venerdì 3 gennaio 2020

Separatista o fascista? (parte 2)


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Governare gli italiani non è impossibile, è inutile. (Mussolini)


La settimana scorsa abbiamo parlato di come separare le pecore dai capri ed oggi parleremo di come fare di tutta l’erba un fascio.

Alla fine degli anni 70 del secolo scorso in America sono nati i primi ETF cioè gli Exchange Traded Fund, fondi comuni quotati in Borsa, non distribuiti da banche. Avevano il “semplice” obiettivo di fare come il mercato.

Sono stati accolti dalla stampa con un certo dileggio e in alcuni articoli ci si chiedeva: “Perché pagare per fare come fa la media”?

L’intuizione che sta dietro a questi fondi è molto interessante. Secondo una statistica più volte rinnovata nel tempo la massa dei fondi non fa come il mercato, fa meno. E quando qualche fondo primeggia per qualche tempo, poi arretra nelle classifiche. Si generano cioè sovraperformance poco consistenti. Ne consegue che “fare come il mercato” nel lungo periodo speso è un affare, specie per chi ha orizzonti temporali lunghi come banche e assicurazioni.

La scelta di non scegliere, cioè fare una gestione passiva, non è quindi una scelta disonorevole, anzi per certi versi è molto razionale. Si riconosce che il mercato nel lungo periodo ha una capacità di premiare chi fa bene di penalizzare chi fa male. Si ha cioè fede nella famosa mano invisibile dell’economia.

Occorre però osservare che anche scegliere di allinearsi alla media non è una scelta priva di rischi. Uno dei problemi della gestione passiva è capire a quale media fare riferimento. O se preferite una metafora agreste occorre scegliere saggiamente il gregge sul quale investire, perché se il gregge prescelto è troppo piccolo o molto concentrato potrebbe essere colpito e sterminato da una grave malattia che si sviluppa localmente.

In questo senso la scelta di un indice di rilevanza mondiale è molto più appropriato di un indice locale perché riduce il rischio di fare una scelta troppo localizzata. Il rovescio della medaglia è che un indice più selettivo potrebbe offrire maggiori rendimenti.

Gli investitori sono come sempre sul filo del rasoio. Una scelta più ardita potrebbe comportare migliori rendimenti e maggiori rischi, mentre una scelta più tranquilla è foriera di minori rendimenti.

Quali sono le ricadute pratiche per un investitore? I costi di una gestione passiva sono decisamente più bassi rispetto a quelli di una gestione attiva: infatti un conto è fare un recinto e tenere dentro capri e pecore, senza fare altro se non aspettare che crescano, un altro è fare due recinti e separare i “buoni” dai “cattivi”.

Quindi la domanda sulla quale vi invito a riflettere è: “se ho un fondo comune di investimento è estremamente probabile che stia pagando una gestione attiva. Ma il risultato che sto ottenendo è adeguato al prezzo che pago?”

Sappiate che, se avete un fondo comune che vi fa pagare commissioni totali del 2,5% o più per investire su un indice azionario - e lo segue strettamente - probabilmente potreste tranquillamente sostituirlo con un ETF che vi costa il 90% in meno. Insomma dovete avere chiaro per cosa state pagando, che non deve essere investire in un certo mercato.

Oggi il vero problema non è raggiungere un certo mercato: tutti i mercati sono ormai facilmente raggiungibili. Oggi la questione sostanziale per un investitore è avere una buona consulenza che indichi quale sia il mercato da raggiungere. E’ lì che sta il valore per il quale pagare.

Avete mai fatto un conto? Quanto pagate la consulenza? E quanto pagate per il fondo? Spesso, poichè il costo della consulenza è molto più visibile di quello del fondo, è probabile che il vostro intermediario faccia finta di farvi un buon prezzo sulla consulenza, salvo poi caricare sul fondo. Quindi fategli questa proposta:”Mantienimi il prezzo della consulenza a questo livello ma usiamo gli ETF invece dei fondi”. Vedrete che reazione.


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