venerdì 11 gennaio 2019

Tre motivi di preoccupazione per il 2019

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Quando si fanno le previsioni, sia quelle economiche sia di altro genere ci sono due atteggiamenti molto diffusi: c’è chi ci crede molto, in modo quasi manicheo e chi non ci crede per nulla.

Una mediazione tra i due estremi viene proposta da B. Russel. L’eminente scienziato, matematico e logico - che abbastanza curiosamente ricevette il Nobel per la letteratura - affermava che se la maggioranza della comunità di esperti ritiene probabile un evento, è improbabile che sia avvenga l’opposto.

Quindi ascoltare un po’ di previsioni anche se è faticoso permette di regolarsi, vedendo cioè quali sono i punti di accordo tra gli esperti. Sapremo così che gli eventi opposti a quelli universalmente considerati probabili sono improbabili.

Mi pare di poter quindi affermare che la massa degli analisti sia concorde sul rallentamento della della crescita economica e ciò nonostante i paesi emergenti saranno più dinamici rispetto ai paesi più industrializzati. Inoltre viene generalmente considerato un pericolo per i paesi emergenti un eventuale rafforzamento della valuta americana poiché che aggraverebbe le posizioni debitorie tanto dei paesi quanto delle singole aziende.

In questo scenario per un investitore in dollari che voglia stare tranquillo i Tbond decennali rendono il 3%. Ma per un investitore in euro i dilemmi non mancano, poiché il rischio cambio è tale per cui un movimento neanche troppo marcato potrebbe infliggere danni nel breve termine.

Ma quali sono le mie preoccupazioni?
Anzitutto è mia opinione è che
la Cina stia rallentando poiché è alle prese con gli effetti dei dazi americani e con la propria domanda interna, non brillante. Purtroppo il rallentamento cinese non è solo un affare cinese perché la Germania è una grande esportatrice,anche in Cina e noi siamo in parte subfornitori della Germania. Ecco quindi che il rallentamento dell’economia mondiale e cinese ci tocca da vicino.

Poi c’è la questione delle banche centrali che devono gestire la recessione che si presenta all’orizzonte. L’obiettivo delle banche centrali è il controllo dell’inflazione e per quello che riguarda la FED c’è anche il sostegno alla crescita economica, che tradizionalmente viene perseguito usando la leva dei tassi. 

Recentemente abbiamo assistito ad un duello tra la FED e il presidente degli USA che aveva twittato che alla FED erano impazziti a voler alzare i tassi e ha poi manifestato di voler licenziare il suo presidente. 

Le parole di Trump sono dannose perché delegittimano una istituzione cardine a livello mondiale e la mettono in condizione di essere criticata qualsiasi decisione prenda.
Quando non alzerà i tassi sarà definita schiava di Trump e quando li alzerà sarà tacciata di averlo fatto senza una reale necessità ma per marcare la propria indipendenza. La mia impressione è che il recente aumento non sia stato fatto tanto per raffreddare l’economia, quanto per ricostituire un po’ di margine, ovvero per poter diminuire i tassi quando arriverà il rallentamento economico. Il problema è che una gelata dei tassi crea il rischio di un anticipo dell’arrivo della fase recessiva, prevista per fine 2019 inizio 2020.

Intanto in Europa la BCE che non ha modo di abbassare i tassi per contrastare una eventuale recessione e il QE che è già in atto da oltre 6 anni è in riduzione. LA BCE quindi ha meno cartucce della FED anche occorre notare che non ha il compito di stimolare la crescita economica.

Infine occorre notare che in questi anni i paesi europei che avrebbero dovuto ristrutturarsi approfittando della congiuntura favorevole non lo hanno fatto ed hanno anzi espanso il bilancio. Oggi siamo in prossimità del redde rationem di questa apatia. Se dovesse arrivare un rallentamento mondiale i bilanci dei paesi euromediterranei saranno presumibilmente colpiti e metteranno a dura prova le strutture statali e comunitarie.

Concludo affermando che lo scenario per il 2019 si presenta fragile.

  1. Il rallentamento dell’economia mondiale;
  2. la lotta per il predominio tra Cina e Usa;
  3. le banche centrali che hanno relativamente poche opzioni, 
  4. i bilanci di alcuni paesi dell’UE che non sono in ordine;
  5. i toni aspri del dibattito politico in Spagna e in Italia; 
  6. l’incognita dei rapporti tra UE e UK.

Sebbene sia saggio investire per il lungo periodo il 2019 si presenta come un anno in cui la prudenza sembra essere utile.




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