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mercoledì 15 ottobre 2025

Quando la banca “svende” la fiducia: buoni Amazon e la fine della consulenza vera

Ti fideresti di un medico che ti regala un buono Amazon se scegli una cura invece di un’altra?

Nel mondo finanziario, qualcosa di simile accade ogni giorno.

Con l’arrivo dell’autunno, molte banche lanciano campagne che offrono buoni regalo o sconti a chi trasferisce il proprio conto o sposta i propri risparmi.
Un’iniziativa che sembra innocua — perfino simpatica — ma che nasconde un messaggio più profondo: la consulenza non è più un servizio, è diventata una leva di marketing.


Dalla banca “cassaforte” alla banca “consulente”

Per capire come siamo arrivati qui bisogna fare un passo indietro.
Un tempo la banca era un intermediario di denaro: raccoglieva risparmio e concedeva credito.
Oggi, quel modello non regge più. I margini sul credito sono ridotti, la concorrenza dei tassi è elevata e la redditività si è spostata verso un altro settore: la gestione del risparmio.

Così le banche hanno cambiato pelle.
Da intermediari sono diventate “consulenti”, ma con una differenza sostanziale: la consulenza che offrono non è indipendente, perché si regge su incentivi economici legati ai prodotti collocati.

In altre parole, chi ti “consiglia” un investimento viene spesso remunerato da chi quel prodotto lo emette, non da te che lo acquisti.


Il consulente: una figura nata dentro la banca, non fuori da essa

La figura del consulente bancario nasce per dare un volto umano a un sistema commerciale.
È la naturale evoluzione dell’impiegato che un tempo vendeva obbligazioni o polizze: oggi usa parole diverse, strumenti più raffinati, ma gli obiettivi restano legati a budget e campagne.

La parola “consulenza” suggerisce analisi, ascolto, personalizzazione.
Ma finché la banca rimane la mandante, quella consulenza non può essere davvero libera.
Non è cattiva volontà dei singoli: è la struttura del sistema a renderli venditori con l’etichetta di consulenti.


Il finto abito dell’indipendenza

Negli ultimi anni molte reti si presentano come “consulenti a 360°” perché offrono prodotti di diversi gestori, non solo “di casa”.
A prima vista sembrerebbe un segnale di apertura.
In realtà, il modello non cambia: la banca o la rete continuano a percepire inducements, cioè retrocessioni dai fondi distribuiti.

Il risultato è che il cliente paga due volte:

  1. attraverso le commissioni di gestione dei fondi;

  2. attraverso la perdita di neutralità nella consulenza che riceve.

La relazione resta squilibrata: chi propone non è pagato per consigliarti la cosa migliore, ma per collocare ciò che conviene al sistema che rappresenta.


Le campagne con premi o buoni regalo non sono uno scandalo in sé.
Sono semplicemente la cartina di tornasole di un modello che tratta la fiducia come una moneta di scambio.
Non si premia il risparmio, ma il trasferimento; non si costruisce un progetto, ma si spinge una conversione.

È il segno che la relazione con il cliente si è spostata dal terreno della fiducia reciproca a quello del marketing transazionale.
E quando la consulenza diventa una promozione stagionale, il cliente smette di essere una persona con obiettivi e diventa un target da convincere.


Cosa può fare chi vuole davvero essere al centro

Per difendersi, il cliente deve iniziare a farsi una domanda semplice:

“Chi paga la persona che mi consiglia cosa fare con i miei soldi?”

La vera differenza non sta tra chi è più gentile o più preparato, ma tra chi è remunerato dal cliente e chi è remunerato dal prodotto.
Solo nel primo caso il consiglio può essere libero da interessi di parte.

Non è un invito alla sfiducia, ma alla consapevolezza: capire come funziona il sistema è il primo passo per scegliere con cognizione di causa.


La fiducia non si compra: si costruisce

Le banche oggi offrono buoni Amazon per guadagnare nuovi clienti.
Un professionista serio lavora invece per guadagnarsi la fiducia dei clienti che ha già.
È questa la differenza tra chi lavora per la mandante e chi lavora per il cliente.

La fiducia, a differenza dei buoni, non ha scadenza.

📩 Se vuoi capire come riconoscere una consulenza realmente indipendente da una proposta commerciale, scrivimi: posso spiegarti come farlo in modo chiaro e concreto.

 🔁 Ti è piaciuto questo articolo? Condividilo con un amico o collega che oggi si fida “del consulente della banca”.


🔍 3 segnali per capire se la tua consulenza è davvero indipendente

1️⃣ Chi ti paga?
Se il consulente è remunerato dalla banca o da chi produce i prodotti che ti propone, non può essere completamente libero nelle sue scelte.
👉 La vera indipendenza nasce quando il cliente è l’unico a pagare per il servizio ricevuto.

2️⃣ Qual è il suo obiettivo?
Un consulente che lavora per te cerca di costruire un piano coerente con i tuoi obiettivi di vita, non di chiudere una campagna trimestrale.
👉 Se il discorso ruota attorno al “prodotto del momento”, c’è un conflitto di interessi in azione.

3️⃣ Come ragiona nel tempo?
La consulenza indipendente non si esaurisce nella proposta iniziale.
👉 Ti accompagna nel tempo, rivede le scelte, aggiorna la strategia: perché la tua vita cambia, e il piano deve cambiare con te.


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lunedì 13 ottobre 2025

Rame e investimenti: come cavalcare un megatrend della transizione energetica

Il rame può diventare un asse strategico di portafoglio nei prossimi anni? E come selezionare gli strumenti giusti per esporsi a questo metallo in ottica ESG e di lungo termine?

Chi si occupa di costruzione e protezione del patrimonio sa che riconoscere i megatrend strutturali – prima che diventino evidenti al mercato – è uno dei vantaggi competitivi più forti. Il rame è oggi al centro di una trasformazione epocale: è diventato il metallo chiave della transizione energetica. Ma è anche un settore dove domanda e offerta faticano a trovare un equilibrio. Per questo motivo, diversi investitori stanno valutando strumenti come gli ETF su minatori di rame con focus ESG, come componente tattica o strategica del portafoglio.

Vediamo perché, come e con quali accortezze.


1. Rame: perché è così centrale nella transizione energetica?

Il rame è fondamentale per ogni infrastruttura elettrica. Ogni volta che parliamo di pannelli solari, eolico, auto elettriche o reti intelligenti, stiamo parlando di chilometri di cavi, bobine, trasformatori... tutti a base di rame.

Ecco alcune cifre indicative:

  • Un'auto elettrica può contenere fino a 80 kg di rame, contro i 20-25 kg di un'auto tradizionale.

  • Un impianto eolico offshore da 3 MW richiede circa 4-5 tonnellate di rame.

  • Le reti elettriche in fase di ammodernamento o espansione sono tra i principali assorbitori di rame a livello globale.

Il legame è diretto: più elettrificazione = più rame.


2. Una domanda che corre più veloce dell’offerta

Le principali agenzie – IEA, S&P Global, UNCTAD – concordano su un punto: la domanda di rame crescerà in modo esponenziale nei prossimi anni, mentre l’offerta è rigida.

Le ragioni?

  • Le miniere attive stanno producendo da giacimenti via via più poveri;

  • I tempi medi di apertura di una nuova miniera superano i 10 anni;

  • C'è concentrazione geografica della produzione e instabilità in alcune aree chiave;

  • I requisiti ESG (ambientali, sociali, governance) diventano sempre più stringenti.

Questo crea un potenziale squilibrio strutturale tra domanda e offerta: in altre parole, un contesto in cui i prezzi possono beneficiare di una pressione al rialzo nel medio-lungo periodo.


3. Investire nel rame: ETF, minatori e sostenibilità

Oggi, il modo più semplice e trasparente per esporsi al tema “rame + transizione energetica” è attraverso ETF tematici che replicano indici di società attive nel settore minerario, con filtri ESG.

Un esempio concreto è un ETF che investe in:

  • Produttori primari (aziende che estraggono rame in volumi significativi);

  • Sviluppatori (aziende in fase di ampliamento produttivo o attivazione di nuovi progetti);

  • Esploratori (piccole società con licenze minerarie promettenti).

L’approccio ESG è applicato attraverso l’esclusione di aziende con criticità ambientali o sociali rilevanti, cercando di favorire realtà con pratiche sostenibili e trasparenza nei processi.


4. A chi può interessare un investimento di questo tipo?

Questa esposizione non è per tutti. Può invece integrare bene un portafoglio già strutturato per:

✅ Investitori con orizzonte medio-lungo termine (5-10 anni)
✅ Chi cerca decorrelazione dai settori più tradizionali (tech, bancari, obbligazionari)
✅ Chi desidera esposizione tematica a trend strutturali (energia pulita, mobilità elettrica)
✅ Chi investe secondo criteri sostenibili / ESG ma vuole diversificare oltre i classici fondi “green”

Non è invece uno strumento per chi cerca:

❌ Protezione nel breve termine (alta volatilità possibile)
❌ Rendimento stabile o prevedibile
❌ Investimenti difensivi


5. Rischi e punti di attenzione

Come ogni investimento tematico, anche questo comporta rischi specifici da considerare:

  • Volatilità del prezzo del rame: legato anche a fattori macroeconomici globali (crescita, inflazione, dollaro);

  • Concentrazione settoriale: gli ETF su minatori di rame sono poco diversificati per natura;

  • Rischi operativi delle società minerarie: permessi ambientali, scioperi, costi energetici, eventi naturali;

  • Effetto leva sul ciclo: le aziende minerarie amplificano le fasi espansive e recessive del prezzo della materia prima.

È dunque essenziale valutare quanto peso assegnare in portafoglio e con quale funzione: strategica (posizione core) o tattica (opportunità di ciclo).


6. Una guida pratica: come valutare un ETF tematico su rame

Quando valuti uno strumento di questo tipo, tieni conto di:

  • Indice sottostante: quali società include, con quali criteri? È bilanciato o dominato da pochi nomi?

  • Composizione geografica: da dove arrivano le aziende? C'è esposizione a Paesi politicamente instabili?

  • Costi: TER (Total Expense Ratio), tracking error, presenza di commissioni aggiuntive;

  • Liquidità: è scambiato regolarmente? Ha volumi adeguati?

  • Approccio ESG: quali criteri sono applicati concretamente nella selezione?

Se non conosci questi termini un consulente finanziario indipendente può aiutarti: anche ad es. a confrontare diversi ETF e inserirli in una strategia coerente con il tuo profilo di rischio.


Conclusione

Il rame si sta posizionando come una materia prima chiave della nuova economia. E oggi esistono strumenti accessibili per investire in questo tema in modo selettivo, sostenibile e strategico. Ma come sempre, ciò che fa la differenza non è il singolo prodotto, ma il contesto in cui viene inserito: una buona asset allocation, costruita su misura, può trasformare un trend in un’opportunità concreta.


📩 Ti è piaciuto questo articolo? Allora inoltralo a chi potrebbe trovarlo utile: amici, colleghi, persone curiose che vogliono capire come investire meglio. Condividere contenuti di valore è un gesto semplice di attenzione verso gli altri.

💬 Se vuoi valutare se e come integrare questo tipo di esposizione nel tuo portafoglio, scrivimi qui: possiamo parlarne insieme in base ai tuoi obiettivi e alla tua tolleranza al rischio.


lunedì 6 ottobre 2025

Come investire in criptovalute nel 2025 senza perdere la testa (né il capitale)

Guida pratica per chi vuole diversificare senza stravolgere il portafoglio

Introduzione:

Se hai letto il precedente articolo, sai già che le criptovalute sono entrate a pieno titolo nel cuore della politica economica americana.
Non sono più solo un “asset speculativo”: sono uno strumento geopolitico.

Ma cosa significa per te, che hai un portafoglio costruito con disciplina, prudenza, visione di lungo periodo?
Come ci si avvicina al mondo cripto senza fare salti nel vuoto?

In questa guida ti accompagno passo dopo passo per capire se, quanto e come investire in criptovalute con criterio.

1. Prima di tutto: ha senso per te?

Sì, se:

  • Vuoi diversificare il portafoglio con asset decorrelati dai mercati tradizionali.

  • Vuoi coprirti (in parte) dal rischio di svalutazione del dollaro e instabilità monetaria globale.

  • Sei disposto a sopportare una certa volatilità, ma solo su una quota marginale.

  • Ti interessa capire come si stanno ristrutturando poteri economici e strumenti finanziari.

No, se:

  • Hai un orizzonte temporale brevissimo.

  • Non sei disposto a vedere -20% o +40% in un mese senza perdere lucidità.

  • Non hai ancora costruito una base solida di investimenti tradizionali.

 Nota bene: Le cripto non sono “sostitutive”. Sono complementari.

2. Quanto investire?

Regola generale per investitori prudenti:
Tra il 2% e il 5% del portafoglio totale, massimo 5% se sei altamente tollerante al rischio.

Esempio pratico:

  • Portafoglio da 300.000 euro → max 15.000 euro in criptovalute.

  • Suddiviso su più strumenti, con un orizzonte almeno 3-5 anni.

3. Quali strumenti usare?

Nel 2025, non serve più aprire wallet complicati o custodire chiavi private per investire in cripto.
Esistono strumenti regolamentati, quotati in Europa, acquistabili tramite broker, banca o consulente.

Soluzioni ideali: ETC / ETP regolamentati (Exchange Traded Crypto)

Questi strumenti:

  • sono regolamentati (spesso UCITS-compatible),

  • hanno custodia fisica (non sono derivati),

  • replicano Bitcoin, Ethereum o panieri diversificati di cripto,

  • sono facilmente liquidabili (si vendono come un ETF).

Esempi di prodotti disponibili in Europa:

Nome

Contenuto

TER (costo annuo)

Note

DA20 – Bitwise MSCI Digital Assets 20

Le 20 cripto più investibili

~1,5%

Alta diversificazione, ottimo primo passo

21Shares Crypto Basket HODLX

Top 10 cripto

~1,4%

Molto bilanciato, include BTC + ETH + altri

Hashdex Nasdaq Crypto Index (HASH)

Panieri ponderati (BTC, ETH, SOL, ADA, etc.)

~1,0%

Ben strutturato, gestito da team esperto

WisdomTree Crypto Market Index

Diversificazione con limiti su BTC/ETH

~0,95%

Protezione contro eccessiva concentrazione

Se vuoi iniziare con il “minimo” rischio: scegli un paniere diversificato (es. DA20, HASH) piuttosto che un solo asset.

4. Come allocare (Bitcoin, Ethereum, o mix?)

Se vuoi massima solidità:

  • 60% Bitcoin (BTC): il più “istituzionale”, più difensivo.

  • 40% Ethereum (ETH): più orientato a crescita e innovazione (smart contract, DeFi).

Se vuoi maggiore esposizione a tecnologia emergente:

  • 50% BTC / 30% ETH / 20% mix (Solana, Cardano, Avalanche...)
    → tramite ETP già pronti, come HODLX o HASH.

5. Come gestire il rischio

  • Non ribilanciare ogni settimana: volatilità a breve è la norma.

  • Evita il fai-da-te su exchange non regolamentati: alto rischio.

  • Fissa degli “stop mentali”, non necessariamente operativi:

    Es. “Se scende del 40%, non vendo. Ma se raddoppia, valuto di ridurre”.

Ricorda: le cripto non devono rovinarti il sonno. Se succede, hai investito troppo.

6. Fiscalità: attenzione

In Italia, gli ETC cripto sono soggetti a tassazione su capital gain come le azioni.
Nessun bollo su wallet esteri se investi tramite ETC quotati su Borsa Italiana, Xetra, ecc.
Ma attenzione: in caso di vendita con guadagno, scatta la tassazione del 26%.

Chiedi al tuo consulente o commercialista per una pianificazione fiscale personalizzata.

In sintesi: 5 cose da fare prima di investire

Fai affidamento esclusivamente sulle tue valutazioni delle condizioni di mercato nel decidere se effettuare un’operazione finanziaria e se soddisfa le tue esigenze. Ricorda che la decisione di effettuare qualunque operazione finanziaria è tuo rischio esclusivo. 


  1. Chiediti se davvero ti serve una quota cripto.

  2. Definisci la tua soglia di rischio e l’orizzonte temporale.

  3. Usa strumenti regolamentati, niente trading selvaggio.

  4. Scegli: meglio un paniere o una cripto singola?

  5. Fai una verifica fiscale prima di vendere.