martedì 26 maggio 2015

Cosa faccio con i miei soldi? E quanto rischio veramente?


Buongiorno a tutti.
A causa dei miei problemi di salute non ho molte forze da dedicare al blog, per questo riprendo un vecchio argomento che mi pare interessante ed ancora attuale.

Pongo la domanda tipica dell'investitore di questi tempi.
Visto che i titoli di Stato rendono poco cosa posso fare? E quanto devo rischiare? E come?

Per dare una risposta veramente completa occorrerebbe scrivere un libro.

Invece per dare una risposta breve possiamo dire: 1) devi rischiare, 2) devi mixare asset rischiosi e asset meno rischiosi.

Proviamo a stilizzare una situazione con una tabella.

Per semplicità assumiamo
- un solo orizzonte temporale: 5 anni.
- che il rendimento dell'obbligazionario sia 0.

Immaginiamo quindi di mettere il 90% o l'80% o il 70% del nostro patrimonio "sotto una mattonella" a rendimento 0, con una perdita certa: quella dell'inflazione.
Ipotizziamo poi che il complemento alla percentuale messa sotto la mattonella venga investita in un asset rischioso per esempio un ETF azionario.

Nella colonna di sinistra della tabella vediamo i rendimenti annuali ipotetici dell'investimento rischioso.

La matematica finanziaria ci darà quindi un risultato finale (al 5° anno) in base alla percentuale investita a rischio e alla ipotesi di rendimento annuale dell'investimento rischioso.











Vedete che se l'investimento rischioso rende il 20% all'anno ed io ho investito il 10% del mio patrimonio, alla fine del periodo (5 anni) il patrimonio sarà quasi 115 che, (molto) malcontato fa il 3% all'anno.

Il problema è assegnare una probabilità a ciascuna di queste ipotesi di rendimento. Ma per farlo occorre avere a disposizione strumenti molto sofisticati, che l'investitore non supportato non può avere.

Dunque il singolo che da solo vuole avere un primo orientamento dovrebbe domandarsi: "Mi sta bene rischiare di avere 115 contro un rischio di avere 93?"

Il benefit di un intervento tecnico dovrebbe permettere di dare delle probabilità ai valori.

A questa rappresentazione banale della realtà si potrebbe obiettare che ci sono asset che rendono più di 0; ovvero ci sono strategie (e fondi) basati (ad es.) sul valore relativo, che offrono volatilità contenute e rendimenti superiori allo 0.

Quindi non necessariamente si deve assumere che la massa del patrimonio non renderà. Pertanto non si deve necessariamente investire una piccola parte del patrimonio ad alto rischio. Si potrebbe investirne una grande parte a medio rischio e una parte ancora minore ad alto.

Verissimo. Senza entrare nei dettagli di queste strategie che sono veramente molto tecniche, ho una osservazione molto semplice.

Se si vuole avere una visione chiara di quanta parte del patrimonio è a rischio questa strategia lo evidenzia chiaramente.
Se si ha la massa dei soldi sotto una mattonella e se sei ansioso dormi più tranquillo.

Nell'altro caso ti devi fidare di qualcuno al quale hai dato la massa del patrimonio. In realtà spessissimo ti devi fidare di uno che si deve fidare di un'altro (il gestore della strategia).


Se poi avete ancora un momento leggete questo articolo, che potrebbe essere di ispirazione su come allocare una quota della parte rischiosa del patrimonio.

sabato 16 maggio 2015

Bad Banks e Bad Girls

Chi ha qualche anno sulle spalle certamente ricorderà un epico album di Donna Summer.

Chi ha meno anni avrà almeno sentito il detto "le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive ragazze dappertutto".

Cosa hanno dunque in comune le bad girls e le bad banks?

Se le bad girls e le bad baks fanno danni solo a loro stesse o a chi le frequenta "sono nel loro". Se invece fanno danni anche a chi non le frequenta ovviamente no.

E' recente la storia della bad bank austrica fallita.

Il rischio che temo è che le bad banks facciano danni a noi tutti.

Cosa è una bad bank? Una banca che compera i crediti incagliati di altre banche e li detiene fino a quando la situazione si è risolta, in un modo o nell'altro.

Ma con quali soldi? Bella domanda. Se la banca è pubblica o semipubblica i soldi saranno in tutto o in parte provenienti dalle nostre tasche.

E che male c'è a fare una bad bank con i soldi pubblici? In questo modo si rilanciano le altre banche, quelle che adesso non possono erogare denaro alle imprese. Insomma la bad bank aiuta la ripresa economica.

Si, ma chi determina il valore del credito incagliato? Questo è il punto nevralgico.

Se il valore del credito incagliato è più alto del dovuto la banca che vende se ne avvantaggia. E se chi compera spende soldi pubblici vuol dire che ancora una volta si privatizzano i guadagni e si pubblicizano le (potenziali) perdite.

Se le cose andranno bene ed i crediti verrano poi rimborsati nessuno si accorgerà di nulla ma se invece le cose dovessero andare male - come nel caso della bad bank austriaca - saranno i contribuenti a pagare, almeno in parte.

Poichè in Italia l'azzardo morale con i soldi pubblici è uno sport molto ben praticato, mi viene da pensare che la creazione della bad bank italiana sarà una ottima occasione per aiutare gli amici, alle spalle dei contribuenti.





lunedì 4 maggio 2015

I bias comportamentali, dalle locomotive agli investimenti

La mente - per ridurre la fatica - tende ad essere conservatrice: una volta che ci si è formati una idea la si mantiene a lungo, anche a dispetto dei gravi indizi che si possano accumulare contro di essa.

Non è dunque un caso che le nostre nonne ci consigliassero di fare una bella "prima impressione".

Il senso di smarrimento di fronte ad episodi epocali, a tecnologie o eventi disruptive fornisce esempi eclatanti.

Stephenson jr creò la sua locomotiva Rocket nel 1829: era il primo mezzo che poteva superare i 50 km/h. Una velocità mai raggiunta prima di allora.

In quel tempo svariati esperti affermarono (ex ante) che l'uomo non poteva respirare a simili velocità e pertanto i passeggeri di un tale aggeggio sarebbero morti per asfissia o per l'esplosione dei polmoni.

E' noto inoltre che Einstein non ha preso il Nobel per la teoria della relatività, ma per gli studi sull'effetto fotoelettrico.

Ma non solo. Nei giorni successivi allo sbarco in Normandia lo Stato Maggiore tedesco si attendeva ancora lo sbarco "vero" a Calais.



Che l'uomo sia irrazionale anche in economia è talmente evidente che quando è stata concepita una astrazione che rappresentasse un agente economico razionale (il famoso "uomo economico") è stato necessario etichettarlo per bene, proprio per rendere ben evidente che non si trattava di un uomo "normale".

Negli ultimi anni l'atteggiamento irrazionalmente inerte dell'investitore è stato illustrato bene anche dalla finanza comportamentale.


Per mia fortuna sto assistendo a qualcosa di simile. Abbiamo una tecnologia di investimento così differente dalle altre, che crea una sorpresa ai limiti dell'imbarazzo.

Così alcune settimane addietro esponevo ad un signore - che ha avuto una brillante carriera imprenditoriale - i risultati di una nostra gestione. E questi preso dallo sconcerto obiettò che "rendeva troppo".


Ma la cosa incredibile(?) è che lo sconcerto coglie anche gli "esperti".

I giornalisti di una importante testata, messi al corrente della nostra prestazione sono rimasti talmente presi di contropiede che - nel titolo dell'articolo che doveva parlare anche del nostro lavoro - invece di evidenziare  la nostra prestazione doppia rispetto al benchmark hanno preferito evidenziare la prestazione del secondo classificato!

Che oggetto fantastico la mente umana!

venerdì 1 maggio 2015

Black bloc, isis e fascisti sono la stessa cosa

Un post al volo, per non far morire di inedia il blog.

Oggi giochiamo tra il rosso ed il nero, alla faccia di Stendhal.

Esiste un fil rouge che lega le tre sfumature di nero succitate?

Ci sarebbe un interessante discorso psicologico sul colore nero, inteso come colore della costrizione. Interessante notare - per esempio - come venisse usato un fazzoletto di quel colore per coprire il seno delle puerpere e quindi indurre allo svezzamento i poppanti più pigri.

Percorrere quella strada però ci porterebbe a fare un giro molto ampio e la sera del primo maggio preferisco la scorciatoia, usando la tesi di un libro di Karl Popper. "La società aperta ed i suoi nemici".

Cosa accomuna secondo Popper queste tre manifestazioni putrescenti?

Riprendo ancora una volta un concetto che per i due o tre che mi seguono da più tempo a questo punto sarà super evidente (per es. qui): dico a costoro di smettere di leggere, tanto avete capito dove voglio andare a parare.


Popper sostiene che la verità non sia evidente.
Se lo fosse, negarla equivarrebbe a dichiarare di avere un vantaggio nel farlo (o se si preferisce la si negherebbe perché “posseduti dal demonio” o perché “ebreo” o “nemico del popolo”).
Viene da sé che per contrastare tali categorie la soluzione necessaria per ristabilire la Verità transiterebbe attraverso le “maniere forti”.


Nel libro citato, la "società aperta" è quella che incoraggia - sia nella formazione intellettuale sia nelle dinamiche della vita civile e politica - la critica e la verifica dei fatti come unica procedura ammissibile. E il ricorso alla violenza è limitato alla neutralizzazione di chi si dimostri irragionevolmente violento.

Per contro la società chiusa è quella fortemente ideologizzata che non permette la critica al pensiero mainstream. IN tale contesto sono previste sanzioni fisiche per chi non la pensi in modo ortodosso.

Ecco dunque cosa accomuna i tre fenomeni citati nel titolo. Sono tre esempi di pensiero chiuso e violento contro chi la pensa diversamente. E anzi paradossalmente è più aperta e liberale la società che i black bloc combattono.