venerdì 17 febbraio 2012

La democrazia attenuata 4/5

La politica rincorre l'economia? Ci aspetta una “democrazia oligarchica”?

Oltre alle osservazioni di Pareto e prima ancora dell'avvento della globalizzazione è la complessità del nostro mondo a porre nuovi interrogativi sul futuro della democrazia e dei suoi strumenti. Le problematiche alle quali sono chiamati a decidere i cittadini sono sempre più complesse e di respiro sempre più ampio.

Se possiamo illuderci – a mio avviso erroneamente - che un tempo fosse più facile per il popolo comprendere gli argomenti sui quali era chiamato a decidere, e se oggi fa sorridere che in alcuni cantoni svizzeri sia ancora necessario un plebiscito comunale per autorizzare gli ampliamenti delle abitazioni, credo sia oramai palese la distanza tra il corpo elettorale e gli argomenti sui quali è chiamato talvolta ad esprimersi.

Se comunque nel passato potevano essere concepibili e forse adeguati i meccanismi della democrazia diretta già dagli anni 80 del secolo scorso con l'ondata dei referendum popolari sull'abolizione del Ministero dell'Agricoltura e Foreste o del referendum sull'energia nucleare si capisce come le scelte alle quali la cittadinanza è chiamata a decidere diventino sempre di più ardua comprensione per il cittadino medio, che tende ad oscillare tra l'idealismo e un presunto pragmatismo.

Questa osservazione liquida la sostanza della democrazia intesa come “governo diretto del popolo” anche su porzioni minori delle decisioni politiche.

Se a quanto detto aggiungiamo l'ulteriore tessera del fenomeno recente della globalizzazione, che non può essere fermata o invertita, comprendiamo in pieno (l'almeno attuale) inadeguatezza delle istituzioni ereditate: a fronte di necessità globali quali la regolamentazione dell'inquinamento, lo sfruttamento delle risorse naturali, ma anche più “semplicemente” sulle scelte più adeguate per stabilizzare il sistema economico mondiale, si capisce come i gli ambiti nazionali siano diventati decisamente obsoleti.

In assenza di un afflato ideale le vicende politiche sono vissute dalla massa con fastidio o indifferenza, e se oggi è quindi visibile il declino della partecipazione o la radicalizzazione delle istanze - cavalcata da avventurieri che fanno del governo della polis una ignobile professione - diventa difficile immaginare che le vecchie regole possano produrre un miglioramento della situazione attuale o futura.

Ma anche se una certa parte del mondo fosse sensibile alle tematiche del buon governo avremmo sempre una ampia divergenza tra i popoli rappresentati ed informati e quelli non rappresentati e non informati. Non si può vagheggiare che la tecnologia possa aprire le porte ad una democrazia globale: da un lato metà della popolazione della Terra non ha mai acceso una luce elettrica e dall'altra parte non è possibile non rilevare l'azione di vaste organizzazioni economiche che nella tensione, lecita, di procurarsi vantaggi economici influenzano e deformano nelle masse la percezione della realtà, diventando quindi nuovi attori politici in senso ampio.

Possiamo trarre un esempio didascalico dal recente sviluppo tecnologico: dagli albori dell'informatica e fino a quando Windows è diventato lo standard di fatto del personal computing gli esperti sono sempre stati molto polemici riguardo al sostanziale monopolio della società di Redmond, poiché l'omologazione ha molteplici controindicazioni.

Oggi poi compare un fenomeno nuovissimo che affliggerà il mondo occidentale in modo ancora più pesante. Attualmente questa moda è attribuibile a questioni di competizione economica, ma come anticipato poc'anzi potrà essere cavalcata presto da parti politiche.

E' in atto la tendenza a sostituire i PC, che sono strumenti almeno potenzialmente versatili, dove l'utente ha un forte controllo della macchina, con una serie di altri hardware fortemente specializzati, dove l'utente non ha più controllo del sistema. Usando un innocente Iphone si abdica, per comodità o per moda, a certi diritti.

Mi spiego meglio: finché una lavatrice ha un insieme di programmi rigidi l'utente scambia la libertà di lavare come crede i propri panni con una grande semplicità d'uso e in questo caso il baratto è poco pericoloso. Quando si passa però dalla lavatrice a strumenti che permettono o meno la diffusione di contenuti intellettuali il baratto proposto (e spessissimo inconsapevolmente accettato) è quello tra essere “cool” e far decidere ad un altro quali flussi informativi devono raggiungermi.

In altri termini le “app” per i telefoni intelligenti che si scaricano gratuitamente sono sottoposte alla preventiva approvazione delle case detentrici dei sistemi. Queste arbitrariamente possono decidere quali “app” diffondere e di conseguenza selezionare la fruizione dei flussi informativi a proprio piacimento.

Per concludere: se un tempo si definiva “liquida” la società1 adesso il rischio è che diventi liquido il potere, ovvero che le decisioni siano prese non all'interno di gruppi esclusivi, ma, cosa infinitamente peggiore, da aggregazioni temporanee di potentati che non sono neppure in contatto diretto tra loro, ma semplicemente accomunati da convergenze contingenti.

Naturalmente questa possibilità comporta una tendenza all'entropia del sistema che è infinitamente maggiore rispetto a quella precedente. La lotta contro gli interessi del complesso militar industriale denunciato da Eisenhower diventa quasi un gioco da ragazzi, perché allora almeno si sapeva in che direzione guardare.

1Bauman Z., Modernità liquida, Bari, Laterza, 2003;

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