domenica 15 gennaio 2012

Nessun complotto anti euro

Un modo un po' diverso di vedere perchè l'Eurozona si è presa la bocciatura di S&P.

Nelle passate settimane ho accennato in più riprese alle cause della crisi dell'eurozona.


Ho accennato fin da ottobre/novembre al fatto - ribadito da S&P nelle motivazioni del downgrade di venerdì - che la politica di rigore da sola non ci avrebbe salvati.

Oggi provo a rappresentare in modo impreciso ma molto diretto perchè la Germania ha interessi contrapposti a quelli del sud Europa.

Prego come sempre gli eventuali lettori più tecnici di stendere il solito velo.

Esiste una relazione (curva di Phillips) che anche se contestata (specie da Friedman) è utile per rappresentare in modo semplice il conflitto di interessi tra noi ed i tedeschi.

Questa curva mette in relazione l'inflazione e la disoccupazione.

Saltando l'enunciato di alcune ipotesi possiamo scrivere che

INFL = INFLi - [a*(U-Un)]

Ovvero che l'inflazione (INFL) è pari all'inflazione di ieri (INFLi) meno un rapporto tra un certo coefficiente (a) e la differenza tra il tasso di disoccupazione attuale (U) e quello naturale (Un).

Il tasso di disoccupazione attuale è quello che immaginate e il cui valore sentite alla televisione.

Il tasso NATURALE di disoccupazione è una sorta di impronta digitale del Paese.

E' una percentuale (che varia di Paese in Paese e nel tempo) che rappresenta una caratteristica dell’economia: dipende dalla tecnologia, dalle preferenze dei lavoratori, dalle caratteristiche istituzionali del mercato del lavoro...

Un paese efficiente ha un tasso naturale di disoccupazione più basso di un paese bizantino e per un lavoratore è meglio vivere in un paese dal tasso di disoccupazione strutturale basso: ha più possibilità di trovare lavoro.

Nei paesi dove invece si favoriscono gli amici degli amici il di più che viene dato a questi viene tolto ad altri che non trovano lavoro.

Non ci crederete ma la Germania ha un tasso naturale di disoccupazione più basso di quello dell'Italia o della Spagna o della Grecia.

Facciamo un esempio numerico:

l'inflazione domani sarà pari all'inflazione di ieri (3%) meno la differenza tra il tasso effettivo ed il tasso naturale moltiplicato per un coefficiente che immaginiamo essere 0.5, giusto per non complicarci la vita.

Poniamo che il tasso di disoccupazione sia 11% e il tasso naturale 6%.

INFL = INFLi - [a*(U-Un)]

INFL = 3% - [0.5*(11%-6%)] = 0.5%

L'inflazione domani scenderà (diciamo in modo approssimativo che la gente non lavora non ha soldi non spende e quindi i prezzi scendono).

Se invece avessimo la disoccupazione al livello naturale il secondo membro dell'equazione cioè [0.5*(6%-6%)] si azzererebbe e quindi l'inflazione di domani sarebbe uguale a quella di ieri.

Quindi produrre occupazione produce inflazione.

Come dicevo il tasso naturale di disoccupazione è l'impronta digitale del Paese: ogni Paese ne avrà uno proprio, Eurolandia ne avrà uno suo ancora differente dai singoli Paesi.

E' plausibile immaginare che il nord Europa abbia tassi naturali bassi e il sud li abbia più alti.

Quindi se il Nord impone assenza di inflazione il sud crea disoccupazione e viceversa.


LE CONCLUSIONI

  • Se la disoccupazione nei paesi leader dell'Unione è bassa e vicina al tasso naturale i politici locali non hanno interesse a fare politiche inflazionistiche perchè perderebbero il proprio posto. L'inflazione è malvista da una popolazione ricca e virtuosa specie se non porta vantaggi.
  • Il sud Europa ha necessità assoluta di fare riforme strutturali (che come tali non possono essere implementate in 6 mesi o 1 anno); chi si mette di traverso fa solo i propri interessi, non quelli del Paese.
  • La politica europea deve essere comunitaria altrimenti i rischi di rottura sono enormi.

S&P declassandoci ha detto che non crede che la Merkel cambierà idea, quindi che o si romperà l'euroarea o in alternativa che l'economia sarà così malridotta da rendere dubbia la solvibilità di molti Paesi.


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