Si può davvero capire in pochi minuti come diventare un investitore smart?
Sì, se si parte dalle basi giuste
Investire significa mettere il proprio capitale al lavoro a due condizioni,
1) accettare un certo grado di rischio, in cambio di un potenziale rendimento
2) vigilare che il rendimento sia adeguato, e se non lo è capire perché.
I fondamentali
1. Perché si guadagna dagli investimenti?
La finanza è legata all’economia reale. La finanza quando fa bene il suo lavoro è un supporto all’economia reale e ne diventa il riflesso: se l’economia reale cresce, l’investimento finanziario cresce in modo sano. Parleremo in un altro momento dei fenomeni come le bolle finanziarie.
I fattori che influenzano l’economia reale, e di conseguenza gli investimenti finanziari sono
- le decisioni di politica monetaria
- l’andamento dell’economia in generale, dei settori e delle aree geografiche
- la solidità e la gestione di un’azienda
2. Le tre grandi famiglie di strumenti finanziari
Il panorama degli investimenti “di carta” è vasto, ma tre categorie rappresentano una base di partenza per chi vuole capire bene come stanno le cose.
Li ordino in ordine crescente di rischio, inteso come possibilità di oscillazione dei prezzi o di possibilità di perdita del capitale investito.
Obbligazioni
rappresentano un prestito a Stati o aziende. In cambio si ricevono interessi periodici.
Sebbene vengano considerati investimenti sicuri presentano tre principali rischi:
- Credito: l’emittente non rimborsa, in tutto o in parte, o paga in ritardo.
- Tasso: un rialzo dei tassi fa scendere il valore dell’obbligazione.
- Cambio: se il prestito è in un’altra valuta, per esempio dollari una variazione del tasso di cambio impatta nel bene o nel male sul risultato finale
Azioni
Rappresentano la contitolarità in una azienda. Il guadagno arriva dai dividendi (o dall’aumento del valore dell’azione, che è la stessa cosa), che sono quella parte di utile che viene destinata all’investitore dopo avere pagato i lavoratori i fornitori e i prestiti e le tasse.
Derivati
Traggono il proprio valore dal valore di altri beni. Cioè il loro valore deriva da qualcosa d’altro.
Poiché il solo limite alla creazione di derivati è la fantasia umana è difficile definirli o descriverli in modo sintetico. Inizialmente erano nati con uno scopo pratico e funzionale alla crescita dell’economia reale, ma più di recente sono diventati uno strumento decisamente più controverso e di dubbia utilità per l’investitore.
Si potrebbe con un certo grado di approssimazione assimilare oggi una ampia fetta di questi strumenti ad una scommessa.
Occorre notare che in questa categoria rientrano anche i certificates, noti al grande pubblico perché spesso sono offerti “generosamente” dalle banche. Possono sembrare soluzioni di investimento familiari e rassicuranti ma nascondono complessità elevate. E proprio per questa combinazione — aria innocua e struttura difficile — possono essere una trappola per il risparmiatore che si lascia affascinare senza comprenderne il funzionamento ed esponendolo a rischi imprevisti.
3. Compra e tieni
Chi investe in azioni od obbligazioni fa implicitamente un atto di fiducia nel mondo e nella sua crescita prospettica. Ma una “crescita prospettica” non esclude un calo nell’immediato.
La volatilità è la croce degli investitori alle prime armi e non solo. Tutti noi siamo a disagio quando vediamo il nostro patrimonio calare. Tuttavia questo è un fatto fisiologico.
Esagerando il concetto potremmo dire che l’investitore è pagato per sopportare la volatilità del proprio investimento e che la volatilità è una proprietà inscindibile di un certo investimento, quindi non è un fattore eliminabile.
In condizioni normali la volatilità è legata al rendimento atteso di un investimento. Quindi se vi offrono rendimenti “interessanti” ma non viene al contempo sottolineata la volatilità attesa siamo in una condizione sospetta: o il rendimento prospettato non è veritiero o la volatilità promessa non è veritiera. Quindi iniziate a storcere il naso e indagare, invece di essere Pinocchio al Campo dei Miracoli.
4. La diversificazione: il miglior alleato dell’investitore
La finanza è una scienza sociale: non è come la matematica. E’ soggetta a fenomeni non razionali che neanche il miglior professionista può evitare. Per questa ragione è indispensabile diversificare.
Investire in pochi titoli titolo solo perché sono ci noti e ci piacciono ci espone alleffetto Parmalat o Argentina: è come costruire una casa con un unico pilastro. Se cede, tutto crolla. Diversificare significa distribuire il capitale tra strumenti, settori e aree geografiche diverse per ridurre i rischi, ma anche utilizzare strumenti che non abbiano correlazione.
Un primissimo e fondamentale livello di diversificazione che potete fare senza farvi servire da uno specialista è ricorrere a strumenti che siano di per sé diversificati.
Quindi:
- Fondi comuni di investimento, che sono distribuiti dalle banche, e che ricevono un compenso per la loro attività di collocamento;
- ETF (Exchange-Traded Funds): sono fondi comuni negoziati in Borsa e non distribuiti dalle banche. In genere hanno costi sensibilmente inferiori (anche il 90% in meno) ai fondi attivi e per una serie di ragioni che qualsiasi consulente vi potrà spiegare dovrebbero essere la prima scelta per la strutturazione del proprio investimento.
La regola generale comunque è che se dovete reperire un investimento e volete essere sicuri di non averlo pagato troppo caro dovete comprarlo sul mercato. Detta diversamente: non dovete accettare che sia il vostro “amico in banca” a fornirvelo.
5. Il “pranzo gratis” non esiste: attenzione a chi ti consiglia
Nessuno di noi si sognerebbe di sentirsi proporre da un architetto “ti disegno gratis il progetto della casa e tu in cambio comperi i mattoni dal mio negozio”.
In finanza invece sembra una cosa naturale, perché le banche hanno (o forse avevano) la fiducia dell’italiano medio. Questa fiducia deriva dal fatto che una volta le banche erano la “cassaforte della famiglia” e il loro lavoro era raccogliere denaro e prestarlo alle industrie e ai commercianti. Ma da svariati decenni le banche si sono accorte che fanno più profitto a fare i distributori di strumenti di investimento. Ma sono consiglieri interessati perché hanno accordi di retrocessione, ovvero sono pagate per spingere certi prodotti piuttosto che altri.
Occorre quindi fare attenzione alla consulenza che si riceve. La regola d’oro è comperare sul mercato e non dalla banca.
6. Il ruolo delle emozioni
Il neofita pensa che in questo settore tutto sia algido.
Ma il mercato finanziario è intriso di emozioni. Le proprie e quelle altrui.
Da un lato tutti noi abbiamo sperimentato che vedere il proprio patrimonio scendere nel “breve periodo“ (attenzione perché breve potrebbe voler dire anche alcuni anni) è spiacevole. Ma se il lavoro di pianificazione è stato fatto bene l’investitore non sentirà la necessità di disinvestire perché travolto dall’ansia.
Potrebbe invece capitare che si voglia rincorrere il mercato perché si ha paura di non partecipare alla grande sagra del guadagno facile, che caratterizza in genere la fase terminale di un mercato rialzista.
Il lavoro di un consulente è quello di distinguere il prezzo dal valore. Comprare valore a basso prezzo e viceversa. E aiutare l’investitore a non cadere nella trappole delle emozioni.
Conclusione
Ecco alla fine le regole chiave per investire;
- compra sul mercato, non dagli “amici in banca”
- diversifica “bene” il portafoglio
- tieni l’investimento per un tempo lunghissimo, come se fosse una casa.
- controlla i costi, perché il costo è uno dei due fattori che fanno la differenza (l’altro è la composizione del portafoglio).
Un paio di miei clienti hanno un patrimonio ragguardevole solo perché i loro genitori hanno fatto istintivamente questo per tutta la vita. E se ci incontreremo ti racconterò volentieri le loro storie.
A questo punto ti dirai. Ma così Giaume nega l’importanza di avere un consulente.
In realtà un consulente può fare molto. L’ho già fatto anche solo svelando che dovete comperare i vostri investimenti sul mercato.
Ma se rileggerete le prime righe potrete vedere che non ho parlato del punto n. 2 ovvero “vigilare che il rendimento sia adeguato, e se non lo è capire perché”. Questo è un pezzo di lavoro che l’investitore non sa fare.
Il consulente, quello vero, non “l’amico in banca”, serve per applicare questi principi al vostro caso specifico e sì, c’è una bella differenza tra il fare da sé, essere seguiti da un venditore, o essere seguiti in modo professionale.
📍 Se vivi in Piemonte o Nord Ovest e gestisci un patrimonio superiore a 200.000 euro, possiamo ragionare insieme su come adattare queste regole al tuo caso.
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