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sabato 1 marzo 2014

Il finto problema del conflitto di interessi ed il vero problema della consulenza


Buongiorno ai miei lettori.

Questo mese ho lavorato veramente molto, ma si sa, ogni tanto mi tocca, specie quando il mercato promette di fare scintille. Quindi riesco a scrivere solo adesso.

L'unica "distrazione" di febbraio è stata la partecipazione ad una discussione alquanto interessante che mi ha permesso di focalizzare un aspetto sul quale non avevo mai riflettuto a fondo.


La questione che mi sono posto è: i consulenti finanziari indipendenti affermano talvolta in modo quasi ossessivo di essere "meglio" dei promotori finanziari perché offrono una consulenza priva di conflitti di interesse. E spesso questo argomento è il loro cavallo di battaglia.

Ma è una affermazione vera? E ammesso che sia vera è sostanziale per il cliente?

La risposta che avrei dato un mese addietro sarebbe stata affermativa. Oggi faccio svariati "distinguo".

Ma cos'è il conflitto di interessi?

Da Wikipedia

... è una situazione che si verifica quando viene affidata un'alta responsabilità decisionale a un soggetto che abbia interessi personali o professionali in conflitto con l'imparzialità richiesta da tale responsabilità, che può venire meno visti tali interessi in causa.

Naturalmente il fatto che esista un conflitto di interessi non vuol dire che questo si concretizzi.


Il promotore finanziario / bancario è in conflitto di interessi con il cliente?

In senso letterale no, perchè la "responsabilità decisionale" resta in capo al cliente. Io conosco molti soggetti che sono estremamente consapevoli di questa loro responsabilità, ma ne conosco altrettanti che lo sono meno.

O come disse un mio cliente molto pragmatico: "Senta Giaume, lo so che deve fare il budget, quindi lei mi faccia guadagnare ed io la aiuto a farlo".

Vi riporterò al fondo del post la risposta che gli ho dato.


Tuttavia poichè lo spirito è forte e la carne è debole possono capitare (e capitano) situazioni in cui persone distratte, pigre o incompetenti possano essere fortemente influenzate da una persona che per qualche ragione ha su di loro una leadership.

Non c'è dubbio che le banche e le istituzioni finanziarie abbiano negli ultimi 20 anni approfittato pesantemente di questa situazione, nella quale sono passate da cassaforte della famiglia italiana a gestore del risparmio della famiglia.

C'è sempre la possibilità che i piani retributivi (dei PF) o i budget (dei bancari) siano opportunamente impostati in modo che questi siano molto invogliati a fare l'interesse della Società prima ancora che quello del cliente. E l'abbondanza di assicurazioni affibbiate alla clientela lo testimoniano. Ma lo testimoniano anche le obbligazioni Parmalat ed Argentina mollate ai clienti e la diffusione dei fondi di fondi. In genere questi oggetti offrono molti più vantaggi a chi li colloca rispetto a chi li compera.
Quindi dato per scontato che c'è conflitto di interesse tra banca e cliente (così come c'è tra macellaio e cliente) passiamo al punto della discussione.

Il consulente indipendente è privo di conflitti di interesse?

La risposta dei C.I. è: "Certamente, noi siamo professionisti, veniamo remunerati in base alla produzione intellettuale e non in base alla vendita. Quindi possiamo
consigliare il cliente di investire in quote di una società non quotata o di un immobile, o su una asset allocation fatta con ETF.".

I primi due consigli non ricadono nell'ambito della cosiddetta "riserva di legge": chiunque può consigliare un terzo a compiere tali operazioni e chiedere un compenso per questa attività. Anche un promotore potrebbe farlo; senza contare che non si può escludere a priori che l'oggetto del "suggerimento" non sia già nel portafoglio del proponente...

Il terzo punto ricade invece nell'attività riservata. Vuol dire che solo soggetti autorizzati possono permettersi di dire: "Questo insieme di valori mobiliari fa al tuo caso."

Il rischio tipico del "conflitto di interesse" che si corre con una banca o promotore è che i valori suggeriti (fondi /azioni /obbligazioni) non siano i migliori per il cliente ma quelli migliori (più redditizi) per il collocatore.

Ma oggi ci sono a disposizione contratti di consulenza che neutralizzano questi rischi. Al peggio se il cliente non vuole pagare la parcella di consulenza ci si può arrangiare scegliendo tra una vasta quantità di prodotti similari. Per esempio: abbiamo deciso di investire in Europa? Il PF (bancario) può proporre una moltitudine di fondi Europa di case differenti, la cui profittabilità per il PF è simile e selezionare il migliore tra quelli.

Per dare una regola spannometrica direi che forse il cliente dovrebbe essere molto più vigile quando gli vengono proposti contratti assicurativi con elevata componente finanziaria.


Il problema del consulente indipendente sono le economie di scala.
Il C.I. specie quello che vuole offrire molti differenti servizi ha bisogno di ricorrere a svariate piattaforme tecnologiche - che possono anche essere molto costose - e quindi è probabile che debba ricorrere all'acquisto di servizi di terzi (tipicamente venduti da una figura a cavallo tra l'associazione di categoria ed il provider di servizi).


Il risultato è che il consulente indipendente comperando tale know how diventa  un rivenditore, e a meno che non sia un genio, potrebbe addirittura fornire servizi dei quali non ha una conoscenza approfondita. Esattamente come fa un medico di base. Ma così rientra a pieno titolo nel conflitto dal quale voleva fuggire.

Fin qui i falsi problemi della consulenza.

I veri problemi a mio avviso sono altri.

Per la mia esperienza l'asset allocation del cliente viene fatta "a muzzo". Nel senso che la banca in genere offre alla rete dei PF tutti i report di tutte le case che distribuisce (in genere sono moltissime). Poi sta al PF decidere come sintetizzare la visione e come concretizzarla sul singolo cliente.

D'altra parte la banca ha un interesse molto preciso a non dare indicazioni forti in merito. In questo modo il portafoglio dei clienti dell'istituto sarà disposto gaussianamente minimizzando i rischi per l'Istituto.

Ci sarà cioè il cliente super scontento che se ne andrà lasciando QUELLO specifico promotore nei guai (ma non la banca) e ci sarà quello super contento che porterà altri soldi.
Mediamente per la banca andrà sempre bene.

Allora la domanda che andrebbe fatta a tutti è:
- dimostrami che hai i mezzi per darmi una visione coerente del mercato e tale da commisurare i rischi ai rendimenti.
- Dimostrami che hai il modo di misurare i risultati (sembra incredibile ma in genere le banche non offrono un servizio credibile di misurazione delle performances del portafoglio).
- Dimostrami che conosci il servizio di asset allocation che vendi, che sai cosa c'è dietro e magari dimostrami che funziona, che mi fa guadagnare.

E qui in genere inizia il difficile.



PS La risposta che ho dato al mio cliente è stata quella solita.
"Non ho budget di vendita; in linea di massima non vendiamo prodotti di terzi; ci poniamo accanto al cliente, sul mercato, per procurarci quello che serve.
Sono retribuito in base ad una percentuale complessiva del fatturato che genera; i costi effettivi cui lei è sottoposto sono chiaramente indicati nella prima pagina di ogni estratto conto e quindi può in ogni momento fare un raffronto tra il rendimento, il costo e la qualità del nostro servizio. Inoltre non abbiamo commissioni di ingresso, uscita o vincoli di permanenza, nè contrattuali nè de facto, come avviene invece quando si comperano certi titoli che all'emissione costano 100 e poi vanno a 90 al primo giorno di quotazione."



















giovedì 11 febbraio 2010

Che dagli amici mi guardo io...

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Avevo deciso di fare un post "informatico", nel quale spezzavo una lancia verso Ubuntu, una distribuzione di linux, che adopero da anni e che, secondo me, va almeno come Windows XP, anche se occorre un briciolo di cultura informatica in più per usarla.
Però è gratis.

Ma si sa, la vita ha più ironia degli uomini e ieri la chiavetta USB sulla quale avevo depositato il mio panegirico è morta portandosi dietro il mio lavoro.

Così oggi mi trovo a fare un post "al volo" e a meditare sull'ammonimento del Fato ad allungare l'Epsilon alll'informatica.


Meno male che di spunti in finanza ce ne sono tanti.

Due banche sono state recentemente sanzionate dalla Consob: una pur avendo a disposizione molti strumenti finanziari metteva in condizione i propri addetti alla clientela di offrire i propri prodotti "a prescindere dalle reali esigenze dei clienti"; l'altra invece dava "consulenze" in modo un po' leggero, come dire, senza prima aver "visitato" il paziente.

Però l'onore è salvo, in quanto, con modalità tipicamente italiane, i nomi delle banche non sono stati fatti.

La Consob si comporta verso i risparmiatori un po' come i camerati anziani del servizio militare quando dicevano: "stanotte dormi preoccupato".

Ma non basta: è notizia recente, sempre di fonte Consob che uno studio "sui prodotti strutturati emessi sul mercato tedesco e su quello svizzero a partire dal 2007, mostrano che solo un ristretto sottogruppo dei prodotti distribuiti è compatibile con la massimizzazione dell’utilità di un investitore le cui preferenze siano definite secondo i principi della teoria del prospetto (in particolare, avversione alle perdite e propensione al rischio a fronte di scenari negativi). La maggior parte dei prodotti, invece, oltre a non consentire la massimizzazione dell’utilità di un individuo che esibisca preferenze razionali, è compatibile solo con l’ipotesi che l’investitore sottostimi le probabilità degli scenari sfavorevoli in modo sistematico, non essendo in grado di comprendere la complicata struttura dei payoff.".

Ovvero non ci si capiva niente altrimenti i clienti non li avrebbero comperati.

Bei tempi quando mio padre mi diceva che per i suoi soldi lui aveva un amico in banca.

mercoledì 28 ottobre 2009

Spezzatino bancario

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Prendo spunto dalla dichiarazione del governatore della Banca di Inghilterra del 21 ottobre scorso.

Questi - per evitare nuovi crac - auspicava, più che una nuova regolamentazione dei mercati, una divisione dei ruoli delle banche, separando le attività più rischiose da quelle più stabili. Ad esempio scindere le attività di deposito da quelle di investimento.

Presento orgoglioso il mio intervento fatto il 12 ottobre al Business Club di Manageritalia, a Torino il cui titolo era:

Possono i risparmiatori evitare il prossimo disastro?
Una proposta semplice di autotutela.

Dopo aver esaminato la genesi della recente crisi esaminavo il “peccato originale” del risparmio notando che:

1) il risparmio è creato dalle famiglie e assorbito dalle imprese; in origine veniva raccolto dal sistema creditizio con strumenti semplici e trasparenti come i conti di deposito.

2) Grazie a tale attività il sistema bancario ha assunto il ruolo di “cassaforte delle famiglie” guadagnandone la fiducia.

3) Nel corso degli anni per raccogliere il risparmio sono stati presentati e consigliati alle famiglie strumenti finanziari via via sempre più complessi e meno trasparenti. Questo ha significato per le famiglie una crescente difficoltà di comprensione delle proposte mentre ha comportato guadagni sempre maggiori per i proponenti.

4) Le banche si sono trasformate da semplici raccoglitori di denaro in gestori e consulenti dei risparmiatori. Facendo emergere un inevitabile e colossale conflitto di interessi perché la consulenza è stata svolta consigliando prodotti sul cui collocamento gravava un interesse specifico e diretto: la banca da depositaria si è trasformata in gestore di patrimoni e in consulente interessato.

5) Le famiglie non hanno percepito questo mutamento epocale e hanno continuato a nutrire fiducia in quella che era ancora percepita come “la cassaforte”.

6) Oggi sebbene il sistema bancario abbia dimostrato di non disporre dell’indipendenza per fare consulenza nell’interesse del cliente, continua a drenare la massa dei risparmi.


Concludevo con un consiglio semplice e facilmente eseguibile

Dividere i ruoli per ridurre i conflitti di interesse

- La Banca deve offrire i servizi che sa fare meglio e cioè la custode dei patrimoni e la finanziatrice di imprese.
- La consulenza indipendente aiuterà i risparmiatori nei propri investimenti.

Ovviamente se le banche in un futuro dimostrassero di saper fare consulenza indipendente - per esempio scindendosi e accogliendo così il suggerimento del Governatore della Banca d’Inghilterra - saranno accolte con calore nel novero dei concorrenti leali: inizierà una bella sfida professionale a vantaggio del cliente.