martedì 14 settembre 2010

Lo speculatore liquido – 2

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
La scorsa settimana ho introdotto l’argomento e (adesso posso confessarlo) ho fatto una promessa vana. Difficilmente fotograferemo uno speculatore. Al massimo potremo fare un film.

Proviamo a circoscrivere la materia e a definire alcuni criteri potenzialmente riconducibili ad un comportamento speculativo.

Uno speculatore potrebbe essere definito tale in base

a) all’orizzonte temporale dell’operazione;
b) agli strumenti che usa;
c) alla direzione in cui opera;
d) alla variazione del valore oggetto dell’operazione;
e) al possesso (o meno) dei titoli oggetto dell’operazione;
f) alla numerosità delle operazioni fatte.

Sfortunatamente nessun criterio da solo mi pare conclusivo. Infatti


a) se le operazioni di qualche giorno sono speculative, qual è il numero di giorni oltre il quale l’operazione non è più speculativa?
b) Gli strumenti derivati (che permettono forti leve) sono appannaggio degli speculatori? Gli agricoltori o gli industriali che usano i futures per rendere certi i propri flussi di cassa non sarebbero d’accordo.
c) Operare in direzione opposta a quella prevalente è speculativo? E su quale orizzonte temporale si definisce la direzione prevalente? E quando si teme di essere al termine della tendenza prevalente è da speculatori vendere? E se poi la tendenza prosegue?
d) Chi effettua operazioni in previsione di movimenti minimi ed utilizza forti leve finanziarie per moltiplicare i guadagni è uno speculatore? Probabilmente si, ma come distinguerlo da chi chiude un’operazione in leva con una perdita o un guadagno marginali?
e) Chi vende allo scoperto (senza cioè avere le merci o i titoli) potrebbe essere considerato speculatore? Probabilmente si, anche se vi sono mercati considerati non speculativi dove si opera anche al rialzo senza avere i titoli.
f) Il numero delle operazioni effettuate è senza dubbio un indicatore importante, non a caso la famosa Tobin tax si dovrebbe basare su questo criterio. Tuttavia anche in questo caso è difficile stabilire un limite numerico al di sopra del quale si è speculatori, poiché la numerosità di operazioni potrebbe essere desiderabile per limitare la volatilità del patrimonio gestito cioè si utilizzerebbe una metodologia speculativa per fini non speculativi.

Prendendo in serie tutti questi criteri, in particolare quello dei punti e ed f probabilmente si riesce a mettere maggiormente a fuoco l’immagine dello speculatore. Eppure non è detto che gli speculatori siano un male, diversamente non si spiegherebbe perché la loro esistenza non venga debellata con misure draconiane.

I contorni sfuocati della vicenda creano la fortuna dei governanti e dei giornalisti. I primi possono implementare piani economici traballanti e avere una giustificazione già pronta in caso di fallimento, i secondi hanno una riserva inesauribile di pathos.

Il bottino di questa speculazione intellettuale è magro, come a volte capita anche in finanza: non sappiamo ancora bene chi sia uno speculatore ma abbiamo capito che non è facile attribuirne il titolo.

Concludo con l’unico punto che mi pare fermo: è prudente essere scettici di fronte all’evocazione mediatica degli “speculatori”.

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