lunedì 23 dicembre 2013

Il senso del Natale e gli investimenti

Buongiorno!
Seguo la tradizione dei miei post natalizi.
Stralunati, affabulatori, senza un filo logico e tuttavia araldi idee degne di essere in qualche modo rielaborate, tra una fetta di panettone ed un bicchiere di moscato.


Oggi scriverò un post ai limiti del politicamente corretto: legherò infatti due argomenti  antipodali, che - inaspettatamente - hanno fastidiosi punti in comune.

Eviterò di approfondire gli aspetti più strettamente religiosi del Natale: faccio solo notare come la natura tendenzialmente materialista dell'uomo faccia sì che la massa senta l'attuale ricorrenza come più importante della Pasqua, quando invece è vero il contrario, come ha - ad esempio - sottolineato S. Paolo (1 Corinzi 15: 12-17).


Mi stavo dunque chiedendo, in questi giorni, quale fosse il significato del Natale non solo per i cristiani, ma in generale per la civiltà occidentale e per me in particolare.

Preavviso inoltre che le conclusioni cui giungerò sono veramente deludenti rispetto alle premesse.


Una riflessione banalmente laica sul senso del Natale potrebbe indurre a pensieri su tutte le cose che diamo per scontate e che invece tali non sono.

Il fatto di aver caldo in inverno; di non patire la fame; di disporre di cure mediche o non essere in pericolo fisicamente è per noi scontato, ma non lo era né per Gesù e neppure lo è ancora adesso per molti.

Vi tranquillizzo immediatamente.
Non intendo fare un post alla Frank Capra , non intendo stuccarvi.

Permettetemi però di fare un riferimento personale per potermi connettere al tema degli investimenti.

Quello del 1972 fu un pessimo Natale: mia nonna sarebbe morta da lì a sei mesi; era un periodo di ristrettezze economiche dovute alla crisi degli anni 70 e mi pare di ricordare anche qualche conflitto familiare.

Ripensando a quei giorni mi sono stupito, poichè la sofferenza che provavo nel ricordarli non era correlata alla situazione sommariamente descritta. Se mi soffermo su questo periodo ad esempio provo una sensazione di disagio maggiore rispetto ad allora.

Voglio però subito tranquillizzarvi: il fatto che provi oggi disagio, mentre sono davanti ad un PC -  quindi con la luce elettrica disponibile - al caldo, dentro una casa comoda vuol dire che non ho praticamente preoccupazioni, se non quella di lamentarmi.

Per giustificare questa distonia tra la situazione di allora e quella odierna mi piacerebbe fare una serie di considerazioni relative al funzionamento della memoria (che è selettiva in senso positivo) e alla percezione del momento attuale (che tende ad essere sovrappesato), ma allungherei molto questo post, mentre invece il mio obiettivo è di essere sintetico a discapito della logica e della completezza. 


Tornando a noi: la differenza sostanziale tra i due Natali mi pare sia data in ultima analisi dalla speranza.

Allora - tra le altre cose - avevo speranza che quella fosse una situazione transitoria, oggi questa aspettativa è molto affievolita.

La speranza è dunque fondamentale per interpretare gli avvenimenti della vita.

Ma, mentre è legittimo avere una speranza fondata su basi ragionevoli il più delle volte mi pare che questa sia inquinata dal narcisismo del quale siamo permeati e che tende a renderci poco consapevoli della situazione che stiamo vivendo realmente.

Capita così, ad esempio, che per giustificarci ai nostri occhi, prima ancora che davanti al mondo, ci arroghiamo lo status di vittime di complotti orditi alle nostre spalle.

Chi non ricorda la miriade di politici che dopo decenni di cattivi provvedimenti tuona contro la speculazione che si accanisce contro il Paese piuttosto che recriminare sulla modestia del proprio operato?

Mi pare dunque palese che il narcisismo abbia molto a che fare con la nostra visione della vita e di conseguenza anche con gli investimenti.

Ecco dunque che emerge il legame tra il Natale e la finanza: la nostra percezione deformata della realtà.

Vi propongo adesso alcuni spunti di riflessione.

Il peccato originale: non potrebbe essere in fondo un peccato di narcisismo? Sarebbe interessantissimo esplorare le interpretazioni psicoanalitiche della Bibbia, ma ci porterebbe ancora una volta troppo lontano dall'obbiettivo della brevità.

A ben vedere anche la teoria geocentrica dell'universo è una interpretazione narcisistica di alcune, parziali, osservazioni astronomiche.

...ma anche il presupposto dell'ebraismo, ovvero l'essere la tribù eletta di Dio mi pare un po' narcisistica. Non è forse un caso che la Shoa abbia messo in discussione tale visione.

...ma anche comperare un biglietto della lotteria in fondo è una manifestazione narcisistica: si coltiva il sogno irragionevole di essere privilegiati dalla sorte, contro ogni aspettativa razionale.

Utilizzando questa chiave di lettura le bolle finanziarie non sono altro che momenti nei quali il narcisismo ha preso il sopravvento sulla ragione.

Ma, a questo punto, un osservatore lucido e spietato sarebbe legittimato a porre la questione se anche le religioni non siano una sorta di bolla generata dal narcisismo.

Naturalmente la questione è indecidibile, poiché a differenza degli investimenti finanziari, dove a fine giornata si possono fare conteggi privi di ambiguità, in questo caso non è possibile. Occorre tuttavia ricordare che più di un aspirante trader preferisce trasformarsi in un cassettista piuttosto che "incassare" una perdita. E quindi, mutatis mutandis, per taluni i segni "evidenti" dell'esistenza (inesistenza) di Dio non sono ritenuti validi da altri.

Ecco dunque una delle ragioni per le quali lavorare nel campo della finanza è difficile: il proprio narcisismo viene messo a dura prova tutti i giorni lavorativi.

Ma non solo: il narcisismo del cliente si oppone alle scelte ragionevoli, per cui sia che si faccia bene sia che si faccia male si sbaglia. Infatti quando le cose sono andate bene era evidente che le cose sarebbero andate bene e quindi si è azzardato troppo poco. Quando le cose vanno male è vero il contrario.

E quindi, per questo attimo di pausa dalla quotidianità, benedico il Natale.

1 commento:

Guido Giaume ha detto...

Naturalmente il caso stamina nella sua drammaticità è un classico esempio di narcisismo che inquina la speranza.
Mi rendo conto che non sia semplice quando si è coinvolti non accettare un destino avverso.