La vendita della famosa banana di Maurizio Cattelan, fissata a un muro con del nastro adesivo e battuta all'asta per oltre 6 milioni di dollari, ha suscitato reazioni forti. Ma, invece di indignarci, non sarebbe più utile porci alcune domande fondamentali sul concetto di valore?
Chi decide il valore di un bene o un servizio? Nel nostro sistema economico, il valore non viene stabilito da considerazioni morali, ma da dinamiche di mercato. Domanda e offerta regolano i prezzi, che si tratti di una banana trasformata in opera d’arte o di un servizio professionale. Non è forse questo lo stesso principio che accettiamo quotidianamente per valutare il nostro lavoro o i prodotti che compriamo?
E quanti tra i critici di questa vendita, operano in un sistema diverso? Immagino che molti degli indignati lavorino in contesti dove il prezzo non solo non riflette il costo reale, ma ciò che il mercato è disposto a pagare, il valore soggettivo.
E quanti tra costoro pensano bene delle criptovalute? Quanti di coloro che si scandalizzano per la banana di Cattelan non avrebbero alcuna remora a investire in Bitcoin o altre criptovalute? Anche lì il valore non è intrinseco, ma determinato dalla percezione collettiva. Una moneta virtuale va bene, ma un’opera d’arte concettuale no?
E quanti sono contro il salario minimo? Quanti sostengono che il mercato debba decidere quanto vale il lavoro di un individuo, ritenendo "ingiusto" fissare un salario minimo? Se accettiamo che il valore di una giornata di lavoro sia lasciato alla discrezione della domanda e dell’offerta, perché lo stesso principio non dovrebbe applicarsi a un’opera d’arte?
E che dire dei calciatori? Non è curioso che non ci sia scandalo per le cifre astronomiche spese per gli stipendi dei giocatori? Perché un’opera d’arte come quella di Cattelan è "immorale", ma 100 milioni di euro per un contratto sportivo sono accettabili? Non è forse lo stesso mercato a stabilire entrambe le cifre?
Infine, vogliamo davvero un sistema che decida per noi il valore "giusto" delle cose? Se un’autorità “superiore” stabilisse quanto una banana può costare o quale sia il prezzo corretto di un servizio, non saremmo forse in una forma di dittatura economica? Non perderemmo così la libertà di scegliere e di attribuire valore in base alle nostre priorità?
In definitiva, la banana di Cattelan per chi non sa nulla di arte diventa uno stimolo a riflettere sul significato del valore e sulle nostre stesse contraddizioni. Se un collezionista è disposto a pagare milioni per quella banana, non è forse una scelta legittima, guidata dalle stesse dinamiche che accettiamo in tanti altri ambiti della vita?
Per quanto mi riguarda, non avrei acquistato la banana di Cattelan neanche per 10 euro. Non ne riconosco il significato artistico, sebbene ne riconosca la genialità e la profondissima ironia, e sbagliando non avrei consigliato ad un mio cliente di comperarla, perché preferisco investire in beni significativi. E tra questi non comprendo né l’arte né le criptovalute, entrambe soggette a fluttuazioni imprevedibili e dipendenti dalle percezioni del momento.