sabato 13 ottobre 2012

Qualcosa da sapere sulle tasse - Parte seconda


Considerando l'argomento trovo appropriata questa canzone di Battiato

La settimana passata abbiamo visto che tassare un bene ne riduce la quantità prodotta, aumenta il prezzo ai consumatori lo riduce ai produttori. 


In una sola frase le tasse riducono il benessere dei singoli ed il "numero di giri" del motore dell'economia.

Inoltre abbiamo visto che la quantità prodotta (Q2) per il valore unitario dell'imposizione è pari al gettito.



Oggi possiamo aggiungere che la parte del rettangolo del gettito che sta sopra il vecchio prezzo (P1) è il danno che la tassa infligge alla collettività dei consumatori, che pagano un prezzo maggiore di P1 (moltiplicato la nuova quantità venduta).
Con un ragionamento analogo si capisce che il danno inflitto ai produttori è pari alla metà inferiore del rettangolo perchè ricevono un prezzo minore rispetto a P1.

Si può quindi dedurre banalmente che la distribuzione del danno cambia se cambia l'inclinazione delle rette. 

Ma cosa rappresenta l'inclinazione delle rette?

L'elasticità (della domanda o dell'offerta).

Definirò l'elasticità con un quesito: "Cosa succede se vario il prezzo? La domanda (l'offerta) subisce forti variazioni o no?


Se subisce forti variazioni vuol dire che la domanda (offerta) è elastica. Tipicamente i beni voluttuari hanno una domanda elastica. Andare al cinema o a vedere la squadra del cuore allo stadio non è una necessità vitale per la massa della gente. Quindi i prezzi degli spettacoli non possono salire alle stelle o gli stadi ed i cinema resteranno vuoti.

Il cibo invece ha una domanda anelastica. E' vitale, anche quando i prezzi salgono le quantità consumate si riducono di poco. Viceversa non è fisiologicamente possibile consumarne molto anche quando i prezzi sono bassi (ed è per questo che negli investimenti azionari il settore food e farmaceutico sono considerati difensivi).

Cosa succede a tassare un bene la cui domanda è elastica? Si contrarrà molto la domanda e quindi le quantità prodotte.




La figura che vediamo non differisce sostanzialmente da quella precedente, salvo che il peso del gettito viene sostenuto prevalentemente dai produttori.

Una prima conclusione alla quale possiamo giungere è dunque che a fronte di un forte inasprimento fiscale su un bene voluttuario non sono tanto i consumatori a pagarne il prezzo quanto la filiera produttiva.

Questo dovrebbe far riflettere moltissimo i forcaioli che reclamano tassazioni e superbolli sui beni di lusso. Una tassazione elevata (per es.)  sulle barche di lusso la pagano gli operai dei cantieri navali! La riduzione di domanda di barche lascia il personale di bordo a terra, lascia vuote le officine di riparazione... E siamo sicuri che l'IMU faccia piangere solo i proprietari di case?

Con la smania di far piangere i ricchi si crea disoccupazione
.


Cosa succede invece quando si tassa un bene che ha una domanda anelastica?


Poiché la domanda è destinata a calare poco, una tassa di importo unitario considerevolmente più basso rispetto a prima produce un gettito fiscale sensibilmente maggiore.

Questo potrebbe essere uno degli elementi per i quali spesso il governo preferisce aumentare la benzina o altri prodotti energetici quando ha bisogno di fare subito cassa.



Sfortunatamente per i governanti questo peso è sostenuto per lo più da una ampia fascia di consumatori e il provvedimento non risulta molto popolare.


Il dilemma dei governi è quindi cosa tassare. Tassare i beni ad elevata elasticità potrebbe avere buona visibilità, ma potrebbe produrre cattivi risultati.



Il messaggio importante di questo post è che bisogna capire che c'è differenza tra chi paga la tassa e chi ne sostiene l'onere effettivo


Un esempio. Immaginiamo che si decida di tassare le barche e che con il ricavato si voglia sostenere il reddito dei disoccupati. Suona bene, vero?


Il rischio è che il gettito sia sostanzialmente esiguo e che l'incremento del sussidio sia di pochi euro. A fronte di questo provvedimento facilmente si creeranno ulteriori disoccupati e quindi vi sia l'anno successivo necessità di aumentare il monte sussidi, in un loop infernale che potrebbe portare teoricamente alla disoccupazione generale.

Siamo giunti alla "paradossale" conclusione che non angariare i benestanti potrebbe portare benefici anche alle classi meno abbienti.



In questo senso sarebbe razionale che lo Stato assicuri a tutti i cittadini le medesime opportunità di progredire economicamente e socialmente piuttosto che tosare l'upper class.  




Il problema è che nella percezione generale (ed anche la mia) in Italia negli ultimi 50 anni nessuno o quasi si è fatto strada con le proprie forze, lavorando con capacità ed onestamente. E' anzi probabile il contrario.

Questa ragione giustifica il risentimento verso i "ricchi" e genera sentimenti di rivalsa che tuttavia andrebbero ben temperati perchè non è detto che cercare la rivincita in questo modo sia la cosa migliore.

Ma questa non è l'unica conclusione alla quale si può giungere.


Ogni tanto salta fuori qualche ministro che ha un'idea brillante. Vi ricordate della cosiddetta Robin Hood tax o di provvedimenti simili?

Era un'idea geniale per la propaganda politica. Il messaggio era: "facciamo pagare i petrolieri e le banche e con quei soldi sosteniamo il popolo".

Peccato che adesso sappiate che non si sa bene se le cose stiano veramente come enfaticamente proclamato.


Adesso chiunque di voi potrebbe alzarsi e chiedere: "Mi scusi, ma chi sostiene l'onere effettivo della tassa? I produttori o i consumatori?"

E se poi volesse essere un po' acido: "Chi mi garantisce che il maggior introito sia speso meglio da voi piuttosto che lasciarlo là dove stava? Ma la trattazione di questo argomento è decisamente più complessa e non sarà oggetto di discussione in questa sede.





 

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