giovedì 4 agosto 2016

L'investitore di Pavlov

Oggi tornerò a fare qualche riflessione sulla psicologia degli investimenti.
Sono argomenti che ho affrontato in prevalenza nei miei post del 2009 e 2010 e che vi consiglio vivamente di (ri)leggere, se avete un momento di tempo in questa pausa estiva.

E' importante la psicologia quando si parla di investimenti? A mio parere sì, e molto.

Oggi un po' provocatoriamente vi "dimostrerò" per quale ragione un investitore poco consapevole si affanni ad investire in prodotti che difficilmente ex post gli daranno soddisfazione.

Lo fanno per evitare di affontare ex ante l'ansia ed il dolore.


Due degli assunti più noti della psicologia applicata alla finanza affermano che
- mediamente il dolore generato da una perdita è doppio del piacere generato da un guadagno.
- si preferisce un evento favorevole certo di minore entità ad uno incerto di maggiore entità, ma non viceversa (ovvero si preferisce una perdita probabile di 20 piuttosto che una perdita certa di 10).

In base al primo assunto pertanto è possibile guadagnare ed essere scontenti o, più realisticamente poco soddisfatti, senza tuttavia averne ben chiaro il motivo.

Sia chiaro che la descrizione che segue estremizza le dinamiche reali, per renderle palesi.

Osservate la tabella ed il relativo grafico 





















Osserviamo nella tabella precedente una funzione crescente che genera ondate successive di piacere e dolore.

E adesso vediamone il grafico.





















Ciascuno di noi ex ante firmerebbe subito una dichiarazione che vuole proprio un investimento così.

Ma questo solo perchè vediamo ex ante sia l'inizio che la fine del grafico e quindi inconsapevolmente siamo rassicurati dall'evidente happy end.

Ma "nel mentre", siamo bombardati dalla Brexit, dal Monte Paschi e dal terrorismo: subiamo quella che i militari chiamano Fog of War . Siamo quindi - a causa del contesto - giustamente ansiosi. Per questa ragione il nostro cervello vorrebbe quietare. Almeno per i nostri investimenti che rappresentano i nostri sogni e le nostre sicurezze.

Questo desiderio ci rende quindi disponibili a credere che siano possibili cose che in fondo sappiamo non essere tali. 

Tutti noi sappiamo che i tassi sono a 0.
Però siamo pronti a credere  che sia un buon affare comperare obbligazioni che rendono un po' più di 0 a causa della dubbia solvibilità del creditore (in questi anni i bond bancari ne sono stato un esempio eclatante); ma anche si ripone fiducia (eccessiva?) negli algoritmi simili a quelli degli hedge fund che dovrebbero smorzare magicamente le oscillazioni del nostro capitale.


Infine in base al secondo principio enunciato all'inizio del post - poichè investire in beni che variano vistosamente i prezzi è sempre inevitabilmente una esperienza dolorosa - l'investitore medio non supportato tende ancora oggi a evitarlo preferendo (implicitamente) casomai subire una perdita maggiore.

Rifuggire investimenti che oscillano e cercare investimenti che mascherano le oscillazioni non ha solo il vantaggo iniziale di non doversi caricare di una responsabilità e del peso della gestione dei prorpi investimenti: ne ha anche uno finale. Se le cose dovessero andare male la colpa sarà limitata al rimprovero di essersi affidati ad un mascalzone, ma non ci chiameremo troppo in causa sulle scelte fatte.

In queste condizioni l'industria del maquillage o se preferite del tranquillante finanziario ovviamente prospera.

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