martedì 19 novembre 2013

Il diavolo in cattedra - Il mercato, questo sconosciuto


Inauguro oggi una serie di argomenti decisamente difficili ed astratti, ma indispensabili per capire meglio il mondo degli investimenti.

Il titolo che scelgo è mutuato dalla serie del "diavolo nei dettagli", ma poichè si tratta di uno spin off che riguarda aspetti teorici ho deciso di non etichettarlo esattamente allo stesso modo.

D'ora in avanti quindi ci saranno due tipi di "diavoli": il "diavolo in cattedra" che riguarderà i miei maldestri condensati di argomenti teorici, tipici di un manuale di economia, e il "diavolo nei dettagli" che riguarderà singoli prodotti di investimento.


Un cordiale saluto ai miei lettori

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Tutti gli aspiranti speculatori sanno che per moltiplicare i propri soldi
devono comperare a prezzi bassi e vendere a prezzi alti. Così l'attenzione della massa si concentra esclusivamente sui "numeri".

S
ono poche le persone consapevoli che il prezzo dipende anche da come è organizzato il mercato.

Anni fa mi ero già interrogato in modo assai superficiale sulla natura del prezzo di un bene di investimento. Oggi grazie allo stimolo di un amico, apro una serie di considerazioni un po' più strutturate.


Le domande odierne sono: "A cosa servono i prezzi? Come si formano? I prezzi sono tutti uguali?"

Come aveva già capito, in un altro settore, il marchese di Condorcet la "questione del metodo" non è banale.

Senza la consapevolezza del meccanismo di formazione dei prezzi investire diventa come giocare ad uno sport senza conoscere tutte le regole del gioco.  

Facciamo oggi un breve excursus generico e in seguito proveremo a calarlo nella realtà della speculazione, sia finanziaria sia reale.



Sappiamo fin dalla scuola che il prezzo si forma mediante l'incrocio della domanda e dell'offerta.


La domanda

Per
approfondire l'indagine occorre introdurre anche il concetto di valore.

Possiamo dire che il valore (per il compratore) è la somma delle utilità egli che attribuisce ad un determinato bene. E' la misura di quanto denaro potrà al massimo cedere per godere del possesso di quel bene.


Detto altrimenti: ciascuno di noi sarà disponibile ad acquistare un bene fino al raggiungimento del valore che gli attribuisce, ovvero fino a quando il cd. surplus del consumatore (la differenza tra prezzo e valore) non si azzera.

Poichè la funzione di utilità è soggettiva - è cioè una funzione molto personale che varia nel tempo, ad esempio in base alla previsione della durata della propria vita, alla ricchezza attuale e/o a quella che si prevede di avere in futuro - il valore di un bene è soggettivo.

E facile intuire che la somma di tutte le funzioni soggettive di utilità  genererà la curva di domanda del bene in questione. E la curva di domanda non è altro che l'indicazione di quanto un bene sia richiesto dai clienti ad un certo livello di prezzo.

A questo punto dovrebbe iniziare a diventare evidente l'importanza di domandarsi se il bene nel quale stiamo investendo abbia un mercato. Ecco che la parola assume almeno due significati, quello di luogo di scambio e quello di strumento per misurare quale sia la curva di domanda, che a sua volta è la misura di quanto mediamente sia utile per la massa dei clienti / investitori / consumatori avere o non avere un certo oggetto.

Non solo, diventa evidente che se esistono più mercati o questi mercati non sono trasparenti la formulazione di un prezzo diventa molto più soggettiva e si rischia quindi di allontanarsi da un prezzo che sia generalmente riconosciuto come equo.

Si è cioè a rischio "fregature".




L' offerta

La questione per i produttori è: quale sarà il livello di produzione che mi permette di massimizzare i profitti?

Una parte della risposta risiede evidentemente nei costi di produzione: non posso vendere in perdita.

L'altro punto chiave per rispondere alla domanda è: qual'è la struttura del mercato?

Ma cos'é la struttura del mercato? E perchè è importante?

La struttura indica come è fatto materialmente il mercato: a seconda della quantità (o del comportamento) degli attori (compratori o venditori) il potere contrattuale si distribuisce diversamente tra domanda ed offerta.

Viene da sé che il potere contrattuale determina chi farà la parte del leone nello scambio.


Tutti hanno sentito parlare del mercato perfettamente concorrenziale: un numero elevato di compratori e produttori, senza alcuna barriera all'ingresso ed una elevata elasticità della domanda.

Qualsiasi studente di economia è in grado di dimostrare che il "vantaggio" per l'acquirente è il massimo possibile, perché il prezzo è pari al costo marginale del bene. Detto altrimenti, qualsiasi produttore che provasse ad alzare il prezzo per fare un po' di profitto si troverebbe subito fuori mercato.

Molti avranno anche sentito parlare del monopolio, ovvero quella condizione nel quale un solo venditore la fa da padrone e organizza la produzione per massimizzare i propri profitti.

Questo vuol dire che, in caso di monopolio, o di oligopolio dove i venditori magari sono organizzati in un cartello, la quantità di bene immessa sul mercato sarà quella che permetterà la massimizzazione del profitto per i produttori, a danno dei consumatori.

Non è un caso che da oltre 100 anni esistano organismi antitrust.





Per concludere una domanda provocatoria:

se foste produttori preferireste agire in regime di monopolio o in un mercato concorrenziale?

E se foste compratori?


Nelle prossime volte caleremo il ragionamento nella pratica quotidiana.

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