venerdì 26 luglio 2019

Vivere meglio con la vendita della nuda proprietà.


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Non viene naturale pensarlo ma la proprietà di un bene è divisibile in due distinti diritti:

# 1) possesso
# 2) la nuda proprietà.

 
Un esempio pratico metterà a fuoco questo concetto.

Quando eravamo neopatentati pochi tra noi avevano l’auto propria e quindi usavamo quella dei nostri genitori.
Immaginiamo il caso nel quale assentandosi per un lungo periodo ci abbiano lasciato la chiave dell’auto ed il permesso di usarla.
Loro continuerebbero ad essere proprietari, ma noi ci metteremmo la benzina, faremmo le riparazioni e al limite pagheremmo l’assicurazione.
Noi siamo i possessori, ma loro sono ancora i nudi proprietari. E’ una approssimazione, ma mi pare che renda bene l’idea.

Questa situazione potremmo immaginarla anche per una abitazione o altri beni ancora.

Oggi è diventato piuttosto usuale sentire parlare di vendita di nuda proprietà immobiliare.

Si vende un solo diritto, quello della la nuda proprietà e si mantiene l’usufrutto.

Il venditore – colui che abita l’alloggio - si riserva il diritto di usufrutto a vita e continua ad accollarsi tutti gli oneri che ne derivano.
Ad esempio le tasse e la manutenzione ordinaria. Il compratore riceve la nuda proprietà in attesa che la casa si liberi.

Ma non necessariamente questo deve avvenire con il decesso dell’usufruttuario, potrebbe infatti anche rinunciare all’usufrutto.

Una signorina che conosco, novantottenne, che gode ancora di buona salute e che sostanzialmente non ha parenti stretti da beneficiare, sta spendendo il suo patrimonio in viaggi e per essere ancora più libera ha venduto anche la nuda proprietà del suo alloggio.

Il prezzo di vendita della nuda proprietà è pari a quello di un appartamento “vuoto” meno una percentuale legata all’età del venditore.

Sarebbe a dire che la nuda proprietà di un alloggio di un cinquantenne vale molto meno della nuda proprietà di un novantenne. Ma questo è ovvio, il compratore dell’alloggio del cinquantenne sa che la speranza di vita del venditore è elevata e il suo è quindi un investimento a lungo termine.

Più dei dettagli tecnici che sono tanti e variegati sia da un punto di vista legale che fiscale vorrei oggi darvi qualche spunto di riflessione sulle opportunità che questo meccanismo può creare.

Anzitutto, a chi conviene? La risposta è come sempre “dipende”.

E’ evidente che chi vende ritiene di preferire dei soldi oggi piuttosto che all’utilità che il bene potrà dargli in futuro.

Quindi il venditore se è stato saggiamente consigliato fa un buon affare.

Il compratore ha a mio avviso davanti a sé una strada più complicata. Intanto chi compera un immobile deve avere una opinione rialzista rispetto al mercato, o almeno relativamente a quel determinato immobile. E oggi essere ottimisti sul mercato immobiliare italiano è complicato.

Vi invito ad ascoltare il mio audio sull’”imbuto immobiliare”.

Inoltre occorre tenere conto che la speranza di vita di una persona anziana non procede in maniera lineare, sarebbe a dire che non è vero che una persona anziana abbia - per il semplice fatto di essere anziano - una bassa aspettativa di vita.

Quindi comperare la nuda proprietà del vicino di casa nella speranza che muoia dopo poco l’atto e quindi di allargarsi, potrebbe essere un calcolo sbagliato.

Infine occorre ricordare che se l’usufruttuario non paga qualche spesa cui è obbligato, ad esempio il condominio, il nudo proprietario ne è responsabile in solido. Quindi se si trova un soggetto che non paga e spende tutto in viaggi, con i tempi della giustizia italiana il rischio patrimoniale per il nudo proprietario è dietro l’angolo.

Ma voglio lasciarvi con una buona notizia. La scissione tra usufrutto e nuda proprietà è anche un ottimo strumento per facilitare il passaggio generazionale del patrimonio familiare.

Ho un discreto patrimonio immobiliare? Potrei valutare di tenere l’usufrutto e passare la nuda proprietà a mio figlio. Anche se di nuovo occorre valutare con estrema attenzione la convenienza della mossa.

Bene spero di esservi stato utile. Contattatemi, fatemi delle domande e vi risponderò. Seguitemi sui social e alla prossima.

venerdì 19 luglio 2019

Un buon portafoglio


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Chi risparmia ha per definizione un portafoglio. Ma esattamente come casa vostra non è un ammasso disordinato di mattoni, analogamente non dovrebbe esserlo il portafoglio.

In genere però non è così.

Una volta badare agli investimenti era come badare alla dispensa di casa. Il latte è finito? Ne compero altro. I BOT sono scaduti? Ne compero altri. Tutto era sempre uguale. Oggi non più.

I non addetti ai lavori spesso pensano che un “buon portafoglio” sia semplicemente la somma di tanti singoli ed indipendenti “buoni investimenti” dove la parola “buono” vuol dire “che guadagna”.
 

Ma non è così!

Questo modo di pensare è una eredità del passato ed è una manna per l’industria del risparmio: che sulla scorta di questa percezione ogni mese vendite moltissimi tipi di “buon prodotto”.

Non solo! Questa convinzione è così radicata, è data per scontata, che anche moltissimi tra i clienti “private” la accettano in modo acritico. Così ricevono lo stesso hamburger che è stato cucinato per i clienti del “piano strada”, ma che in questo caso viene servito su un piatto d’argento e da un cameriere in livrea.

Invece in un mondo che oscilla inserire un nuovo prodotto nel portafoglio vuol dire modificare il comportamento di tutto il portafoglio.

Quindi prima la domanda da fare non è “Quanto rende?” ma: “Perché mi consiglia questa operazione?”. Se vi viene risposto che così si migliorano le caratteristiche del portafoglio, potete stare ad ascoltare, ma se vi viene detto che è un prodotto “buono” iniziate domandarvi per chi sia buono. Potrebbe forse anche essere buono ma non essere confacente all’architettura del vostro portafoglio. E chi ve lo propone deve saperlo.

Abbiamo appreso nei capitoli precedenti che dobbiamo convivere con le oscillazioni dei mercati. 

Quindi un portafoglio “buono” non deve solo contenere investimenti che guadagnino, ma deve anche contenere investimenti che oscillino diversamente tra di loro, in modo da compensarsi e limitare i rischi complessivi. Al limite potrebbe essere saggio detenere alcuni investimenti che vanno male per tutto il periodo di detenzione, perché sono una sorta di “assicurazione”.

Quindi prima di iniziare discorsi più o meno manichei sui vantaggi e sui costi di fondi comuni, ETF e gestioni occorre capire che il mondo degli “investimenti da comprare” è finito da almeno 30 anni. Oggi chi vuole farvi comperare un “buon prodotto” non è un consulente ma è un venditore.

Voi avete bisogno di un consulente o di un fornitore di materie prime?


Ricapitolando

# Ad un investitore serve un tecnico che abbia un metodo solido e strumenti efficienti, i prodotti sono una conseguenza.

# I tempi sui quali si sviluppa la strategia di investimento, che dovrebbe portare ad ottenere i rendimenti attesi, non sono dell’ordine di settimane o mesi, ma almeno di alcuni anni.

# Le previsioni sono di tipo statistico e quindi hanno margini di incertezza sul risultato finale, ma non solo: potrebbero anche portare ad ampie oscillazioni “nel durante”.

venerdì 5 luglio 2019

La storia del risparmiatore tradito


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Perchè il risparmiatore italiano si è sentito tradito?
Perchè è diventato investitore a sua insaputa.
Una evoluzione che deve invece avvenire con cautela e consapevolezza.