venerdì 22 dicembre 2017

Video - La fine dell'inflazione e dei bond?


Cosa resterà dei bond? Nel mondo ci sono oltre 11mila miliardi di dollari in obbligazioni che hanno tassi negativi. Il creditore anziché ricevere denaro riconosce un tot a chi lo riceve, come se fosse un parcheggio o una tassa. Siamo alla fine di un’epoca? Possiamo dimenticarci degli investimenti in bond? Benvenuti a “Finanza Serena. Capire la finanza, farsi del bene e MEDITARE”. Nell’edizione natalizia, proporrò argomenti quasi filosofici. Da meditazione. E’ intuitivo che i tassi delle obbligazioni siano legati anche all’andamento dell’inflazione. E in settembre, la Presidente della FED, aveva detto che l’inflazione sta diventando un mistero. Già molti anni fa ascoltavo Mario Deaglio che diceva che gli economisti erano in difficoltà perché la terziarizzazione dell’economia complicava e rendeva difficile la loro vita. Oggi la globalizzazione ma soprattutto la digitalizzazione stanno creando un mondo caotico e difficile da prevedere e da gestire. I modelli quantitativi usati finora sono diventati molto instabili. Calcolare gli effetti di una politica monetaria tesa - per esempio - a ottenere un certo tasso di inflazione è ancora più difficile di una volta. Non posso certo competere con il gotha degli economisti mondiali su questi temi ma qualche riflessione qualitativa possiamo farla insieme. L’inflazione ha tre possibili origini. 1) quando la banca centrale di un paese decide di stampare. 2) (l’inflazione) da costi o 3) da domanda. La prima è facile da spiegare. Si stampa nuova carta e si inflaziona la valuta. Lasciamo ai tecnici le questioni su quanta carta nuova occorre o perché sia bene farlo. 2) L’inflazione da costi avviene quando ad es. le materie prime aumentano. Tutti noi ricordiamo gli shock petroliferi degli anni 70. Il prezzo del petrolio si è impennato e noi abbiamo passato le domeniche a piedi. Così per lunghi anni i bot hanno avuto rendimenti a due cifre. Oggi c’è la possibilità che si possa generare una inflazione da costi? A me pare di no. Le materie prime sono stabili e a basso livello di prezzi da tempo: più volte gli esperti hanno previsto una loro risalita e sono stati smentiti. Anche il risveglio dell’economia e l’ingresso della Cina non pare abbiano aumentato troppo i prezzi. Oggi se il petrolio arabo dovesse salire diventerebbero immediatamente convenienti le fonti alternative e lo shale oil. E analogamente anche la competizione per altre materie prime si basa generalmente sui prezzi. Insomma mi pare che non si possa parlare di tensioni derivanti da questo fronte tali da giustificare una fiammata inflazionistica. Potrà aumentare il litio, per le batterie dei telefoni, ma già si parla di batterie al grafene... E potrebbe verificarsi una inflazione generata da rivendicazioni salariali? La prospettiva al 2050 è che metà della popolazione mondiale sarà sottooccupata o inoccupata. Quindi anche in questo senso temo che potremo stare tranquilli. Per modo di dire... L’altra fonte di inflazione è quella da domanda. Ma è possibile che i prezzi possano infiammarsi per una domanda di un bene che superi di molto la capacità produttiva? Oggi c’è una domanda molto frazionata per i beni sofisticati e molta capacità produttiva per i beni standardizzabili. Per non parlare dei servizi digitali che possono essere aumentati in modo quasi verticale. A me pare dunque improbabile che ci possa essere una fiammata inflazionistica da domanda a meno che non si creino forti barriere al commercio internazionale. Concludo quindi affermando che all’orizzonte ci siano le condizioni per avere un periodo di bassa inflazione e sovrabbondanza di capitale finanziario. Un mix che non dovrebbe favorire chi vuole investire in obbligazioni. E comunque per ragioni che vi dirò nella prossima puntata il tempo del mero acquisto e detenzione di valori mobiliari è finito.

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