mercoledì 5 novembre 2014

Corso base di fortuna


Stavo leggendo un manuale di statistica dove il concetto di media era presentato come riassunto di una situazione variegata. Però, aggiungeva il professore, poichè nessun pasto è gratis esiste un prezzo da pagare per avere questo comodo riassunto. Il "prezzo" è l'imprecisione relativa alle singole misurazioni. E introduceva così il concetto di varianza.

Questa presentazione così semplice ma così geniale mi ha portato ad una serie di rilessioni che intendo condividere con voi.

Come sempre occorrerebbe scrivere un libro, ma non solo non ne ho il tempo, penso che mi manchi anche la stoffa... Quindi vi toccherà integrare in autonomia queste riflessioni.

La fortuna esiste?
E come agisce sulla nostra vita?
E se non esiste come si può spiegare la vita incredibile di certe persone?
E qual'è il prezzo che noi paghiamo a fronte di avvenimenti casuali?


Dichiaro subito che a mio avviso la fortuna intesa come capacità di attrarre avvenimenti positivi (o respingere quelli negativi) non esiste.

Già sento qualcuno che dice:
"Bravo Guido fai un corso su una cosa che non esiste! Sei pronto per andare al governo".

Ma se non c'è un disegno superiore esiste invece una certa casualità.
Immaginiamo di avere un'urna equamente divisa tra palline bianche e nere, corrispondenti a eventi della vita. Tutti i giorni ciascuno di noi estrae la pallina del giorno.

Ovviamente la mia è una semplificazione esagerata perchè la pallina nera media in Italia è ben differente dalla pallina nera media di un abitante della Siria.

Ma vi prego di essere generosi e lasciar passare questa approssimazione.

Il caso più semplice è quello della combinazione estrema. Un uomo può estrarre consecutivamente una serie esageratamente lunga di palline bianche o nere.

Occorre ricordare che la casualità sommata alla modesta lucidità con la quale percepiamo la realtà tira brutti scherzi.

Così a volte, quando si verificano una serie di avvenimenti estremi le persone che ne sono protagoniste possono arrivare alla convinzione assolutamente soggettiva di essere "predestinate" o "maledette". Facendo la fortuna (nel secondo caso) di cialtroni come maghi e sensitivi.

Ad esempio Hitler era convinto di essere l'uomo del destino, perchè per un insieme di casi fortunati è scampato a moltissimi attentati.

E' banale ma utile ricordare che se fosse morto la prima volta che gli hanno teso un agguato noi oggi non conosceremmo il suo nome e il suo ultimo pensiero forse sarebbe stato "azz... non sono il prescelto".


Poi c'è un secondo caso molto interessante.
Gli stessi errori commessi in differenti fasi della nella vita non hanno il medesimo peso.

Un errore grave fatto quando ci sono ancora tempo ed energie è più facilmente rimediabile rispetto a quando queste risorse scarseggiano.

Mi pare che in questo senso ci siano analogie tra la gestione della occasioni della vita e la gestione di un investimento rischioso.

Per questo i ragazzi ed i giovani possono permettersi di rischiare facendo scelte azzardate, hanno la risorsa necessaria per recuperare, se vogliono.

Poichè il peso di un errore aumenta in modo più che proporzionale rispetto al fluire del tempo, diventa necessario nel tempo ridurre le opzioni di rischio.



Quindi ammettendo che
1) esistano differenti distribuzioni delle (potenzialmente) medesime possibilità,
2) che queste vengano estratte in modo casuale,

il "fortunato" è tanto la persona posta dal caso sulla coda della gaussiana, quanto la persona che casualmente nella prima parte della propria vita o in un periodo particolare ha avuto modo di raccogliere molte palline bianche. 

Il rischio del non essere consapevoli di questa situazione è quella che viene definita overconfidence. Il fortunato della situazione, credendo di essere il prescelto o di essere bravo facilmente "si schianterà contro un muro" a causa della propria imprudenza.

C'è infine un terzo caso. Quello della persona consapevole della situazione o quello della persona che pur non essendone conscia ha una forma di intuito che lo guida verso la prudenza dopo aver avuto uno più colpi di fortuna. 

In questo senso l'avversione al rischio è quindi una risorsa importante ed è quindi vero che essere fortunati può essere una attitudine.

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