giovedì 21 maggio 2009

La fine del capitalismo? (Parte seconda)

, Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM

Dopo aver esplorato le cause filosofiche della crisi economica provo a delineare uno scenario futuro.

Premetto che farò riferimento alle nozioni di “destra” e “sinistra”, che intendo almeno in senso bobbiano del termine e che nulla hanno a che vedere con le attuali situazioni della politica italiana, che vede piuttosto posizioni di destra e sinistra all’interno di entrambi gli schieramenti. Ovvero che nessuno si sogni di dire che J.F. Kennedy era un comunista perché era di sinistra.


Ma tornando agli scenari…

In quello ottimistico, di “sinistra”, la Politica prende la direzione dell’Economia e la porta verso sentieri che prevedono uno sviluppo più rispettoso per l’ambiente e le risorse disponibili; dove i paesi occidentali, in partnership col resto del mondo, non useranno il proprio predominio tecnologico, politico e militare come una clava per resistere allo scivolamento verso oriente del baricentro economico e politico. Ovvero non si comporteranno come i Bush hanno cercato di fare.

Ma ciò non basterà, dall’altra parte i paesi emergenti non dovranno cadere in derive massimaliste come l’integralismo islamico o il nazionalismo russo.

A queste condizioni nei prossimi secoli l’Occidente non diventerà marginale, a differenza di quanto è capitato all’Olanda prima e successivamente all’Inghilterra, dopo la scoperta dell’America.

Il prezzo da pagare per evitare il nostro viale del tramonto è la condivisione delle risorse con il resto del mondo; una apertura al nuovo (pur mantenendo la nostra identità) e l’accettazione di una diminuzione del tenore di vita, richiesto dalla condivisione tra tutti di energia e materie prime.

Ma viste le recenti difficoltà nel trovare un accordo per il commercio mondiale (WTO, Dhoa Round…) non mi sento per nulla confortato nel credere che questo scenario sia probabile.

Uno scenario pessimistico, ma non estremo, di “destra” vedrebbe invece l’inerzia dell’Occidente teso a non voler affrontare la questione. L’allocazione delle risorse mondiali avverrebbe tramite meccanismi di mercato (l’aumento dei prezzi) e confronti regionali a livello politico, economico e talvolta militare.

Il vantaggio, per la classe dirigente occidentale, nell’adottare una tattica attendista, deriverebbe dal fatto che è più facile spiegare agli elettori che i consumi vanno ridotti perché i prezzi salgono per colpa degli “stranieri”, senza vagheggiare un poco comprensibile disegno politico di equità mondiale.

Inoltre, una totale erosione delle posizioni di vantaggio acquisite dall’Occidente avverrà in molto tempo e quindi molte classi politiche si avvicenderanno senza la necessità di affrontare IL PROBLEMA e quindi presentarsi con un programma elettorale che imponga tagli allo stile di vita degli elettori.

Infine uno scenario pessimistico estremo.

Si potrebbe immaginare di uno stato di tensione tra blocchi di Stati che si aggregheranno in base alle contingenze del momento, senza sfociare mai in una guerra totale. Si arriverà cioè ad un uso sconsiderato ed irrazionale delle risorse disponibili fino alla loro consunzione.

In questo caso faremo la fine degli abitanti dell’Isola di Pasqua, che si estinsero, vittime dell’incapacità di modificare i propri atteggiamenti.

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