lunedì 9 aprile 2012

“mal olandese” o “mal greco”?

Come sarà l'Italia dei nostri figli e dei loro figli?

Quando saranno adulti il Paese sarà ancora una media potenza mondiale?


Oggi per PIL siamo ancora ai vertici della classifica mondiale, ma molti indicatori (competitività, graduatorie mondiali sulla certezza del diritto o sulla libertà economica) segnalano il nostro indebolimento.

Quali sono le cause del nostro declino? Perchè quando anche Monti evoca una sindrome greca io prospetto invece una sindrome olandese? E perchè mai “olandese”?

Ovviamente per rispondere compiutamente a questa domanda occorrerebbe scrivere un libro. Mi permetto invece di suggerire solo alcuni spunti di riflessione.

Espongo, per iniziare, un modello molto stilizzato delle dinamiche politico economiche negli ultimi cinquanta anni.

Siamo stati uno dei paesi chiave del settore sud europeo del Patto Atlantico e abbiamo avuto il partito comunista più consistente di tutta l'Europa occidentale.

Mentre, per mantenere l'ordine stabilito a Yalta, i russi non si sono fatti particolare scrupolo ad usare la forza, gli americani hanno - per nostra fortuna - ritenuto di usare più la crescita economica che la violenza.

Siamo così diventati un paese industrializzato, ma in assenza di una condizione di democrazia sostanziale: infatti il duello elettorale tra DC e PCI non poteva essere vinto da quest'ultimo. La "prova" di questa affermazione sta nella conclusione tragica degli esperimenti del “comunismo dal volto umano” (Berlinguer) e delle “convergenze parallele” (Moro).

Questa situazione particolare ha creato una sorta di consorteria tra chi governava e chi era all'opposizione consapevole che poteva solo sbraitare.

Entrambi i blocchi hanno gestito il consenso, sia tra gli imprenditori e i professionisti sia tra i dipendenti, offrendo ai primi la possibilità di sottrarre ampie quote di reddito alle tasse e dando ai secondi incarichi lavorativi stabili, in condizione di bassa competitività, sia nell'amministrazione della cosa pubblica sia nell'industria privata.
Questo ovviamente a detrimento dell'efficienza del sistema.

Finchè il costo del lavoro è stato modesto il sistema economico è stato competitivo. In seguito quando le contraddizioni interne divennero troppo onerose e rischiavano di far saltare il meccanismo - piuttosto che rivederlo - si sono cercati aggiustamenti nei confronti del resto del mondo: siamo così giunti alle famose svalutazioni competitive ed agli alti livelli di inflazione.

Questa matrice “consortile” dello sviluppo economico ha tra le altre cose inciso profondamente sia sulla mentalità della nostra classe politica sia su quella industriale, e spiega i mali odierni.

Un solo esempio. Quando Berlusconi ha deciso di scendere in campo l'opposizione si è ben guardata dal fare una legge sul conflitto di interesse.

La mia interpretazione è che in questo modo si ottenessero due scopi. Il primo era un segnale di pace: “c'è posto anche per te, non vogliamo colpirti alla gola”; il secondo era un tatticismo tipicamente democristiano: poter colpire l'avversario politico con un argomento di sostanza, per mantenere una parvenza di alternanza.

Sfortunatamente nel 1989 con il crollo del muro di Berlino l'Italia ha smesso di essere una casella importante nello scacchiere geopolitico e casualmente (?) dagli anni 90 l'economia italiana ha smesso di crescere.

Quello che non ha smesso di crescere invece è stato il debito pubblico, poiché sia i partiti di destra sia quelli di sinistra hanno da sempre impostato la propria politica di gestione del potere sulla spesa pubblica, tradizionalmente generata dal deficit di bilancio.

Un deficit crescente in condizioni di crescita è però sostenibile. La crisi inizia a mostrare i suoi segni quando la crescita economica non permette più di sostenere il debito accumulato.

Quindi nello scenario attuale i partiti sono impotenti, poichè sia a destra che a sinistra hanno una struttura di gestione del potere che non permette comportamenti reciprocamente alternativi.

Perchè c'è un governo tecnico? Perchè con il tasso di (de)crescita attuale non è possibile mantenere il patto sociale precedentemente stipulato con la società civile.

Ricapitolando:

1) non è più possibile crescere perchè la crescita era sempre stata impostata sul deficit e non sull'efficienza.

2) Per salvarsi occorre fare le riforme, che però scardinano il vecchio patto sociale e quindi il potere partitico costituito .


Chi ha basato il proprio stile di vita e produttivo su una sostanziosa evasione fiscale riceve da circa sei mesi segnali concreti che indicano come questo suo comportamento non sia più ammesso. Questo messaggio viene “giustamente” vissuto come una rottura del patto precedente, consolidato nei 50 anni passati e quindi viene vissuto come un attentato alla propria esistenza.

Non trovo quindi stupefacente che vi siano piccoli imprenditori che compiano gesti estremi.

Dall'altro lato si registra il tentativo di erosione dei "vecchi" diritti dei lavoratori dipendenti e il conseguente arrocco di sindacati sedicenti progressisti, intenti solo a garantire la minoranza che ha già un lavoro.

Nel mezzo c'è questa classe politica che appoggia governi tecnici nella speranza che si possa riformare il minimo indispensabile per evitare il crack e poter continuare a governare con la formula collaudata degli ultimi 50 anni.
Non importa se per ottenere il risultato si debba fare un minimo di maquillage e sacrificare qualche “trota”.

Siamo ad un bivio: se non si riesce a scardinare questo sistema il declino di lungo periodo dell'Italia è assicurato. Ma per il rilancio dell'Italia è indispensabile la scomparsa di questo sistema politico e di potere.

Al momento mi pare che Monti non abbia intenzione di operare in direzione dello sterminio della classe politica e del suo sottobosco (purtroppo).

Siamo molto più ricchi dei greci e questo ci impedirà di fare bancarotta, ma così ci dissolveremo lentamente nel giro di 50 anni.

Ogni anno sarà sempre più difficile per le persone oneste vivere ed imprendere dignitosamente. Ci saranno cerchie dove i figli degli amici di oggi si spartiranno il potere e gli affari. La società sarà ingessata. Ci sarà sempre una Mediobanca che presterà soldi a imprenditori che invece andrebbero cacciati e imprigionati anzichè sostenuti.

Diventeremo insomma come l'Olanda, che dopo il 1600 ha ceduto lo scettro di regina dei commerci internazionali e pur non diventando una landa desolata ha smesso di essere ciò che era stata.

Questo esito ovviamente fa comodo a chi ha una posizione da difendere, non agli italiani.

5 commenti:

Alberto Maldino ha detto...

Gent.mo Guido,
concordo appieno con la sua analisi, tanto chiara quanto disarmante nella sua limpida verità, e mi permetterò di consigliarne la lettura ad altri (come peraltro ho già fatto in passato con altri suoi post).
Le pongo dunque un quesito, che è assolutamente sincero e non vuol essere affatto retorico: quali azioni, quale "stile" sarà più opportuno promuovere per scardinare questo corso (e non finire davvero come l'Olanda...)? Attraverso quali strumenti e segnali (se ancora ce ne fosse bisogno...) possiamo far capire che quella formula degli ultimi 50 anni "non conviene più"? E soprattutto: a chi spetta di fare questo passo? Forse ai cosiddetti "giovani"? (definizione che non amo - personalmente ritengo che queste "categorizzazioni" della popolazione siano esse stesse un sintomo del problema cultural-ideologico che ci affligge). Forse a qualche "appendice illuminata" dell'attuale classe politica? Forse ancora ad un diverso "homo novus" alla Berlusconi del 1994?
Tutte queste opzioni, a mio parere, sono variamente minacciate dalla stessa atavica caratteristica che alberga in ogni italiano: la tendenza ad un più comodo e più furbesco individualismo, che troppo bene si sposa con la nostra tipica "arte di arrangiarsi".
Che ne pensa? La sua opinione sarà gradita ed illuminante come sempre.
Grazie per l'attenzione.
Alberto Maldino

Guido Giaume ha detto...

Caro Amico
grazie per i suoi complimenti. Mi conforta sapere che ci sono persone che la pensano come me.
In tutta sincerità non so cosa rispondere. Provo a fare ancora un ragionamento lineare.

Lo stile:
se dessi ascolto alla mia pancia sarei tentato di diventare forcaiolo e molto violento. Mi rendo conto che però storicamente le rivoluzioni violente non hanno funzionato e quindi mi trattengo.

Strumenti:
direi la partecipazione, anche se la militanza in politica è veramente energivora e si rischia di diventare inconcludenti. D'altra parte sono perplesso in merito ai movimenti di protesta come 5 stelle, che non mi è chiaro come possano proporre veramente qualcosa. Ho letto il programma economico ed è di una tale pochezza...

A chi spetta. A noi tutti. Secondo me occorre che andiamo dal nostro politico di riferimento. Credo che al di là deigli schieramenti ci siano persone perbene un po' dappertutto.

Occorre cercarne uno e sbattere il pugno sul tavolo e sommergerlo di telefonate e mail se le cose che gli chiediamo non vanno come vogliamo.

Poi magari qualche uomo nuovo salterà fuori, ma non sono disponibile a fidarmi a priori.

Certo dobbiamo piantarla con l'individialismo e le furbate. Io da un po' di tempo mi sono trovato degli interlocutori nelle amministrazioni pubbliche e se c'è qualcosa che non va li martello finchè le cose non vanno come chiedo. Mi sono fatto la fama di rompi... e adesso nel mio piccolo cerco di intervenire come posso. Certo è una fatica e occorre essere in regola o alla prima occasione ti ricattano.

Un caro saluto con calore e simpatia.

Alberto Maldino ha detto...

Gent.mo Guido,
grazie per la risposta al mio commento e per il ragionamento assolutamente chiaro e lineare, oltre che condivisibile.
Quanto allo stile - Approvo il fatto che gli atteggiamenti "forcaioli" (e se ne vedono molti negli ultimi tempi...) fanno molto parlare di sé ma non costruiscono nulla di duraturo: progressivamente si alimenta una successiva generazione di "forcaioli" (basata su stilemi appena differenti) che vorrà sopprimere gli attuali "giustizieri", e il tutto finirà nel cannibalismo, senza alcun vero passo in avanti. Mani Pilite docet.
Quanto agli strumenti - La militanza politica assorbe certamente risorse, e forse l'unico modo oggi di sostenerla attivamente è, come detto, farla percepire come un affare di tutti noi, in cui ognuno può dare il suo contributo, onde condividerne l'onere.
Sono anch'io piuttosto scettico sull'efficacia di movimenti come il "5 Stelle", che hanno il pregio di stimolare un diverso modello di fare, comunicare e percepire la politica, ma a mio parere il grande difetto di porsi in termini semplicisticamente antitetici rispetto allo status quo.
Ignoro quale potrà essere un modello "funzionante", ma penso che debba essere "rivoluzionario" nei metodi e nei paradigmi essendo nel contempo ben insediato nel nostro impianto politico-istituzionale, quello che è stato disegnato dalla nostra Costituzione.
La strada di una rivoluzione che "nasce da dentro" è certamente la più difficile, la più lunga, ma forse la più duratura e sostenibile per il nostro Paese.
Che sia veramente la Costituzione il "chiodo" a cui tornare ad appendere il nostro nuovo quadro? Me ne sono imposto una rilettura, trovandola ancora felicemente moderna e ricca di risposte.
Di certo non ignorerei la forza di quel che (parafrasando Calamandrei) ci è stato lasciato in testamento dal sacrificio di centomila nostri simili.
Sulla scorta di ciò, sposo appieno l'invito ad essere di continuo stimolo presso chi, all'interno delle istituzioni (sia egli politico o rappresentante della Pubblica Amministrazione) deve essere richiamato a fare il proprio dovere - a rischio di essere "fastidiosi" e "pignoli".
Ringrazio ancora per l'attenzione, lasciando aperta questa discussione, che è ormai mio pensiero quotidiano e che volentieri proseguirò.
Alberto Maldino

Guido Giaume ha detto...

Caro Amico
ha espresso con profondità e lucidità e molto meglio di come avrei saputo fare uno dei naturali sviluppi del mio pensiero.
Non ci resta che agire per come sappiamo.
Un caro saluto. Con stima.
Guido

Alberto Maldino ha detto...

Carissimo Guido,
ha tutta la mia stima e riconoscenza.
Occorre dunque agire per essere ciò che vogliamo che l'Italia diventi.
Non ci spaventi la difficoltà del compito.
Rinnovo il mio apprezzamento per i suoi commenti, sempre meditati e pertinenti.
Cordialmente,
Alberto Maldino