giovedì 26 febbraio 2009

Azioni e motori, gioie e dolori

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Perché istintivamente un investimento con maggiori probabilità di guadagno e maggiore volatilità viene praticato in misura minore di uno con caratteristiche opposte?

Perché è più facile trovare investitori desiderosi di impiegare il proprio patrimonio in asset a minor rendimento?

L’”uomo economico” dovrebbe comportarsi razionalmente, ma questo non sembra accadere.

Senza entrare nel dettaglio segnalo che dagli anni 70, almeno una coppia di psicologi ha dimostrato che l’uomo razionale è una finzione, mentre il decisore reale è afflitto da distorsioni percettive alquanto pesanti.

Da questa osservazione è nata la Finanza Comportamentale, una scienza a cavallo tra psicologia, neurologia ed economia che ha evidenziato - tra l'altro - una asimmetria della percezione tra perdite e guadagni.

Secondo la Finanza Comportamentale, mediamente, la perdita di una somma è percepita come doppiamente dolorosa rispetto al guadagno del medesimo importo.
Biologicamente, è opportuno che sia prevalso l’individuo "prudente", tuttavia oggi accade che, per lenire la perdita di 100 euro, occorra guadagnarne almeno 200.

Non solo, è stato anche rilevato che la sensazione totale di insoddisfazione dipende sia dal valore della perdita, che dal tempo di esposizione alla stessa. Ovvero è molto diverso perdere il 15% in un trimestre e poi recuperare nel trimestre successivo oppure perdere la stessa cifra e recuperare in un anno.





Notoriamente i mercati azionari oscillano sensibilmente e sono soggetti a cicli “lunghi”.
E’ quindi ragionevole ipotizzare che - anche in condizioni di trend crescente - sia frequente per l’investitore rilevare un saldo del conto inferiore rispetto a quello precedente.

Questa constatazione crea una insoddisfazione che può essere compensata con una veloce ripresa dell’andamento positivo, ma che per essere annullata deve essere compensata con un guadagno doppio in tempi rapidi. Ma questo evento è molto improbabile.

Quindi se per elidere una minusvalenza occorrono due plusvalenze di uguale ampiezza, diventa comprensibile come sia difficile - per un investitore emotivamente poco attrezzato - pareggiare il “bilancio emotivo” dell’investimento.


Ecco perchè l’investitore medio sarà dunque poco propenso a investire “a rischio”. Non solo, ma tra questi saranno percepiti come migliori gli investimenti il cui prezzo non sia facilmente reperibile, cioè che lo sottraggano al dispiacere della verifica.

  • le obbligazioni strutturate,
  • le polizze vita,
  • le case,
  • l’arte

sono ottimi esempi di investimenti dai prezzi opachi.


Infine, poiché i mancati guadagni sono meno dolorosi delle perdite, il cliente medio sarà anche incline a non notare o comunque a perdonare al consulente la perdita di un rialzo e - al contrario - sarà piuttosto innervosito dal mantenimento della posizione durante un ribasso del mercato.

E’ interessante notare che la perdita di un rialzo è la causa più comune e meno rimediabile - nel lungo periodo - del depauperamento del capitale investito, mentre per il consulente il mantenimento della posizione nei periodi di ribasso è la causa più comune della perdita del cliente...

…Il classico caso in cui agire correttamente paga poco.

giovedì 19 febbraio 2009

La bussola dell’investitore

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Le crisi possono essere momenti fecondi, poiché se si riesce a fare serenamente una revisione del proprio operato, facilmente si potrà evitare di ripetere i medesimi errori.

Propongo quindi, in questo tempo così propizio, un modello molto semplice per riflettere sul proprio comportamento finanziario.

Il modello copre tre aree
- il controllo;
- l’orizzonte temporale;
- l’aggressività;


Controllo

Sembrerà strano o scontato, ma è il più vitale e disatteso, poiché la delega in bianco, l’assenza di visione generale e un controllo saltuario della gestione possono essere catastrofici per il proprio patrimonio.

- Ogni quanto tempo faccio il punto della situazione?
Due volte all’anno è la misura ottimale. Di più potrebbe creare ansia e solo gli specialisti o gli investitori più “attrezzati” dovrebbero procedere in quella direzione; di meno potrebbe creare ritardi eccessivi nel prendere provvedimenti.

- Quanta parte degli investimenti è allocata in azioni? E quanta in obbligazioni?
- Quanto pesa il patrimonio finanziario rispetto a quello immobiliare?
Non saper rispondere con un piccolo margine di errore a queste ultime due domande indica una pericolosa assenza di visione generale della propria situazione patrimoniale.

- Esiste un “diario” cartaceo delle decisioni prese e risultati ottenuti?
La memoria inganna e distorce a proprio vantaggio i fatti passati, specie se negativi, un diario serve a mantenere la lucidità.
Es. 1 gennaio. Ho 100 di patrimonio finanziario e 100 di patrimonio immobiliare. Su quello finanziario Passo da 0 a 25% di azioni perché credo che sarà un semestre favorevole.
1 luglio. Avevo ragione adesso il mio 25% è diventato 30%. E allora vendo /mantengo, perché...



Orizzonte temporale

- Per quanto tempo posso fare a meno dei soldi / entro quanto tempo mi attendo il risultato?
Le risposte obbligate sono: entro 1-2 anni, entro 2-5 anni, oltre i 5-7 anni


Aggressività

- Quanto dolore comporta una perdita del 50% dell’investito?
Le risposte ammesse sono “Molto” “Poco” (“Molto” implica una bassa aggressività e viceversa).



Sulla scorta delle domande sull’aggressività e sull’orizzonte temporale si delinea uno schema delle strategie implementabili.







Un commento alla tabella.

Quando indico una “asset class” (Azioni / Obbligazioni / Opzioni) implico che gli investimenti siano ben diversificati. Comperare pochi titoli è sempre molto rischioso.

Quando mi riferisco ad “Obbligazioni” indico sia i Titoli di Stato che le obbligazioni societarie; le valute straniere, salvo che per patrimoni di dimensioni notevoli, dovrebbero essere poco impiegate.

Se sono indicati due strumenti di investimento il primo deve prevalere sul secondo.


Un cenno sulle opzioni.

L’acquisto di opzioni crea una perdita certa (in genere piccola) e un guadagno incerto; la vendita (sconsigliatissima ai non professionisti) genera una dinamica opposta.

Possono servire a rendere più “briosa” una gestione prudente perché si sa in anticipo quanto si perde, ma il guadagno è illimitato poiché si paga un prezzo per avere il diritto di dichiararsi acquirenti o venditori di un certo bene in un periodo nel futuro.

Per esempio posso pagare oggi 20 centesimi di euro per avere il diritto di dichiararmi compratore a 5 euro di una azione Fiat tra un anno. Se tra un anno l’azione vale più di 5.2 euro (diciamo 5.5 euro) mi dichiaro compratore, le ritiro e le rivendo contestualmente. Guadagnerò così 30 centesimi per azione (con un investimento iniziale di 20 centesimi!). Se il titolo vale meno di 5.2 abbandono (perdo) il premio e non devo nulla a nessuno.

giovedì 12 febbraio 2009

Occasione epocale o fine di un’epoca?



In questo periodo i prezzi delle azioni sono veramente molto bassi. Ma un prezzo basso è indice di buona occasione?

Si dice che i mercati scontino ogni informazione nota; questo nel lungo periodo è certamente vero, tuttavia è anche dimostrabile che nel breve periodo vi sono situazioni temporanee in cui le informazioni disponibili non sono completamente o correttamente valutate.

Qual è il meccanismo col quale si forma un prezzo? Per essere molto sintetici affermo che con una procedura di matematica finanziaria si condensano ad oggi le aspettative sugli utili dei prossimi anni.

Pertanto ad ogni prezzo corrisponde una ipotesi sugli utili futuri di quella azione e implicitamente sull’andamento dell’economia.

Possiamo allora già tirare una conclusione sorprendente: i mercati finanziari sono i migliori barometri dell’economia reale. Infatti una moltitudine di persone genera quotidianamente ipotesi sull’economia reale per prendere decisioni in campo finanziario.
Quando poi la situazione non è chiara (nel bene o nel male) si prendono decisioni veloci e decise in una direzione, salvo aggiustarle in seguito, creando così la famosa volatilità dei mercati.

Ma tornando a noi, quale ipotesi sul futuro rispecchiano i prezzi attuali?

Secondo un analista fidato i prezzi attuali incorporano una recessione molto pesante, anteguerra (ww2, per intenderci). Mentre i livelli di settembre (prima del crack Lehman) rispecchiavano una ipotesi di “normale” recessione economica post bellica.

Ma allora comperare adesso potrebbe essere un affare? In un’ottica decennale potrebbe esserlo, perché i rendimenti a scadenza offerti sono eclatanti, nonostante il periodo di crisi dell’economia reale. Ma c’è almeno un ”ma”.

Il “ma” sta nel rischio di deflazione globale, ovvero in quel fenomeno che aumenta il potere di acquisto del numerario e riduce inesorabilmente il prezzo dei beni.

Case azioni e bond indicizzati all’inflazione sono penalizzati in caso di deflazione, come la storia giapponese recente insegna. Così in tale frangente il rapporto prezzo utili delle azioni resta una promessa che non si realizza.

Che fare? Non resta che vigilare, come consigliava Laocoonte ai Troiani.





giovedì 5 febbraio 2009

Il processo decisionale

Come si sviluppa un processo di scelta (non collettivo)? Oggi propongo di addentrarci un poco dentro questo meccanismo.

Quando il livello di insoddisfazione ha superato il livello di guardia ci rendiamo conto di avere una esigenza, e decidiamo di cambiare le cose.

Disporre di una pluralità di scelte complica la nostra attività e per orientarci usiamo punti di riferimento detti “differenziatori”, ovvero caratteristiche che riteniamo importanti.

Quali sono i differenziatori? E’ molto soggettivo. Qualunque caratteristica - reale o presunta - può diventare un differenziatore: le dimensioni, il prezzo, lo status che conferisce il possesso del bene che intendiamo acquistare sono tutti differenziatori validi.

Una suddivisione interessante dei differenziatori è la bipartizione tra “duri” e “morbidi”.

Un differenziatore è “duro” se è facilmente misurabile. Tipicamente differenziatori duri sono: dimensioni, peso, colore.

Un differenziatore “morbido” ha invece ha una definizione più sfumata, il design, lo status, ad esempio.


In base all’atteggiamento verso i differenziatori si distingue un acquirente esperto da uno meno pratico.

Gli esperti hanno cioè una serie di criteri che in maggioranza sono morbidi, gli inesperti al contrario usano maggiormente i differenziatori duri.

Ad esempio (poiché non sono appassionato), per comperare un’automobile ho necessità di pochi semplici differenziatori duri:
- l’ingombro (per verificare che entri nel box);
- la capienza del bagagliaio (e chi è sposato sa perché);
- la cilindrata;
- il prezzo.
L’unico differenziatore morbido che mi interessa è la sensazione relativa all’affidabilità e alla serietà progettuale del costruttore, assolutamente non suffragata da cifre… Alquanto irrazionale come processo per investire 20 o 30 mila euro.

Quando voglio comperare un tappeto voglio sapere
- il colore dominante
- le dimensioni
- il prezzo.
Mia moglie invece distingue il materiale (lana o di seta), la regione di provenienza, la fattura (nuova o antica), i nodi per unità di superficie ed altre cosette che considero “chiacchiere da venditore”.


In fatto di investimenti la situazione si inverte. Mia moglie vuole sapere la soglia di accesso, la durata e quanto rende.

Al contrario quando investo voglio sapere, tra le altre cose, il rischio che corro.
Ma il differenziatore “rischio” non è duro: anzi è così sfuggente che spesso la gente non lo prende in considerazione fino a quando non si manifesta.
Vi sono infatti svariati rischi, ad esempio:
- di non ricevere il capitale alla scadenza, per incapacità del debitore;
- di dover attendere oltre la data prevista per ottenere il capitale previsto;
- di non riuscire a massimizzare il rendimento, (cioè investire al 4% invece che al 5%);
- di vedere oscillare il proprio patrimonio ben più di quanto sia tollerabile;
E ho solo esaminato un aspetto del problema…

Concludo considerando che non c’è una soluzione semplice al problema della scelta dei differenziatori più adeguati alle proprie esigenze. Per fare una scelta consapevole occorre conoscere bene le proprie esigenze e crearsi una cultura specifica.