giovedì 5 dicembre 2013

Il diavolo in cattedra - I quadri come investimento? Meglio i diamanti!

Buongiorno.

Mi affaccio oggi su un argomento che avevo in archivio da tempo immemore ma, poichè esce di molto dal seminato finanziario, avevo sempre evitato di affrontare.

Tuttavia, sulla scia del post sui diamanti ho oggi l'ambizione di scalfire l'argomento dell'arte come investimento.


Chi ha letto l'articolo precedente sa che le mie perplessità sui diamanti erano basate sulle osservazioni della struttura del mercato.


Una struttura opaca che pare si ripeta anche nel settore dell'arte.

Le informazioni che ho raccolto per questo post e per formare la mia opinione mi paiono plausibili, tuttavia invito ciascun lettore ad esprimere la propria opinione e ad integrare le mie informazioni.



Una fonte che mi pare esemplare per chiarezza è questa. Vi invito a spendere alcuni minuti e leggere il post con attenzione.


In sostanza l'autrice del blog sostiene che il prezzo di un'opera è determinato dalla dimensione fisica del quadro moltiplicato per un certo coefficiente attribuito all'artista.

Il punto quindi sta nel capire come si determina il coefficiente.

Pare che questo sia determinato in base a [cito testualmente]:


- l’importanza della galleria che lo rappresenta [l'artista];
- l’importanza del critico che scrive per lui;
- l’importanza e il numero di esposizioni personali e collettive;
- l’esposizione delle sue opere in grandi kermesse, mostre e istituzioni pubbliche;
- la pubblicazione delle opere in cataloghi e libri d’arte;
- la presenza dell’opera in collezioni pubbliche e private importanti;
- la vincita da parte dell’artista di premi importanti.

Prosegue la citazione testuale

...il sistema che dà valore agli artisti è un sistema di relazioni che si concatenano tra loro. Il critico sarà importante qualora collaborerà con gallerie di rilievo e per artisti affermati. Il gallerista sarà influente qualora gli artisti proposti avranno avuto un riconoscimento pubblico da parte di istituzioni e musei, oltre ad essere entrati nelle collezioni private. Il collezionista avrà influenza nel successo di un artista, qualora la sua collezione sarà ricca e rappresentativa di un determinato periodo o movimento artistico e qualora le sue opere saranno rese pubbliche tramite, almeno, prestiti per esposizioni.

L'autrice conclude poi con una serie di considerazioni relative alla gestione dei nuovi artisti e dice che è importante che nei periodi di crisi economica i giovani non vengano lanciati sul mercato, per evitare che si crei l'invenduto.

Questo - non soprendentemente - vuol dire che il prezzo è la risultante non solo del ciclo economico, ma anche, e forse soprattutto, è la risultante di una serie di condizioni poco oggettive quali cointeressenze professionali, capacità di gestione dei flussi di  domanda ed offerta, asimmetria informativa.

Il consiglio finale dell'autrice è che per fare un buon investimento occorre cercare un autore "liquido", cioè molto trattato.

Adesso saprete come argomentare (ammesso che il vostro interlocutore riesca a capire di cosa state parlando) quando uno dei tanti Tancredi di Marzio attaccherà con la tiritera dei "mercati finanziari pilotati" concludendo  trionfalmente che è meglio investire un bene rifugio perché tiene il prezzo.

Certo che tiene il prezzo. Non lo fa!

A questo punto immagino possa scattare la rivalsa emotiva dell'investitore in arte: "Ma il io mio quadro me lo godo!"

Due sole frasi per la replica.

a) Mi ricorda l'atteggiamento di chi parte per fare trading e poi diventa cassettista perchè non ha il coraggio di vendere in perdita.

b) E' noto che "chi si accontenta..."

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