lunedì 13 dicembre 2010

Dalla conclusione(?) della vicenda Parmalat una previsione inquietante per gli italiani - 1

Consiglio anzitutto la rilettura del post
http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2009/03/anatomia-delle-truffe-finanziarie-1.html
dove avevo delineato in astratto le possibili fattispecie di una truffa finanziaria.


Sulla notizia che l'ex cavalier Tanzi è stato condannato a 18 anni per il fallimento della nota azienda alimentare, voglio proporvi la mia personalissima visione dei fatti per trarre poi alcune considerazioni ed una previsione.

Immagino che le prime difficoltà aziendali vennero superate con un incremento progressivo degli affidamenti bancari: chi fa l'imprenditore a certi livelli ha contiguità con la politica e quindi non è difficile immaginare che gli istituti di credito si siano prestati ad allargare i cordoni della borsa, un po' per ossequio alle pressioni ricevute e un po' per evitare di gestire una grana come una crisi di tali dimensioni.

Quando i problemi sono diventati insostenibili - ma evidenti solo agli addetti - la ricerca di tempo supplementare per cercare di sbrogliare la matassa è diventata la priorità comune sia per il management sia per le banche affidatarie: la falsificazione dei documenti contabili è stata la soluzione.

Interessante notare che negli ultimi anni l'equilibrio formale del bilancio Parmalat si reggeva sostanzialmente su una voce sola: uno smisurato attivo di conto corrente presso una banca americana. In quel tempo invariabilmente, a fronte delle richieste degli analisti finanziari, che spesso chiedevano al management la ragione di una tale liquidità, la risposta era evasiva.

E' molto importante rilevare inoltre che la società di revisione (ovvero l'organo esterno deputato al controllo della correttezza del bilancio) non ha MAI verificato DIRETTAMENTE presso la banca in questione l'esistenza di tale liquidità.

L'exit strategy per le banche era impegnativa: sostituire il proprio flusso finanziario con quello altrui. Tuttavia nessuna banca avrebbe accettato di entrare pesantemente tra i nuovi finanziatori di tale realtà.

Per ridurre gli affidamenti occorreva dunque "accompagnare" l'azienda sul mercato obbligazionario, e permetterle di approvvigionarsi della liquidità necessaria alla sopravvivenza. La cosa naturalmente non sfuggiva agli analisti finanziari che ripetutamente chiedevano per quale ragione l'azienda effettuasse emissioni obbligazionarie nonostante la forte liquidità già presente.

Interessante notare che il sistema bancario ha curato l'emissione dei prestiti ed il loro collocamento lucrando le relative commissioni. Non solo, molte emissioni obbligazionarie non erano di diritto italiano: i titoli non sono stati cioè emessi con le regole vigenti in Italia ed è almeno dubbio che potessero essere offerti al pubblico italiano. Tuttavia la Consob non è stata in grado di bloccare questo pericolo per i risparmiatori.


Infine la corda si è rotta e... l'epilogo è noto.


Alla prossima volta per le mie osservazioni

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