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lunedì 25 agosto 2025

Diventare un investitore esperto in 5 minuti



Si può davvero capire in pochi minuti come diventare un investitore smart?

Sì, se si parte dalle basi giuste

Investire significa mettere il proprio capitale al lavoro a due condizioni, 

1) accettare un certo grado di rischio, in cambio di un potenziale rendimento

2) vigilare che il rendimento sia adeguato, e se non lo è capire perché.


I fondamentali


1. Perché si guadagna dagli investimenti?

La finanza è legata all’economia reale. La finanza quando fa bene il suo lavoro è un supporto all’economia reale e ne diventa il riflesso: se l’economia reale cresce, l’investimento finanziario cresce in modo sano. Parleremo in un altro momento dei fenomeni come le bolle finanziarie.

I fattori che influenzano l’economia reale, e di conseguenza gli investimenti finanziari sono 

- le decisioni di politica monetaria

- l’andamento dell’economia in generale, dei settori e delle aree geografiche

- la solidità e la gestione di un’azienda


2. Le tre grandi famiglie di strumenti finanziari

Il panorama degli investimenti “di carta” è vasto, ma tre categorie rappresentano una base di partenza per chi vuole capire bene come stanno le cose.
Li ordino in ordine crescente di rischio, inteso come possibilità di oscillazione dei prezzi o di possibilità di perdita del capitale investito. 


Obbligazioni

rappresentano un prestito a Stati o aziende. In cambio si ricevono interessi periodici. 

Sebbene vengano considerati investimenti sicuri presentano tre principali rischi:

- Credito: l’emittente non rimborsa, in tutto o in parte, o paga in ritardo.

- Tasso: un rialzo dei tassi fa scendere il valore dell’obbligazione.

- Cambio: se il prestito è in un’altra valuta, per esempio dollari una variazione del tasso di cambio impatta nel bene o nel male sul risultato finale


Azioni

Rappresentano la contitolarità in una azienda. Il guadagno arriva dai dividendi (o dall’aumento del valore dell’azione, che è la stessa cosa), che sono quella parte di utile che viene destinata all’investitore dopo avere pagato i lavoratori i fornitori e i prestiti e le tasse. 


Derivati

Traggono il proprio valore dal valore di altri beni. Cioè il loro valore deriva da qualcosa d’altro. 

Poiché il solo limite alla creazione di derivati è la fantasia umana è difficile definirli o descriverli in modo sintetico. Inizialmente erano nati con uno scopo pratico e funzionale alla crescita dell’economia reale, ma più di recente sono diventati uno strumento decisamente più controverso e di dubbia utilità per l’investitore.
Si potrebbe con un certo grado di approssimazione assimilare oggi una ampia fetta di questi strumenti ad una scommessa. 

Occorre notare che in questa categoria rientrano anche i certificates, noti al grande pubblico perché spesso sono offerti “generosamente” dalle banche. Possono sembrare soluzioni di investimento familiari e rassicuranti ma nascondono complessità elevate. E proprio per questa combinazione — aria innocua e struttura difficile — possono essere una trappola per il risparmiatore che si lascia affascinare senza comprenderne il funzionamento ed esponendolo a rischi imprevisti.


3. Compra e tieni

Chi investe in azioni od obbligazioni fa implicitamente un atto di fiducia nel mondo e nella sua crescita prospettica. Ma una “crescita prospettica” non esclude un calo nell’immediato. 

La volatilità è la croce degli investitori alle prime armi e non solo. Tutti noi siamo a disagio quando vediamo il nostro patrimonio calare. Tuttavia questo è un fatto fisiologico. 

Esagerando il concetto potremmo dire che l’investitore è pagato per sopportare la volatilità del proprio investimento e che la volatilità è una proprietà inscindibile di un certo investimento, quindi non è un fattore eliminabile. 

In condizioni normali la volatilità è legata al rendimento atteso di un investimento. Quindi se vi offrono rendimenti “interessanti” ma non viene al contempo sottolineata la volatilità attesa siamo in una condizione sospetta: o il rendimento prospettato non è veritiero o la volatilità promessa non è veritiera. Quindi iniziate a storcere il naso e indagare, invece di essere Pinocchio al Campo dei Miracoli. 


4. La diversificazione: il miglior alleato dell’investitore

La finanza è una scienza sociale: non è come la matematica. E’ soggetta a fenomeni non razionali che neanche il miglior professionista può evitare. Per questa ragione è indispensabile diversificare.

Investire in pochi titoli titolo solo perché sono ci noti e ci piacciono ci espone alleffetto Parmalat o Argentina: è come costruire una casa con un unico pilastro. Se cede, tutto crolla. Diversificare significa distribuire il capitale tra strumenti, settori e aree geografiche diverse per ridurre i rischi, ma anche utilizzare strumenti che non abbiano correlazione.

Un primissimo e fondamentale livello di diversificazione che potete fare senza farvi servire da uno specialista è ricorrere a strumenti che siano di per sé diversificati. 

Quindi:

- Fondi comuni di investimento, che sono distribuiti dalle banche, e che ricevono un compenso per la loro attività di collocamento;

- ETF (Exchange-Traded Funds): sono fondi comuni negoziati in Borsa e non distribuiti dalle banche. In genere hanno costi sensibilmente inferiori (anche il 90% in meno) ai fondi attivi e per una serie di ragioni che qualsiasi consulente vi potrà spiegare dovrebbero essere la prima scelta per la strutturazione del proprio investimento.

La regola generale comunque è che se dovete reperire un investimento e volete essere sicuri di non averlo pagato troppo caro dovete comprarlo sul mercato. Detta diversamente: non dovete accettare che sia il vostro “amico in banca” a fornirvelo. 


5. Il “pranzo gratis” non esiste: attenzione a chi ti consiglia

Nessuno di noi si sognerebbe di sentirsi proporre da un architetto “ti disegno gratis il progetto della casa e tu in cambio comperi i mattoni dal mio negozio”. 

In finanza invece sembra una cosa naturale, perché le banche hanno (o forse avevano) la fiducia dell’italiano medio. Questa fiducia deriva dal fatto che una volta le banche erano la “cassaforte della famiglia” e il loro lavoro era raccogliere denaro e prestarlo alle industrie e ai commercianti. Ma da svariati decenni le banche si sono accorte che fanno più profitto a fare i distributori di strumenti di investimento. Ma sono consiglieri interessati perché hanno accordi di retrocessione, ovvero sono pagate per spingere certi prodotti piuttosto che altri. 

Occorre quindi fare attenzione alla consulenza che si riceve. La regola d’oro è comperare sul mercato e non dalla banca.


6. Il ruolo delle emozioni

Il neofita pensa che in questo settore tutto sia algido. 

Ma il mercato finanziario è intriso di emozioni. Le proprie e quelle altrui. 

Da un lato tutti noi abbiamo sperimentato che vedere il proprio patrimonio scendere nel “breve periodo“ (attenzione perché breve potrebbe voler dire anche alcuni anni) è spiacevole. Ma se il lavoro di pianificazione è stato fatto bene l’investitore non sentirà la necessità di disinvestire perché travolto dall’ansia. 

Potrebbe invece capitare che si voglia rincorrere il mercato perché si ha paura di non partecipare alla grande sagra del guadagno facile, che caratterizza in genere la fase terminale di un mercato rialzista. 

Il lavoro di un consulente è quello di distinguere il prezzo dal valore. Comprare valore a basso prezzo e viceversa. E aiutare l’investitore a non cadere nella trappole delle emozioni. 


  

Conclusione

Ecco alla fine le regole chiave per investire;
- compra sul mercato, non dagli “amici in banca”

- diversifica “bene” il portafoglio

- tieni l’investimento per un tempo lunghissimo, come se fosse una casa.

- controlla i costi, perché il costo è uno dei due fattori che fanno la differenza (l’altro è la composizione del portafoglio).


Un paio di miei clienti hanno un patrimonio ragguardevole solo perché i loro genitori hanno fatto istintivamente questo per tutta la vita. E se ci incontreremo ti racconterò volentieri le loro storie.


A questo punto ti dirai. Ma così Giaume nega l’importanza di avere un consulente. 


In realtà un consulente può fare molto. L’ho già fatto anche solo svelando che dovete comperare i vostri investimenti sul mercato. 

Ma se rileggerete le prime righe potrete vedere che non ho parlato del punto n. 2 ovvero “vigilare che il rendimento sia adeguato, e se non lo è capire perché”. Questo è un pezzo di lavoro che l’investitore non sa fare. 


Il consulente, quello vero, non “l’amico in banca”, serve per applicare questi principi al vostro caso specifico e sì, c’è una bella differenza tra il fare da sé, essere seguiti da un venditore, o essere seguiti in modo professionale.  


📍 Se vivi in Piemonte o Nord Ovest e gestisci un patrimonio superiore a 200.000 euro, possiamo ragionare insieme su come adattare queste regole al tuo caso.



lunedì 18 agosto 2025

Conviene davvero investire nei TIPS o in altri titoli di Stato statunitensi?


Una riflessione per l’investitore europeo

1. La domanda di fondo: i bond USA sono ancora un porto sicuro?

Per decenni, i titoli di stato americani sono stati considerati tra gli investimenti più sicuri al mondo. Ma oggi, per un investitore europeo le cose stanno cambiando. Conviene davvero investire in bond USA? Sia quelli legati all’inflazione (TIPS), sia quelli ordinari? Oppure i rischi stanno superando i benefici?

La risposta richiede di analizzare diversi fattori: la stabilità del dollaro, il rischio politico e fiscale statunitense e l’affidabilità dei dati economici che regolano in modo diretto i rendimenti di alcuni di questi strumenti.

2. Cos’è un TIPS e perché le recenti mosse interessano anche gli investitori europei?

I TIPS (Treasury Inflation-Protected Securities) sono titoli di stato americani che offrono protezione dall’inflazione. Il loro valore nominale è indicizzato all’indice dei prezzi al consumo (CPI), e quindi le cedole aumentano al crescere dell’inflazione. Per l’investitore in euro, questo tipo di strumento sembra ideale in un contesto globale di pressioni inflazionistiche.

Ma il meccanismo è valido solo se i dati sul CPI sono credibili. E qui sorge un primo, grande problema.

3. Dati manipolati? Il rischio della politicizzazione

La  recente destituzione del direttore del Bureau of Labor Statistics (BLS) da parte del presidente Trump, a seguito di dati sull’occupazione poco favorevoli, ha sollevato timori sulla possibile politicizzazione delle agenzie federali. Il BLS è proprio l’ente che calcola il CPI, l’indice da cui dipendono i rendimenti dei TIPS.

Se questo indice venisse manipolato – per esempio per sottostimare l’inflazione reale – il rendimento dei TIPS non offrirebbe più la copertura promessa. Un rischio sistemico, che mette in discussione il principale vantaggio di questi titoli.

4. Se il dollaro traballa: il rischio di cambio 

Un secondo punto critico è rappresentato dalla sostenibilità del debito pubblico statunitense. L’enorme deficit sta minando la fiducia nella tenuta del dollaro.

Secondo Paulson (ex Segretario al Tesoro), la traiettoria del debito è preoccupante. E un dollaro debole significa che, una volta riconvertiti in euro, i rendimenti dei bond USA potrebbero essere fortemente erosi.

E per un investitore attento alla diversificazione valutaria del proprio portafoglio, questo rappresenta un rischio concreto: si può guadagnare in dollari e perdere con il cambio.

5. La politica monetaria americana: ancora indipendente?

Un’altra variabile chiave è l’integrità della Federal Reserve, che ha sempre rappresentato un'ancora di stabilità per i mercati. Tuttavia, anche la sua indipendenza è oggi messa in discussione.

L’ipotesi di una Fed più “accomodante”, disposta a tagliare i tassi anche in assenza delle condizioni macroeconomiche per farlo - per rispondere a pressioni politiche-  getta ombre sulla credibilità della risposta all’inflazione.

In questo scenario, i TIPS rischiano di diventare un paradosso: creati per proteggere dall’inflazione, potrebbero non farlo affatto se i dati CPI sono alterati e la politica monetaria perde la bussola.

6. Quali sono le implicazioni per chi investe in euro?

Un risparmiatore europeo interessato a strumenti obbligazionari esteri, deve oggi guardare ai TIPS e alle obbligazioni in dollari in genere con grande prudenza. I motivi principali sono:

  • Rischio di cambio: un dollaro debole può ridurre drasticamente i rendimenti reali.

  • Affidabilità dei dati: CPI manipolati = TIPS inefficaci.

  • Incertezza politica: un’America divisa e polarizzata può destabilizzare le istituzioni.

  • Politiche fiscali espansive: aumentano il debito e i rischi di default, che non avverrà, ma che impatterà sui tassi. 

  • Inflazione e Fed: se la Fed viene politicizzata il governo dell’economia diventa più incerto.

Conclusione: serve estrema cautela

Per un investitore globale oggi i titoli statunitensi non sono più il rifugio sicuro di un tempo. Il contesto politico ed economico degli Stati Uniti introduce variabili difficilmente prevedibili e poco controllabili.

Meglio valutare con attenzione, magari insieme a un consulente anziché un venditore, se esporsi ai bond USA e, in che misura.

#InvestimentiPiemonte #ConsulenzaPatrimoniale #BondUSA #TIPS #RischioCambio #InflazioneUSA

Se hai un patrimonio da gestire e vuoi capire se i titoli USA fanno per te, possiamo parlarne insieme. Scrivimi!


lunedì 11 agosto 2025

Nvidia e AMD: cosa significa l’accordo USA–Cina per chi le ha in portafoglio

Può una mossa politica migliorare i ricavi ma mettere a rischio i margini a lungo termine?


È la domanda che oggi si pongono molti investitori con posizioni in Nvidia (NVDA) e AMD (AMD), dopo la decisione dell’amministrazione Trump di consentire la vendita in Cina di chip avanzati per AI — a condizione che le aziende versino il 15% dei ricavi generati nel Paese al governo USA.

1. Cosa cambia operativamente per le aziende

  • Accesso recuperato a un mercato chiave: la Cina è uno dei principali acquirenti mondiali di chip per intelligenza artificiale. Restarne esclusi avrebbe comportato un calo di fatturato e potenzialmente di capitalizzazione di mercato.

  • Costo fisso sul fatturato: la clausola del 15% incide sui ricavi, non sugli utili, riducendo i margini lordi. Con margini operativi storicamente superiori al 40% per Nvidia e al 20% per AMD, l’impatto non è neutrale.

  • Stabilità incerta: l’accordo è legato a un contesto politico. Un cambio di amministrazione o un’escalation con la Cina può ribaltare la situazione in poche settimane.

2. Possibili effetti sul prezzo delle azioni

Per chi detiene titoli in portafoglio, i riflessi vanno letti in due fasi:

  • Breve termine 

    • Sentiment positivo: il ritorno in Cina può essere percepito come un catalizzatore di crescita, sostenendo i multipli P/E e P/S.

    • Maggiore visibilità sui ricavi: gli analisti potrebbero rivedere al rialzo le stime di fatturato 2025–2026.

  • Medio-lungo termine 

    • Rischio erosione margini: un prelievo fisso può comprimere gli utili per azione (EPS) anche in presenza di crescita dei ricavi.

    • Rischio geopolitico: eventuali restrizioni future potrebbero portare a nuova volatilità e correzioni di prezzo.

3. Lettura geopolitica utile all’investitore

L’accordo non è solo un fatto commerciale: è un compromesso politico in piena rivalità USA–Cina.
Per l’investitore significa:

  • Maggiore volatilità da eventi esogeni: le azioni possono reagire a titoli di giornale e dichiarazioni politiche, non solo ai dati trimestrali.

  • Possibile “premio geopolitico negativo”: i mercati potrebbero prezzare uno sconto di rischio per aziende esposte a decisioni governative.

4. Come può influire sul portafoglio

Se hai AMD o Nvidia, considera:

  • Valutare la concentrazione: l’esposizione eccessiva a titoli fortemente legati a rapporti USA–Cina aumenta il rischio specifico.

  • Seguire i margini lordi: se il 15% riduce la profittabilità, l’impatto può riflettersi direttamente sul valore di mercato nel medio termine.

  • Gestire con prese di profitto parziali: utile in caso di forti rally legati al sentiment ma non supportati da crescita di utili netti.

  • Monitorare alternative: ETF settoriali su semiconduttori possono ridurre il rischio idiosincratico rispetto al singolo titolo.

5. Scenari da tenere d’occhio

  • Scenario positivo: la Cina resta aperta ai chip USA, l’accordo regge e le vendite compensano ampiamente il prelievo fiscale. Multipli sostenuti e potenziale upside.

  • Scenario neutro: ricavi in crescita ma margini in calo; il mercato prezza un equilibrio tra opportunità e costo della clausola.

  • Scenario negativo: rottura dell’accordo o nuove restrizioni; forte volatilità e possibile correzione dei titoli.

Per l’investitore

L’accordo offre ossigeno immediato ai ricavi di Nvidia e AMD, ma introduce un elemento strutturale di pressione sui margini e di volatilità politica.

Chi ha questi titoli in portafoglio dovrebbe valutare la notizia come una finestra di opportunità di breve termine, ma restare prudente sul medio periodo.

📌 #InvestimentiPiemonte #ConsulenzaPatrimoniale #AzioniTech #GeopoliticaEconomica

Se vuoi discutere strategie per gestire l’esposizione a titoli tech in contesti geopolitici complessi, possiamo analizzare insieme portafoglio e obiettivi.


lunedì 4 agosto 2025

“Sono stato in Kenia”


Qualche anno fa, un conoscente mi disse: “Sono stato in Kenia”. Gli chiesi com’era. Mi rispose: “Come essere in provincia di Alessandria, solo che c’erano le capanne invece che le case”.
Non aveva visto il Kenia. Aveva visto un tour organizzato, filtrato da preconcetti, orari fissi e comfort simulato. Una realtà edulcorata e semplificata, come piace a chi vuole l’illusione del viaggio senza il disagio del viaggio.

Ecco, la stessa cosa accade in finanza. Molti investitori non cercano il rendimento. Cercano l’illusione del rendimento. E rifiutano il prezzo da pagare per ottenerlo: la volatilità.

Rendimento e volatilità: un binomio inseparabile

Ogni asset ha un suo rendimento atteso. E ogni rendimento ha una volatilità associata, che è il prezzo psicologico ed economico da pagare.
Chi vuole rendimento senza volatilità vuole il Kenia senza uscire dal villaggio turistico.

Facciamo un confronto empirico:

  • I BOT (Buoni Ordinari del Tesoro), a 3-6 mesi, sono poco volatili. Rendono pochissimo.

  • I BTP a 10-30 anni sono molto più volatili. Offrono rendimenti più alti, ma ti chiedono di sopportare oscillazioni anche forti sul valore del capitale.

  • Le azioni sono ancora più volatili, e nel lungo periodo rendono di più di qualsiasi obbligazione.

  • In mezzo si collocano strumenti ibridi come i certificati o gli ETF covered call: generano cedole elevate, ma lo fanno sacrificando parte della crescita. Offrono un compromesso: meno volatilità delle azioni pure, ma anche meno potenziale.

Il messaggio è chiaro: se tagli la volatilità, tagli anche il rendimento. Non esiste un pasto gratis.

Il dolore della volatilità

Il problema è che la volatilità fa male.
Non solo a livello tecnico, ma a livello emotivo. Vedere il proprio patrimonio perdere il 5%, il 10% o il 30% anche solo temporaneamente, provoca disagio, ansia, panico.

E se non si capisce perché si soffre, la sofferenza diventa insopportabile. È qui che iniziano i comportamenti irrazionali: vendere sui minimi, inseguire mode, cambiare strategia ogni sei mesi, oppure... rincorrere strumenti che promettono rendimento senza dolore.

Il miraggio delle cedole facili

È così che proliferano strumenti come i certificati a capitale condizionatamente protetto, o i covered call ETF che offrono “cedole” anche del 10% annuo.
E in certi anni possono funzionare. Se sei fortunato. Se entri e soprattutto esci al momento giusto. Ma se tieni lo strumento per 3, 5, 10 anni, la realtà tende a emergere: il rendimento si smorza, il capitale si deteriora, la promessa iniziale si rivela illusoria.

La finanza, come la fisica, non fa sconti: o assumi il rischio e incassi rendimento, oppure ti proteggi dal rischio e rinunci al rendimento.

Perché funzionano (dal lato commerciale)

Dal punto di vista dell’investitore attento, questi strumenti sono spesso subottimali.
Dal punto di vista commerciale, invece, sono perfetti.

  • Hanno cedole regolari, che rassicurano il cliente.

  • Richiedono poca manutenzione, che rassicura il consulente.

  • Permettono di non approfondire il dialogo, di evitare la domanda fondamentale: “Ma a cosa ti serve esattamente quel reddito?”

In questo modo si vizia il cliente. Gli si dà ciò che vuole, non ciò che gli serve. Non lo si guida: lo si asseconda. E nel frattempo si preserva la relazione evitando lo scontro.

Nasce il turismo finanziario

Il risultato è il “turismo finanziario”.
Investitori che si muovono in massa verso lo strumento di moda. Non per una strategia consapevole, ma per sentito dire, per il titolo attraente, per l’illusione della sicurezza.
Sono i viaggiatori del Kenia con le ciabatte da piscina. Non vogliono conoscere la natura selvaggia della finanza. Vogliono l’illusione dell’esotico senza mai lasciare la comfort zone.

La verità non è sexy, ma è utile

Dire che “il rendimento è il prezzo della volatilità” non vende.
Non rassicura. Non consola.
Ma è l’unica verità che conta se vuoi costruire un patrimonio con un orizzonte lungo.
Capire la volatilità, accettarla, gestirla (non evitarla), è la chiave per uscire dal villaggio turistico e vedere finalmente il vero Kenia.