venerdì 31 maggio 2019

Stampare Moneta?


In questo periodo si fa un gran parlare di stampare moneta per risolvere i problemi dell’economia. E’ un tema difficilissimo, e oggi proverò ad accennare quali sono i limiti che ogni Paese incontra nell’emissione della moneta, sia che abbia piena sovranità, sia quando abbia vincoli imposti da un trattato internazionale.

#1. La moneta è una espressione della sovranità statale

Detta in modo un po’ rapido, se voglio comperare un PC vado in un negozio lo prendo e lo pago in euro, ma non in dollari, se il negoziante non vuole. Se invece il negoziante rifiuta i miei euro posso obbligarlo ad accettarli, grazie alla forza dello Stato.

In questo senso le criptovalute non sono monete perchè non riflettono il potere di alcuno Stato.

Quanto vale una moneta? Raramente, anche nella storia passata, il valore delle monete era incorporato nella moneta stessa. Cioè non c’è quasi mai stato abbastanza oro o argento per giustificare in sè il valore della moneta: l’imposizione di una moneta è (quasi) sempre (stato) un atto di forza.
Ma se è un atto di forza cosa impedisce allo Stato di stampare tutta la carta che vogliamo per produrre tutta la ricchezza che serve?

Se vedete una vecchia banconota da 1000 lire troverete la scritta “lire 1000 pagabili a vista al portatore”. Si tratta cioè di un “assegno” per così dire, una promessa che la Banca d’Italia avrebbe pagato 1000 lire a chi avesse presentato la banconota all’incasso.

E proprio come noi mortali la Banca d’Italia non poteva emettere assegni scoperti. E qual’era la copertura che doveva avere per emettere lire? Titoli di Stato Italiani o esteri, oro, valute di altri Paesi.

Ancora oggi per immettere liquidità nel sistema, immettere cioè “banconote”, la banca centrale europea deve comperare qualcosa. In genere si tratta di Titoli di Stato. Al contrario per drenare liquidità deve invece vendere titoli di Stato.

Capite quindi che c’è equilibrio in questa dinamica.

#2. Stampare senza corrispettivo

Negli anni 70 del secolo passato, quando la Banca d’Italia non era autonoma e doveva ubbidire agli ordini del Governo era obbligata a comperare tutti i BOT di cui lo Stato avesse avuto necessità e che non erano stati comperati dai privati.

E naturalmente lo poteva fare solo stampando nuova moneta. Pertanto un governo poco attento agli equilibri di bilancio che faceva nuovo debito, implicitamente ordinava alla Banca d’Italia di tappare il buco stampando. Si veniva così a creare una elevata inflazione perchè le promesse di pagamento (la moneta) emesse erano di più delle riserve accantonate per garantirle.


Capite anche che l’inflazione è una tassa imposta indirettamente dallo Stato perchè erode i risparmi. Questo meccanismo ve l’ho già mostrato nei miei podcast.

Se oggi un Paese dell’euro sforasse dai vincoli e si stampassero nuovi euro per appianare il buco, si creerebbe inflazione e sarebbe come istituire una tassa a carico di tutti per favorire chi non ha mantenuto la disciplina di bilancio.


Per questa ragione c’è un forte contrasto tra i Paesi che hanno i conti in ordine e quelli che non li hanno. I politici dei primi sono pressati dal proprio elettorato che non vuole foraggiare chi non è disciplinato; e chi è indisciplinato recalcitra.
A questo poi possiamo aggiungere che spesso i Paesi con il maggior peso politico piegano le regole ai loro interessi e non a quelli comuni, creando così dissapori e voglia di rivalsa tra i Paesi non disciplinati.


Resta il fatto che, anche stampando una moneta propria, si potrebbe avere un margine di flessibilità leggermente maggiore, ma un disordine strutturale porta a condizioni estreme, come sa chi ha vissuto in Italia negli anni 70 e come oggi ben ci ricordano Argentina, Turchia e Venezuela.




venerdì 24 maggio 2019

Google potrebbe salvarvi da una truffa


Clicca qui per ascoltare il file audio

Noi tendiamo giustamente a fidarci degli amici e dei conoscenti. Tuttavia specie in certi campi sarebbe opportuno fare alcune verifiche aggiuntive.
Sono sinceramente dispisciuto per il povero tennista Andreas Seppi che è caduto vittima di un truffatore.

Chi propone truffe finanziarie è come un atleta che si droga. E l'antidoping nel mondo della finanza si chiama Consob E non ci lavorano degli addormentati, il loro lavoro lo fanno bene. Ma non possono arrivare dappertutto. Inoltre purtroppo in Italia i poteri della Consob non sono come quelli della sua omologa americana, la SEC, che ha poteri giudiziari. Insomma in Italia in tutti i campi è sempre meglio prevenire. E Google può sicuramente aiutarci.

Qui trovate il link all'articolo del Corriere

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venerdì 10 maggio 2019

Google Finance, Very Good

Qui potete ascoltare il podcast


E’ possibile che a qualcun altro, oltre che a me, piaccia tenere sotto controllo i propri investimenti quotidianamente. Ci sono molte opzioni per farlo, naturalmente, ad iniziare dalle app offerte dalla propria banca.

Una alternativa abbastanza usuale è crearsi un portafoglio in Excel, ma l’inserimento manuale dei dati è una vera noia. Così qualcuno più esperto potrebbe sopperire a quel problema installando una DDE, cioè una sorta di alimentazione automatica. Però non tutti lo sanno fare.
Se si sa usare anche un DDE si aprono le porte all’uso di formule proprietarie in Excel che permettono di arricchire il quadro delle informazioni.

Recentemente mi sono imbattuto nei Google Sheets che sono praticamente un Excel on line. 

Si lo so non sono una volpe informatica, visto mi sono accorto della loro esistenza da poco mentre è un servizio piuttosto datato.

All’inizio inoltre non ne ero rimasto particolarmente colpito, ma poi ho scoperto che esiste una funzione chiamata Google Finance che è molto potente e che mi ha risolto un sacco di problemi.

Una delle sue tante funzionalità è che crea in automatico un database aggiornato dei prezzi di un determinato valore mobiliare, azione obbligazione o fondo che sia, semplicemente aprendo il foglio.

Tutta l’importazione dei dati avviene in automatico. Naturalmente i dati sono ritardati, quindi non è possibile farne un uso professionale, ma a me pare già una gran cosa.

Oggi piuttosto che farvi vedere come fare un portafoglio di titoli che si aggiorna in automatico preferisco farvi vedere vedere come si può costruire facilmente un radar di gap usando Google Sheets.

I gap sono, per gli analisti tecnici, dei segnali molto importanti, vi invito a cercare sugli innumerevoli tutorial le informazioni per approfondire. Oggi a me interessa solo definirli per per farvi vedere come funzionano Google Sheets e Google Finance.

Il gap si genera quando il massimo del giorno precedente ed il minimo del giorno successivo non insistono sulla stessa area di prezzo. C’è cioè un “salto” tra un giorno e quello successivo.
Ovviamente ho illustrato il caso del gap up. Ma potrebbero generarsi anche dei gap down. In questa sede non li prenderemo in esame, ma ovviamente basta invertire il ragionamento.

Il radar di gap di fa in due semplici mosse:

la prima è installare la funzione Google Finance indicando quale titolo si vuole seguire, in questo caso Apple, (ma questo non è un suggerimento di investimento) e indicando di quanti giorni si vuole tornare indietro. In pochi istanti avrete il vostro database storico aggiornato.




La seconda mossa è creare una colonna con una formula che intercetti la condizione di non overlapping delle giornate (la sintassi è praticamente uguale a quella di Excel).



E’ tutto talmente evidente che non commento oltre.


Un solo avvertimento attenzione alle giornate di stacco delle cedole!

Buon divertimento

martedì 7 maggio 2019

venerdì 3 maggio 2019

Supermercato o boutique?







Qui potete ascoltare il podcast


Gli atteggiamenti sono lo specchio delle intenzioni.
Capire le intenzioni permette di anticipare situazioni critiche.

E’ quindi un atteggiamento previdente raccogliere informazioni e analizzare atteggiamenti delle persone o delle organizzazioni con le quali abbiamo relazioni.

Oggi è possibile farlo anche tramite i siti internet, che sono la voce ufficiale di un’azienda. 


E questa non è un’osservazione banale perché per noi l’azienda è il dipendente con il quale siamo abituati ad avere rapporti. Quindi analizzare il sito aziendale potrebbe offrire l’opportunità di avere informazioni differenti da quelle che riceviamo di persona. Ed è una opportunità che andrebbe colta.

Nel settore degli investimenti, ad esempio, si parla molto di consulenza; ma quante aziende oltre a parlarne ci credono veramente? Sono appena uscito dal sito di una grande società che afferma di fare “private banking” e tuttavia - immediatamente dopo la pagina di accoglienza - mette in mostra i prodotti, dando speciale risalto a quelli della casa. E della consulenza?

A me pare che l’impostazione di quel sito offra uno spunto di riflessione: se in un sito web di private banking poco dopo la prima pagina inizia la sfilata dei prodotti e, magari quelli della casa sono in prima fila, è lecito domandarsi se sia sia una società che esalta il rapporto consulenziale o se invece la consulenza non sia altro che l’ultimo espediente per vendere.

E’ quindi lecito che il cliente di quella struttura si domandi: dove sono? In un supermercato? O in uno studio professionale? Mi sta bene? O mi serviva altro?

Non ho nulla contro i supermercati, ci vado sempre, ma solo quando ho le idee chiare su cosa mi serve. Se invece mi serve un consiglio mi rivolgo ad un negozio specializzato.

Ma perché gli investitori rischiano di cadere nella trappola dei supermercati camuffati da  studi professionali?

Immagino che tra le cause si possa anche affermare che - nonostante i tempi siano cambiati - la nostra vecchia mentalità di sottoscrittori di BOT sia ancora ben radicata.
Quindi spesso ci occupiamo dei nostri investimenti come ci occupiamo della pasta o del riso. La pasta è finita? Vado al supermercato e cerco una offerta.
I titoli scadono? Vado a vedere l’offerta del supermercato sotto casa.
Se poi sono sagace faccio il giro di un paio di supermercati, ma sempre alla ricerca del prodotto che risolva il problema contingente.

Un tempo forse quella era una strategia sostenibile: i BOT erano sempre uguali a loro stessi e a molti bastava vedere il capitale nominale crescere. 


MA oggi non c’è più una risposta facile al problema di proteggere ed accrescere il proprio patrimonio: la situazione è più difficile MA noi continuiamo a comportarci come quando era facile.

E voi vi siete mai chiesti dove siete? Siete clienti di un supermercato?

Per scoprirlo l’esame del sito del vostro referente agli investimenti potrebbe darvi un indizio e forse qualche sorpresa.

Se immediatamente dopo la pagina di accoglienza parte la parata dei prodotti, iniziate a domandarvi se nel portafoglio avete quello che vi serve o quello che vi è stato rifilato.