venerdì 20 settembre 2019

Gli immobili sono l’investimento del futuro?





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Gli italiani sono amanti delle case e hanno avuto ben ragione per almeno 50 anni.


Solo nei recenti decenni le condizioni che hanno portato a questo successo sono cambiate, ma non tutti se ne sono resi conto. Proviamo a fare il punto.


L’Italia ha avuto una gran fame di case: prima per la ricostruzione dopo la guerra, poi per il movimento verso le grandi città, con particolare riferimento a quelle industriali; infine per dare un tetto ai figli e alle nuove famiglie che si formavano.


Vista questa propensione i politici si sono ben guardati dal tassare significativamente gli immobili, contribuendo alla loro popolarità. Ma non solo, l’Italia ha convissuto per lustri con una inflazione altissima e gli immobili, ma anche gli investimenti in Borsa, hanno difeso brillantemente il capitale investito. Per questo e per altri motivi le case hanno conquistato il cuore degli italiani


Oggi però le condizioni sono cambiate.


La crescita economica dei paesi occidentali è calata; la crescita demografica anche. L’inflazione latita in tutto l’occidente. La demografia in declino indica che non c’è più fame di case e i nostri eredi dovranno fronteggiare l’”imbuto immobiliare”, (vi invito a vedere la mia puntata in merito) cioè il fatto che avranno molte più case di quelle che potranno servire loro.

Le dismissioni inizieranno come sempre dagli asset meno pregiati, le case di campagna dei nonni, le case al paese di origine, le seconde case poco sfruttate...
Esattamente come nelle crisi di Borsa: i titoli “buoni” sono venduti per ultimi.

Questo vuol dire che sul mercato ci saranno in vendita molte case e per molti anni, anche in funzione delle vicende personali quali divorzi e perdita del lavoro.

In più le esigenze di bilancio pubblico impongono un inasprimento della fiscalità anche sugli immobili.

In questo scenario le sole case che probabilmente sono una opzione, di se non di investimento, almeno di minore danno, sono le prime case. Infatti sono fiscalmente un po’ più al riparo per motivi politici e permettono di evitare un esborso per l’affitto. Si potrebbe genericamente affermare che la somma dei vantaggi psicologici derivanti dalla nostra cultura assommati a quelli finanziari è probabilmente positiva in questo caso.


Nel futuro è possibile immaginare una maggiore instabilità economica che colpirà i nostri figli ed è probabile che vivranno quindi anche una maggiore incertezza in termini di flussi di reddito. Poiché le case sono, per definizione investimenti che richiedono flussi di reddito sia per le manutenzioni sia per pagare le tasse, il loro possesso potrebbe diventare un problematico: una fonte di preoccupazione piuttosto che di sicurezza.


Infine occorre considerare l’illiquidità dell’investimento: un immobile ha tempi di realizzo decisamente lunghi e se si ha fretta di vendere il sacrificio di prezzo che si deve sopportare potrebbe non essere banale.


Quindi prima di comprare un immobile o di donarlo ad un erede forse sarebbe opportuno valutare se non dismetterlo e regalargli un fondo pensione, che probabilmente potrebbe essere più vicino alle sue esigenze future.


venerdì 13 settembre 2019

La liquidità degli investimenti, il pericolo sconosciuto


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Chi ha seguito la crisi del 2008 forse ricorda che la flessione del mercato azionario è stata una conseguenza della crisi di liquidità del mercato interbancario.


Fino a poco prima dell’estate 2008 le banche dell’oriente prestavano i soldi a quelle dell’occidente e viceversa, quando chiudevano per la notte.


Questo accordo permetteva di avere sempre molta liquidità. Ma con la crisi dei mutui subprime, in estrema sintesi, per paura dell’insolvenza delle controparti, le banche non si prestavano più il denaro tra di loro.


Quindi, per fronteggiare quella che fino al giorno precedente era stata la banale necessità di reperire fondi overnight, gli istituti hanno dovuto iniziare a vendere gli asset ancora vendibili sul solo mercato ancora funzionate, quello delle azioni, facendolo crollare.


Per i non addetti ai lavori la liquidità di un investimento è un fattore marginale. Si accetta comunemente che una casa possa essere venduta in un anno, ma non si accetta o capisce che un asset finanziario possa essere venduto in settimane o mesi. Eppure proprio come per gli altri beni, anche in finanza ci sono oggetti più o meno liquidi.

Recordati  ad es. è stata venduta dalla famiglia ad un prezzo significativamente minore di quello di mercato proprio per trattare l’acquisto del pacchetto di maggioranza.

La liquidità è un fenomeno paragonabile a quello torrentizio: ci sono momenti di grande abbondanza di controparti e altri nei quali scarseggiano. Questo è un fenomeno riscontrabile anche dalle persone meno addentro ai meccanismi finanziari, perché ad esempio, in agosto, anche sul mercato delle blu chips azionarie la liquidità diminuisce e quindi bastano relativamente pochi capitali per determinare significativi aumenti o riduzioni di prezzo.


Anche per le obbligazioni il discorso non cambia. I titoli di stato italiani e statunitensi sono certamente tra i più liquidi al mondo, mentre altri titoli potrebbero essere più problematici. E questo ha molto a che fare con gli investimenti delle persone comuni: se si compera un fondo che investe in titoli poco liquidi ed è quotato giornalmente, il gestore ha un problema non banale. 


Se compera titoli meno liquidi, anche se più redditizi, deve sperare che non ci siano riscatti significativi sul suo fondo, altrimenti sarà costretto a vendere anche i titoli illiquidi.

Ma se la liquidità è modesta e poiché è obbligato a vendere, dovrà sacrificare il prezzo. Ma poiché la normativa dei fondi comuni impone di valorizzare le quote non al valore intrinseco (come fanno i fondi assicurativi) ma al valore di mercato, la sua stessa azione potrebbe indurre ad una diminuzione artificiosa del valore della quota, che potrebbe indurre altri investitori ad uscire, creando così un effetto domino.


Le cause che possono portare ad una crisi di liquidità di un fondo sono molteplici e non sempre sono rappresentate chiaramente al sottoscrittore al momento dell’acquisto, anche perché non è detto che il proponente ne sia al corrente: capire il livello di liquidità di un fondo è un lavoro difficile, anche a causa del fatto che - come dicevo all’inizio - la liquidità è spesso variabile: quando va bene tutti sono disponibili a comperare. Quando le cose vanno male la domanda evapora e il panico è un pessimo consigliere.

venerdì 6 settembre 2019

Perché Trump vuole che la FED tagli i tassi?




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Oggi vi propongo di capire in modo facile perché i tassi sono un fondamentali nel determinare il valore dei nostri investimenti e perché Trump vuole tagliarli.

Ammettiamo che nel nostro mondo il denaro sia costituto dalla cera delle api.

Immaginate di fare un investimento in un Cera bond al 5%. Date oggi una pallina da 100 grammi di cera e riceverete 10 palline di cera da 5 grammi per i prossimi 10 anni e tra 10 anni riavrete indietro anche i vostri 100 grammi iniziali. Oggi date 100 e in 10 anni riceverete 150.


Immaginate adesso di avere un righello di 10 cm davanti a voi e di rivestirlo con la carta vetro.
 


Prendete 11 palline di cera, 10 piccoline da 5 grammi l’una ed 1 più grande da 100.

Quelle piccole mettetele sulle linee dei cm iniziando dal cm 1. Al cm 10 mettete sia una pallina che la “pallona”.

Per definizione questo investimento che nel tempo vi darà 150 oggi vale 100. Infatti la cera che riceverete nel futuro vale meno di quella del presente. 5 grammi di cera tra un anno valgono meno di 5 grammi di cera di oggi e così via.

Immaginiamo adesso di inclinare il righello innalzando il lato destro.

Le palline scenderanno verso lo 0 e rotolando sulla carta vetrata perderanno un po’ di cera: poca per le palline vicine allo 0 e di più per le palline lontane.

Pesando le palline che sono scivolate verso lo 0 vedrete che il peso totale è inferiore a 100.

E se ripeterete l’esperimento inclinando sempre di più il righello, le palline lasceranno ancora più cera sulla carta vetro e il peso del vostro investimento diminuirà ancora.

L’inclinazione del righello è il tasso. Più è alta, più il righello è ripido e meno valgono le palline lontane nel tempo e - di conseguenza - il valore complessivo dell’investimento.

Capite che, aumentando i tassi di interesse, il valore attuale del vostro investimento diminuisce. 

Ma questo meccanismo non vale solo per le obbligazioni, vale per tutto quello che produce un flusso di reddito. Quindi per le azioni ma anche per le case.

E perché Trump vuole che la FED tagli i tassi?

Che cosa succede se i tassi diminuiscono? E se vanno sotto 0? Occorre fare lo stesso ragionamento di prima, ma in modo speculare.

E’ come entrare nella tana del bianconiglio di Alice. Si vive nello specchio e si ragiona al contrario.


Il righello si inclina verso il basso, ma poiché siamo nel Paese di Alice le palline di cera devono comunque andare verso lo 0 del righello. Risaliranno, invece di scendere.

Ma non solo: la carta vetrata questa volta “regala” cera alle palline. Quindi con un abbassamento dei tassi o con i tassi negativi (che sotto questo aspetto sono la stessa cosa) i prezzi degli asset crescono.

Vi ricordate la bolla immobiliare spagnola, quella accaduta una ventina di anni fa? I prezzi delle case erano salti troppo perché i tassi della zona euro che servivano per rilanciare l’economia tedesca hanno surriscaldato quella spagnola e mandato in bolla le case e le azioni.

Per questo occorre grande cautela nel manovrare i tassi, per evitare la creazione delle bolle.

E dunque perché Trump vuole che la FED tagli?

Per dare l’impressione - a tutti i costi - agli elettori che le cose vanno bene. E se dovesse crearsi una bolla scoppierà dopo le elezioni, non sarebbe un problema per lui.

Naturalmente per chi ha capitali da gestire e tramandare i problemi ci sarebbero ma ci sono anche le contromisure. Ma questo è un discorso che non può essere affrontato in questa sede.