venerdì 28 dicembre 2018

Podcast - Il Pandoro e il Futuro del Mondo





Ecco il mio podcast apocalittico.

Un post visionario, come da tradizione.
Quali sono le linee di tendenza per il futuro?
I lavoratori si divideranno in due gruppi...
La democrazia liberale morirà...


Quali sono le mie opinioni sulle prospettive di medio-lungo termine? Sapete che tradizionalmente impiego il tempo del Natale per questa operazione.

Sto riflettendo in questi giorni su alcune possibili ricadute dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e della globalizzazione.

L’intelligenza artificiale renderà il lavoro molto produttivo ma renderà il mondo del lavoro molto competitivo: dividerà i lavoratori in due categorie. Quelli che prenderanno ordini dalle macchine e quelli che programmeranno le macchine. 
 
Lo so, è una semplificazione brutale e non è politicamente corretta, ma se vi soffermate a riflettere anche solo pochi minuti vedrete voi stessi i primi sintomi di questa polarizzazione.

I membri della prima categoria di lavoratori – quelli che prenderanno ordini dalle macchine - saranno in competizione tra di loro: La produttività del lavoro, sempre più elevata – ridurrà il bisogno di manodopera, in rapporto alla popolazione mondiale. Alcuni studi prevedono, a livello globale, per la metà del secolo in corso, un tasso di disoccupazione del 50%.
Ci sarà quindi sempre manodopera potenzialmente utilizzabile per sostituire chi non fosse disponibile ad accettare le condizioni proposte e pertanto i salari resteranno bassi: tutte le volte che ci sarà una rivendicazione si sostituiranno i lavoratori con manodopera inoccupata desiderosa di accettare le condizioni offerte. Al peggio la produzione si sposterà altrove.

Ma anche tra chi programmerà le macchine ci sarà competizione: le tecnologie andranno al galoppo e non sarà inusuale doversi aggiornare professionalmente per non finire fuori mercato e ricadere quindi nella prima categoria di lavoratori, o tra gli inoccupati permanenti.

In una situazione simile, per tutti, il lavoro sarà una esperienza discontinua, dove i periodi di occupazione si alterneranno a quelli di inoccupazione o riqualificazione.

In questo senso il welfare si dovrà orientare verso modelli che prevedano strumenti di sostegno agli inoccupati, indipendentemente dalla loro storia lavorativa o dalle prospettive di impiegabilità.

Il reddito di cittadinanza, o qualcosa di simile, sarà nel futuro una realtà universale, necessaria per stabilizzare le masse e gli Stati. Per contro, il lavoro ed i consumi saranno tassati sensibilmente, per garantire a tutti la sussistenza.

In questo scenario almeno due linee di tendenza mi paiono abbastanza chiare. Una politica ed una economica.

lunedì 24 dicembre 2018

La finanza comportamentale come chiave di lettura della situazione politica italiana (e una previsione)

Tutti hanno sentito parlare di finanza comportamentale.
Non tutti sanno esattamente cosa sia: è una branca della psicologia che spiega i comportamenti umani in economia, che sono ben lontani dall'essere razionali.

Un test celeberrimo della F.C. dimostra che generalmente negli investimenti si preferisce un guadagno certo minore ad una probabilità di guadagno maggiore.

Ma se invece parliamo di perdite, lo stesso soggetto che prima era prudente, diventa adesso propenso al rischio, e - a fronte di un danno certo minore - preferisce un danno probabile maggiore.

Vi esorto a vedere questo video di tre minuti QUI prima di procedere oltre.

Questa rapida osservazione mi ha permesso di interpretare meglio la situazione politica italiana e mi permette di fare una previsione.

La domanda che mi sono posto in questi mesi era: "Perché a molti è parso ragionevole votare per forze sulle quali è legittimo nutrire dubbi circa l'effettiva capacità di affrontare adeguatamente la situazione attuale? E' possibile che gli elettori in blocco non abbiano visto queste incongruenze e inconsistenze?"

Mi pareva impossibile che una ampia fetta di elettori non fosse capace di distinguere una prugna da un cocomero, come saremmo quasi obbligati a dedurre, senza l'aiuto della psicologia.

Ma se introduciamo una osservazione economica molto banale, ovvero che l'Italia si è molto indebolita negli ultimi 10 anni e molta gente che "prima" in qualche modo "se la cavava" oggi è in difficoltà e se aggiungiamo a questa realtà il modello di preferenze sugli investimenti che ho descritto nel video, diventa ragionevole inferire che un'ampia fetta di elettori che ha votato i partiti oggi al governo, lo ha fatto non tanto perché li ritenessero all'altezza, ma perché hanno avuto la percezione che continuando nella vecchia direzione sarebbero incorsi in una "perdita" certa. Quindi hanno preferito rischiare consapevolmente un danno maggiore. Questo voto esprime razionalmente il desiderio di un elettorato che vuole così comprare tempo e speranza.

Questa loro opzione la dice lunga sulla qualità delle gestioni precedenti, ma non solo.

Venticinque anni fa Berlusconi si proponeva come "il nuovo che avanza" e nei primi decenni del secolo scorso, in Messico, è andato al potere il Partito Rivoluzionario Istituzionale. In entrambi i casi le aspettative di un radicale cambio di rotta sono state deluse. Entrambi sono diventati pittorescamente parte del sistema che volevano sradicare.

L'emergenzialismo è un ottimo booster elettorale, ma alla prova dei fatti occorre essere solidamente innovatori o il tentativo di rivoluzionare il sistema naufraga miseramente. Ma se per essere innovatori occorre essere solidi, possiamo inferire che le forze attuali non sono adeguate al ruolo cui sono state chiamate.

Un adagio degli Agenti di Cambio, (ho lavorato per anni con il principe degli Agenti di Torino) recita: "non biasimo a mio figlio di avere perso, gli rimprovero di aver voluto recuperare".

Temo che oggi siamo in questa situazione. Il tentativo di recuperare ci pone  in bilico sull'orlo di un abisso che potrebbe portarci più vicini al Messico che alle nazioni del G8.

 

venerdì 21 dicembre 2018

Video - I cognomi e gli stili di investimento



Il money management è una parte assolutamente non banale della gestione di un portafoglio. Vediamo come a fronte di un mercato che a fine anno fa 0 si possa perdere o guadagnare.

venerdì 14 dicembre 2018

Podcast - I Giapponesi hanno inventato i futures


Chi non sa cosa sono i futures non si preoccupi, lo intuirà strada facendo

I giapponesi crearono con tutta probabilità la prima Borsa dei derivati, con il  riso.

Dopo un secolo di guerre feudali il signore di Tokio - Tokugawa Ieyasu – prevalse nella battaglia di Sekigahara diventando così Shogun di tutto il Giappone.

Dopo la sua vittoria obbligò i feudatari a vivere con le loro famiglie a Tokio, (interessante notare che accadde qualcosa del genere anche in Francia, nello stesso periodo) e quando questi ritornavano presso le proprie terre, lasciavano le famiglie in ostaggio.

Non avendo altre possibilità di competere, i feudatari sottomessi a Ieyasu, iniziarono farlo conducendo una vita sfarzosa, grazie ai proventi ottenuti dalla vendita del riso.

Quando la produzione dell'anno in corso era stata completamente venduta si passava all’annata successiva (futura, appunto). I magazzini rilasciavano apposite ricevute per questo riso “futuro”, detto allora "riso vuoto".

Come è noto (anche ad esempio ai cultori della vita e delle opere di S. Francesco Saverio), sempre in quel periodo Ieyasu stesso iniziò una durissima politica di isolazionismo e di antioccidentalismo che caratterizzò il Giappone fino alla seconda metà del secolo scorso, quando due cannoniere americane ormeggiate nella baia di Tokio “convinsero” i giapponesi ad aprirsi al mondo.

Commerciare sul “riso vuoto” generò molta speculazione e con essa nacque l' analisi tecnica. Il trader più famoso di quei tempi Homma comprese che c'era una relazione emotiva che legava domanda ed offerta.

In altre parole comprese che c'era differenza tra il valore ed il prezzo.

Questa differenza è valida ancora oggi. E' incerto se Homma inventò le celeberrime candele giapponesi (un metodo di analisi oramai molto noto anche in occidente), ma comprese che l' aspetto psicologico del mercato era un fattore critico per operare con successo.

Concludo specificando che un contratto futuro è un contratto a termine standardizzato. Cioè un accordo col quale due controparti si impegnano a scambiarsi ad una certa scadenza standard, quantità e qualità standardizzate di uno specifico bene.

venerdì 7 dicembre 2018

Podcast - Perchè si dice Orso e Toro?


Qualcuno forse non sa che ci potrebbe essere più di una ragione per la quale gli acquirenti dei mercati finanziari vengono detti tori, mentre i venditori sono detti orsi.

L’origine e la datazione delle espressioni sono molto incerte, ma già alla fine del 1800 i termini erano presenti nel dizionario inglese di Oxford.

Sulla nascita delle espressioni vi sono molte ipotesi, tutte ugualmente buone, e probabilmente i vocaboli sono stati usati in ciascuna di queste accezioni fino ad integrarsi nello slang finanziario.

Ecco le ipotesi che conosco:

  • Nel periodo a cavallo tra il Medio Inglese e l’Inglese Moderno “bulla” era il termine per indicare il contratto, l’odierno “bill”: quindi quando un mercato saliva, i detentori di “bulla” (cioè chi aveva già comperato) erano favoriti, mentre quando il mercato scendeva le controparti dei “bulla”, cioè i “bearers” erano avvantaggiati.
  • Ma non è l’unica spiegazione: Bull è anche una contrazione di “bully” nell’accezione obsoleta di “eccellente”.
  • Inoltre con riferimento agli animali, si pensava (erroneamente) che il toro fosse più veloce di un orso e quindi che potesse essere usato come icona di un trend rialzista “feroce”.
  • Occorre poi notare che gli orsi vanno in letargo, a differenza dei tori. C’è poi chi sostiene che si potrebbe cogliere un riferimento alle due grandi famiglie di banchieri rivali, quelle dei Barings e dei Bulstrodes.
  • Infine quasi tutti sanno che l’orso colpisce dando zampate dall’alto verso il basso mutuando graficamente un movimento ribassista mentre il toro incorna dal basso verso l’alto.

Una semplice osservazione viene spiegata in modo soddisfacente in molti modi differenti e tutti potenzialmente validi.

Una delle morali che si potrebbero trarre da questo post è relativa alla sostanziale inutilità delle “spiegazioni” dei giornalisti economici, che si affannano a legare i movimenti di mercato ai fatti di cronaca.