venerdì 17 febbraio 2012

La democrazia attenuata 3/5

La disillusione di Pareto

Agli inizi del 20° secolo Pareto si propone di rifondare la sociologia partendo da due osservazioni: la prima è che nella maggior parte dei casi l'individuo si comporta in maniera non logica: per dirla in termini berniani Pareto osserva acutamente che siamo in balia del nostro Bambino.

La seconda deriva dalla constatazione che all'interno delle società vi sono gruppi che dispongono di potere e ricchezza ed altri che ne hanno quantità sensibilmente inferiori.

Evidentemente i tempi erano maturi e i padri della psicoanalisi non erano gli unici ad avvertire la necessità di allargare il raggio delle esplorazioni del comportamento umano.

Pareto quindi elabora una teoria delle élites dove sostiene che ogni società nel corso del proprio sviluppo ha dovuto misurarsi con il problema dello sfruttamento e distribuzione delle risorse scarse.

La creazione di élites è stata la risposta generale, declinata tramite differenti meccanismi sia di formazione sia di ricambio, a seconda delle strutture sociali e dei tempi1.

Pareto evidenzia come l'azione di gruppi organizzati possa influenzare pesantemente le vicende di una moltitudine, negando la sostanza della democrazia intesa come potere del popolo. Osservo tuttavia che il vantaggio della democrazia è di aver reso un po' meno irrazionali i meccanismi di formazione e rinnovamento delle classi dirigenti. Siamo passati dal diritto di sangue o divino a quello del popolo.

L’elitismo immagina quindi una società in cui le élites sono obbligate a competere per soddisfare i loro “clienti” e quindi è più efficiente di altre forme di governo.

Per certi versi l'elitismo ha una radice comune ai libertarismi “di sinistra” ma, mentre per gli elitisti le istituzioni statali sono una realtà che non si può mettere in discussione, per i libertari lo Stato è una creazione storica post medioevale. E' un’istituzione, o per usare una frase cara al giudice Falcone “E' un fatto umano e come tale ha avuto un’origine e avrà una fine”.

Per tornare all'analisi storica, temo che dopo gli anni 20 del Novecento chi avesse avuto l'illusione romantica che la scienza avrebbe potuto portare l'umanità verso nuove frontiere, non solo della tecnologia ma anche della felicità, avesse già molti elementi per per dubitarne, anche se naturalmente ex post tutto è molto evidente.

1Pareto V. Trattato di sociologia generale Curato da Busino G. UTET, Torino, 1988;

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