lunedì 15 dicembre 2008

Con il sudore del tuo volto investirai



Il risparmiatore italiano può facilmente datare la cacciata dal proprio Eden: il 2008.

Non c’è stata persona che non sia stata colpita dai recenti rovesci dei mercati finanziari: fondi di liquidità che hanno offerto rendimenti negativi; investimenti azionari severamente ridimensionati; obbligazioni che non hanno più valore; contratti a capitale garantito che hanno polverizzato il capitale; oscillazioni fortissime sulle valute e default sui Titoli di Stato di qualche Paese.

Probabilmente nel 2009 gli italiani dovranno iniziare a riflettere seriamente se è opportuno continuare a ricevere consigli dai custodi del proprio denaro, poiché, sebbene la banca continui ad eccellere in questa mansione, è legittimo avere dubbi sulla sua capacità consulenziale. E se, fino ad ora, il conflitto di interessi era stato riconosciuto dai clienti con bonaria tranquillità, presumo che si sia arrivati ad un punto di svolta.

La banca, nata come custode, si è evoluta nel tempo fino ad insinuarsi come consulente, e approfittando della familiarità che il cliente aveva con essa ha iniziato ad offrire prodotti sempre più complessi ed opachi.

Questo fenomeno era già stato lucidamente rilevato fin dal 1999, anno in cui la Consob - con uno studio pubblicato nel n. 35 dei “Quaderni di finanza” - aveva rilevato uno spaventoso conflitto di interesse a danno dei risparmiatori.

L’utilizzo della familiarità per raggiungere i propri fini, a danni altrui, è una tecnica assolutamente collaudata e l’ultimo esponente del genere è un americano.

Da alcuni giorni si delineano i tratti di una nuova (per adesso presunta) truffa di dimensioni gigantesche, sulla quale le banche, ancora una volta, dichiarano di non essere esposte.

E’ stato infatti arrestato in USA Bernard Madoff, ex presidente del Nasdaq e re degli hedge fund, imputato di aver creato una truffa da 50 miliardi di dollari, col più semplice degli schemi: pagare gli interessi dei primi investitori coi soldi degli ultimi arrivati.

Così per 10 anni, regolarmente, ha corrisposto ai suoi clienti rendimenti del 15% circa, anche se da tempo alcuni concorrenti asserivano l’impossibilità di quei risultati; ma si sa, gli hedge fund sono eccellenti strumenti… opachi.

L’aspetto della vicenda che a noi italiani dovrebbe risultare familiare è che Madoff sembra sia riuscito a entrare nella cerchia delle persone “al di sopra di ogni sospetto” e quindi a proseguire per anni nella sua discutibile attività, profondendo in beneficenza molti milioni di dollari all’anno e “disattivando” così la coscienza critica dei suoi pur non sprovveduti clienti.

Ha cioè anestetizzato la coscienza critica usando la familiarità e la gratitudine.

Potremmo quindi dire che, se “il sonno della ragione genera mostri” allora “il sonno dell’attenzione genera investimenti a rischio”.

Trovo opportuno concludere ricollegandomi ad un post di fine settembre

- E’ indispensabile (per il venditore) conoscere approfonditamente ciò che vende, per evitare di essere complici ignari di abili mascalzoni, come abbiamo potuto vedere in tempi recenti.
- L’acquirente ha il diritto/dovere di capire e di “vedere” cosa sta comprando: in finanza si comperano solo azioni od obbligazioni, il resto è artificio e come tale scompare, come stiamo sperimentando.

- L’etica è più importante del profitto. E spero che un giorno - vicino - possiamo sperimentarlo. E questo è il mio augurio di Natale.

giovedì 11 dicembre 2008

La violenza e gli investimenti



E’ fruttuoso e sensato cercare legami tra la furia omicida e un investimento finanziario?

La mia risposta è positiva, e per dimostrarlo osservo anzitutto che c’è un legame tra il potere e la parola: i potenti “nominano” i sottoposti; Adamo, impose un nome a tutte le creature di Dio; i genitori impongono il nome ai figli.

Per converso non si domina ciò che non si nomina. Forse non è un caso che non si possa nominare Dio (“invano” per i cristiani; tout court per gli islamici ed ebrei) e che nei “I promessi sposi” tra i personaggi malvagi vi sia “l’Innominato”.
Non solo, Ulisse, denominandosi “Nessuno”, alterò in modo a lui favorevole il processo di comunicazione tra Polifemo ed i suoi fratelli, scampando così alla loro vendetta.

Adesso che siamo maggiormente consapevoli dell’importanza del linguaggio, suggerisco di vedere se, analizzandolo, si riesce a svelare qualche informazione celata nell’animo di chi comunica. In questo senso segnalo un libro molto interessante: Bandler - Grinder, “La struttura della magia”, ed. Astrolabio.

Farò un esempio mettendo in evidenza un assunto che potrebbe stare “a monte” di una certa affermazione.

In questo periodo, spesso, dopo un ribasso borsistico, i giornali, recitavano: “Bruciati X milioni“ e nel successivo rialzo proclamavano poi: “Recuperati Y milioni”.

Mi chiedo: perché “recuperati” e non “creati”? Per coerenza il contrario di “bruciare” dovrebbe essere “creare”.

Ma se ipotizzassimo che il giornalista fosse coinvolto emotivamente nella notizia? Se cioè fosse stato un investitore? In questo caso si potrebbe spiegare la formula usata immaginando che in quelle condizioni di stress abbia espresso il sollievo di poter recuperare qualcosa del proprio patrimonio. E l’ha riflessa nel titolo.

Possiamo allora giungere all’osservazione che le notizie - per quanto apparentemente erogate con obiettività – sono ammantate di emotività, che viene diffusa assieme alla notizia.

Il denaro è un oggetto altamente simbolico, incorpora cioè desideri e speranze; così i mercati finanziari sono investiti non solo dalle aspettative razionali ma anche - e in certi momenti soprattutto - da quelle irrazionali. In qualche modo dunque il prezzo di un valore mobiliare, incorpora anche un quid relativo ai sentimenti dei suoi possessori.

I mercati finanziari sono soggetti a tensioni possenti, che sono in parte della stessa natura di quelle che scorrono nell’animo umano. Tuttavia se i sentimenti distruttivi di tipo personale sono stati storicamente tenuti a freno tramite l’educazione - così da evitare, il più delle volte, atti di violenza sui propri simili - sul mercato finanziario, che è troppo giovane in termini antropologici, questo non avviene. Le emozioni allora, libere dai tabù, ricadono sulle nostre teste.

venerdì 5 dicembre 2008

Valutare i consigli osservando lo stile del consigliere (2)



La scorsa settimana abbiamo visto che ci sono quattro categorie di stili o di personalità relative ai consiglieri. Riprendiamo allora la disamina mettendo ben in chiaro che non intendo dare giudizi di valore sulle persone, ma voglio invece riconoscere i comportamenti utili da quelli dannosi.

E’ necessario inoltre ricordare che ciò che osserviamo negli altri potrebbe essere inquinato dai nostri pregiudizi; esorto quindi alla massima cautela e flessibilità in questo esercizio di osservazione e classificazione del prossimo.

L’ideale
Ritornando ai consiglieri, affermo una ovvietà dicendo che il consulente ideale è il logico empatico. Con l’empatia si sintonizza facilmente sulle nostre esigenze e non le tradisce né per cupidigia né per altri motivi. Con l’intelligenza - che si spera coltivata e temprata dagli studi - risolve i problemi tecnici.
Noi tutti vorremmo una persona così al nostro fianco e, ovviamente, queste persone sono rare e preziose.

Il cinico
Piuttosto frequente nel settore vendite (ed è forse una delle ragioni per cui i venditori non sempre godono di una buona fama) è invece il logico non empatico.
Calcolatore e sostanzialmente indifferente al prossimo, o meglio unicamente centrato sui suoi obiettivi, nella sua variante più temibile si camuffa da empatico facendo finta di interessarsi al cliente. Questi tende a fidarsi in quanto lo percepisce come razionale ed interessato gli affida la leadership e finisce col comperare tutto il necessario per fargli vincere il premio di “venditore dell’anno”.

Il moscio
Una variante benigna del logico non empatico, relativamente poco frequente nel settore del dettaglio, è quella del “tecnico non venditore”, ovvero una persona esperta ma poco coinvolgente.
La si riconosce perché alla fine dell’incontro si è po’ perplessi sulle proposte e, nonostante lo sfoggio di preparazione, si finisce col non comperare da costui, probabilmente perdendo un buon affare.

La brava persona
Il non logico empatico poi vive la vendita come un fatto personale e si fa vanto di renderla gradevole al cliente. Queste persone sono in genere di specchiata onestà, ma non sempre sono intellettualmente lucidi. Possono così proporre cattivi affari in perfetta buona fede.
Diversamente con loro non c’è mai un problema, salvo qualche inciampo sulla precisione e sui dettagli tecnici. E sono - per inciso - i famosi amici dai quali ci deve guardare Iddio.

Il “Fantozzi”
è l’icona del non logico non empatico: se vi vedrà debole e l’occasione glielo consentirà, sarà vile e spietato, altrimenti sarà servile. Come venditore in un mercato concorrenziale ha poca fortuna.


Conclusioni
Il rischio maggiore lo si corre incontrando il “popolare” consulente empatico non logico, perché potrebbe condurre - in perfetta buona fede - sé stesso e la sua amata clientela alla rovina.

Sebbene sia decisamente antipatico il consulente logico non empatico camuffato da empatico, ha minore pericolosità poiché, salvo situazioni estreme ha tutto l’interesse a mantenere in vita e a trattare dignitosamente i propri clienti.

Sugli altri personaggi non mi pare vi sia alcunché da aggiungere.


C’è un test per capire quale tipo di venditore si ha di fronte?
Provate a contraddire il vostro interlocutore, a coglierlo di sorpresa: se si offende potrebbe essere un “non logico empatico” che sta vivendo il vostro rifiuto come affronto personale.
Se però in seguito cerca di forzarvi la mano e cerca di “farvi firmare” ricorrendo a pressioni psicologiche, come i sensi di colpa, potreste avere di fronte un “logico non empatico” che sta cercando di manipolarvi.
Se indaga sulle vostre ragioni, dovrebbe essere un “logico empatico” in cerca di una soluzione.
Se infine si arrende subito e cambia tono passando al servilismo probabilmente è un “non logico non empatico”.

Mi rendo conto delle ambiguità che ho introdotto trattando in modo così breve di un argomento così vasto. Invito quindi chi ha avuto la costanza di arrivare fino in fondo, a lasciare il proprio contributo.

Per stimolare il dibattito osservo che mi pare di vedere
una certa analogia tra quanto ho espresso in precedenza e la classificazione fatta da Don Mariano (il mafioso de “il giorno della civetta”). Ricordate? Lui classificava l'umanità in uomini, mezzi uomini, omminicchi e quaquaraquà.
Qualcuno è del mio parere?

giovedì 27 novembre 2008

Valutare i consigli osservando lo stile del consigliere (Prima parte)



“Dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”.
Possiamo rendere moderno questo proverbio e applicarlo alla consulenza finanziaria?
Esiste cioè un modo per cercare di valutare un consiglio, sia che provenga da un consulente che da un amico?

La mia risposta è debolmente positiva. Affermo cioè che sia possibile, prestando molta attenzione, analizzare lo stile di un consigliere e prevedere quale tipo di cattivo consiglio potrebbe offrire.

Occorre anzitutto costruire una mappa degli stili di comportamento del consigliere.


Creiamo quindi un piano (cartesiano) dove la linea orizzontale sarà definita “dell’intelligenza logica” mentre quella verticale sarà la linea “dell’intelligenza empatica” (cfr. figura in fondo al post).

Nella semiretta orizzontale di sinistra staranno le persone con minore capacità logica mentre a destra si troveranno quelle con maggiori doti in quel campo.


Nella semiretta inferiore staranno le persone poco empatiche ed in quella superiore le persone più fornite di questa qualità.

Definiamo “l’intelligenza logica” come la capacità di maneggiare agevolmente concetti astratti e “l’intelligenza emotiva” come la capacità di rapportarsi agevolmente con gli altri, cioè la capacità di stare bene e di far star bene.

In questo modo avremo diviso il foglio in quattro quadranti che sono corrispondenti a 4 modalità che si rifletteranno poi 4 in stili di vendita.
Descriviamole brevemente.

I logici empatici ovvero quelle persone che dispongono sia di intelligenza che di capacità di entrare in sintonia col prossimo (un santo scienziato, esagerando)

I logici non empatici invece non riusciranno ad entrare bene in sintonia col prossimo (uno scienziato “normale”, come spesso ci fa piacere rappresentarlo)

I non logici empatici sono le persone semplici che però ti fanno star bene e che stanno bene loro stessi (una “fata ignorante”, forse direbbe Ozpetek).

I non logici non empatici, sono i classici “Fantozzi”, per ricorrere ancora ai film.



Dopo aver calato brutalmente il lettore in questo universo bidimensionale lo invito a familiarizzare con questi concetti, perchè tra una settimana caleremo la fattispecie astratta nella fattispecie concreta.

giovedì 20 novembre 2008

Domande minimali da porsi prima di fare trading



Il trading può essere visto come una scommessa sulla direzione (trend) di un titolo. Questo set di domande può essere usato per provare a migliorare le proprie abilità.


Strategia di ingresso

Quando operare?
Quando si crede di capire la situazione in atto. Si delinea cioè una ipotesi sul trend di un titolo e la si verifica, nel tempo, “scommettendoci” sopra. Consiglio sempre di scrivere la propria ipotesi per avere occasione di rivederla senza doversi basare sui ricordi. Occorre ricordarsi sempre che non c’è nessun male nel rivedere le proprie idee, specie se in tempo per evitare o limitare danni.

In che direzione entrare?
Esistono due strategie direzionali semplici: il rialzo ed il ribasso. Se si prevede il rialzo del prezzo del titolo occorre comperare. Se si prevede il ribasso occorrerebbe vendere. Ma il discorso qui si complica un poco. Basterà sapere che per approfittare di un ribasso si può comperare ad esempio un prodotto detto “short”.

Occorre quindi individuare una “tendenza operativa” e operare di conseguenza.

Come entrare? Quando prendere posizione?
Si prende posizione in base alla propria aggressività. Più si è aggressivi e meno si divide il capitale. Più si è aggressivi e più l’orizzonte temporale scelto è breve.
E’ consigliabile dividere il capitale in almeno 3 - 5 parti e prendere decisioni separatamente per ciascuna tranche. Questa tecnica aiuta nei momenti avversi poiché agevola l’azione eseguita contro le proprie convinzioni. Operare in modo binario invece eleva il rischio di paralisi.

Esempio
Si descrivono l’ipotesi e la sua negazione, cioè si individuano livelli o situazioni che, se raggiunti, impongono azioni precise.
Credo che sia in atto un movimento rialzista da 5 a 6 sull’azione X.
Oggi il prezzo è 5.10
Se il prezzo scenderà sotto 4.8 l’ipotesi sarà negata ed io dovrò essere completamente liquido. A 6 dovrò prendere profitto e sulla debolezza tra 5 e 6 rafforzare la posizione.
Entro subito col 25% (a 5.10). Comprerò con un altro 25% al momento di una conferma, che attendo al superamento di quota 5.35 e con un altro 25% al superamento di quota 5.5.
Se il mercato rinculasse senza negare l’ipotesi rialzista utilizzerò il restante 25%



Strategie di uscita


Quando uscire; quanto uscire
Arrivati alla meta indicata dall’ipotesi il grosso va tolto. Una restante parte può essere gestita per cercare di ottenere un’ulteriore plusvalenza, ma senza esagerare.



Caveat

Fare una gita al mare d’estate è meglio: in genere il tempo è bello e solo se si è sfortunati ci si bagna; d’inverno solo se si è prudenti e fortunati si prende un po’ di sole.
Fuor di metafora: attenzione alle condizioni generali del mercato, poiché influiscono sulle condizioni operative di più breve periodo. Quindi, ammettendo che sia stata identificata una tendenza “operativa” e che la si voglia sfruttare, occorre considerare che, se è avversa alla tendenza generale, avrà movimenti più deboli e di conseguenza sarà più prudente avere minori aspettative in termini di obiettivi. Inoltre se si osserva che, in un certo periodo, gli obiettivi ipotizzati vengono superati costantemente si può ipotizzare che il movimento di fondo del mercato stia cambiando direzione.

Occorre tenere un diario del trading e delle decisioni prese per poter rivedere a freddo i comportamenti tenuti.

giovedì 13 novembre 2008

Le decisioni per gestire un portafoglio


Vi sono molti metodi utilizzabili per governare le scelte di investimento e il lancio di una moneta, nel breve periodo, potrebbe persino risultare il migliore. Tuttavia tra gli addetti ai lavori è prassi consolidata che il processo decisionale sia supportato dall’analisi fondamentale e da quella tecnica.

Oggi quindi propongo un breve tour su queste discipline.

Cos’è l’analisi fondamentale? E’ un processo che ha come obiettivo la determinazione (la stima) del rendimento ottenibile dall’acquisto di un certo titolo.

Per le obbligazioni è facile capire che esiste un rendimento, poiché la cedola periodica costituisce (almeno in prima approssimazione) il rendimento dell’investimento.

E’ meno intuitivo ma ugualmente corretto affermare che, anche acquistando una azione si ottiene un rendimento, dato sia dai dividendi sia dall’eventuale guadagno in conto capitale.

Poiché le azioni sono - nel breve termine - più volatili delle obbligazioni un soggetto razionale vuole che l’investimento azionario renda di più di quello obbligazionario. Vuole cioè che gli venga riconosciuto un “premio per il rischio”: questo storicamente vale circa il 3% ma può rapidamente salire in caso di crisi.

Per costruire un portafoglio “statico” un analista fondamentale deve esaminare un gruppo di strumenti finanziari e comprare i titoli che presentano i rendimenti futuri più attraenti (entro certi limiti).

Occorre notare che l’indicazione di acquisto così emessa non implica che il prezzo dello strumento abbia toccato il minimo. L’acquisto indica solo che ci si vuole accaparrare un rendimento che viene considerato “adeguato”.
Potranno esserci occasioni di acquisto migliori, ma questa analisi non è in grado di prevederlo.

E l’analisi tecnica?

E’ una disciplina empirica che studia, mediante grafici, i movimenti dei prezzi degli strumenti finanziari, indipendentemente dalle ragioni per cui avvengono. L’obiettivo è il riconoscimento di quelle morfologie che, secondo l’esperienza, sono premonitrici di un certo comportamento futuro.

E’ ovvio che se si è confidenti che i prezzi - nel periodo successivo - avranno un andamento determinato sarà possibile implementare strategie di investimento profittevoli.

Con l’avvento dell’informatica si sta assistendo ad una evoluzione dell’analisi tecnica verso forme di analisi computerizzata: i trading system. E’ interessante notare che le regole dell’analisi tecnica, una volta formalizzate all’interno dei sistemi computerizzati, tendano a dare risultati più modesti rispetto alle attese. Talvolta non è addirittura possibile definire in modo rigido le regole che sono applicate in modo “artistico” dall’analista: l’avvento dei computer sta imponendo il superamento della “fase sentimentale” a favore di una rifondazione su basi più rigorose.

venerdì 7 novembre 2008

Guida alla scelta di un consulente: l'indipendenza


Ecco il primo di una serie di post dedicata a chi, pur non sapendo alcunchè di finanza, vuole provare a scegliersi un consulente piuttosto che attendere che accada il contrario.


E' curioso constatare che se un amico dispensa consigli interessati viene esposto al pubblico ludibrio, mentre - almeno fino ad un recentissimo passato – certi consigli interessati erano piuttosto reputati. Mi riferisco a quelli del famoso "amico in banca", quello anche evocato per rendere più plausibile il diniego opposto ad una offerta di servizi di investimento proveniente da altre realtà.

Dopo la constatazione più o meno traumatica che l'amico in banca era in realtà "amico del giaguaro" credo che ci sia l’opportunità per riflettere sulle qualità desiderabili di un consulente finanziario.

Oggi vorrei esaminare l’importanza dell’indipendenza.

L'industria finanziaria è suddivisa in due grandi ambiti: i produttori di investimenti e i venditori al pubblico (che chiameremo d'ora in poi collocatori).
La separazione tra le due categorie, alquanto fievole in passato, si sta sempre più accentuando.

Però, come diceva Galbraith, "nella finanza c'è poco da inventare" e proprio per questo i prodotti di investimento tendono ad assomigliarsi sempre più: è cioè difficile riscontrare significative differenze tra prodotti concorrenti della stessa classe.

Per le industrie produttrici diventa quindi cruciale trovare un modo per farsi preferire, prima ancora che dal cliente, dal collocatore.

Un modo assai comune per distinguersi è cedere al distributore una parte delle commissioni ottenute dal cliente finale. Così, il collocatore una volta ravvisata la necessità o disponibilità del cliente finale ad investire in un determinato ambito, gli consiglierà il prodotto maggiormente conveniente… per lui.

Questa pratica introduce - nel processo decisionale - un elemento terzo rispetto all'interesse del cliente.

Tutti ricordiamo che - fino a poco tempo fa - ogni grande banca collocava solo i propri prodotti: il conflitto di interesse era palese. Ma anche ampliando la scelta tra una selezione di produttori (proposti sempre dal collocatore) la situazione non migliora, proprio perché il meccanismo resta sostanzialmente intatto.

Occorre infine sapere che la normativa consente al cliente di ottenere informazioni sulle retrocessioni offerte al collocatore da parte dei produttori di investimento: basta chiedere.

giovedì 30 ottobre 2008

Ho visto hedge fund in fiamme al largo dei Bastioni di Orione...


Mi pare opportuno aprire questo post parafrasando le ultime parole del coprotagonista di Blade Runner; infatti altri androidi, questa volta finanziari, stanno per seguire la sua stessa sorte.

Tutti abbiamo sotto gli occhi la vertiginosa discesa dei mercati e sentiamo dire che i fondi hedge probabilmente verranno ridimensionati e messi sotto controllo da parte dei governi.

Però potrebbe non essere chiaro a tutti quale sia il legame tra (certi) hedge fund ed i recenti violenti movimenti dei mercati.

Come lavora un fondo hedge? Semplificando al massimo potremmo dire che - se riceve da un investitore 100 euro - compera azioni. Poi si rivolge ad una banca e chiede un prestito lasciando in garanzia le azioni comperate precedentemente. Coi soldi ricevuti in prestito compera altre azioni che (di nuovo) rilascia in garanzia ad una banca che a sua volta gli concede un ulteriore prestito. E così via.

E' comprensibile allora come un modesto movimento del mercato possa portare a forti oscillazioni del patrimonio gestito.

Con l'avvento della crisi detta "dei titoli subprime", cioè da circa un anno e mezzo, le banche non si prestavano volentieri denaro tra di loro, per paura che il fallimento della controparte - cui era stato concesso il denaro - avrebbe causato anche il fallimento del concedente.

Da metà settembre la crisi si è aggravata ulteriormente e le banche hanno ulteriormente diminuito il flusso di prestiti reciproci e in più hanno iniziato a chiedere ai clienti il rientro dai fidi.

Tra questi c'erano gli hedge fund.
E' facile capire che il rientro dal fido - per un fondo hedge pesantemente investito in un mercato avverso - sia una tragedia, poichè le alternative sono vendere a qualunque prezzo montagne di titoli, o fallire.

A questo aggiungiamo che i sottoscrittori, cioè le persone che avevano investito nel fondo, stanno contemporaneamente premendo per riavere i propri soldi e che gli aiuti statali non sono stati estesi a queste istituzioni poichè i Governi mal sopportano la loro esistenza, a causa delle strategie procicliche implementate dai gestori.

Ora il quadro è completo: in una situazione finanziaria già critica alcune grandi istituzioni hanno dovuto vendere a qualunque prezzo per rimborsare banche e sottoscrittori, deprimendo il mercato oltre ogni ragionevolezza.

Un esempio eclatante delle pressioni cui il mercato finanziario è stato sottoposto, anche tramite le dinamiche descritte, è stato l'andamento del titolo Wolksvagen. Recentemente sono state registrate oscillazioni dei prezzi del titolo dell'ordine di molte decine di punti percentuali al giorno e la capitalizzazione di borsa della società ha superato in alcuni momenti la somma delle restanti industrie automobilistiche del mondo.

Abbiamo assistito (per i pessimisti stiamo ancora assistendo) tanto per concludere prendendo ancora spunto dal cinema, alla "tempesta perfetta".

giovedì 23 ottobre 2008

Narciso ed il signor Bonaventura

Alcuni giorni or sono un mio stimato cliente disse: “un amico molto facoltoso è giunto alla conclusione che per investire in azioni conviene comperare, diversificare e tenere senza affidarsi ad alcun consulente. Lei cosa ne pensa?”
La domanda era evidentemente provocatoria, ma non aggressiva. Mi accingo dunque a rifletterci con altrettanto fair play.

Come dice anche Nassim Taleb la massa delle situazioni si risolve da sola: spesso si guarisce spontaneamente dalle malattie ed è possibile scalare alte montagne e ritornare indenni a casa, anche senza l’aiuto di una guida alpina.

E’ nella natura umana non percepire oggettivamente un rischio: basta scorrere un annuario statistico per avvedersene. E il rischio peggiore poi è quello di non distinguere la bravura dal caso.

Dunque le intuizioni del signor Bonaventura, “diversifica” e “compra e tieni” sono senza dubbio il viatico per fare bene. Oggi soprattutto il “tieni” non è per nulla facile da praticare.
Nella società del “tutto e subito” si paga volentieri per fare in fretta quello che una volta si faceva lentamente, così, in America Latina, è permesso produrre vino barricato mettendo in infusione i trucioli nelle autoclavi piuttosto che invecchiarlo nelle botti.

“Tenere” quindi è andare controcorrente. Vuol dire convivere serenamente con la propria scelta, come si fa con un partner. Se si “tiene” è perché si stima, malgrado i difetti che sono inevitabili e nonostante le mode. Si “tiene” ciò a cui si riconosce un valore, che è altro rispetto al prezzo. Non a caso si dice “tengo a te”.

Ma nella frenesia odierna molti clienti si attendono in qualche modo gli “effetti speciali” e molti consulenti si sentono in qualche modo “obbligati” a produrli.
Nessuno stupore allora che alcuni banchieri abbiano deciso di fare un “trattamento al botulino” anche ai portafogli titoli delle istituzioni da loro governate.

Ma se la saggezza del tenere e del diversificare è alla base dell’arte di investire, padroneggiare la tecnica, avere cioè una esperienza adeguata, è indispensabile per migliorare un risultato.

E’ lapalissiano che una persona che non abbia criteri decisionali saldi per selezionare un consulente possa fare mediamente meglio da sola, con due regole semplici, piuttosto che affidarsi ad un cattivo consulente. Come è altrettanto evidente che è meglio aspettare di guarire da soli piuttosto che affidarsi ad un cattivo medico.

Tuttavia essere assistiti nella selezione degli investimenti, avere una controparte con cui discutere sulla ragionevolezza - in certi momenti - di un alleggerimento o di un incremento della propria posizione, finisce col ridurre l’alea e quindi fa guadagnare meglio, e probabilmente anche di più.

Ancora una volta la psicologia fa irruzione nel campo degli investimenti: il nostro narcisismo ci fa desiderare una soluzione concreta ed immediata al problema che noi avvertiamo come urgente piuttosto che desiderare di verificare se non sia invece un aspetto particolare di una problema più generale.
E si spende la vita a gestire la contingenza.

giovedì 16 ottobre 2008

Sisifo ed i recenti crolli borsistici


Già gli antichi greci costruendo la mitologia avevano in qualche modo preso atto dell’esistenza delle nevrosi: una pletora di personaggi mitologici sono personificazioni di atteggiamenti nevrotici, e Sisifo mi pare il più adatto alla nostra dissertazione odierna.

In questi giorni i mercati finanziari hanno bruciato una ricchezza impressionate:
si può provare a spiegare tutto questo in termini psicologici?
Ci si può spiegare perché queste crisi sono ricorrenti?

Per abbozzare una risposta occorre impadronirsi di alcuni concetti di psicologia.

Quello che definiamo “realtà” è invece una mappa, frutto di una interpretazione dei segnali che ci giungono dall’esterno. Noi non vediamo la realtà così come è ma vediamo l’interpretazione che ci siamo costruiti di essa.
L’affermazione non è banale poiché, se crediamo senza verifiche al modello della realtà che abbiamo costruito, potremmo arrivare a pensare di essere obbligati a compiere certe azioni che sono, invece, facoltative.

La mappa si inizia a disegnarla da bambini e naturalmente i genitori e la società ci forniscono gli strumenti per farlo. Acquisendoli acriticamente erediteremo pure i loro errori cognitivi.
In questo senso è tragicamente vero che le colpe dei padri ricadono sui figli.

Possiamo adesso definire intuitivamente la nevrosi come una distorsione tra la mappa che ci siamo costruiti e la realtà, specie se l’alterazione è tale da creare sofferenza.

La nevrosi è problematica poiché non appare alla coscienza e tuttavia influisce sulle nostre azioni. Non solo, per la definizione data è anche una chiave di lettura del mondo e quindi obbliga a ripetere inconsapevolmente un certo comportamento al verificarsi di circostanze analoghe a quelle che lo hanno generato in precedenza.

Un atteggiamento nevrotico tipico è quello della persona debole e mite che, inserita in un gruppo, finisce con il primeggiare negli atteggiamenti (disdicevoli) che vengono ritenuti adeguati all’interno della sua compagnia.

Quindi una persona apparentemente libera di scegliere imboccherà immancabilmente sempre la stessa via, senza che se ne possa avvedere e modificare il proprio comportamento.

Per abbozzare dunque una risposta alla prima domanda posta occorre osservare che i crolli dell’ultima settimana sono stati un fenomeno differente rispetto ad un prudente defilarsi dagli investimenti a rischio: è subentrato il panico. Esattamente lo stesso tipo di sentimento che fece vittime allo stadio dell’Heysel.
Ma la differenza con le vittime della calca - che non potevano liberarsi fisicamente dalla trappola – è che in questo caso sarebbe bastato decidere di non vendere.
Ma qui subentra la nevrosi: chiunque abbia comperato con una decisione che non fosse profondamente meditata, cioè ha comperato per emulazione (come è avvenuto nella vicenda dei tulipani), si ritrova a vendere per lo stesso motivo e alimenta così il fenomeno di cui è vittima.

Circa il secondo interrogativo – sulla incapacità di apprendere dalla storia passata - possiamo affermare che, anche se una persona crede di aver tratto esperienza dalla disavventura precedente, facilmente replicherà il comportamento passato, sempre grazie a questa struttura nevrotica.

Così nei momenti di depressione economica - che sono ciclici - vi saranno sempre persone (o i loro figli) che si comporteranno in modo da alimentare il fenomeno di cui poi saranno vittime.

Il denaro è un oggetto altamente simbolico, rappresenta per ognuno di noi desideri e pulsioni molto differenti, rispecchia le ambizioni più disparate e quindi ben si presta ad essere un cavallo di Troia per le nostre nevrosi. E così sotto l’apparente aspetto di un investimento si celano in realtà tutte le passioni dell’animo umano. E un innocuo investimento, se non disciplinato, si trasforma in un demonio devastante.

Ecco allora che diventa più evidente l’importanza di discutere di investimenti, con un amico, con il partner, o al limite con un professionista, per comprendere quali siano gli aspetti personali dell’investimento, prima ancora di esplorare quelli tecnici.

giovedì 9 ottobre 2008

Totò, l’evidenza del tasso variabile e i tulipani


Anni fa ero rimasto molto colpito dalla scena di un film nella quale Totò si faceva beffe di un ufficiale delle SS. Durante la visione pensavo: “Il film è stato prodotto negli anni 50, come è possibile che riescano a fare dello spirito su questo argomento, avendo sperimentato in prima persona ciò che è stato?”.

Mi ero poi risposto che, analogamente a quanto succede ai feriti gravi, il trauma era stato talmente violento che “a caldo” era possibile rivisitare l’orrore senza emozioni.

La stessa sensazione di disagio l’ho riprovata alcuni giorni or sono, ascoltando su Radio Rai un programma di varietà nel quale si cercava il “debitore 0”: il primo italiano che sarebbe fallito per colpa della crisi economica.

Una serie di persone telefonavano sciorinando le proprie disgrazie. I fili rossi che univano i racconti erano: la sostanziale indifferenza apparente con la quale si denunciava il proprio dissesto e il fatto che una delle cause principali fosse l’innalzamento delle rate del mutuo (a tasso variabile) di almeno il 25% della rata iniziale.

Gli sfortunati ammettevano inoltre di aver ricevuto – al tempo della stipula – indicazioni univoche a favore del mutuo a tasso variabile, anche da amici direttori di banca.

Nel 2004 era cioè evidente a tutti che conveniva solo un mutuo a tasso variabile.

In Olanda nel 1635 – 37 in seguito alla famosa “mania dei tulipani” con pochi bulbi si poteva comperare una bella fattoria; in ogni sperduto paesino c’era un mercato dedicato dove i bulbi erano venduti vorticosamente a prezzi sempre crescenti e a cifre equivalenti a decine di migliaia di euro di oggi.

Era evidente a tutti quanto fossero preziosi i bulbi.

Mentre scrivo mi viene in mente l’epopea di Tiscali.

Non sono certo il primo ad affermarlo, ma quando è evidente a tutti ciò che si deve o non si deve fare - e i giornali titolano, e i non addetti ai lavori argomentano come se fossero dei guru - probabilmente è il momento di fare il contrario.

venerdì 3 ottobre 2008

La weltanschauung di Forrest Gump



1) “Il caso è lo pseudonimo di Dio, quando non vuole firmare” (A. France)

2) “Più si invecchia e più ci si convince che Sua sacra Maestà il Caso fa i tre quarti del lavoro in questo miserabile universo”. (Federico il Grande)

3) Non lo so... se abbiamo ognuno il suo
destino o se siamo tutti trasportati in giro per caso come da una brezza... ma io credo, può darsi le due cose, forse le due cose capitano nello stesso momento. (Forrest Gump)

Gli aforismi precedenti descrivono le possibili visioni che l’uomo ha di se stesso e del suo contesto. Trovo che indagare su questo argomento sia interessante, poiché ha - inaspettatamente - anche risvolti sugli atteggiamenti di investimento.

Mi rendo conto che quanto mi accingo ad esporre possa essere molto controverso e sarò ben lieto di aprire un contraddittorio. Non è mia intenzione dare giudizi di valore su queste posizioni: le stilizzerò per rendere il più possibile chiaro il messaggio.


La prima posizione - “fideista” - non è esclusiva delle grandi religioni monoteiste, ma anche di molti movimenti esoterici e new age, nonché dei praticanti dell’I Ching. Chi si ritrova in tale convinzione crede di essere inserito in un meccanismo sensato e sebbene non lo si percepisca interamente, generalmente viene considerato benevolo.
Il comfort psicologico offerto è grande, poiché ci fa ritornare bambini; nello specifico di un investimento finanziario è di grande aiuto in caso di perdite, poiché aiutare a mitigare la severità del giudizio su sé stessi e sulle proprie scelte. All’estremo consente di dichiararsi vittima di disegni o macchinazioni di ordine superiore. La frase più celebre che sintetizza questo atteggiamento è: “Lo hanno fatto scendere (il mercato)”.

Il secondo convincimento vede la “fortuna imperatrix mundi”. Questa visione è particolarmente pesante per la psiche, poiché una delle attività prevalenti per l’uomo è la previsione del futuro. Non è un caso che da alcuni secoli vi siano persone che studiano scientificamente come dominare la casualità e che da alcuni millenni esistano persone che affermano di poterla dominare tramite apposite formule o rituali.
Da un punto di vista psicologico occorre avere una grande consapevolezza (o una grande presunzione) delle proprie capacità per poter accettare questa visione del mondo e chi la abbraccia, negli investimenti, diversifica il proprio portafoglio, accetta le perdite come parte del metodo di lavoro e nutre dubbi anche sulle previsioni fatte dal migliore degli esperti.

La posizione espressa nel delizioso Forrest Gump potrebbe essere interpretata in più modi: i greci antichi ritenevano che la volontà degli Dei e quella del Fato si intersecassero, ma faccio notare che, quando le Parche tagliavano il filo, non c’era appello e quindi il Fato in questa visione ha un ordine superiore rispetto alla volontà degli Dei.
Una differente interpretazione consiste nell’immaginare il mondo come si immagina - a volte - un mercato finanziario: esiste un movimento primario che (ex post) è abbastanza chiaramente visibile ma che viene celato all’osservazione puntuale a causa del forte rumore di fondo generato dalla moltitudine di attori.
Questa terza visione – utile per creare un modello previsionale per i mercati finanziari – non è una visione terza, originale, poiché ricade nella prima fattispecie: come sarebbe possibile dare una spiegazione dell’esistenza di un “disegno primario” senza chiamare in causa un Dio?
Mi pare quindi che il modello gumpiano del mondo serva solo per strizzare l’occhio alla platea degli estasiati spettatori.

Per dovere di completezza segnalo che anche secondo alcuni scienziati agnostici esiste un Principio Ordinatore e che il lavoro del ricercatore è scoprirlo. Insomma, il Dio degli scienziati è “solo” un po’ più distante ed astratto di quello dei fideisti.


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venerdì 26 settembre 2008

Il valore della consapevolezza


L’attuale situazione dei mercati finanziari mi ha indotto a sbozzare tre concetti, assolutamente non originali e (forse) poco considerati, almeno fino a quando non ci si trova nel mezzo di una crisi.

1) E’ indispensabile conoscere approfonditamente ciò che si vende.
Mi chiedo quanti operatori avessero capito i meccanismi dei prodotti di finanza derivata che offrivano. Erano consapevoli che in certi casi il rischio di fallimento dell’emittente degli strumenti era a carico del cliente finale?
I responsabili conoscevano le reali probabilità di guadagno per l’acquirente del prodotto? Avevano idea delle commissioni implicite fatti pagare ai clienti?
Chi proponeva alle aziende operazioni con strumenti derivati era veramente consapevole dei meccanismi sottostanti e delle loro conseguenze?

Non credo che a livello periferico ci fosse piena consapevolezza di ciò che si stava vendendo, ma credo che neppure ci sia stata volontà di fare chiarezza, sia perché si trattava di prodotti difficili da capire e da vendere, sia perché i vertici aziendali premevano fortemente per collocarli.

Emerge, a latere, un aspetto meno evidente sulla responsabilità della crisi: i dirigenti delle risorse umane che rimuovevano chi, avendo capito, si rifiutava di collaborare al raggiungimento del budget fissato.


2) L’acquirente ha il diritto/dovere di capire cosa sta comperando.
Come in ogni altro ambito della vita il cliente deve sentirsi responsabile delle proprie scelte e, se non capisce cosa sta comperando, almeno dovrebbe cercare di indagare sull’interlocutore per derivare la bontà dell’offerta.

Come può un cliente inesperto discriminare tra proposte di soggetti differenti?
L’argomento è complesso: suggerirei in questo momento di enucleare alcuni semplici indicatori di rischiosità.

a) Poiché non sempre le energie bastano per sostenere sia lo sforzo di vendita sia quello dell’approfondimento si può derivare che un addetto alle vendite con molti clienti potrebbe avere maggiori difficoltà a mantenersi aggiornato e quindi potrebbe offrire un servizio meno adeguato e approfondito rispetto a colleghi meno oberati.
Sarebbe interessante allora informarsi su quanti clienti sono seguiti dal proprio interlocutore.

b) Un venditore pagato in base alla soddisfazione del cliente è più motivato di un collega retribuito “a fisso”: è difficile chiedere ad una persona come si guadagna il pane, ma non sarebbe male averne il coraggio.

c) Addetti e clienti informati sono più difficilmente manipolabili, quindi diventa interessante indagare sull’impegno a far capire al cliente cosa sta comperando. La società offerente è impegnata a formare gli addetti, i clienti ed il pubblico?

d) Anche la pubblicità può diventare un indizio: se il tono della comunicazione è un invito a entrare - tramite un semplice acquisto - in una élite di fortunati, tenderei ad essere molto cauto nell’accettare l’offerta.


3) L’etica è più importante del profitto.
Come mostra la teoria dei giochi il comportamento etico è costoso e intrinsecamente debole, poiché per avere successo deve essere praticato da tutti; inoltre c’è un vantaggio personale di breve periodo, pagato dalla comunità, nel non praticarlo.

Non bastano precetti negativi per creare un comportamento etico: occorre la consapevolezza di essere al servizio della collettività. La ricerca del profitto deve essere temperata dalla sensibilità verso l’interesse generale.

Poiché la finanza è intimamente connessa con l’economia reale le pratiche antietiche potrebbero essere assimilabili all’inquinamento ambientale, ma sfortunatamente non sono così facilmente rilevabili e contrastabili.

Chi “esegue gli ordini” senza capire bene la portata delle proprie azioni e invoca, in seguito al disastro, la propria inconsapevolezza può forse essere giudicato benevolmente come persona, ma la richiesta di clemenza diviene il suo epitaffio professionale.

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venerdì 19 settembre 2008

I futures sono nati nel Giappone del 17° secolo


(Chi non sa cosa sono i futures non si preoccupi, lo intuirà strada facendo)

I giapponesi crearono con tutta probabilità la prima Borsa, quella del riso.

Dopo un secolo di guerre feudali il signore di Tokio - Tokugawa Ieyasu – prevalse nella battaglia di Sekigahara diventando così Shogun di tutto il Giappone.
Dopo la sua vittoria obbligò i feudatari a vivere con le loro famiglie a Tokio, (interessante notare che accadde qualcosa del genere anche in Francia, nello stesso periodo) e quando questi ritornavano presso le proprie terre, lasciavano le famiglie in ostaggio.

Non avendo altre possibilità di competere, i feudatari sottomessi a Ieyasu, iniziarono farlo conducendo una vita sfarzosa, grazie ai proventi ottenuti dalla vendita del riso. Quando la produzione dell'anno in corso era stata completamente venduta si passava all’annata successiva (futura, appunto). I magazzini rilasciavano apposite ricevute per questo riso “futuro”, detto allora "riso vuoto".

Come è noto (anche ad esempio ai cultori della vita e delle opere di S. Francesco Saverio), sempre in quel periodo Ieyasu stesso iniziò una durissima politica di isolazionismo e di antioccidentalismo che caratterizzò il Giappone fino alla seconda metà del secolo scorso, quando due cannoniere americane ormeggiate nella baia di Tokio “convinsero” i giapponesi ad aprirsi al mondo.

Commerciare sul “riso vuoto” generò molta speculazione e con essa nacque l' analisi tecnica. Il trader più famoso di quei tempi Homma comprese che c'era una relazione emotiva che legava domanda ed offerta. In altre parole comprese che c'era differenza tra il valore ed il prezzo. Questa differenza è valida ancora oggi.

E' incerto se Homma inventò le celeberrime candele giapponesi (un metodo di analisi oramai molto noto anche in occidente), ma comprese che l' aspetto psicologico del mercato era un fattore critico per operare con successo.

Concludo specificando che un contratto futuro è un contratto a termine standardizzato. Cioè un accordo col quale due controparti si impegnano a scambiarsi ad una certa scadenza standard, quantità e qualità standardizzate di uno specifico bene.
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PS dopo il gentile intervento di Andrea specifico che parlando della "prima borsa" mi riferivo alla creazione di una Borsa per i contratti futuri. Chi fosse interessato alla datazione della nascita della Borsa in Europa può leggere l'ottimo commento di Andrea.

lunedì 15 settembre 2008

Ecce Banca

Prendo spunto dalla crisi odierna per dare un flash su come funzionano l’industria del risparmio gestito e i mercati.

Quando comperiamo un fondo comune di investimento affidiamo i nostri risparmi a due categorie di tecnici specifici
- i gestori (dei fondi), che sono coloro i quali materialmente hanno la responsabilità di comperare e vendere valori mobiliari, per far fruttare il denaro dei clienti;
- gli analisti, che supportano i gestori emettendo un giudizio motivato sugli obiettivi di prezzo di un titolo.

Il lavoro del gestore consiste nel
- selezionare i titoli che sovraperformeranno il mercato;
- decidere quanto e quando il fondo debba essere esposto (investito) su un certo mercato.

Occorre quindi che il gestore segua l’andamento del mercato nel tentativo di anticiparlo per guadagnare terreno rispetto al mercato stesso. Il timore del gestore è di accorgersi in ritardo dei movimenti del mercato. Si può affermare senza eccessiva approssimazione che i gestori (ma anche i privati) nel tentativo di fare meglio del mercato ne anticipano e amplificano i movimenti, salvo rivedere più o meno profondamente la propria posizione in base alle indicazioni fornite in seguito dagli analisti. Queste ultime sono poi in continua revisione a causa del fluire quotidiano dei dati economici.

Oggi le Borse europee viaggiano sul – 4%: sia gli investitori privati che i gestori hanno paura di avere i titoli in mano. La mia interpretazione è che si pensi che il fallimento della banca Lehman - che ha oltre 600 miliardi di dollari di debiti - creerà un effetto a catena e altre banche entreranno in una crisi irreversibile. Quindi - in seguito - si potranno acquistare a prezzi migliori i titoli oggi venduti e magari scampare a qualche altro fallimento.

E’ possibile che nei prossimi giorni ci siano prezzi migliori ma mi chiedo se lo scenario apocalittico paventato da taluni sia il più plausibile.

È plausibile che dopo una serie di salvataggi sia stata lasciata esplodere una bomba che possa realmente innescare un effetto a catena sull’economia del mondo? A 60 giorni scarsi dalle elezioni presidenziali americane?
Il governo americano ha abbastanza risorse per intervenire poiché il costo del salvataggio delle società Fannie e Freddie non è arrivato ad un punto percentuale del PIL americano (dati Abaxbank) e pare che queste crisi, storicamente, siano costate anche il triplo o il quadruplo.
Volendo essere cinici non potrebbe darsi invece che sia una mossa elettorale, per dimostrare che il governo americano non è Pantalone? Dopo i salvataggi recenti non potrebbe esserci la necessità di appendere una testa illustre sulla picca del rigore?
Se così fosse, poiché quando una bomba scoppia le schegge sono inevitabili, non sarà stata fatta saltare la bomba più grossa.

Era un anno che si vociferava che una grande banca mondiale fosse virtualmente fallita a causa della crisi dei mutui. Eccola. Ma allora ci stiamo avviando verso la fine della crisi: magari ci saranno fallimenti di banche regionali americane, ma se le banche europee - che erano state le prime ad avviare l’operazione di bonifica hanno detto tutta la verità sulle operazioni che le coinvolgevano sui mutui subprime potremmo essere al giro di boa.



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mercoledì 10 settembre 2008

La donna che tu mi hai messo accanto mi ha dato dell'albero e io ne ho mangiato


Psicologia e investimenti finanziari.

Operare in campo finanziario offre almeno due grandi atout: la possibilità di arricchimento e l’emozione. Non solo, il primo intento offusca - ad una osservazione superficiale - il secondo. Parafrasando Alberoni si potrebbe affermare che “il gioco finanziario è la versione etica del gioco d’azzardo” (prego notare che ho usato la parola “gioco” e non “investimento”).

Sono stati studiati casi estremi di trader compulsivi e si è visto che la loro patologia è simile a quella dei giocatori d’azzardo, ma anche per i trader non compulsivi ritengo che lo stimolo emotivo sia comunque importante. Un indizio della non erroneità di questo ragionamento sta nel dato dell’aumento dei partecipanti al trading on line: la numerosità di conti attivi cresce nelle fasi di Borsa euforica. Interessante notare – sempre da una indagine SEC (la Consob americana) del 2000 - che oltre il 90% dei conti on line era in perdita anche nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della bolla del 2001, cioè nel momento di maggior favore.

Se la psicologia è quell’insieme di strumenti che consente di armonizzare la mente con il corpo, psicologia e finanza devono andare a braccetto, poiché la finanza aiuta ad allargare il divario tra psiche e soma. Un investimento anche solo temporaneamente “sbagliato” mette a dura prova l’ego, che maltrattato si attiva per avvertire che sarebbe meglio se si smettesse di fare quello che sta facendo. Nello specifico è un errore frequente prendere una posizione eccessiva ed abbandonarla in seguito perché durante le avversità non si riesce più a sostenere lo stress. Per contro non è un caso che i grandi trader o investitori professionali siano definiti “guru”, appellativo riservato in origine ai maestri spirituali: entrambe le categorie hanno l’invidiabile qualità essere equilibrati e di riuscire a restare sereni sulle proprie posizioni anche nelle avversità.

La mente dell’homo sapiens non è ancora rodata per tutti gli scopi dell’uomo moderno: oltre a rendere grandi servizi a volte può creare problemi che potremmo non essere disponibili a riconoscere come nostri. Se già Adamo applicava la tecnica del “quando le cose vanno male è colpa degli altri” - e nel paradiso terrestre era dura, perché c’erano solo Dio, Eva e il serpente - è comprensibile che per l’investitore oggi sia più facile iniziare ad inveire contro un cattivo consigliere o contro “un destino cinico e baro” pur di non farsi un esame di coscienza.

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martedì 9 settembre 2008

Non intendo creare l’ennesimo blog di commenti e previsioni sui mercati. Non voglio affascinare nessuno mostrando la mia bravura.
Non ospiterò previsioni puntuali o commenti di stretta attualità sull’andamento dei mercati. Se domani questi saliranno o scenderanno non mi interesserà, salvo che non avvenga per causa di importanti shock esogeni.

Mi piacerebbe soffermarmi, una volta alla settimana, su argomenti di carattere generale, percorrere strade laterali, trovare nuovi spunti su vecchi argomenti. Ed i commenti, le critiche - anche affilate - mi faranno un gran comodo.

Insomma non un blog per celebrare (presunte) glorie ma, per condividere pensieri, opportunità o problemi.


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