due paesi. L'Italia e il Resto del Mondo, e che in Italia si producano solo maccheroni, con il grano comperato all'estero.

Se questi vanno di gran moda, fuori dal Belpaese, la moneta italiana è molto richiesta e quindi tende a salire di prezzo rispetto all'altra moneta, perchè serve per comperare i maccheroni.

Nel tempo quindi la pasta diventerà più cara e solo i più ricchi potranno permettersela. Questo inevitabilmente ridurrà i volumi della domanda e di conseguenza i produttori di pasta prima venderanno meno, poi inizieranno a reagire.

Come è possibile reagire? Ci sono varie possibilità:

- all'italiana, facendo (fare al Governo) una svalutazione competitiva: in pratica "annacquando" la nostra moneta, per es. stampandone un po'. In questo modo c'è più disponibilità di Lire e il loro prezzo (cioè il tasso di cambio) scende.
Questo dà respiro alla nostra merce che torna ad essere a buon mercato.
Tuttavia se prima con 100 Lire comperavamo una tonnellata di grano, terminate le scorte, a causa della svalutazione, per comperare nuovo grano dovremo spendere di più. Inoltre tutte le merci che comperiamo adesso all'estero costeranno di più. Pertanto gli operai che prima lavoravano per 10 lire adesso non si accontenterano di un tale salario.
Proseguire con questa tattica rischia di creare un circolo vizioso dal quale potrebbe diventare difficile uscire e si innervosiscono i partner commerciali che percepiscono come "sleale" la pratica. Chi ha qualche anno sulle spalle avrà una sorta di déjà vu.

- E' possibile poi reagire alla tedesca, trovando il modo di incrementare la produttività. Così a parità di altri fattori, nonostante la forza della propria moneta, si riesce a tenere prezzi bassi e a prosperare.

- Infine si potrebbe reagire all'americana. Si chiude la fabbrica e la si riapre dove il lavoro o il grano costano molto meno, lasciando a spasso gli operai italiani e magari cercando di riconvertirli.

Cosa succede oggi? La crisi economica ha fatto chiudere o ridimensionare molte attività produttive in base al meccanismo che ho spiegato qui http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/04/la-crisi-le-banche-ed-i-titoli-tossici_30.html creando una forte diminuzione della domanda di beni e servizi (o di maccheroni).

I bilanci di molti Stati sono in condizioni tali da non poter permettere di creare ulteriore debito per sostenere i redditi e quindi di sostenere la domanda (di maccheroni). Quindi per evitare il collasso politico oltre che economico occorre reagire. La misura più spiccia è la reazione all'italiana, in attesa di implementare un mix degli altri provvedimenti.


Tornando a noi: tutti i governi hanno bisogno di una valuta debole debole per rilanciare la propria economia, anche a scapito di quella degli altri paesi.

Gli americani vorrebbero che i cinesi rivalutassero per es. facendo consumare un po' anche la propria popolazione. Ma quelli se ne guardano bene perchè una rivalutazione creerebbe minore convenienza delle loro merci e una diminuzione della loro domanda. E questo comporterebbe una crescita meno vigorosa della loro economia. La sfortuna vuole che se il tasso di espansione economico cinese scende sotto il 7.5% annuo la Cina diventa veramente il paese della rivoluzione.

Quindi ad oggi
- la Cina esporta solo, e compera, con i soldi che avanza, tutto quello che riesce.
- Gli americani non riuscendo a fare svalutare i cinesi cercano un po' di ossigeno contro le valute occidentali
- gli unici occidentali che se la ridono sono i tedeschi, abituati da sempre a crescere economicamente in condizioni di valuta forte e che così possono fare con altri mezzi (come direbbe von Clausewitz) quello che non sono riusciti a fare con le armi.










lunedì 11 ottobre 2010

Quando il gioco si fa duro

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Nessuno sa se e quando si voterà, ma intanto tutti si preparano, con il risultato di gettare non il cuore, ma la lingua oltre l'ostacolo.

Le ultime boutades (adopero un termine francese per evitare di usarne uno inglese molto più duro) che ho ascoltato sono di Bersani e di Tremonti.

Colui il quale potrebbe aspirare al massimo al posto di sindaco di un comune di media popolazione si è messo a scimmiottare Tremonti annunciando che "occorrono meno tasse sulle famiglie e le imprese" e che invece "occorre inasprirle sulla finanza, che ha creato la crisi".

Intanto mi complimento per aver annunciato implicitamente che ha in programma di alzare la pressione fiscale.

Poi ci sono almeno due ordini di critiche possibili.

La prima è che quanto detto è già stato proposto da altri e ben prima, anche da Tremonti. Quindi politicamente non mi pare una gran trovata. Serve per affabulare gli elettori più disinformati.

La seconda è che un provvedimento simile possiamo metterlo al livello della "Robin Hood tax" di tremontiana memoria, ovvero di una tassa che - se applicata - sarebbe pagata dalle imprese e dalle famiglie.

Possiamo escludere che si tratti di una tassa sulle transizioni finanziarie: infatti se applicata solo in Italia farebbe sparire la piazza finanziaria italiana che già non è tra le più floride, senza sortire effetti ulteriori.


Quindi, verosimilmente, si tratterebbe di una imposta sui profitti delle banche o sui redditi da capitale.

Nel caso, come già accaduto con la tassa sui petrolieri creata dal "mago di Sondrio", il costo sarebbe spalmato sui clienti delle banche, attraverso l'aumento dei prezzi dei servizi.

Però i clienti delle banche sono imprese e famiglie...

Se poi si trattasse di un aumento della tassazione dei redditi da capitale lo Stato dovrebbe pagare più interessi sul debito pubblico per mantenere competitivi i nostri bond. Una vera genialata!


Per fortuna non ci facciamo mancare nulla.

Tremonti ieri affermava «I debiti pubblici sono saliti anche perchè è stata fatta la scelta di salvare le banche nel loro insieme, ma per fortuna questo non è avvenuto in Italia», e poi ripartiva contro la speculazione e l'opulenza "dei bankers".

Tremonti si salva spesso in corner perchè è molto criptico, e quindi all'occorrenza riesce a dare "l'intepretazione autentica" del proprio pensiero ex post a seconda delle convenienze.

Così la frase molto ambigua di cui sopra risulta "very cool" e il suo operato una figata.

Occorre invece riflettere sul fatto che, mentre è vero che in Italia le banche non sono state salvate (si sono salvate da loro), è falso che il rapporto debito pubblico PIL sia rimasto fermo.

E' infatti passato dal 103% del 2007 al 118% del 2010.

Insomma siamo nelle stesse condizioni degli altri paesi, pur non avendo salvato le banche.

Poco importa che il fatto sia avvenuto anche perchè il PIL è sceso. E non è corretto addurre la crisi come la causa di questa situazione, al massimo è una concausa. Infatti da 20 anni l'Italia ha un tasso di crescita inferiore alla media europea.

Questo è il problema, ma nessuno nè a destra nè a sinistra si è preso la briga di affrontare di petto la questione. Solo proclami o lenzuolate.

giovedì 30 settembre 2010

Quale disastro scegliamo?

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Ieri - distratti dalla fiducia al governo Berlusconi - i giornali non hanno dato il giusto risalto ad una notizia proveniente da Bruxelles: la presentazione della bozza del nuovo Patto di Stabilità.

In ossequio alla linea dei Paesi del nord Europa l’accordo propone misure drastiche per limitare i rischi di violazione degli equilibri economici, pertanto è previsto:
- un limite ben preciso per il rapporto debito pubblico / PIL (60%);
- un piano di rientro “aritmetico” (ovvero le eccedenze di deficit devono rientrare del 5% all’anno ovvero entro 20 anni);
- sanzioni molto più celeri per i Paesi inadempienti.

Questa notizia mi offre l’occasione per riprendere un argomento di maggio,
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2010/05/le-coppie-di-verdone-e-leuro.html
nel quale accennavo ai rischi derivanti dalle differenze culturali tra gli aderenti alla moneta unica.

Se esaminassimo con gli occhi di un tedesco la serie storica della crescita del deficit pubblico Italiano, potrebbe venirgli il dubbio che siamo stati governati da cialtroni e che abbiamo vissuto ben oltre le nostre possibilità? Temo di si.

Non solo, se un tempo neutralizzavamo parte del deficit tramite la debolezza strutturale della Lira, adesso non è più possibile. Quindi in qualche modo oggi coinvolgiamo il tedesco, suo malgrado, in un gioco che sente come “sporco”.

Inevitabile quindi che le diffidenze tra i condomini europei aumentino. Anche perché, vista dalla parte di un italiano, la politica nazionale degli ultimi 40 anni è stata tutto sommato vincente.
Se non è giovanissimo ha un lavoro o una pensione, ed ha una casa. Se è giovane sta ancora con i suoi, magari malvolentieri, ma non è alla fame. Se è anziano ha fatto sacrifici ed adesso non è disponibile a farne altri, se è giovane non è abituato a vederli compensati, e quindi (giustamente) li evita. E non c’è nessuno che abbia autorità morale sufficiente per dire che occorre cambiare.

Tuttavia, nonostante questa irresponsabile inconsapevolezza è giusto ottenere in sede comunitaria una serie di regole comuni dignitose, che non portino al disastro le economie e le popolazioni dell’Europa meridionale.

Ribadisco, come ho già fatto allora, che una bassa compatibilità tra le “visioni” dei popoli è un cuneo micidiale. Il vero problema dell’Europa è l’assenza di politici meridionali credibili e la rigidità dei politici settentrionali.

Se si dovesse verificare una nuova crisi finanziaria europea sarebbe comunque un disastro.
Occorrerebbe scegliere se lasciar fallire un Paese o salvarlo. Nel caso del salvataggio ci sarebbe il rischio che la visione tedesca possa prevalere pesantissimamente nelle trattative del nuovo patto di stabilità, esponendoci a rischi di collasso politico di gran lunga maggiori di quelli già presenti.

martedì 14 settembre 2010

Lo speculatore liquido – 2

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
La scorsa settimana ho introdotto l’argomento e (adesso posso confessarlo) ho fatto una promessa vana. Difficilmente fotograferemo uno speculatore. Al massimo potremo fare un film.

Proviamo a circoscrivere la materia e a definire alcuni criteri potenzialmente riconducibili ad un comportamento speculativo.

Uno speculatore potrebbe essere definito tale in base

a) all’orizzonte temporale dell’operazione;
b) agli strumenti che usa;
c) alla direzione in cui opera;
d) alla variazione del valore oggetto dell’operazione;
e) al possesso (o meno) dei titoli oggetto dell’operazione;
f) alla numerosità delle operazioni fatte.

Sfortunatamente nessun criterio da solo mi pare conclusivo. Infatti


a) se le operazioni di qualche giorno sono speculative, qual è il numero di giorni oltre il quale l’operazione non è più speculativa?
b) Gli strumenti derivati (che permettono forti leve) sono appannaggio degli speculatori? Gli agricoltori o gli industriali che usano i futures per rendere certi i propri flussi di cassa non sarebbero d’accordo.
c) Operare in direzione opposta a quella prevalente è speculativo? E su quale orizzonte temporale si definisce la direzione prevalente? E quando si teme di essere al termine della tendenza prevalente è da speculatori vendere? E se poi la tendenza prosegue?
d) Chi effettua operazioni in previsione di movimenti minimi ed utilizza forti leve finanziarie per moltiplicare i guadagni è uno speculatore? Probabilmente si, ma come distinguerlo da chi chiude un’operazione in leva con una perdita o un guadagno marginali?
e) Chi vende allo scoperto (senza cioè avere le merci o i titoli) potrebbe essere considerato speculatore? Probabilmente si, anche se vi sono mercati considerati non speculativi dove si opera anche al rialzo senza avere i titoli.
f) Il numero delle operazioni effettuate è senza dubbio un indicatore importante, non a caso la famosa Tobin tax si dovrebbe basare su questo criterio. Tuttavia anche in questo caso è difficile stabilire un limite numerico al di sopra del quale si è speculatori, poiché la numerosità di operazioni potrebbe essere desiderabile per limitare la volatilità del patrimonio gestito cioè si utilizzerebbe una metodologia speculativa per fini non speculativi.

Prendendo in serie tutti questi criteri, in particolare quello dei punti e ed f probabilmente si riesce a mettere maggiormente a fuoco l’immagine dello speculatore. Eppure non è detto che gli speculatori siano un male, diversamente non si spiegherebbe perché la loro esistenza non venga debellata con misure draconiane.

I contorni sfuocati della vicenda creano la fortuna dei governanti e dei giornalisti. I primi possono implementare piani economici traballanti e avere una giustificazione già pronta in caso di fallimento, i secondi hanno una riserva inesauribile di pathos.

Il bottino di questa speculazione intellettuale è magro, come a volte capita anche in finanza: non sappiamo ancora bene chi sia uno speculatore ma abbiamo capito che non è facile attribuirne il titolo.

Concludo con l’unico punto che mi pare fermo: è prudente essere scettici di fronte all’evocazione mediatica degli “speculatori”.

giovedì 9 settembre 2010

Lo speculatore liquido – 1

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Gli speculatori sono per definizione i colpevoli.
Sono personaggi necessari sia per i giornalisti che per i governanti, oltre che per gli investitori.
Se non esistessero bisognerebbe inventarli.
La loro presenza discreta emana il fascino generato dal “lato oscuro della forza” e rende più sapide tanto le descrizioni giornalistiche quanto più credibili le scuse per un fallimento.
Inoltre addossare ad altri la responsabilità per un fallimento è liberatorio e in questo caso molto facile, poiché non si viene mai smentiti.
Ma gli speculatori sono una sorta di setta segreta, o analogamente a quanto asseriva Giovanni Sartori a proposito della politica, sono inafferrabili perché è difficile definire il concetto di speculazione?
Chi è uno speculatore?
L’etimo suggerisce che sia una vedetta, uno che guarda lontano. Ma è troppo poco per dichiararsi soddisfatti.
Cosa suggerisce allora la teoria economica?
Un famoso economista diceva che speculare era l’arte di capire cosa avessero in mente gli altri, e di anticiparli. Inoltre usava una metafora: “lo speculatore non deve indovinare quale sia la ragazza più bella, in un concorso di bellezza, ma deve capire quale sarà la più votata.”.
Altri studiosi asseriscono che ciascuno di noi è uno speculatore, in quanto agisce orientato al futuro e quindi all’incertezza. Pertanto ogni genere di investimento è una speculazione.
Altri ancora hanno lodato il ruolo degli speculatori, che si contrappongono agli investitori, poiché danno liquidità ai mercati e stabilità ai prezzi, come (almeno parzialmente) dimostrato con gli studi effettuati sul mercato delle cipolle e di altre commodities da Rutledge e Gray.
Resta il fatto che trovo molto difficile individuare un criterio stabile per definire chi sia uno speculatore.
Mi sovviene un sociologo che, anni addietro, aveva inventato l’allocuzione “società liquida” per descrivere l’estrema volatilità dei ruoli e delle posizioni nella società postmoderna. Credo, per analogia, che anche l’identità dello speculatore sia liquida.
La settimana prossima cercherò di fotografare uno speculatore e di mostrarvelo.

mercoledì 25 agosto 2010

A tutto gas, ma non solo

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
I cronisti finanziari parlano in genere di due sole commodity: l'oro ed il petrolio.

Gli investitori più informati sanno che esistono anche mercati di altri metalli, ma solo una esigua minoranza ha sentito parlare di altre materie prime, magari in occasione di alcuni servizi di cronaca, quando taluni parlano di speculatori che affamano i popoli del Terzo Mondo.

Trovo assai curioso che si possa addossare ad una sola categoria le responsabilità di un problema complesso, ma è evidente che le soluzioni semplici, anche se sbagliate piacciono. Lo aveva magistralmente illustrato Manzoni, con la vicenda dell'untore e lo aveva capito anche Hitler.

Tornando alla Borsa Merci ricordo che uno degli articoli di esordio del mio blog era collegato alla nascita dei contratti futures sul riso nel Giappone medioevale. Possiamo pertanto affermare che questo mercato, nella sua accezione più moderna, è solo di poco, meno vecchio della Borsa Valori moderna.

Non solo, è così diffuso che se ne trova uno anche a Torino, non distante dal mio ufficio, e la Borsa Merci italiana ha anche un sito internet http://web.bmti.it/

Non dovrebbe quindi stupire che grandi società di gestione dopo aver creato ETF che replicano indici finanziari hanno creato strumenti che replicano l'andamento dei prezzi delle merci.

I primi a comparire sono stati strumenti rappresentativi di indici compositi, ovvero strumenti che al pari degli indici borsistici replicano l'andamento di panieri di merci. In questo settore troviamo ad esempio alcuni etf sull'indice CRB o Goldman Sachs.

In seguito sono comparsi strumenti che replicavano l'andamento dei prezzi di singoli beni, come appunto l'oro, lo zinco, ma anche il grano o lo zucchero.

Questi strumenti spesso sono offerti in due versioni, una che replica l'andamento del contratto a più breve scadenza, ed una detta forward che replica un contratto con scadenza più lontana, per consentire all'investitore di implementare strategie più flessibili.

Sebbene gli operatori del settore affermino che l'investimento in merci sia più sicuro di quello azionario perché il valore di una merce non si può azzerare, consiglio sempre una grande prudenza poiché le stagionalità e i fattori esogeni impattano grandemente sulle dinamiche di mercato

Notavo da alcuni mesi che certe merci, specie quelle agricole ed il gas naturale sono sui minimi storici. Il grano ha preso a salire all'incirca da quando si è diffusa la notizia degli incendi in Russia, adesso sto aspettando la notizia che faccia invertire la tendenza del gas naturale.

sabato 24 luglio 2010

Mangiare la polenta in un'oasi

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Cari amici
mi congedo per la pausa estiva con una dritta per chi ha voglia di fare una gita.

Consiglio, a chi volesse fare una scampagnata a Courmayeur, in val d'Aosta, di allungare di un paio di chilometri e di andare a visitare la Val Ferret.

Non mi dilungo sulla spettacolarità del luogo poiché googlando potrete trovare ogni informazione e foto: chiunque non abbia una forte antipatia per la montagna non potrà che trovare bellissimo quel luogo.

Spendo invece due parole su alcuni dettagli utili che googlando non troverete.

1)
Dall'autostrada AO - Courmayeur si va in direzione del traforo ma poi si esce prima. Attenzione perché recentemente la viabilità è stata modificata.
2) Tradizionalmente la valle in estate è chiusa al traffico, nel senso che salgono le prime (per es. 500) auto e poi l'accesso viene impedito. Quindi, se volete salire con il vostro mezzo occorre essere molto mattinieri: diciamo che dopo le 10 del mattino non c'è modo di salire con il proprio mezzo.

3) C'è un buon servizio di bus che parte dal parcheggio delle auto a La Palud
(dove partono le funivie del M. Bianco).

4) In alternativa c'è un simpatico trenino DA NON PRENDERE. Questi signori ti fanno il biglietto di andata e ritorno (pelandoti), e ti dicono a che ora c'è l'ultima corsa. Però non specificano che, anche in caso di passeggeri con il biglietto già pagato, terminato l'orario non ripassano.
A me è capitato di farmela a piedi dal fondo della valle fino al parcheggio. Una corsetta di alcuni km sotto una lieve pioggia. Poco male per un adulto, molto male se si hanno bambini o anziani o se non si ha tempo.

5) Un modo per dribblare il blocco è prenotare il pranzo presso uno dei ristoranti: io vado all'Oasi, informale ma di sostanza.
E' talmente avviato che non solo non si fa pubblicità, ma è sempre piuttosto pieno anche se è quasi impossibile da trovare.
Prenotando il pranzo i proprietari comunicheranno ai vigili urbani il vostro nome, targa auto e potrete aggirare il divieto di accesso.
All'Oasi tra le altre cose potrete gustare una eccellente polenta concia e la crostata di frutta fatta da Silvia, la figlia del padrone, che è una bella ragazza e un valido ingegnere.

6) Per arrivare più facilmente segnalo che la stradina che porta all'Oasi si trova sulla sinistra salendo, dopo Planpincieux, 100 metri prima del golf club Grandes Jorasses. Se aguzzate la vista sulla destra troverete un cartello, mentre sulla sinistra c'è un grande masso a bordo strada.

Buone ferie a tutti!



RISTORANTE OASI
LOC. PONT PAILLET VAL FERRET
11013 COURMAYEUR (AO)
Tel. 0165.89186

mercoledì 14 luglio 2010

Il polpo e le chiavi della mia cantina

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Ieri ho assistito ad un fatto raro: per accedere alla cantina dove metto a riposare le mie birre devo usare tre chiavi che si assomigliano.

Sebbene mio padre abbia sempre consigliato di marcarle diversamente, da buon pigro, piuttosto che comperare tre anelli di plastica di differenti colori nella ferramenta di fronte a casa, preferisco estrarle alla cieca.

La punizione media per questa mia pigrizia è la ricerca, che in genere dura un paio di tentativi, della chiave giusta.

Ieri ho aperto al sesto tentativo: sbagliare chiave per 5 volte di seguito avviene nel 13% dei casi.

A parte un ritardo di alcuni secondi ed una interiezione non in linea con il mio "bon ton" non è successo nulla di grave.

Ma allora perché scrivere un post su questo fatto?

Mi è tornato in mente che in questi giorni il polpo Paul passava per essere un eccellente pronosticatore di eventi calcistici. Sempre che non si tratti di una bufala, credo che il colore rosso attragga i polpi e di conseguenza il suo pronostico possa essere in realtà un meccanismo legato alla fisiologia di queste creature piuttosto che alla casualità.

Per completezza mi sento inoltre di rigettare l'ipotesi che il polpo possa essere più competente o intelligente di Biscardi.

Tornando al mio episodio che invece è autenticamente casuale, non ricordavo una sequenza avversa così prolungata.

Questo episodio mi ha fatto ricordare quanto sia importante il fattore "C", come lo chiama il nostro Presidente del Consiglio.

E' cioè molto difficile - specie nel breve termine - riuscire a distinguere la bravura dalla fortuna.

Non solo, è anche molto sgradevole per il nostro amor proprio dover riconoscere che è il caso e non la competenza (che ci auto attribuiamo) ad avere una grande influenza nella nostra vita.

Se invece gettiamo alle ortiche il nostro amor proprio possiamo osservare una pletora di persone che in buona fede credono di essere in gamba, mentre sono solo fortunate, e una schiera di persone che sfruttano consapevolmente la poca volontà altrui di approfondire gli aspetti casuali della realtà.

Così è possibile, ad esempio, millantare di essere esperti in un qualunque settore: dalla finanza, all'arte, al calcio (a proposito, Lippi era un genio o l'altra volta ha avuto solo fortuna?). E per una ristretta cerchia di fortunati è possibile vivere agiatamente tutta la vita convinti che la fonte sia la propria bravura.

Un esempio realmente accaduto: come convincere un gruppo di sempliciotti che si è “maghi della Borsa”.

Basta spedire molte lettere asserendo di essere eccellenti professionisti degli investimenti.
Alla metà di questi occorrerà predire che il mese prossimo la Borsa salirà; all’altra metà invece annunciare che scenderà.

Dopo un mese basterà inviare una lettera di uguale tenore solo più a chi aveva ricevuto la “previsione“ corretta, e così via fino a quando un ristrettissimo gruppo di persone stupefatte dalla successione positiva sarà presumibilmente disponibile a pagare per continuare a ricevere la newsletter.

Il cervello umano tende al piacere e pertanto è facile che accetti in modo acritico ipotesi piacevoli campate in aria piuttosto che valutare le ipotesi spiacevoli ma realistiche.

Forse un buon modo per valutare un consulente dovrebbe essere contare quante volte contraddice il cliente.

lunedì 5 luglio 2010

I mondiali di calcio tra JP Morgan e l’imperatore cinese

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Forse non tutti sanno che alcune importanti istituzioni finanziarie si sono interessate ai mondiali, e che i loro uffici studi hanno effettuato previsioni in merito alle squadre vincitrici e sulle ricadute economiche della manifestazione.

Sinteticamente segnalo che secondo JP Morgan la vincitrice sarebbe stata l’Inghilterra; seconda la Spagna e terza l’Olanda.

Secondo UBS invece la classifica sarebbe stata: Brasile, Germania, Italia; Olanda, Francia, Argentina nei successivi tre posti.

Per Goldman Sachs: Spagna, Inghilterra, Argentina, Brasile, Germania quarta.

Infine Danske Bank prevedeva che la finale sarebbe stata disputata tra Brasile e Germania mentre Italia ed Inghilterra si sarebbero disputate il terzo e quarto posto.

In attesa di vedere cosa succederà mi pare di poter fare alcune considerazioni semplici.

Qual è il vero obiettivo di una previsione? Emozionare o essere al servizio della razionalità? Per stupire “basta” prevedere il vincitore. E in fondo molti di noi - per tacitare le proprie paure – spesso cercano un indovino. Non è un caso che l’imperatore, sia in Cina che in Giappone, venga visto come figura di collegamento tra il Cielo e la Terra, fungendo quindi da “parafulmine” tra gli uomini e l’ira degli dei.

Il problema è che per fare una buona previsione potrebbe bastare il caso; quindi non c’è modo di distinguere nel breve termine un professionista da un cialtrone.

Se invece vogliamo usare la razionalità non diventa più importante stupire, quanto fare previsioni che impediscono di incorrere in un disastro (per esempio perdere denaro in una scommessa che non frutta nulla).

Per affrontare il discorso delle scommesse come se fossero un investimento finanziario occorrerebbe introdurre qualche complessità - e adesso non ne ho il tempo – inserendo ad esempio anche le quote (ovvero quante volte viene pagata la cifra scommessa in caso di vittoria).
Tuttavia mi pare che si possa concordare che la previsione meno peggio sia stata formulata da JP Morgan: pur sbagliando sulla squadra vincitrice, piazza due team che almeno accederanno alla finale. Questo non avviene invece per le altre previsioni.

UBS oggi è invece candidata per indovinare il solo secondo posto (Germania) mentre le squadre previste al primo e terzo piazzamento sono già state eliminate.

GS potrebbe (ed io concordo, non per ragioni tecniche, ma di congiuntura economica e sociale) indovinare solo il vincente, la Spagna, ma le altre candidate sono già fuori.

Danske Bank sebbene sia stata meno deterministica nelle sue previsioni, non è comunque riuscita a dare indicazioni migliori, anche se la Germania vincesse.

Paradossalmente il cliente meglio servito rischia però di essere il meno soddisfatto.

Infatti se dovesse vincere la Spagna (o la Germania) il cliente di Goldman Sachs o al limite quello di Danske Bank o UBS potrebbero pavoneggiarsi dicendo che il proprio consulente li ha fatti vincere. Mentre se le previsioni di JP Morgan fossero esatte - al netto del primo posto - il proprio cliente rischierebbe di non essere così contento come quelli della concorrenza perchè non ha individuato il primo posto.

L’argomento affrontato oggi è inaspettatamente molto fecondo: si potrebbe infatti iniziare un secondo filone di considerazioni relativo alla psicologia della percezione degli eventi. Non solo, si potrebbe anche fare qualche disquisizione sulle cause della volatilità dei mercati finanziari, ma il tempo è veramente tiranno e lascio quindi il compito delle vacanze ai miei due o tre volenterosi lettori.

Concludo, mentre rileggo il post, specificando che non sto accusando di cialtroneria le banche che oggi hanno sbagliato previsioni. La finanza è infatti uno dei pochi ambiti (oltre alle competizioni sportive) dove sia possibile misurare con precisione i risultati e quindi è un ambito nel quale è veramente difficile nascondere le proprie responsabilità ed errori. Resta da capire solo perché Abete non sia neppure sfiorato dall’idea di dimettersi.

venerdì 25 giugno 2010

Tutti insieme appassionatamente

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Che fine farà l'euro? Finirà come la nostra nazionale di calcio sotto i colpi di realtà economiche più giovani e monete più vitali?

Prestigiosissimi trader ed economisti sono convinti che da qui a 5 anni l'euro cesserà di esistere.

Non sono in grado di dare una previsione di così lungo periodo, tuttavia vale la pena di fare alcune considerazioni spicciole.

L'euro consente di andare in vacanza in Costa Azzurra senza la preoccupazione di cambiare moneta; analogamente permette ad un banchere francese o tedesco di comperare titoli del debito pubblico di un paese dell'Unione senza accollarsi il rischio di cambio.

L'euro ha eliminato - per gli investitori "europei" - il rischio di vedere cambiare il valore dell'investimento a causa della fluttuazione della propria divisa rispetto a quella dell'altro Paese.

La conseguenza poco visibile di questo fatto è che se un tempo il debito pubblico italiano era tutto nella pancia delle banche e delle famiglie italiane oggi questo non è più così vero.


Questo è un punto focale del ragionamento, quello che spiega perchè i tedeschi hanno partecipato al salvataggio della Grecia.


Le loro banche detenevano un terzo dei debiti della Grecia.

E la Grecia è "pesante" solo come la Lombardia.

Ma a questo punto ci si potrebbe chiedere: "chi ha in mano il debito dell'Italia, che è di gran lunga il maggior debitore europeo?"

Oltre un terzo è in mano alla Francia ed oltre un sesto alla Germania.

Vale a dire che grazie all'euro siamo diventati molto più che cugini, ci siamo sposati.

I divorzi sono sempre possibili, ma sono lunghi, costosi e dolorosi, anche quando sono consensuali. Pertanto credo che l'unione monetaria europea a breve non sia a rischio nè per scatti di orgoglio dei paesi virtuosi nè per altri problemi.

Questo non vuol dire che le nostre vicissitudini siano alla fine.

Si assisterà al fatto (per le ragioni spiegate in questo post) che se in Italia non si farà la manovra correttiva balleranno anche le Borse tedesca e francese.

E l'euro? Presumo che avrà una riduzione di valore rispetto alle altre monete mondiali, ma questo non è detto che sia un male, anzi.

martedì 15 giugno 2010

Woody Allen ed il megafono

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Un anno fa scrivevo su un tema a me caro: "la verità è evidente?"

Ecco l’indirizzo per chi desiderasse rispolverare il post.

Oggi ritorno sull’argomento utilizzando come pretesto l’Analisi Tecnica, una disciplina che si basa sulla pretesa che il movimento dei prezzi generi figure (pattern) che, se opportunamente identificate, hanno un valore predittivo circa l’andamento del titolo in esame.

Uno dei pattern meno noti è la “broad formation” o formazione a megafono:
si tratta di una figura dove i minimi ed i massimi si ampliano nel tempo, e perciò è possibile racchiuderla tra due linee divergenti, che assomigliano appunto ad un altoparlante.

I teorici descrivono il clima che genera tale andamento come una successione di ondate di euforia e depressione sempre maggiori, che terminano con un crollo verso il livello di partenza.

Il megafono più noto è quello generato dal corso dall’indice Dow Jones nel 1929.

È interessante notare che una figura somigliante a quella descritta si è presentata recentemente sull’indice della borsa spagnola e che si è comportata “da manuale”.




E’ infatti facilmente visibile l’andamento divergente dei prezzi, un primo crollo seguito da una reazione e successivamente il raggiungimento di un primo livello di supporto.

La cosa ancor più interessante che è molte Borse (Sidney per esempio) presentano figure simili.

Siamo alle soglie di un crollo generalizzato? La verità non è evidente, tanto è vero che gli stessi teorici dell’analisi tecnica hanno un ampio armamentario di tecniche per depurare i segnali “falsi” da quelli “veri”.

Inoltre sono stati avanzati molti dubbi sulla scientificità di questa disciplina. Nella sua versione più vecchia (e diffusa) penso possa essere facilmente negata la sua solidità: l’identificazione delle figure e le conseguenze sui prezzi sono talmente soggettive che nella migliore delle ipotesi si potrebbe parlare di arte piuttosto che di tecnica o scienza.

A mio avviso l’analisi tecnica classica aiuta giornalisti e presunti guru a spiegare “ex post” cosa stava succedendo, alimentando così discussioni di livello biscardiano e generando glorie effimere: talvolta infatti un giornalista “economico” potrà fare uno scoop affermando che il guru X aveva detto che sarebbe avvenuto un certo fenomeno.

E’ necessario riflettere sul fatto che anche tirando una moneta si sarebbe potuto avere un risultato previsivo e soprattutto che le luci della ribalta si accendono sui successi e non sugli insuccessi dei guru.

E’ curioso notare come persone che non si farebbero mai curare da un dentista che ha un equipaggiamento anteguerra non esitino a dare credito a persone che usano strumenti concettuali datati.

Parafrasando Woody Allen però devo ammettere che con tutti questi megafoni incombenti non mi sento a mio agio…

giovedì 3 giugno 2010

A volte ritornano… i titoli tossici

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
L’anno scorso, il 23 ed il 30 aprile 2009, avevo descritto succintamente le dinamiche della crisi bancaria del 2008.

Oggi mi pare che si stia verificando una situazione che presenta analogie con il recente passato, quindi riprendo l’argomento.

Rinfrescherò brevemente alcune importanti caratteristiche del sistema bancario e poi passerò alla descrizione del quadro attuale:


La stabilità delle banche.
Le Autorità di Vigilanza impongono che ciascun Istituto tenga in equilibrio la massa di denaro detenuto come “scorta” (il nocciolo duro che determina la solvibilità della banca) e i “fidi” (il denaro prestato a terzi).

Ad esempio se la somma delle scorte è pari a 100 l’Istituto potrà - a seconda dei regolamenti bancari - emettere fidi per una cifra che varia da 2000 a 5000.

Se le banche non mantengono questo rapporto in equilibrio vanno in bancarotta, cioè non possono più operare, perché rischiano di non restituire i soldi che avevano preso in deposito.

Il capitale di scorta è largamente investito in Titoli di Stato di Paesi industrializzati, che hanno una buona reputazione di solidità e sono facilmente vendibili.


Cosa succederebbe se i titoli di scorta perdessero improvvisamente valore?

Poiché il capitale di sicurezza si ridurrebbe, il rapporto minimo tra scorta e fidi potrebbe essere raggiunto o superato. Pertanto la banca dovrebbe richiedere immediatamente la restituzione dei fidi, mettendo in difficoltà le industrie, o al peggio, potrebbe dover smettere di operare, ovvero fallire.
Se una grande banca fallisse si potrebbe creare un “effetto domino” di dimensioni più o meno grandi, poiché le banche si prestano denaro reciprocamente.

Occorre poi considerare che a creare il disastro - ovvero una crisi bancaria estesa generata dallo squilibrio tra scorte e fidi - non è necessario il fallimento di un Paese i cui titoli siano nel portafoglio delle banche: basta anche solo che si diffonda l’aspettativa che ciò avvenga.

In quel caso i titoli del Paese in questione perderebbero sostanzialmente valore poiché sarebbero venduti massicciamente “per prudenza”, erodendo gli equilibri del sistema bancario.

Ecco spiegato il meccanismo del tanto temuto “contagio” proveniente dalla Grecia, e una delle ragioni per le quali non è stata abbandonata.



Cosa succede oggi. Ovvero perché mi pare che si stia ricreando l’atmosfera precedente alla crisi del 2008, ma in scala maggiore.

Una statistica recente indica che circa un quinto dei Titoli di Stato greci è detenuto nel sistema bancario portoghese, e cifre inferiori ma consistenti sono presenti nel sistema bancario irlandese e francese.

Come nel 2008 le banche - nonostante il prodigarsi della Banca Centrale Europea - stanno ricominciando a prestarsi poco denaro a vicenda perché temono che qualche “collega” possa diventare insolvente a causa di un portafoglio troppo esposto verso titoli a rischio (i Titoli di Stato dei PIIGS).

Tempo addietro erano i mutuatari americani poco solvibili ad essere tossici, oggi sono tossici i titoli dei Governi dei Paesi con le finanze in disordine.

Pertanto è necessario inasprire le politiche di bilancio, ovvero tagliare i bilanci degli Stati, per permettere di considerare più affidabili i loro titoli di debito.

Una delle condizioni necessarie al successo dell’operazione è che non vi siano instabilità politiche durante l’imposizione delle manovre previste a tale scopo. E non mi pare poca cosa.

mercoledì 26 maggio 2010

Ennio e le energie alternative

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Mi colpisce sempre l’abilità commerciale di Ennio Doris: non appena la crisi finanziaria si aggrava compare con le sue pubblicità rassicuranti, che, spostando l’attenzione dal contingente verso temi di grande fascino e di lungo respiro, semina sicurezze e supporta la raccolta della forza vendita.

In questo periodo non vi sarà sfuggito il tormentone dove afferma che nei prossimi 10 anni la crescita mondiale sarà forte, e per questa ragione la sua banca si è alleata con alcune società di gestione specializzate nei settori del futuro (energie alternative, acqua...).

Un anno fa mi ero già chiesto se gli investimenti tematici non fossero uno specchietto per le allodole. Vi consiglio di andare a rileggere il post, per avere un inquadramento più generale del problema, e vi propongo di verificare se le conclusioni di allora siano ancora valide.

Le figure 1 e 2 rappresentano l’andamento dei seguenti ETF in archi temporali differenti.

Etf S&p Timber&forestry Ish (giallo). L’indice, calcolato da S&P, seleziona tra tutte le azioni quotate nel mondo le 25 più liquide e capitalizzate la cui attività è legata alla proprietà, gestione o partecipazione alla catena produttiva di foreste e legname (come la produzione di carta).


Etf Alter Energy Lyxor. (azzurro). E' un indice composto dalle 20 più grandi società (per capitalizzazione del flottante) selezionate tra quelle comprese nell’indice Dow Jones World Index con l’aggiunta di quelle quotate presso la Bombay Stock Exchange e i cui ricavi derivino prevalentemente dal settore delle energie alternative.

Etf Crb Lyxor (rosso). Indice composto da future su 19 materie prime

Etf World Water Lyxor (cremisi). E' un indice azionario che intende rappresentare il settore idrico a livello globale. E’ composto dalle 20 più grandi società (per capitalizzazione del flottante) selezionate tra quelle comprese nell’indice Dow Jones World Index e i cui ricavi derivino prevalentemente dalle attività legate alla gestione dell’acqua.

Etf Msci World Lyxor (blu). Indice onnicomprensivo con oltre 1500 azioni ad alta capitalizzazione negoziate in 23 paesi.


periodo dal 18/3/2008 al 25/5/2010


Periodo dal 2/1/2009 al 25/5/2010
Possiamo notare che generalmente la linea blu (Etf Msci World Lyxor) è mediamente più performante di un investimento tematico.

Faccio notare in particolare che la linea azzurra rappresenta gli investimenti in energie alternative, mentre la linea gialla rappresenta un ETF sulle risorse forestali.
Parrebbe quindi confermata l’impressione, già derivata l’anno precedente, che le considerazioni esposte negli spot siano - più che buoni consigli - iniziative meramente commerciali.
Immagino che se Ennio potesse replicare direbbe che:
- l’andamento passato di un fondo non predice quello futuro
- gli ETF presi in esame replicano il mercato senza migliorarlo, invece il gestore attivo è libero di scegliere “meglio”.


Assolutamente vero.

Mi concedo una replica senza addentrarmi troppo in questioni tecniche. Esistono metodologie universalmente riconosciute per selezionare le azioni maggiormente convenienti. Perché allora limitare la libertà e la bravura di un gestore obbligandolo ad operare in un solo settore? Non è meglio lasciargli mano libera?

mercoledì 19 maggio 2010

Onore ai caduti

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Mi accodo al cordoglio della nazione per il ritorno a casa dei due alpini e sono vicino alle loro famiglie.

giovedì 13 maggio 2010

Le coppie di Verdone e l'euro

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Dopo aver salvato in extremis l'euro e aver evitato la catastrofe tutti sono felici: i mercati, che salgono, ed i politici che si danno grandi pacche sulle spalle.

Ma al di là della retorica sugli speculatori che, secondo la vulgata, hanno causato il recente ribasso, il VERO problema irrisolto è politico: l'assenza di una visione comune nella costruzione dell'Europa.

Il nord guarda con sospetto e forse con acredine il sud: abbiamo visioni della vita e prassi decisamente differenti. Se sulla propria visione si innesta una convinzione di superiorità o di legittimità assolute, il disastro è dietro l'angolo.

Se i politici non hanno la forza di fare nulla di più che rappresentare i propri (anche legittimi) interessi nazionali non c'è futuro per l'Unione.

La signora Merkel - che passava per essere una grande statista - ha fatto danni enormi pur di cercare di non irritare il proprio elettorato, rendendo ancora più tesa una situazione già molto critica. Stendo poi un velo sugli altri. E non sono stupito che Clegg abbia collaborato con i conservatori rinunciando al proprio europeismo.

La condivisione di una moneta ci costringe ad un matrimonio di interessi, e lo scontro culturale diventa inevitabile, deve quindi essere mediato.

Ma se i tedeschi continueranno a considerare superiore ed irrinunciabile il proprio modello e se altri paesi si sono dovuti adeguare, loro malgrado, ad una visione non propria, si genera una situazione simile a quella di certe coppie così bene caratterizzate da Verdone.

Scongiurata la crisi si profila un tentativo di "coordinare" (centralizzare) le politiche economiche. Ma se si ripeterà lo scenario in cui non i "forti" ma i "robusti" imporranno la propria visione senza mediazioni, la prossima crisi sarà devastante, perchè non ci sarà modo di tenere insieme i cocci dell'Europa, così come non c'è più modo di ricucire i rapporti di una coppia esasperata dalla pedanteria dell'uno e dall'umoralità dell'altra.

giovedì 6 maggio 2010

Il tasso greco indica una ristrutturazione del debito?

Mi piacerebbe fare dell'ironia finanziaria-zoologica, ma non ne ho il tempo e non sono dell'umore, considerando la drammaticità dei fatti di Atene.

La settimana scorsa - con una boutade - avevo buttato lì una ipotesi di ristrutturazione del debito greco.

Oggi mi limito a segnalare che esiste un grafico che si chiama "curva dei tassi" e che è fatto mettendo sull'asse orizzontale i tempi (1 mese, 3 mesi, 6 mesi, un anno, ecc.) e sull'asse verticale il tasso di interesse pagato (per es.) dai titoli greci in base alle scadenze.

In questi giorni si vede una "gobba" sui primi due anni del grafico. Ovvero è richiesto un tasso maggiore per finanziare il debito a breve termine rispetto a quello a lungo termine.

Le interpretazioni che si possono dare al fatto sono molteplici: vuole anzitutto dire che i momenti preggiori sono prossimi; tuttavia un economista suggeriva oggi che si potrebbe anche leggere come la preoccupazione dei mercati che il debito greco verrà ristrutturato entro i prossimi due anni.

Mica male come spettro.

giovedì 29 aprile 2010

Kapròs e Kavolòs

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Più penso alla situazione greca e più immagino che l'exit strategy sarà pasticciata, per salvare capra e cavoli (da qui il titolo del post).

Gli economisti della scuola classica sono per il fallimento. Altri economisti, memori della lezione Leheman sono per l'intervento, che tuttavia potrebbe essere eccessivamente gravoso.

Vediamo già ora come sia difficile per i governanti tedeschi spiegare ai loro perchè finanziare la "bella vita" dei greci; vediamo anche le difficoltà dei governanti greci ad imporre troppe lacrime e sangue.

La soluzione sarà di compromesso: dividere i sacrifici per non perdere tutto.

Dopo lunghe trattative e meditazioni si converrà con unanime soddisfazione che agli ellenici è stato imposto il massimo carico possibile oltre il quale si corre il rischio di una eccessiva instabilità sociale. Ma poichè oggettivamente questo non basterà sarà necessario ristrutturare il debito pubblico greco. Una riduzione del 25% -30% del valore nominale dei titoli.

Così tutti saranno vincitori.

I greci perderanno un po' la faccia, ma non dichiareranno default e non dovranno cambiare radicalmente stile di vita.


I loro governanti potranno continuare con le loro pastette.
I detentori di titoli ellenici tireranno un sospiro di sollievo.

Gli altri paesi europei non metteranno una valanga di soldi nelle casse ateniesi, e di questi tempi non è poco. Inoltre si apre un precedente interessante nel caso in cui... dovesse servire.

L'euro patirà in termini di forza relativa e questo aiuterà concretamente le esportazioni tedesche, e dunque anche gli alemanni avranno il loro tornaconto, oltre ad aver fatto la figura dei virtuosi.

La speculazione internazionale guadagnerà fiumi di denaro con la svalutazione dell'euro.

L'inflazione da costi si accenderà, permettendo una riduzione del valore reale del debito pubblico accumulato fin qui.

Gli americani riaffermeranno che l'unica moneta solida è il dollaro (in realtà sono balle), e permetterà loro di emettere un fiume di titoli che nominalmente non renderanno nulla ma che saranno comperati per le attese di rivalutazione sul corso della divisa.

I politici americani saranno grandemente rassicurati dal fatto che, parafrasando Metternich, "l'Europa è una espressione sulla carta geografica", poichè non è riuscita a risolvere un problema che riguardava un Paese che rappresenta meno del 3% del PIL europeo.

I cinesi ne prenderanno atto e faranno shopping in Europa prezzi migliori degli attuali e tratteranno le faccende che contano con gli americani, considerandoci dei graziosi soprammobili.

E tutti vissero felici e insolventi.

martedì 20 aprile 2010

Volvo in salsa di soia

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Si recitava una volta "la Cina è vicina".

Oggi la realtà ha superato la fantasia: da pochi giorni è possibile comperare un titolo azionario "cinese" quotato su una borsa europea.

Non mi riferisco all'emissione di un nuovo ETF.

La notizia ha avuto poco risalto, oscurata dai guai nostrani e dalle nubi di cenere vulcanica, ma la Volvo è stata aquisita dai cinesi, venduta dalla Ford per 1.3 miliardi di Euro.

La mia prima reazione all'annuncio non è stato di soddisfazione: immaginavo una mossa prevalentemente volta ad acquisire tecnologie e design. E probabilmente molti avranno avuto la mia stessa reazione di perplessità.

Certamente l'industria automotive cinese trarrà grande beneficio da questa acquisizione ma i mercati finanziari, almeno all'apparenza, sono dell'opinione che sarà uno scambio vantaggioso anche per la casa svedese, che manterrà - stando alle dichiarazioni del nuovo proprietario - un elevato livello qualitativo e le proprie fabbriche in Europa, ma potrà aggredire mercati lontanissimi, precedentemente non raggiungibili con facilità.

Intanto il titolo Volvo - quotato alla borsa di Stoccolma - continua a salire vigorosamente, segno che una parte del mercato crede che l'effetto negativo dell'acquisizione cinese sarà più che compensato dalle nuove opportunità.

Poichè la finanza anticipa in modo formidabile le tendenze future non mi meraviglierei di vedere una fiammata di entusiasmo sul titolo, almeno fino a quando i nodi e le complicazioni del progetto, che attualmente è tutto sulla carta, non verranno al pettine.

martedì 13 aprile 2010

Il frattale dei bambini veneti a pane ed acqua

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Spero che mi perdonerete per la digressione veramente ardita che vado a fare.
Per ricollegarla in modo puntuale alla finanza dovrei scrivere pagine e pagine, appesantendo eccessivamente il mio pensiero.

Preferisco fare appello al vostro intuito affinchè troviate da soli il collegamento che vi indicherò da lontano.

Il frattale è una figura molto particolare: se si agisce sullo zoom si può vedere che la struttura osservata è sempre la medesima. Da qui l'idea che l'analisi della vicenda dei bambini veneti possa essere riprodotta macroscopicamente fino a ricreare le vicissitudini delle banche "troppo grandi per fallire" e financo ricreare la vicenda greca.

Ricordate la recente vicenda dei bambini veneti i cui genitori non pagavano la mensa scolastica?
Un imprenditore ha saldato il debito.
Una vera istantanea dei tempi: alcuni genitori sono in difficoltà, altri forse alcuni fanno i furbi.

I bambini "ci vanno di mezzo" grazie ad un provvedimento che non è completamente ingiusto, e lo stallo generato fa comodo sia alla destra che alla sinistra.

Da una parte si fa vedere che non c'è lassismo, che il "diritto padano" non si fa impressionare neppure dai bambini; per la sinistra i bambini diventano un eccellente esempio di quanto siano beceri e selvaggi i leghisti.

L'onore e gli interessi degli schieramenti sono salvi.

Così i cittadini (in questo caso i minori) diventano terreno di scontro di posizioni ideologiche contrapposte: nessuna delle parti ha il minimo interesse per loro.

E' la sintesi della politica (italiana e non) che non si occupa altro che di sè stessa.

La situazione viene sbloccata alla fine da uno sconosciuto, che ha centrato il problema reale, quello che la politica non voleva toccare.

I responsabili, cioè i genitori, i servizi sociali, il sindaco e l'opposizione sono tutti premiati dal loro atteggiamento. I deboli e gli sconosciuti ne fanno le spese.

mercoledì 7 aprile 2010

Contrastare il lato oscuro della forza

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
La finanza è indispensabile per il funzionamento dell'economia moderna, ma come tutte le tecnologie non deve essere fine a sè stessa.
Questa premessa apre una contesa infinita poichè implica l'esistenza di un "giusto" limite che deve essere posto alla libertà individuale a favore del bene della collettività, ed è noto che questo limite vari.
Sta dunque alla sensibilità individuale e alla Società cercare regole che permettano lo sviluppo dell'interesse generale e che, se indispensabile, mortifichino quello particolare.
In quest'ottica mi permetto di segnalare una causa chiamata 005. Si tratta di una petizione per l'istituzione della Financial Trasaction Tax, ovvero di una tassa da imporre globalmente su tutte le transazioni di valori mobiliari.
Il valore dell'imposta è relativamente modesto, si tratta dello 0.5 per mille applicato al controvalore di ogni transazione effettuata.
Tale imposta avrebbe l'effetto di frenare i movimenti speculativi molto rapidi che oggi sono di gran moda e che vengono spesso eseguiti tramite sofisticatissime reti di computer, con l'intento di cercare di guadagnare anche su minime oscillazioni di prezzo: si parla di decine o centinaia di ordini al secondo.
L'utilizzo di tecniche estreme ha causato, lo scorso inverno, alla Borsa di Londra un black out informatico di svariate ore. Si suppone che la causa fosse un flusso estremamente intenso di ordini provenienti da quei sistemi.
Nell'ottica dei proponenti l'attività di investimento su tempi medi non verrebbe danneggiata grazie appunto all'esiguità della tassa.
Un vantaggio ulteriore che rilevo in questa proposta è che l'investitore "umano" avrebbe a che fare con un mercato un po' meno volatile, e questo potrebbe ridurre un poco la ritrosia verso gli investimenti finanziari.
Chi volesse approfondire può seguire il link

http://www.zerozerocinque.it/index.php

mercoledì 31 marzo 2010

Cosa è un prezzo

Tutti sanno che il mercato è il luogo dove si incontrano domanda ed offerta e che l'incontro dei flussi genera il prezzo.

Quest'ultimo è un oggetto che siamo abituati a trattare con sufficienza poiché ci è familiare.

Eppure il prezzo ha un suo fascino: sebbene spesso non ce lo rammentiamo rappresenta il valore attuale di ogni reddito futuro generato dal bene (in vendita).

Tanto un box auto quanto un titolo sono venduti ad una certa cifra perchè quella è la stima (del venditore) circa la somma degli infiniti flussi di cassa che può generare, riportati ad oggi.

Se vi fosse un unico modo di stimare i flussi di cui sopra vi sarebbe un solo prezzo e quindi i mercati mostrerebbero ben poca effervescenza.

Fortunatamente vi sono molti modi per stabilire i redditi futuri di un bene e molti parametri da assegnare, così al di là dei casi di vendita per necessità di realizzare liquidità, il mercato diventa il luogo di incontro di persone che vendono perchè ritengono che un bene sia equamente valutato e viceversa altre che comperano per il motivo opposto.

Una considerazione conclusiva.

Il mercato finanziario che risulta essere - agli occhi della massa - il luogo pericoloso per definizione, è in realtà il mercato più sicuro: tutti gli oggetti transati sono valutati da decine e decine di esperti, e il processo di formazione del prezzo è formalizzato ed attentamente seguito dalle autorità di controllo dei mercati.

Per contro il mercato immobiliare che non ha di certo questa trasparenza, proprio per questo non viene percepito come pericoloso: i prezzi delle case sono scesi recentemente, ma nessun giornale ha mai aperto titolando "Bruciati ieri 150 miliardi".

mercoledì 24 marzo 2010

Il prosciutto, la Destra e la Sinistra

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
In un film di molti anni fa un comico proponeva una tassonomia dei salumi: il prosciutto crudo era di destra, la mortadella di sinistra e la finocchiona radicale...

Questo ricordo mi offre il destro per proporre una riflessione che prende spunto da un libro datato ma ancora valido: "Destra e Sinistra" di Bobbio.

In estrema sintesi si asseriva che la Destra considera le differenze sociali come il motore del mondo e del progresso: il desiderio di avanzare socialmente avrebbe spinto i migliori elementi delle classi sociali inferiori verso quelle superiori.

Infatti i newcamers per affermarsi avrebbero dovuto essere sostanzialmente migliori di coloro che occupano già la classe superiore, pertanto avrebbero portato nuova e migliore linfa vitale al sistema.

In questo senso il sistema sociale inglese è di destra, poichè indipendentemente dalle condizioni originarie, chi frequenta certe istituzioni scolastiche (le carissime public schools) ha la quasi certezza di entrare nella classe dirigente del Paese, mentre ciò non avviene frequentando le state schools.

Una situazione di destra deteriore è quella fotografata attualmente da noi, dove un istituto demoscopico italiano ha dichiarato che negli ultimi 15 anni il miglior predittore per il futuro posizionamento sociale del figlio è quello del padre, indipendentemente dal titolo di studio.

La Sinistra - sempre secondo Bobbio - ritiene invece che debbano essere offerte le medesime opportunità a tutti e che la selezione degli elementi migliori debba avvenire solo sulla base delle prestazioni oggettive. E' cioè missione dello Stato eliminare tutti gli elementi sfavorevoli che le differenze sociali o economiche possono generare.

Il mondo del lavoro, specie quello americano, è pertanto di sinistra, poichè se non raggiungi il budget non fai carriera.

Il 18 politico all'Università è invece un modo deteriore di intendere questo pensiero, poichè dare le medesime opportunità è ben altro che dare gli stessi premi.

A mio avviso è più razionale avere un atteggiamento di sinistra (alla Bobbio) ma ovviamente chi ha una posizione dominante non concorda e si trincera dietro motivazioni fumose per mantenere il vantaggio.

In ambito economico molti si guardano dal negare la necessità della concorrenza ma in ambito sociale molti (anche insospettabili) si adoperano per il mantenimento dello status quo.

Nei sistemi di governo, fin dall'antichità per motivi di stabilità, c'è la tendenza a preferire la fedeltà all'efficienza; pertanto non da oggi, tutti i partiti, nei fatti sono spesso attuatori di politiche di destra.

Concludo con la considerazione che da noi vi sono schieramenti di destra e sinistra trasversali rispetto agli schieramenti politici di facciata. Mi pare che siamo in presenza di due partiti conservatori (di interessi differenti) che al loro interno hanno tuttavia sia genuine correnti di rinnovamento sia ampie schiere di conservatori.

ll mio auspicio elettorale è che vinca una sinistra genuina e moderata.