lunedì 5 luglio 2010

I mondiali di calcio tra JP Morgan e l’imperatore cinese

Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Forse non tutti sanno che alcune importanti istituzioni finanziarie si sono interessate ai mondiali, e che i loro uffici studi hanno effettuato previsioni in merito alle squadre vincitrici e sulle ricadute economiche della manifestazione.

Sinteticamente segnalo che secondo JP Morgan la vincitrice sarebbe stata l’Inghilterra; seconda la Spagna e terza l’Olanda.

Secondo UBS invece la classifica sarebbe stata: Brasile, Germania, Italia; Olanda, Francia, Argentina nei successivi tre posti.

Per Goldman Sachs: Spagna, Inghilterra, Argentina, Brasile, Germania quarta.

Infine Danske Bank prevedeva che la finale sarebbe stata disputata tra Brasile e Germania mentre Italia ed Inghilterra si sarebbero disputate il terzo e quarto posto.

In attesa di vedere cosa succederà mi pare di poter fare alcune considerazioni semplici.

Qual è il vero obiettivo di una previsione? Emozionare o essere al servizio della razionalità? Per stupire “basta” prevedere il vincitore. E in fondo molti di noi - per tacitare le proprie paure – spesso cercano un indovino. Non è un caso che l’imperatore, sia in Cina che in Giappone, venga visto come figura di collegamento tra il Cielo e la Terra, fungendo quindi da “parafulmine” tra gli uomini e l’ira degli dei.

Il problema è che per fare una buona previsione potrebbe bastare il caso; quindi non c’è modo di distinguere nel breve termine un professionista da un cialtrone.

Se invece vogliamo usare la razionalità non diventa più importante stupire, quanto fare previsioni che impediscono di incorrere in un disastro (per esempio perdere denaro in una scommessa che non frutta nulla).

Per affrontare il discorso delle scommesse come se fossero un investimento finanziario occorrerebbe introdurre qualche complessità - e adesso non ne ho il tempo – inserendo ad esempio anche le quote (ovvero quante volte viene pagata la cifra scommessa in caso di vittoria).
Tuttavia mi pare che si possa concordare che la previsione meno peggio sia stata formulata da JP Morgan: pur sbagliando sulla squadra vincitrice, piazza due team che almeno accederanno alla finale. Questo non avviene invece per le altre previsioni.

UBS oggi è invece candidata per indovinare il solo secondo posto (Germania) mentre le squadre previste al primo e terzo piazzamento sono già state eliminate.

GS potrebbe (ed io concordo, non per ragioni tecniche, ma di congiuntura economica e sociale) indovinare solo il vincente, la Spagna, ma le altre candidate sono già fuori.

Danske Bank sebbene sia stata meno deterministica nelle sue previsioni, non è comunque riuscita a dare indicazioni migliori, anche se la Germania vincesse.

Paradossalmente il cliente meglio servito rischia però di essere il meno soddisfatto.

Infatti se dovesse vincere la Spagna (o la Germania) il cliente di Goldman Sachs o al limite quello di Danske Bank o UBS potrebbero pavoneggiarsi dicendo che il proprio consulente li ha fatti vincere. Mentre se le previsioni di JP Morgan fossero esatte - al netto del primo posto - il proprio cliente rischierebbe di non essere così contento come quelli della concorrenza perchè non ha individuato il primo posto.

L’argomento affrontato oggi è inaspettatamente molto fecondo: si potrebbe infatti iniziare un secondo filone di considerazioni relativo alla psicologia della percezione degli eventi. Non solo, si potrebbe anche fare qualche disquisizione sulle cause della volatilità dei mercati finanziari, ma il tempo è veramente tiranno e lascio quindi il compito delle vacanze ai miei due o tre volenterosi lettori.

Concludo, mentre rileggo il post, specificando che non sto accusando di cialtroneria le banche che oggi hanno sbagliato previsioni. La finanza è infatti uno dei pochi ambiti (oltre alle competizioni sportive) dove sia possibile misurare con precisione i risultati e quindi è un ambito nel quale è veramente difficile nascondere le proprie responsabilità ed errori. Resta da capire solo perché Abete non sia neppure sfiorato dall’idea di dimettersi.

Nessun commento: