lunedì 15 dicembre 2008

Con il sudore del tuo volto investirai



Il risparmiatore italiano può facilmente datare la cacciata dal proprio Eden: il 2008.

Non c’è stata persona che non sia stata colpita dai recenti rovesci dei mercati finanziari: fondi di liquidità che hanno offerto rendimenti negativi; investimenti azionari severamente ridimensionati; obbligazioni che non hanno più valore; contratti a capitale garantito che hanno polverizzato il capitale; oscillazioni fortissime sulle valute e default sui Titoli di Stato di qualche Paese.

Probabilmente nel 2009 gli italiani dovranno iniziare a riflettere seriamente se è opportuno continuare a ricevere consigli dai custodi del proprio denaro, poiché, sebbene la banca continui ad eccellere in questa mansione, è legittimo avere dubbi sulla sua capacità consulenziale. E se, fino ad ora, il conflitto di interessi era stato riconosciuto dai clienti con bonaria tranquillità, presumo che si sia arrivati ad un punto di svolta.

La banca, nata come custode, si è evoluta nel tempo fino ad insinuarsi come consulente, e approfittando della familiarità che il cliente aveva con essa ha iniziato ad offrire prodotti sempre più complessi ed opachi.

Questo fenomeno era già stato lucidamente rilevato fin dal 1999, anno in cui la Consob - con uno studio pubblicato nel n. 35 dei “Quaderni di finanza” - aveva rilevato uno spaventoso conflitto di interesse a danno dei risparmiatori.

L’utilizzo della familiarità per raggiungere i propri fini, a danni altrui, è una tecnica assolutamente collaudata e l’ultimo esponente del genere è un americano.

Da alcuni giorni si delineano i tratti di una nuova (per adesso presunta) truffa di dimensioni gigantesche, sulla quale le banche, ancora una volta, dichiarano di non essere esposte.

E’ stato infatti arrestato in USA Bernard Madoff, ex presidente del Nasdaq e re degli hedge fund, imputato di aver creato una truffa da 50 miliardi di dollari, col più semplice degli schemi: pagare gli interessi dei primi investitori coi soldi degli ultimi arrivati.

Così per 10 anni, regolarmente, ha corrisposto ai suoi clienti rendimenti del 15% circa, anche se da tempo alcuni concorrenti asserivano l’impossibilità di quei risultati; ma si sa, gli hedge fund sono eccellenti strumenti… opachi.

L’aspetto della vicenda che a noi italiani dovrebbe risultare familiare è che Madoff sembra sia riuscito a entrare nella cerchia delle persone “al di sopra di ogni sospetto” e quindi a proseguire per anni nella sua discutibile attività, profondendo in beneficenza molti milioni di dollari all’anno e “disattivando” così la coscienza critica dei suoi pur non sprovveduti clienti.

Ha cioè anestetizzato la coscienza critica usando la familiarità e la gratitudine.

Potremmo quindi dire che, se “il sonno della ragione genera mostri” allora “il sonno dell’attenzione genera investimenti a rischio”.

Trovo opportuno concludere ricollegandomi ad un post di fine settembre

- E’ indispensabile (per il venditore) conoscere approfonditamente ciò che vende, per evitare di essere complici ignari di abili mascalzoni, come abbiamo potuto vedere in tempi recenti.
- L’acquirente ha il diritto/dovere di capire e di “vedere” cosa sta comprando: in finanza si comperano solo azioni od obbligazioni, il resto è artificio e come tale scompare, come stiamo sperimentando.

- L’etica è più importante del profitto. E spero che un giorno - vicino - possiamo sperimentarlo. E questo è il mio augurio di Natale.

giovedì 11 dicembre 2008

La violenza e gli investimenti



E’ fruttuoso e sensato cercare legami tra la furia omicida e un investimento finanziario?

La mia risposta è positiva, e per dimostrarlo osservo anzitutto che c’è un legame tra il potere e la parola: i potenti “nominano” i sottoposti; Adamo, impose un nome a tutte le creature di Dio; i genitori impongono il nome ai figli.

Per converso non si domina ciò che non si nomina. Forse non è un caso che non si possa nominare Dio (“invano” per i cristiani; tout court per gli islamici ed ebrei) e che nei “I promessi sposi” tra i personaggi malvagi vi sia “l’Innominato”.
Non solo, Ulisse, denominandosi “Nessuno”, alterò in modo a lui favorevole il processo di comunicazione tra Polifemo ed i suoi fratelli, scampando così alla loro vendetta.

Adesso che siamo maggiormente consapevoli dell’importanza del linguaggio, suggerisco di vedere se, analizzandolo, si riesce a svelare qualche informazione celata nell’animo di chi comunica. In questo senso segnalo un libro molto interessante: Bandler - Grinder, “La struttura della magia”, ed. Astrolabio.

Farò un esempio mettendo in evidenza un assunto che potrebbe stare “a monte” di una certa affermazione.

In questo periodo, spesso, dopo un ribasso borsistico, i giornali, recitavano: “Bruciati X milioni“ e nel successivo rialzo proclamavano poi: “Recuperati Y milioni”.

Mi chiedo: perché “recuperati” e non “creati”? Per coerenza il contrario di “bruciare” dovrebbe essere “creare”.

Ma se ipotizzassimo che il giornalista fosse coinvolto emotivamente nella notizia? Se cioè fosse stato un investitore? In questo caso si potrebbe spiegare la formula usata immaginando che in quelle condizioni di stress abbia espresso il sollievo di poter recuperare qualcosa del proprio patrimonio. E l’ha riflessa nel titolo.

Possiamo allora giungere all’osservazione che le notizie - per quanto apparentemente erogate con obiettività – sono ammantate di emotività, che viene diffusa assieme alla notizia.

Il denaro è un oggetto altamente simbolico, incorpora cioè desideri e speranze; così i mercati finanziari sono investiti non solo dalle aspettative razionali ma anche - e in certi momenti soprattutto - da quelle irrazionali. In qualche modo dunque il prezzo di un valore mobiliare, incorpora anche un quid relativo ai sentimenti dei suoi possessori.

I mercati finanziari sono soggetti a tensioni possenti, che sono in parte della stessa natura di quelle che scorrono nell’animo umano. Tuttavia se i sentimenti distruttivi di tipo personale sono stati storicamente tenuti a freno tramite l’educazione - così da evitare, il più delle volte, atti di violenza sui propri simili - sul mercato finanziario, che è troppo giovane in termini antropologici, questo non avviene. Le emozioni allora, libere dai tabù, ricadono sulle nostre teste.

venerdì 5 dicembre 2008

Valutare i consigli osservando lo stile del consigliere (2)



La scorsa settimana abbiamo visto che ci sono quattro categorie di stili o di personalità relative ai consiglieri. Riprendiamo allora la disamina mettendo ben in chiaro che non intendo dare giudizi di valore sulle persone, ma voglio invece riconoscere i comportamenti utili da quelli dannosi.

E’ necessario inoltre ricordare che ciò che osserviamo negli altri potrebbe essere inquinato dai nostri pregiudizi; esorto quindi alla massima cautela e flessibilità in questo esercizio di osservazione e classificazione del prossimo.

L’ideale
Ritornando ai consiglieri, affermo una ovvietà dicendo che il consulente ideale è il logico empatico. Con l’empatia si sintonizza facilmente sulle nostre esigenze e non le tradisce né per cupidigia né per altri motivi. Con l’intelligenza - che si spera coltivata e temprata dagli studi - risolve i problemi tecnici.
Noi tutti vorremmo una persona così al nostro fianco e, ovviamente, queste persone sono rare e preziose.

Il cinico
Piuttosto frequente nel settore vendite (ed è forse una delle ragioni per cui i venditori non sempre godono di una buona fama) è invece il logico non empatico.
Calcolatore e sostanzialmente indifferente al prossimo, o meglio unicamente centrato sui suoi obiettivi, nella sua variante più temibile si camuffa da empatico facendo finta di interessarsi al cliente. Questi tende a fidarsi in quanto lo percepisce come razionale ed interessato gli affida la leadership e finisce col comperare tutto il necessario per fargli vincere il premio di “venditore dell’anno”.

Il moscio
Una variante benigna del logico non empatico, relativamente poco frequente nel settore del dettaglio, è quella del “tecnico non venditore”, ovvero una persona esperta ma poco coinvolgente.
La si riconosce perché alla fine dell’incontro si è po’ perplessi sulle proposte e, nonostante lo sfoggio di preparazione, si finisce col non comperare da costui, probabilmente perdendo un buon affare.

La brava persona
Il non logico empatico poi vive la vendita come un fatto personale e si fa vanto di renderla gradevole al cliente. Queste persone sono in genere di specchiata onestà, ma non sempre sono intellettualmente lucidi. Possono così proporre cattivi affari in perfetta buona fede.
Diversamente con loro non c’è mai un problema, salvo qualche inciampo sulla precisione e sui dettagli tecnici. E sono - per inciso - i famosi amici dai quali ci deve guardare Iddio.

Il “Fantozzi”
è l’icona del non logico non empatico: se vi vedrà debole e l’occasione glielo consentirà, sarà vile e spietato, altrimenti sarà servile. Come venditore in un mercato concorrenziale ha poca fortuna.


Conclusioni
Il rischio maggiore lo si corre incontrando il “popolare” consulente empatico non logico, perché potrebbe condurre - in perfetta buona fede - sé stesso e la sua amata clientela alla rovina.

Sebbene sia decisamente antipatico il consulente logico non empatico camuffato da empatico, ha minore pericolosità poiché, salvo situazioni estreme ha tutto l’interesse a mantenere in vita e a trattare dignitosamente i propri clienti.

Sugli altri personaggi non mi pare vi sia alcunché da aggiungere.


C’è un test per capire quale tipo di venditore si ha di fronte?
Provate a contraddire il vostro interlocutore, a coglierlo di sorpresa: se si offende potrebbe essere un “non logico empatico” che sta vivendo il vostro rifiuto come affronto personale.
Se però in seguito cerca di forzarvi la mano e cerca di “farvi firmare” ricorrendo a pressioni psicologiche, come i sensi di colpa, potreste avere di fronte un “logico non empatico” che sta cercando di manipolarvi.
Se indaga sulle vostre ragioni, dovrebbe essere un “logico empatico” in cerca di una soluzione.
Se infine si arrende subito e cambia tono passando al servilismo probabilmente è un “non logico non empatico”.

Mi rendo conto delle ambiguità che ho introdotto trattando in modo così breve di un argomento così vasto. Invito quindi chi ha avuto la costanza di arrivare fino in fondo, a lasciare il proprio contributo.

Per stimolare il dibattito osservo che mi pare di vedere
una certa analogia tra quanto ho espresso in precedenza e la classificazione fatta da Don Mariano (il mafioso de “il giorno della civetta”). Ricordate? Lui classificava l'umanità in uomini, mezzi uomini, omminicchi e quaquaraquà.
Qualcuno è del mio parere?