Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Ieri - distratti dalla fiducia al governo Berlusconi - i giornali non hanno dato il giusto risalto ad una notizia proveniente da Bruxelles: la presentazione della bozza del nuovo Patto di Stabilità.
In ossequio alla linea dei Paesi del nord Europa l’accordo propone misure drastiche per limitare i rischi di violazione degli equilibri economici, pertanto è previsto:
- un limite ben preciso per il rapporto debito pubblico / PIL (60%);
- un piano di rientro “aritmetico” (ovvero le eccedenze di deficit devono rientrare del 5% all’anno ovvero entro 20 anni);
- sanzioni molto più celeri per i Paesi inadempienti.
Questa notizia mi offre l’occasione per riprendere un argomento di maggio, http://epsilon-intervallo-grande.blogspot.com/2010/05/le-coppie-di-verdone-e-leuro.html
nel quale accennavo ai rischi derivanti dalle differenze culturali tra gli aderenti alla moneta unica.
Se esaminassimo con gli occhi di un tedesco la serie storica della crescita del deficit pubblico Italiano, potrebbe venirgli il dubbio che siamo stati governati da cialtroni e che abbiamo vissuto ben oltre le nostre possibilità? Temo di si.
Non solo, se un tempo neutralizzavamo parte del deficit tramite la debolezza strutturale della Lira, adesso non è più possibile. Quindi in qualche modo oggi coinvolgiamo il tedesco, suo malgrado, in un gioco che sente come “sporco”.
Inevitabile quindi che le diffidenze tra i condomini europei aumentino. Anche perché, vista dalla parte di un italiano, la politica nazionale degli ultimi 40 anni è stata tutto sommato vincente.
Se non è giovanissimo ha un lavoro o una pensione, ed ha una casa. Se è giovane sta ancora con i suoi, magari malvolentieri, ma non è alla fame. Se è anziano ha fatto sacrifici ed adesso non è disponibile a farne altri, se è giovane non è abituato a vederli compensati, e quindi (giustamente) li evita. E non c’è nessuno che abbia autorità morale sufficiente per dire che occorre cambiare.
Tuttavia, nonostante questa irresponsabile inconsapevolezza è giusto ottenere in sede comunitaria una serie di regole comuni dignitose, che non portino al disastro le economie e le popolazioni dell’Europa meridionale.
Ribadisco, come ho già fatto allora, che una bassa compatibilità tra le “visioni” dei popoli è un cuneo micidiale. Il vero problema dell’Europa è l’assenza di politici meridionali credibili e la rigidità dei politici settentrionali.
Se si dovesse verificare una nuova crisi finanziaria europea sarebbe comunque un disastro.
Occorrerebbe scegliere se lasciar fallire un Paese o salvarlo. Nel caso del salvataggio ci sarebbe il rischio che la visione tedesca possa prevalere pesantissimamente nelle trattative del nuovo patto di stabilità, esponendoci a rischi di collasso politico di gran lunga maggiori di quelli già presenti.
Dedicato alla gestione e alla crescita del patrimonio per una clientela d'élite. Innovazione e tradizione al servizio dei tuoi investimenti.
giovedì 30 settembre 2010
martedì 14 settembre 2010
Lo speculatore liquido – 2
Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
La scorsa settimana ho introdotto l’argomento e (adesso posso confessarlo) ho fatto una promessa vana. Difficilmente fotograferemo uno speculatore. Al massimo potremo fare un film.
Proviamo a circoscrivere la materia e a definire alcuni criteri potenzialmente riconducibili ad un comportamento speculativo.
Uno speculatore potrebbe essere definito tale in base
a) all’orizzonte temporale dell’operazione;
b) agli strumenti che usa;
c) alla direzione in cui opera;
d) alla variazione del valore oggetto dell’operazione;
e) al possesso (o meno) dei titoli oggetto dell’operazione;
f) alla numerosità delle operazioni fatte.
Sfortunatamente nessun criterio da solo mi pare conclusivo. Infatti
a) se le operazioni di qualche giorno sono speculative, qual è il numero di giorni oltre il quale l’operazione non è più speculativa?
b) Gli strumenti derivati (che permettono forti leve) sono appannaggio degli speculatori? Gli agricoltori o gli industriali che usano i futures per rendere certi i propri flussi di cassa non sarebbero d’accordo.
c) Operare in direzione opposta a quella prevalente è speculativo? E su quale orizzonte temporale si definisce la direzione prevalente? E quando si teme di essere al termine della tendenza prevalente è da speculatori vendere? E se poi la tendenza prosegue?
d) Chi effettua operazioni in previsione di movimenti minimi ed utilizza forti leve finanziarie per moltiplicare i guadagni è uno speculatore? Probabilmente si, ma come distinguerlo da chi chiude un’operazione in leva con una perdita o un guadagno marginali?
e) Chi vende allo scoperto (senza cioè avere le merci o i titoli) potrebbe essere considerato speculatore? Probabilmente si, anche se vi sono mercati considerati non speculativi dove si opera anche al rialzo senza avere i titoli.
f) Il numero delle operazioni effettuate è senza dubbio un indicatore importante, non a caso la famosa Tobin tax si dovrebbe basare su questo criterio. Tuttavia anche in questo caso è difficile stabilire un limite numerico al di sopra del quale si è speculatori, poiché la numerosità di operazioni potrebbe essere desiderabile per limitare la volatilità del patrimonio gestito cioè si utilizzerebbe una metodologia speculativa per fini non speculativi.
Prendendo in serie tutti questi criteri, in particolare quello dei punti e ed f probabilmente si riesce a mettere maggiormente a fuoco l’immagine dello speculatore. Eppure non è detto che gli speculatori siano un male, diversamente non si spiegherebbe perché la loro esistenza non venga debellata con misure draconiane.
I contorni sfuocati della vicenda creano la fortuna dei governanti e dei giornalisti. I primi possono implementare piani economici traballanti e avere una giustificazione già pronta in caso di fallimento, i secondi hanno una riserva inesauribile di pathos.
Il bottino di questa speculazione intellettuale è magro, come a volte capita anche in finanza: non sappiamo ancora bene chi sia uno speculatore ma abbiamo capito che non è facile attribuirne il titolo.
Concludo con l’unico punto che mi pare fermo: è prudente essere scettici di fronte all’evocazione mediatica degli “speculatori”.
La scorsa settimana ho introdotto l’argomento e (adesso posso confessarlo) ho fatto una promessa vana. Difficilmente fotograferemo uno speculatore. Al massimo potremo fare un film.
Proviamo a circoscrivere la materia e a definire alcuni criteri potenzialmente riconducibili ad un comportamento speculativo.
Uno speculatore potrebbe essere definito tale in base
a) all’orizzonte temporale dell’operazione;
b) agli strumenti che usa;
c) alla direzione in cui opera;
d) alla variazione del valore oggetto dell’operazione;
e) al possesso (o meno) dei titoli oggetto dell’operazione;
f) alla numerosità delle operazioni fatte.
Sfortunatamente nessun criterio da solo mi pare conclusivo. Infatti
a) se le operazioni di qualche giorno sono speculative, qual è il numero di giorni oltre il quale l’operazione non è più speculativa?
b) Gli strumenti derivati (che permettono forti leve) sono appannaggio degli speculatori? Gli agricoltori o gli industriali che usano i futures per rendere certi i propri flussi di cassa non sarebbero d’accordo.
c) Operare in direzione opposta a quella prevalente è speculativo? E su quale orizzonte temporale si definisce la direzione prevalente? E quando si teme di essere al termine della tendenza prevalente è da speculatori vendere? E se poi la tendenza prosegue?
d) Chi effettua operazioni in previsione di movimenti minimi ed utilizza forti leve finanziarie per moltiplicare i guadagni è uno speculatore? Probabilmente si, ma come distinguerlo da chi chiude un’operazione in leva con una perdita o un guadagno marginali?
e) Chi vende allo scoperto (senza cioè avere le merci o i titoli) potrebbe essere considerato speculatore? Probabilmente si, anche se vi sono mercati considerati non speculativi dove si opera anche al rialzo senza avere i titoli.
f) Il numero delle operazioni effettuate è senza dubbio un indicatore importante, non a caso la famosa Tobin tax si dovrebbe basare su questo criterio. Tuttavia anche in questo caso è difficile stabilire un limite numerico al di sopra del quale si è speculatori, poiché la numerosità di operazioni potrebbe essere desiderabile per limitare la volatilità del patrimonio gestito cioè si utilizzerebbe una metodologia speculativa per fini non speculativi.
Prendendo in serie tutti questi criteri, in particolare quello dei punti e ed f probabilmente si riesce a mettere maggiormente a fuoco l’immagine dello speculatore. Eppure non è detto che gli speculatori siano un male, diversamente non si spiegherebbe perché la loro esistenza non venga debellata con misure draconiane.
I contorni sfuocati della vicenda creano la fortuna dei governanti e dei giornalisti. I primi possono implementare piani economici traballanti e avere una giustificazione già pronta in caso di fallimento, i secondi hanno una riserva inesauribile di pathos.
Il bottino di questa speculazione intellettuale è magro, come a volte capita anche in finanza: non sappiamo ancora bene chi sia uno speculatore ma abbiamo capito che non è facile attribuirne il titolo.
Concludo con l’unico punto che mi pare fermo: è prudente essere scettici di fronte all’evocazione mediatica degli “speculatori”.
giovedì 9 settembre 2010
Lo speculatore liquido – 1
Cellino Associati SIM, Cellino e Associati SIM
Gli speculatori sono per definizione i colpevoli.
Sono personaggi necessari sia per i giornalisti che per i governanti, oltre che per gli investitori.
Se non esistessero bisognerebbe inventarli.
La loro presenza discreta emana il fascino generato dal “lato oscuro della forza” e rende più sapide tanto le descrizioni giornalistiche quanto più credibili le scuse per un fallimento.
Inoltre addossare ad altri la responsabilità per un fallimento è liberatorio e in questo caso molto facile, poiché non si viene mai smentiti.
Ma gli speculatori sono una sorta di setta segreta, o analogamente a quanto asseriva Giovanni Sartori a proposito della politica, sono inafferrabili perché è difficile definire il concetto di speculazione?
Chi è uno speculatore?
L’etimo suggerisce che sia una vedetta, uno che guarda lontano. Ma è troppo poco per dichiararsi soddisfatti.
Cosa suggerisce allora la teoria economica?
Un famoso economista diceva che speculare era l’arte di capire cosa avessero in mente gli altri, e di anticiparli. Inoltre usava una metafora: “lo speculatore non deve indovinare quale sia la ragazza più bella, in un concorso di bellezza, ma deve capire quale sarà la più votata.”.
Altri studiosi asseriscono che ciascuno di noi è uno speculatore, in quanto agisce orientato al futuro e quindi all’incertezza. Pertanto ogni genere di investimento è una speculazione.
Altri ancora hanno lodato il ruolo degli speculatori, che si contrappongono agli investitori, poiché danno liquidità ai mercati e stabilità ai prezzi, come (almeno parzialmente) dimostrato con gli studi effettuati sul mercato delle cipolle e di altre commodities da Rutledge e Gray.
Resta il fatto che trovo molto difficile individuare un criterio stabile per definire chi sia uno speculatore.
Mi sovviene un sociologo che, anni addietro, aveva inventato l’allocuzione “società liquida” per descrivere l’estrema volatilità dei ruoli e delle posizioni nella società postmoderna. Credo, per analogia, che anche l’identità dello speculatore sia liquida.
La settimana prossima cercherò di fotografare uno speculatore e di mostrarvelo.
Gli speculatori sono per definizione i colpevoli.
Sono personaggi necessari sia per i giornalisti che per i governanti, oltre che per gli investitori.
Se non esistessero bisognerebbe inventarli.
La loro presenza discreta emana il fascino generato dal “lato oscuro della forza” e rende più sapide tanto le descrizioni giornalistiche quanto più credibili le scuse per un fallimento.
Inoltre addossare ad altri la responsabilità per un fallimento è liberatorio e in questo caso molto facile, poiché non si viene mai smentiti.
Ma gli speculatori sono una sorta di setta segreta, o analogamente a quanto asseriva Giovanni Sartori a proposito della politica, sono inafferrabili perché è difficile definire il concetto di speculazione?
Chi è uno speculatore?
L’etimo suggerisce che sia una vedetta, uno che guarda lontano. Ma è troppo poco per dichiararsi soddisfatti.
Cosa suggerisce allora la teoria economica?
Un famoso economista diceva che speculare era l’arte di capire cosa avessero in mente gli altri, e di anticiparli. Inoltre usava una metafora: “lo speculatore non deve indovinare quale sia la ragazza più bella, in un concorso di bellezza, ma deve capire quale sarà la più votata.”.
Altri studiosi asseriscono che ciascuno di noi è uno speculatore, in quanto agisce orientato al futuro e quindi all’incertezza. Pertanto ogni genere di investimento è una speculazione.
Altri ancora hanno lodato il ruolo degli speculatori, che si contrappongono agli investitori, poiché danno liquidità ai mercati e stabilità ai prezzi, come (almeno parzialmente) dimostrato con gli studi effettuati sul mercato delle cipolle e di altre commodities da Rutledge e Gray.
Resta il fatto che trovo molto difficile individuare un criterio stabile per definire chi sia uno speculatore.
Mi sovviene un sociologo che, anni addietro, aveva inventato l’allocuzione “società liquida” per descrivere l’estrema volatilità dei ruoli e delle posizioni nella società postmoderna. Credo, per analogia, che anche l’identità dello speculatore sia liquida.
La settimana prossima cercherò di fotografare uno speculatore e di mostrarvelo.
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